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martedì 15 gennaio 2019

UN GIORNO D'INVERNO... UN INDAGATORE, UN DETECTIVE E UN MULTIVERSO. "L'ABISSO DEL MALE" - DYLAN DOG & MARTIN MYSTÈRE 3

di Giampiero Belardinelli

Introduzione

Correva l’anno 1990. Il fumetto bonelliano era in grande fermento grazie al boom e al crescente progresso del Dylan Dog di Tiziano Scalvi. L’altra faccia del successo della Sergio Bonelli Editore era costituita dalla continua cavalcata di Tex, scritto in quel periodo da Claudio Nizzi. Va ricordato che il primo personaggio che ha anticipato nuovi formati editoriali e la tendenza alla multimedialità è stato Martin Mystère. Non è un caso che dalla penna di Castelli nasca l’idea per il soggetto, per i pennelli di Giovanni Freghieri, dell’albo in cui per la prima volta il Detective dell’Impossibile e l’Indagatore dell’Incubo incrociano la propria strada, Ultima fermata: l’incubo! 


Dylan Dog & Martin Mystère n. 1, ottobre 1990 - Disegno di Stano


Passano un paio di anni e arriviamo al 1992. Cavalcando l’onda della trionfante ascesa di Dylan Dog, l’anno precedente la Casa editrice aveva lanciato sul mercato una collana di fantascienza ideata dagli sceneggiatori Antonio Serra, Bepi Vigna e Michele Medda: "Nathan Never". Una serie crepuscolare, dal taglio narrativo e grafico molto dinamico. Nel giro di un solo anno la serie consolidò la sua popolarità e si ritagliò un nutrito seguito di appassionati. Dal canto suo, Tex mantenne la sua solida posizione nell’universo bonelliano, anche se il suo sceneggiatore principale cominciò a manifestare i segni di una crisi creativa. Infatti, di lì a poco, Canzio e Bonelli assoldarono nuovi autori, tra cui Mauro Boselli, destinato a fare grandi cose sia su Tex, sia su Zagor. A proposito dello Spirito con la Scure, nel 1991 Marcello Toninelli aveva lasciato l’incarico di scrivere i testi (anche se la sua firma apparirà sino al ‘93) e, in quell’anno, erano già apparse quelle del già citato Boselli e di Moreno Burattini. Dal 1993 al ’94 l’opera di transizione viene completata e, con L’esploratore scomparso (Zagor 345-348), si dà il via a una grande operazione di rilancio con grandi storie di viaggio e nuovi disegnatori. Pur in questo periodo di ribollire narrativo, quando la Casa editrice decide di aprirsi a contaminazioni multimediali, l’eroe di Darkwood viene regolarmente escluso, ritenuto probabilmente troppo classico. Infatti, nel secondo volume dell’incontro tra DD & MM, La fine del mondo (di Sclavi e Freghieri), tutto si svolge all’insegna della realtà dei due protagonisti di testata. In quel periodo storico i tempi non erano ancora del tutto maturi per inserire l’operazione in un contesto più ampio: quello che oggi definiamo il multiverso bonelliano. In queste ultime righe mi sono soffermato con particolare attenzione su Zagor perché, al di là della personale passione per l’eroe di Nolitta e Ferri, secondo me, e soprattutto per gli attuali responsabili della Casa editrice, il personaggio si presta benissimo a incroci multimediali di qualsivoglia genere. A Lucca Comics 2018, a tal proposito, è stato annunciato il “gemellaggio” tra la Sergio Bonelli Editore e la DC Comics e, non a caso, il primo frutto di questa collaborazione internazionale si concretizzerà nell’incrocio transoceanico tra Zagor e Flash.

Dylan Dog & Martin Mystère n. 2, ottobre 1992. Disegno di Stano



Hell is Here!
Entrando nello specifico del volume qui recensito, mi domando quale sia il personaggio dell’universo zagoriano che, ventisette anni dopo, trasforma in realtà gli incubi di Dylan Dog & Martin Mystère... La risposta immagino la conoscano quasi tutti, compresi coloro che non hanno letto il volume. In caso contrario, invito gli eventuali non lettori a procurarsi L’abisso del male, scritto da Carlo Recagno e disegnato ancora una volta da Giovanni Freghieri: ne vale davvero la pena!
Se scomponiamo il cognome di Garth Hellingen ci accorgiamo di come Guido Nolitta nell’ideare la figura di questo scienziato pazzo lo abbia caratterizzato a partire dalla sui identità anagrafica, in cui è chiaro il riferimento all’Inferno, in inglese Hell. Carlo Recagno ha tenuto a mente tutto il percorso della vita narrativa di Hellingen e, da esperto filologo, ha inserto i passaggi fondamentali della sua evoluzione malefica e inoltre ha creato una grande puzzle dimostrando come le aggiunte date da alcuni continuatori dell’opera di Nolitta siano in pratica del tutto coerenti tra di loro. Alla notevole ricostruzione hellingeniana ha dato un importante contributo lo sceneggiatore Moreno Burattini. Recagno, inoltre, si è avvalso della collaborazione di Alfredo Castelli e Roberto Recchioni: il primo con una quarantina di pagine di sceneggiatura (oltre per alcuni spunti per il soggetto), il secondo con una profonda consulenza dylaniata.

Il cosmo di Zagor irrompe nel XXI secolo di Martin & Dylan


La scelta di dare a Hellingen le caratteristiche del demiurgo universale è insita nella sua personalità e nella sua plasmabilità narrativa, capace di adattarsi alla fantascienza avventurosa (con Nolitta), al racconto metafisico o allegorico (con Sclavi), all’horror (con Boselli), per finire alla ricostruzione filologica, oscura e sociopatica (con Burattini). Nella ricomposizione della personalità di Hellingen ai fini di questo racconto, Recagno ha toccato alcuni passaggi fondamentali dell’epopea hellingeniana. A pagina 49 lo sceneggiatore cita un fulminante dialogo nolittiano tratto da Ora Zero! (Zagor 107-109). Mentre Dylan è avvolto da buio, una voce fuori campo recita: La violenza è l’unico argomento che riesca a imporsi costantemente a un mondo popolato da gente superficiale, distratta, irriconoscente… Solo gli individui superiori hanno il diritto di governare il futuro dell’umanità, anzi ne hanno il dovere! È facile riconoscere, per i lettori zagoriani, la visione della vita del Professor Hellingen anticipata da Nolitta e che Burattini porterà a compimento nella sua versione del personaggio (Zagor 603-605). Hellingen crede nelle teorie della superiorità della razza e nel suo mondo non c’è spazio per chi metta in dubbio questa sua idea di perfezione ariana. Con un’abile regia Recagno ha collegato le intuizioni di Scalvi e Boselli collegandosi alle conclusioni che, partendo dall’imprinting nolittiano, sono state in seguito elaborate da Burattini. In L’abisso del male Hellingen è un viaggiatore degli inferi e il suo Inferno, come un contrappasso dantesco, è trovarsi a vagare nel mondo attuale in cui – almeno nella società occidentale e democratica – il principio fondante è quello di conferire uguale dignità a ogni essere umano. Per lo scienziato pazzo tutto ciò è il suo incubo e la sua dannazione ma, come recita la chiusa dell’albo, l’uomo non sa che il vero Inferno di Hellingen è Hellingen stesso.


La follia di Hellingen!



Come sopra, come sotto…

Lo Spirito dell’uomo viene dalle Stelle, la sua Anima dai Pianeti, il suo Corpo dagli Elementi. Il medico, alchimista e astrologo Paracelso (1493-1541) riassume con questa frase il concetto alchemico di come sopra, come sotto, citato da Hellingen a pagina 133. Secondo questa filosofia esoterica ogni energia ed elemento chimico presenti nell’Universo si trovano anche nei nostri organismi. Nel racconto ogni elemento sembra infatti riflettersi nei vari mondi in cui la vicenda si snoda. Lo vediamo nei due intermezzi, disegnati rispettivamente da Giulio Camagni e Sergio Giardo, in cui Dylan e Martin si ritrovano altrove a riflettere sulle reciproche idiosincrasie, confrontandosi con i loro stessi alternativi. In questa sorta di dialogo interiore con se stessi, Dylan e Martin acquisiscono finalmente consapevolezza di essere – afferma il Detective dell’Impossibile – più simili di quanto ciascuno di noi voglia ammettere (p. 167). E la definitiva conclusione di questo specchio alchemico citato nel titolo del paragrafo è suggellata dalla perentoria frase dello Spirito con la Scure che, rivolgendosi ad Hellingen, dice: Se tu esisti, esisto anch’io! (p. 191).


Multiverso bonelliano
Questo terzo incontro tra Dylan e Martin riprende alcuni spunti presenti negli altri due (lo scatenarsi di forze oscure, la reciproca diffidenza) ma non si limita, come abbiamo visto, a essere una variazione sugli stessi temi. Lo sceneggiatore dell’albo Recagno, i supervisori Castelli e Recchioni, con l’avvallo della Casa editrice, hanno dato il via a un'operazione che riflette gli orientamenti del nuovo corso bonelliano. In questo periodo storico in cui l’interesse alla lettura dei Fumetti (e non solo) è scesa drasticamente, i responsabili della Sergio Bonelli Editore non si sono arroccati su un pericoloso immobilismo, ma per fortuna hanno allargato gli orizzonti e dato il via a una serie di iniziative editoriali volte a toccare un pubblico oggi non più legato per sempre agli stessi personaggi. Le realtà ci dice che là fuori ci sono lettori pronti ad accogliere nuove proposte, passando senza soluzione di continuità da un albo a fumetti, a una serie televisiva sui canali in streaming, all’acquisto o allo streaming della musica sulle varie piattaforme digitali. Non accettare questo cambiamento culturale, da parte del pubblico o dagli addetti ai lavori, significa essere dei dinosauri destinati all’estinzione. Questo albo, in conclusione, è un perfetto compendio della nuova filosofia bonelliana. Una Bonelli consapevole del proprio storico patrimonio culturale, da cui è fortunatamente ripartita verso nuovi orizzonti.

La variant cover di Dylan Dog & Martin Mystère n. 3



Freghieri style

L'artista è ormai un veterano della Casa editrice avendo reso graficamente Bella & Bronco (1985), Martin Mystère e infine Dylan Dog. Freghieri è il disegnatore che ha conferito una precisa personalità a tutte le storie da lui illustrate. A dispetto della lunga carriera l’autore non solo non ha perso il mordente dei primi anni, ma ha saputo trovare nuova energia e voglia di stupire. L’albo in questione mostra un Freghieri in grande forma, con il suo stile graffiante, ma sempre pulito e comunicativo. Il disegnatore ha realizzato tavole spettacolari facendo recitare un numero notevole di personaggi usciti dalle rispettive testate: un cast da kolossal postmoderno. Allo stesso tempo ha caratterizzato in maniera seducente le due fondamentali figure femminili, dall’esuberante Angie alla malinconica attrice hollywoodiana immortalata, tra le altre scene, mentre interpreta il tema di Twin Peaks Falling, di Angelo Badalamenti e David Lynch (p. 46). La sua interpretazione di Hellingen, infine, è poderosa e soprattutto molto espressiva. A mio parere una delle migliori caratterizzazioni dello scienziato pazzo. Una segnalazione speciale infine per Angelo Stano, autore di una copertina sontuosa. 


Dylan Dog & Martin Mystère n. 3, dicembre 2018. Disegno di Stano


Dylan Dog & Martin Mystère 3
L’ABISSO DEL MALE 
Dicembre 2018
pag. 198, € 6,90
Testi: Carlo Recagno,
con la collaborazione di Alfredo Castelli e la supervisione di Roberto Recchioni
Disegni: Giovanni Freghieri,
con la partecipazione di Giulio Camagni e Sergio Giardo e il contributo di Giancarlo Alessandrini, Luca Enoch, Lucio Filippucci, Nicola Genzianella, Giuseppe Matteoni, Giuseppe Palumbo
Copertina: Angelo Stano
Rubriche: Roberto Recchioni e Alfredo Castelli


Giampiero Belardinelli

N.B. Trovate i link alle altre recensioni bonelliane sul Giorno del Giudizio!

giovedì 4 aprile 2013

IL PASSATO CHE NON PASSA: MARTIN MYSTERE 325

di Francesco Manetti

Alfredo Castelli, perfettamente interpretato dal tratto suggestivo e denso di particolari di Giulio Camagni, ha scelto da tempo di far invecchiare il suo Detective dell'Impossibile, in questo distinguendosi dal fumetto classico (dove gli eroi rimangono giovani per sempre, quasi si fosse avverato per loro il desiderio espresso nella canzone degli Alphaville), ma al tempo stesso non distaccandosi troppo dalla "tradizione", optando per una lenta degenerazione dei tessuti e dei neuroni.
Ma nell'animo Martin Mystère - come tutte le persone sensibili - rimane un eterno fanciullo, pronto a stupirsi davanti all'ignoto, sempre assetato di conoscenza.


I MIB cinematografici. Nonostante i pregi della trilogia fantascientifica i film hanno avuto il grande difegtto di banalizzare troppo l'argomento, di gettarla troppo sul ridere... e praticamente di oscurare su internet ogni facile tentativo di ricerca sui "veri" Uomini in Nero!



Il bambino ha avuto un padre, personaggio deceduto che più volte si è affacciato in flashback sulle pagine dela saga. Un uomo che sembra uscito da un dipinto del Caravaggio: un mix inestricabile di luce e ombra. Nel suo curriculum segreto spiccainfatti l'appartenenza alla setta antimodernista dei Men in Black, custodi della storia così come la si impara a scuola, acerrimi nemici del pensiero deviante, specchio oscuro di Martin. L'idea di arruolare Mark Mystère nelle fila degli Uomini in Nero, nella più esoterica delle organizzazioni, è stata geniale. Ha permesso a Castelli e agli altri sceneggiatori della collana di avere una specie di freezer pieno zeppo di embrioni d'idea già pronti per essere fecondati: facendo parte di quella congrega chissà quante avventure occulte ha vissuto MM Sr., vicende di cui ancora nessuno è a conoscenza - figlio e lettori compresi!



Thomas Edison, tremila anni dopo gli antichi Greci, riscopre come registrare le voci umane.



Dal passato non torna solo il padre, nella memoria della progenie e in una inaspettata bobina con le sue parole. Gli attori recitano ruotando intorno a un macchinario strabiliante, un registratore vocale vecchio di 3000 anni. Con tanto di "nastri" incisi, ora perduti. Immaginate di poter sentire dalla viva voce dei protagonisti le prime predicazioni degli Apostoli, oppure Giulio Cesare in Gallia, e poi Carlo Magno, Dante, Cristoforo Colombo, Napoleone... La portata di una tale scoperta sarebbe epocale. Come parlavano il latino gli antichi romani? Che accento aveva Gesù Cristo? Konstantin Raudive ne sarebbe stato entusiasta: non avrebbe più dovuto cacciare i fantasmi per sentire antiche favelle!
Il senso del meraviglioso viene evocato costruendo sopra al nocciolo fantastico un'efficace detective story, con accenti di spy story.


Il Vittoriale degli Italiani, moderna wunderkammer.



Immaginifica la cover di Giancarlo Alessandrini. La wunderkammer che si vede raffigurata sullo sfondo (ai collezionisti di fumetti dovrebbe restare familiare questo simpatico kitsch premuseale, che ricorda e anticipa il dannunziano Vittoriale degli Italiani: basta togliere gli animali impagliati e metterci albi, tavole originali e un po' di oggettistica correlata al cartooning e alla SF) rimanda ad Athanasius Kircher e al Museo Kircheriano che, fondato nel 1651, fu piano piano saccheggiato e smembrato, a partire dalla metà del '700.



Martin Mystère n. 325, febbraio/marzo 2013. Copertina di Alessandrini



Martin Mystère 325
VOCI DAL PASSATO
febbraio/marzo 2013
pagg. 164, € 5,00
Testi: Alfredo Castelli
Disegni: Giulio Camagni
Rubriche: Alfredo Castelli
Copertina: Giancarlo Alessandrini




Francesco Manetti

N.B. Potete trovare le altre recensione bonelliane andando sul Giorno del Giudizio!

sabato 8 dicembre 2012

FROM THE VAULT 2: ALTRO CHE WATERLOO!

I primi vagiti di Napoleone
 
di Francesco Manetti


Il pezzo che state per leggere - dedicato ai primi numeri della mai abbastanza rimpianta serie Napoleone di Ambrosini - apparve per la prima volta sulla rivista Fumetto dell'ANAFI, e per l'esattezza sul n. 32 del dicembre 1999. Me lo commissionò sicuramente uno dei maggiorenti della prestigiosa associazione fumettistica, il bravo Tamagnini, con il quale ero in contatto da anni, anche grazie ai proficui scambi di collaborazioni con Dime Press. Sicuramente è stato letto da pochi e lo ripropongo oggi, a poche settimane dopo il ritorno sulla scena bonelliana di Paolo Bacilieri con il suo imperdibile romanzo grafico Sul Pianeta Perduto. (f. m.)

 
La cover di Fumetto n. 32, sul quale apparve in prima battuta Altro che Waterloo. ANAFI, dicembre 1999



Due passi nella Confederazione Elvetica...

Quando i fumetti della Sergio Bonelli Editore costavano ancora 3.000 lire, nel settembre 1997, si affacciò nelle edicole il primo numero di una nuova serie. Napoleone, a differenza dell'illustre omonimo, era destinato a vincere. Le premesse c'erano tutte: un'ambientazione nuova, copertine a colori non piatti, una non stancante bimestralità (l'idea iniziale era quella di tentare una miniserie di otto numeri in sedici mesi; poi le vendite sono andate bene e l'editore ha deciso di continuare), e così via. C'era poi il nome dell'autore, da solo un marchio di garanzia. Carlo Ambrosini era infatti da tempo apprezzato disegnatore di Dylan Dog, una delle serie di maggior successo di Via Buonarroti. Con Napoleone il nostro Ambrosini aveva voluto fare un salto di qualità, indossando i panni dell'autore completo, vale a dire di quello che si sobbarca tutto il lavoro: ideazione del personaggio, sua creazione grafica, soggetto, disegni e sceneggiature delle storie. E persino le copertine erano opera della stessa firma. Cavoli! Un fumetto che nasceva su pilastri così solidi (un team è costretto, volente o nolente, ad accordare i suoni, mentre uno che fa tutto da solo, al massimo litiga con la sua testa) non poteva che dare adito a speranze positive. E Napoleone finora non ha deluso, come ci aspettavamo. Difficile inquadrare Napoleone in un unico genere fumettistico. L'orrore è presente in alcune storie, la fantasy e il mistero in altre, il thriller poliziesco quasi sempre, l'avventura sempre, sempre è lì ad aspettarci il soprannaturale e l'onirico, non manca l'umorismo.


Il tranquillo panorama montano elvetico...



La cosa più pazzesca è che Ambrosini sia riuscito ad ambientare una serie d'azione - per quanto raffinata e cerebrale, colta e surreale, Napoleone è pur sempre una serie della Sergio Bonelli Editore, e dunque è una serie d'azione - nella pacifica Svizzera. Cosa vi fa venire in mente la Svizzera? Gli orologi, le banche, la cioccolata, i prati, le montagne, gli yodel, le mucche, il latte, gli automobilisti che inchiodano non appena vedono affacciarsi un passante sulle striscie pedonali, etc. La Svizzera sembra quasi un non luogo a procedere per il fumetto avventuroso; e non per niente il trio dell'umorismo assurdo Aldo, Giovanni e Giacomo ci hanno ambientato uno dei loro più famosi sketch ricorrenti, un farsesco giallo nel quale la polizia era chiamata a risolvere banali problemi di litigi fra vicini e roba simile. Ambrosini no. Si è richiamato al una Svizzera paurosa e inquietante, come quella del Phenomena di Dario Argento, e ci ha infilato dentro Napoleone, con la sua fantasia talmente fervida da dar corpo ai propri prodotti mentali. Un'Altersvizzera, dove i confini fra il nostro Mondo e le dimensioni parallele si sfilacciano e diventano permeabili. Napoleone, di origini italiane, fa l'albergatore, ma è solo una facciata; fa l'entomologo, ma è solo una facciata; aiuta la polizia svizzera (quella vera, non quella simil-comasca di Aldo, Giovanni e Giacomo) sparacchiando con un'automatica grande come un cannone, ma è solo una facciata. Indaga gli incubi, ma anche quest'attività, forse è solo una facciata.


Carlo Ambrosini visto dal fotografo Joe Zattere (per Fumetti d'Italia di Graziano Origa).



L'abito fa il monaco
Le cover di Napoleone sono degli autentici capolavori dell'insolito, veri e propri quadri degni di stare appesi in una galleria d'arte moderna. I personaggi sono inseriti sempre in posizione inusuale, incastonati in scenari spesso astratti o surreali, che ricalcano ottimamente le atmosfere delle storie; i colori sono dosati con maestria; il tutto è tale da ottenere effetti straordinari. Pensiamo alla copertina del n° 2, "Il cavaliere senza nome", dove Napoleone ripesca un cadavere da uno stagno in una lussureggiante foresta; o del n° 5, "Racconto d'autunno", nella quale i protagonisti hanno alle spalle una sorta di scenografia teatrale; o del n° 6, "La profezia del merlo", dove non riusciamo a capire se l'ambientazione è o non è subacquea; o del n° 7, "Il tesoro d'argilla", con le figure del tutto isolate dal contesto e ognuna in azione per conto proprio; o del n° 12, "Samurai!", con un inconsueto Napoleone seduto, abbigliato come un antico e coloratissimo guerriero giapponese; o del n° 13, "La foresta che cammina", con il Nostro a spasso in una giungla tropicale verdissima sormontato da un enigmatico bambino indio. Con le copertine di Napoleone l'adagio popolare "l'abito non fa il monaco" va rovesciato: quello che c'è sotto il vestito, un taglio di qualità, è esattamente quello che ci aspettiamo, un contenuto di qualità.


La copertina di Napoleone n. 2. Carlo Ambrosini, novembre 1997.



Who's who
Diamo adesso uno sguardo agli chef di questa ineffabile cucina, partendo dal capocuoco. Carlo Ambrosini, anche se non è Corso, è il papà di Napoleone. Ma è anche stato il papà del medievale Nico Macchia; per Bonelli, oltre a numerose storie dell'Indagatore dell'Incubo, come detto sopra, ha realizzato i disegni di sette Ken Parker. Negli anni Novanta, insieme a Graziano Origa, ha creato l'eroe cyberpunk Videomax. Nei primi due anni di vita del suo ultimo personaggio ha realizzato le copertine di tutti gli albi; il soggetto, la sceneggiatura e i disegni dei nn° 1, 4, 8; i soli testi dei nn° 2, 3, 5, 6, 7, 9, 11 e 13.
Il disegnatore Pasquale Del Vecchio è un'altra vecchia volpe della Bonelli, per la quale ha firmato storie per Zona X e per Nick Raider; negli anni ha collaborato a 1984, al Giornalino, a Moby Dick e a Cyborg. Nei primi tredici numeri di Napoleone si è segnalato come il nome più presente per quanto riguarda la parte grafica, avendo contribuito ai nn° 2, 6, 10 e 12.


Pasquale Del Vecchio



Giampiero Casertano, da sempre artisticamente al fianco di Ambrosini, è entrato alla SBE con Ken Parker e ha proseguito il suo cursus honorum bonellorum con Martin Mystère, Dylan Dog e Nick Raider (di quest'ultimo è stato per diverso tempo apprezzato copertinista, prima di passare il testimone a Ramella). Per Napoleone ha realizzato i disegni del n° 5.

Giampiero Casertano, autoritratto (dal sito della SBE).

 

Un caso a parte è sicuramente Paolo Bacilieri, che viene dalla scuola del cosiddetto "fumetto d'autore", avendo lavorato per riviste come Comic Art e Blue e per produzioni più o meno indipendenti (con la Phoenix di Brolli, per esempio). Il suo tratto è quanto di più distante dal canone bonelliano si possa immaginare, e per originalità può essere accostato al primo Nicola Mari, anche se i due, stilisticamente, sono su pianeti opposti. Bacilieri usa una personalissima linea chiara che potremmo definire, paradossalmente, "sporca"; usa un personalissimo tratteggio che tende a simulare, a mano, il retino (meccanico o elettronico che sia); disegna i personaggi in una maniera talmente innovativa che non è possibile parlare né di caricatura né di realismo; le proporzioni anatomiche e la dinamica dei corpi talvolta sono plausibili, talvolta no; le vignette sono a volte stracolme di particolari e a volte i personaggi galleggiano in situazioni senza sfondo. Potremmo andare avanti per millenni: Bacilieri è un mondo a sé, a band apart, per usare il nome dell'etichetta cinematografica di Tarantino. Il grande Paolo ha firmato i disegni napoleonici dei nn° 9 e 13. Un plauso a Sergio Bonelli e a Carlo Ambrosini per aver permesso a un autore colossale e immortale, ma di così difficile lettura, di poter farsi conoscere anche da un pubblico vasto come quello del fumetto "popolare".

 
Paolo Bacilieri



Claudio Piccoli fa spesso coppia con Montanari e abbiamo visto il suo nome associato a lavori apparsi sul Giornalino e su Martin Mystère. Suoi sono i disegni di Napoleone n° 11.
Gli altri autori della serie sono esordienti (perlomeno in Bonelli) o allievi dello Studio Comics di Carlo Ambrosini: Giulio Camagni (disegni del n° 3), Gabriele Ornigotti (disegni del n° 7), Matteo Piana (disegni del n° 12) e Diego Cajelli (testi dei numeri 10 e 12, l'unico di cui si sia finora "fidato" Ambrosini per i soggetti e le sceneggiature della sua creatura).

Francesco Manetti


P.S. A proposito di "rarità dal passato": sul mio blog personale Ultimo Istante trovate La Sentinella, una storia a fumetti (una tavola autoconclusiva) praticamente inedita, realizzata nel 1999 dalla brava disegnatrice May Himura su miei testi! (f. m.)

N.B. Trovate i link agli articoli From the Vault su Cronologie & Index