martedì 22 giugno 2021

DIME WEB INTERVISTA MORENO BURATTINI! (LE INTERVISTE LXXVIII)

a cura di Elio Marracci

Un'importantissimo traguardo editoriale di uno dei maggiori fumetti bonelliani in particolare e italiani in generale offre il pretesto al nostro inviato Elio Marracci per incontrare il nostro Moreno, da anni impegnato nel difficile mestiere di tedoforo zagoriano. Per il corredo iconografico dell'intervista abbiamo scelto soprattutto le cover di alcuni degli ultimi libri scritti da Burattini. Buona lettura! (s.c. & f.m.)











Zagor 60: due chiacchiere con Moreno Burattini

In occasione del sessantesimo compleanno del personaggio a cui è legato a doppio filo, ho scambiato due chiacchiere con Moreno Burattini, curatore e sceneggiatore principale della testata di "Zagor". Burattini nasce il 7 settembre 1962 a San Marcello Pistoiese, ma si trasferisce giovanissimo a Campi Bisenzio, in provincia di Firenze. Da sempre appassionato di fumetti, oggetto anche della sua tesi di laurea, dà vita nel 1985 alla fanzine “Collezionare”. È su quelle pagine che crea il suo primo personaggio, Battista il Collezionista. Nel 1992 è tra i fondatori della prozine "Dime Press", dedicata ai temi bonelliani. Ha contribuito con i suoi articoli alle più importanti riviste specializzate, ha pubblicato vari libri e numerosi saggi, interventi e prefazioni. Ha organizzato numerose mostre in svariate sedi. Alla sua attività di critico e sceneggiatore va aggiunta quella di conferenziere sul linguaggio e sulla storia del fumetto e insegnante di sceneggiatura in corsi e lezioni tenuti in tutta Italia. La sua attività di sceneggiatore professionista ha inizio nel 1990 sulle pagine della rivista “Mostri” della Acme, dove compare una miniserie di racconti di ambientazione medievale disegnati da Stefano Andreucci. Seguono poi numerosi lavori per “Intrepido”, “Il Giornale dei Misteri”, “Cattivik” e “Lupo Alberto”, personaggio per cui scrive tre serie di successo: Le maialate di Enrico La Talpa, McKenzie Memories e Vite da Talpe. Il suo esordio sotto il marchio Bonelli è datato maggio 1991, quando escono contemporaneamente il suo primo special di Cico, Cico Trapper, e la sua prima storia di Zagor, Pericolo mortale. Si inaugura così una nutrita serie di storie e di speciali zagoriani a sua firma che da allora proseguono a essere scritte e pubblicate ininterrottamente. Dal 2001 è anche assistente di redazione e lavora presso la Casa editrice. Sempre per la Bonelli, ha scritto anche storie del Comandante Mark. Nel 1995 gli sono stati attribuiti due premi prestigiosi: il Premio ANAFI come miglior soggettista e il Premio FUMO DI CHINA come miglior autore umoristico. Durante l'edizione 2003 di Lucca Comics si aggiudica anche il prestigioso Gran Guinigi, e datato marzo 2006 è il premio Cartoomics-If, entrambi come miglior sceneggiatore.










DIME WEB - Per i lettori che non ti conoscono potresti presentarti in due parole?

MORENO BURATTINI - Sono uno che è riuscito a realizzare il proprio sogno di vivere scrivendo fumetti. Ho un anno meno di Zagor, che considero il mio fratello maggiore. L’eroe di Guido Nolitta e Gallieno Ferri ha stimolato la mia curiosità di imparare quante più cose possibili e da trent’anni riverso letture, sogni, esperienze nelle storie che scrivo per lui. Sono pistoiese, ma vivo a Milano dove Sergio Bonelli mi ha chiamato a lavorare nella sua redazione. Ho narrato la mia storia in un libro, Io e Zagor, in cui racconto come una passione e un sogno possano realizzare una vita (ma nella mia infanzia e adolescenza a fumetti si sono riconosciuti in tanti).


DW - Come si è sviluppata in te la passione per la scrittura?

MB - Leggendo. Non credo esista altro modo. Naturalmente bisogna nascere con un minimo talento per l’affabulazione, ovvero la capacità istintiva di raccontare storie, e con quel poco di creatività che serve per inventarle, due doni che caratterizzavano quelli che nell’antichità intrattenevano gli altri nelle veglie attorno al fuoco. Poi, se sei un affabulatore e leggi, nasce spontaneo anche il desiderio provare a scrivere. Non si impara subito, ma le letture fatte sedimentano e fermentano come il mosto.









DW - Quando è nato l'amore per il fumetto in generale e per Zagor in particolare?

MB - I miei genitori raccontano che guardavo i fumetti di Topolino prima ancora di imparare a leggere, cercando, e magari riuscendoci, di decifrare il racconto basandomi sulle figure. Io ricordo di aver sempre letto tutto ciò che mi capitava tra le mani, e per fortuna ai miei tempi, anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, c’erano fumetti dappertutto, tutti i ragazzi li leggevano, era facile scambiarseli, c’erano dei vicini di casa che invece di gettarli via dopo che i propri figli li avevano letti li passavano a me. Quando ricevevo una paghetta la spendevo in edicola. Ho letto la prima avventura di Darkwood più o meno in terza elementare, attorno al 1970, dunque; e ho quasi subito deciso che da grande avrei voluto fare anch’io quello che faceva Guido Nolitta, il nome con cui Bonelli firmava le sue sceneggiature: scrivere storie in gradi di far sognare la gente.


DW - Sei conosciuto principalmente per essere il curatore della testata e lo sceneggiatore che ha scritto più tavole di Zagor. Questa non è stata però la tua prima attività in campo fumettistico. Puoi dire ai lettori di cosa ti sei occupato prima di approdare alla casa editrice di via Buonarroti?

MB - Dopo aver passato l’infanzia e l’adolescenza a scrivere di tutto nel modo in cui può provare a farlo un ragazzo, nel 1985 ho dato vita, insieme ad alcuni amici, a una fanzine chiamata “Collezionare”, realizzata a Campi Bisenzio, nei pressi di Firenze, dove allora vivevo con la mia famiglia. Lì sopra, oltre a esercitarmi scrivendo articoli e intervistando gli autori, di cui cercavo di carpire i segreti su come, nei fatti, si realizzassero i fumetti, ho dato vita a una striscia umoristica, di cui inizialmente realizzavo anche i disegni, poi, per fortuna, passati ad altri, fermo restando il fatto che le sceneggiature erano mie: Battista il Collezionista. Non era la mia prima prova come autore, ma mi vergogno a parlare delle altre. Gilfredo, strip con protagonista un adolescente, da me disegnata mentre ero adolescente io, pubblicata per anni su un giornaletto parrocchiale, e Costante il Casellante, cento strisce apparse su una rivista sindacale dei dipendenti della Società Autostrade, presso la quale ho lavorato tra il 1982 e il 1992. “Collezionare” divenne poi “Dime Press”, dandosi una veste professionale e guadagnandosi il marchio di un vero editore, quello della Glamour di Antonio Vianovi. A quel punto, però, già avevo presentato i primi soggetti a Sergio Bonelli ma anche alla Acme di Silver e di Francesco Coniglio, intraprendente casa editrice con sede a Roma, prima di passare a Milano con il nome di Macchia Nera e poi di McK. Fu proprio la Acme a pubblicare il mio primo fumetto apparso in edicola, nel settembre del 1990: era una storia horror, prima di una serie, per la rivista “Mostri”, disegnata da un giovane alle prime armi che poi avrebbe fatto strada. Per Silver ho scritto anche decine e decine di storie di Lupo Alberto e Cattivik. Poi mi sono concentrato sugli eroi di Casa Bonelli, finendo per essere assunto da Sergio come redattore, oltre che come sceneggiatore.








DW - La storia di come sei diventato una delle colonne portanti della testata dello Spirito con la Scure passa per una inaspettata telefonata. Puoi raccontare l'episodio?

MB - Ho scritto a Sergio Bonelli una lettera subito dopo aver scoperto che Guido Nolitta, lo sceneggiatore di Zagor, era lui. Sergio non usava il suo vero nome sceneggiando fumetti, per non farsi confondere con Giovanni Luigi Bonelli, suo padre, celebre autore di Tex. La cosa era nota solo agli addetti ai lavori, ma nel 1983 uscì un'intervista, sulla fanzine “La striscia”, che la rese pubblica. Così, gli scrissi per ringraziarlo delle mille emozioni che mi aveva fatto vivere con Zagor e Mister No. Sergio mi rispose, avviammo una corrispondenza, poi iniziarono le telefonate: credo che gli interessasse il mio parere sui fumetti che pubblicava perché rappresentavo, ai suoi occhi, un lettore-tipo. Durante la prima telefonata, che ricevetti un giorno, nel primo pomeriggio, appena rientrato da scuola, frequentavo il liceo classico, Sergio esordì più o meno così: “Ci scriviamo da un po’ e ho pensato che invece di risponderti per lettera facevo prima a telefonarti”. Ci scambiammo dei pareri sulle storie dello Spirito con la Scure in edicola in quel periodo. Poi, cominciai a scrivere articoli sui fumetti su riviste specializzate e firmai il primo saggio su Zagor, scritto con Francesco Manetti e Alessandro Monti. A quel punto Sergio cominciò a vedere in me qualcosa di più di un semplice appassionato, e io mi ritenni abbastanza introdotto da osare proporgli il primo soggetto per lo Spirito con la Scure. Era il 1987. Ci vollero due anni prima che una mia storia venisse approvata, e altri due per vederla arrivare in edicola, illustrata peraltro proprio da Gallieno Ferri. In questo 2021 ho perciò festeggiato trent’anni di carriera.






DW - Visto che hai conosciuto molto bene sia Sergio Bonelli, sia Gallieno Ferri, puoi citare un aneddoto su questi due giganti del fumetto italiano?

MB - A Sergio davo del lei, a Gallieno fu facile dare subito del tu, fra loro, i due, si sono sempre dati del lei, chissà perché. Sergio era sempre, pur nella sua cordialità, il titolare della Casa editrice, un uomo abituato a prendere decisioni. C’era sempre un po’ di timore di suscitare le sue rimostranze, quasi sempre sacrosante, presentandogli le tavole delle storie. A volte ci faceva, a me al pari degli altri, delle solenni lavate di capo, poi veniva a trovarci nelle nostre stanze con la scusa di cercare un libro e ci batteva una pacca sulla spalla per rincuorarci. Restava tuttavia la reverenza verso la sua figura. Di Ferri invece sono stato proprio un buon amico. Dico sempre che lo consideravo non un secondo padre, ma una seconda madre, visto il tipo di affetto che aveva verso di me e che io contraccambiavo in pari misura.


DW - L'11 giugno 2021, in occasione delle sessanta lune del personaggio, è uscito lo speciale “Provaci ancora Cico”, di cui sei l'autore, in cui il panciuto messicano racconta alcuni divertenti e episodi della sua vita. Quale analogie e quali differenze hai trovato nello scriverlo rispetto alle tue storie degli albi fuori serie usciti tra il 1979 e il 2007?

MB - Innanzitutto mi ha fatto un enorme piacere avere il via libera da parte dei nostri direttori per questo ventottesimo Speciale, perché quando, nel 2007, la serie si chiuse con il n° 27, io avevo scritto diciannove di quegli episodi. Gli altri otto erano stati: cinque di Guido Nolitta, due di Tito Faraci, uno di Tiziano Sclavi. Diciannove, ne converrete, è uno numero che lascia l’amaro in bocca, sa di impresa incompiuta. Avrei voluto arrivare a venti! Ed ecco giungere, dopo tanti anni, l’occasione di scrivere il ventesimo. Così, raggiunto il numero pari, posso morire tranquillo. Lasciatemi però dire che scrivere venti albi di Cico è un'impresa: 128 pagine di sketch, gag e battute per ogni numero! Ricordo che ai tempi in cui io e Francesco Gamba eravamo chiamati a mandare in edicola due numeri l’anno, e Gamba disegnava venti pagine al mese, avevo gli incubi per il timore di non riuscire a trovare scenette comiche a ripetizione. Eppure, ci sono riuscito. Provaci ancora, Cico è uno Speciale diverso dagli altri: si tratta di due comiche di 40 tavole collegate fra loro da una cornice, una terza comica, in pratica, un po’ come per i Racconti di Darkwood. Questo perché la decisione di uscire con un albo fuori serie che celebrasse anche il sessantennale di Cico è stata presa quando ormai non c’era più il tempo di far disegnare tutto il numero a un solo autore, ma era giocoforza dividere il carico su almeno tre: Stefano Voltolini, Marco Verni e Gaetano Cassaro.





DW - Sempre a giugno 2021 è uscito l'albo che festeggia il sessantennale di Zagor, “Corpo speciale”. Puoi elencare i motivi per cui gli appassionati di fumetti dovrebbero leggerlo?

MB - Dovrei sottrarmi a questa domanda perché ognuno, anche i non appassionati di fumetti, trova da solo i motivi per leggere o non leggere qualcosa, e poi perché, trattandosi di un mio lavoro, casomai toccherebbe a qualcun altro esprimere giudizi. Tuttavia, mi è facile far notare come, trattandosi di una storia autoconclusiva che, almeno nelle mie intenzioni, esemplifica le caratteristiche fondamentali dello Spirito con la Scure, dovrebbe offrire motivi di interesse per chiunque voglia scoprire chi sia questo eroe che da sessant’anni imperversa in edicola con testate diversificate. Un notevole incentivo all’acquisto è anche la ristampa anastatica del primo albetto a striscia del 1961 offerta in regalo. Per gli zagoriani, poi, si tratta di celebrare e festeggiare un traguardo quasi incredibile, che prelude ad altri verso cui ci protendiamo. C’è poi da considerare il lavoro di Marco Verni, il più ferriano dei nostri disegnatori, che restituisce agli appassionati il gusto del tratto del grande Gallieno.


DW - In allegato a questo numero di Zagor il lettore troverà dunque la ristampa della prima pubblicazione su cui è apparso lo spirito con la scure: un volumetto a striscia dal titolo “La foresta degli agguati”. Puoi chiarire ai neofiti perché i fumetti venivano pubblicati in strisce e spiegare come per Zagor si è passati agli albi che ancora oggi escono nelle edicole?

MB - I tempi cambiano e le case editrici, semplicemente, adeguano i loro formati ai gusti e alle preferenze del pubblico. Dalla metà degli anni Quaranta, per tutti i Cinquanta e buona parte dei Sessanta i lettori, soprattutto i più giovani, apprezzavano il formato a striscia. Nate nel dopoguerra anche per la difficoltà degli editori di procurarsi la carta: le strisce avevano il vantaggio di non costare molto in anni in cui i ragazzi soldi in tasca ne avevano pochi, e di essere tascabili, cioè facilmente occultabili dato che spesso genitori e insegnanti consideravano i fumetti diseducativi. "Tex", datato 1948, nacque come pubblicazione a striscia, così come erano a striscia anche moltissimi altri albi anche non bonelliani, come "Il Piccolo Sceriffo", "Capitan Miki" o "Il Grande Blek". Negli anni Sessanta le strisce cominciarono a venire progressivamente ristampate in formati più grandi, che riscossero un successo sempre più crescente. Il boom economico permetteva a tutti di spendere un po’ di più. Nel 1965 le strisce di Zagor iniziarono a essere ripubblicate sulla Collana Zenith, grossomodo in quello che è il formato attuale. Le vendite furono tali che nel 1970 lo Spirito con la Scure cessò di uscire come pubblicazione a striscia. Va detto che la Bonelli, come tutte le case editrici, ha comunque continuato a sperimentare formati sempre nuovi, dai volumi di “Un uomo un’avventura”, alle insolite dimensioni della serie “Bella e Bronco”, passando per gli "Almanacchi", i "Texoni", i "Maxi", i "Magazine". Di recente, il passaggio del "Maxi Zagor" allo "Zagor Più" è stato giustificato, di nuovo, dall’adeguamento ai gusti dei lettori che, stando alle indicazioni degli esperti di marketing, prediligono pubblicazioni più agili e meno costose ai malloppi più onerosi, naturalmente non parlo dei lettori più tradizionalisti e dei collezionisti che mal tollerano ogni minimo cambiamento, ma del pubblico generalista, a cui si devono la maggior parte delle vendite.





DW - Sei autore sia di storie a fumetti comiche che realistiche. Quale modo di scrivere è più nelle tue corde?

MB - I miei due maestri ideali nella sceneggiatura sono Guido Nolitta e Max Bunker, formidabili autori sia nel comico che nel realistico. Nel mio piccolo, credo di aver voluto seguire le loro orme. Però, dato che far ridere è più difficile che scrivere storie avventurose o di paura, fermo restando che è difficile scrivere tutto, e sempre più lo sarà, faccio un vanto della definizione di “umorista” che mi deriva anche, oltre che da Cico, Cattivik e Lupo Alberto, dalle commedie che ho scritto, dai miei libri di aforismi e dalle strisce realizzate con James Hogg, dall’essere da anni uno dello staff del “Vernacoliere”. Gli umoristi, peraltro, sono degli eroi che si espongono ogni giorno al linciaggio dei paladini del politicamente corretto e rischiano di fare la fine di Wolinski (morto nell'attentato islamista alla redazione dl "Charlie Hebdo" del 2015 - N.d.R.).


DW - Hai lavorato su storie di vario genere tra cui giallo, horror, fantascienza, western. Questo mi dà lo spunto per chiederti: quali sono i generi prediletti da Moreno Burattini?

MB - Potrei dire l’avventura, che li comprende tutti, e risponderei come avrebbe fatto, molto probabilmente, Guido Nolitta.







DW - Oltre a Nolitta, di cui sei considerato l'erede, quali sono gli artisti che ti ispirano?

MB - Ho già citato Max Bunker, aggiungo Castelli, Berardi e Boselli. Naturalmente so benissimo di essere molti ma molti gradini al di sotto di loro.


DW - Quanto di te è presente nel tuo lavoro? Quanto di quello che ti circonda? E quanto c'è di inventato?

MB - Siccome noi siamo quello che leggiamo, e io ho vissuto leggendo Zagor, restituisco allo Spirito con la Scure ciò che lui mi ha donato. Nel mio lavoro confluiscono principalmente le mie letture, che considero esperienze di vita al pari dei viaggi o delle storie d’amore. Ovviamente c’è una parte di me, quella un pochino più trasgressiva, che devio verso altre sponde, come nel caso della scrittura degli aforismi, delle vignette satiriche o del graphic novel L’anatomista eretico, illustrato da Davide Perconti, da poco uscita per Cut-Up. Di inventato c’è tutto e non c’è nulla, nel senso che in ogni caso la realtà non è come ci appare, per citare il titolo di un libro di Carlo Rovelli: siamo fluttuazioni di quanti di energia. Ma anche a livello macroscopico, la realtà ognuno la descrive in modo diverso. E meno male, perché se no non esisterebbe la letteratura.







DW - Qual è il tuo personaggio dei fumetti preferito? E quello che piacerebbe a Zagor?

MB - Trovo difficile indicarne uno solo, Zagor a parte. Dovendolo fare, indicherei Ken Parker, escludendo a malincuore Alan Ford, Cattivik, le Sturmtruppen, Tex… A Zagor piacerebbero sicuramente Prince Valiant, e Conan, che però non nasce come personaggio dei fumetti, ma letterario.


DW - Quali fonti usi per documentarti?

MB - Libri, principalmente. Ho una biblioteca piuttosto ingombrante. Ma, sempre più spesso, com’è chiaro, cerco in Rete, salvo poi approfondire su carta ordinando un testo che mi interessa. Internet è fondamentale per la documentazione a livello iconografico. Fornisco ai disegnatori precisi riferimenti sotto forma di immagini per luoghi, personaggi, abiti, movimenti tutte le volte che illustrazioni o foto trovate sul Web possono aiutarli.







DW - Oltre ai libri e ai fumetti che usi per documentarti, quali altre letture fai?

MB - Basta scorrere il mio blog “Utili sputi di riflessione”, dove recensisco tutto ciò che leggo, per scoprirlo. C'è anche un indice dei titoli. Mi pare di notare che più invecchio più prediligo la saggistica alla narrativa.


DW - Da professionista ormai affermato che consigli daresti a chi si volesse affacciare al mondo del fumetto?

MB - Il primo istinto, pur con grande rammarico, mi suggerirebbe di consigliare di lasciar perdere: vedo sempre più autori senza lavoro, testate che chiudono, editori che sbaraccano, edicole che spariscono, lettori che evaporano. Mi reputo fortunatissimo ad aver potuto iniziare la mia carriera in anni di boom, in cui chi aveva un minimo talento da qualche parte trovava uno sbocco. Potendo scegliere, anzi, mi sarebbe piaciuto essere nato venti anni prima e godermi una lunga attività in un lungo periodo con tanto pubblico e tante case editrici, senza gli haters su Internet. Oggi, verrebbe da dire, è tutto diverso. Però mi rendo conto di esprimere un parere partendo da una visuale molto limitata: quella che si affaccia sul mondo dell’edicola, quello di cui ho fatto e faccio parte. C’è però tutta una realtà che mi sfugge, o di cui ho solo un vago sentore: quella dei graphic novel distribuiti in libreria e quella dei fumetti online, anche se non so in quanti possano permettersi di viverci. Forse in questi nuovi settori ci sono praterie sconfinate. Il consiglio, dando per scontata la passione dell’aspirante autore, senza la quale non si va da nessuna parte, e la sua conoscenza dei fumetti del passato e delle esperienze fatte dai giganti sulle cui spalle ci appoggiamo, è quello di studiare bene il mercato librario e digitale, in Italia e all’estero, e i territori limitrofi come: illustrazione digitale, grafica per il Web, animazione.





DW - A cosa stai lavorando attualmente?

MB - A quindici storie contemporaneamente: undici di Zagor, tre di Tex e una di Dampyr. In più stanno per uscire altri due miei libri: una terza raccolta di aforismi, Mi ritiro per delirare, e una antologia di 365 epigrammi, uno al giorno per un anno, Versacci. Così potrò sentirmi dire, al pari di Fantozzi dalla signorina Silvani, anche poeta!.


DW - C'è una domanda che non ti è stata fatta alla quale vorresti rispondere?

MB - Il blog “Zagor e altro”, gestito da Marco Corbetta, ospita dal 2018 una rubrica intitolata “A domanda… Moreno risponde”, in cui replico ogni volta a venti domande dei lettori. Considerando che siamo arrivati alla puntata 38, ho risposto finora a 760 domande e ho altre due puntate in attesa. Mi pare che possa bastare!


a cura di Elio Marracci

N.B. Trovate i link agli altri colloqui con glia autori su Interviste & News!

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