lunedì 31 ottobre 2022

SECRET ORIGINS: MISTER NO 105

di Saverio Ceri
Approfittando dello spunto datoci delle uscite settimanali della collana cronologica, a colori, collaterale alla Gazzetta dello Sport, andiamo a scoprire le copertine originali di Mister No, le loro eventuali fonti di ispirazione e le loro vicende editoriali in Italia e nel mondo. 



Nelle prime 34 tavole dell'albo si conclude la vicenda horror firmata da Sclavi e Marraffa. Jerry e il compagno di avventura Francisco Cabral, arrivano finalmente dove tutto ha avuto inizio: nella casa "stregata" in mezzo alla giungla. Qui, prima dell'arrivo dei "cattivoni" della CIA, scopriamo che l'origine dei poteri di Francisco è legata a una carneficina di indios compiuta dal padre prima della sua nascita. Nel finale, gli unici a salvarsi, nel crollo dell'abitazione, sono il pilota nolittiano e il capo dell'operazione della CIA, apparentemente insignificante ometto che avevamo conosciuto nella gag delle pagine iniziali dell'avventura.


La seconda parte del volume è occupata dall'inizio dell'avventura che da il titolo all'albo; scritta sempre da Tiziano Sclavi, e illustrata da Roberto Diso. Sclavi ci catapulta subito nel pieno dell'azione con Mister No coinvolto in una anacronistica scena western, con tanto di indiani e assalto alla diligenza. In realtà scopriremo velocemente che si tratta di una ricostruzione a scopo turistico. Una messinscena che si concluderà con l'omicidio di un nativo: non tutte le pistole erano caricate a salve. L'episodio è un nuovo racconto in flashback della vita di Jerry Drake nei dodici mesi che hanno preceduto il suo arrivo in Brasile, che va a collocarsi dopo gli avvenimenti narrati nei numeri dal 72 al 74 e dall'86 al 90. La storia si svolge in pieno 1950, quando il genere western era il preferito dai fruitori di fiction statunitensi, sia al cinema che sulla carta stampata. 
La parte iniziale di Ombre Rosse è chiaramente un'omaggio all'omonimo film del 1939, come testimoniano alcune vignette, identiche ai fotogrammi della pellicola di John Ford. Ve ne mostriamo un paio di esempi qui sotto.
Mister No si trova in Arizona per una "vacanza premio" offertagli dal signor Morgan per averlo aiutato con la vicenda del finto rapimento del figlio negli albi precedentemente citati. Ad ospitarlo è John Trevor, fanatico del western che organizza spettacoli di quel genere per i turisti. Le fattezze di Taylor, probabilmente su indicazione dello stesso Sclavi, sono ricalcate su quelle di Ronald Regan, nell'84, quando la storia fu pubblicata presidente degli Stati Uniti, con un passato di attore, anche di film western.
La cover del numero 105 era già riapparsa in edicola prima dell'edizione della Gazzetta, sul numero 19 della raccolta Mister No confezionata con le rese della serie originale. 


Fuori dai confini nazionali, le pagine di quest'albo sono state pubblicate su due volumetti della collana francese, il primo, il numero 129, è datato settembre 1986 ed è ancora legato all'avventura disegnata da Marraffa, si intitola Yehalla, la force de l'esprit, Yehalla, la forza dello spirito, riferendosi al nome con cui gli indigeni chiamano il potere E.S.P. di Francisco Cabral. La cover è inedita e realizzata da un ignoto illustratore.
 


Sul numero successivo la cover utilizzata è proprio quella di Mister No 105. L'albo si intitola Drôle de ranch, Lo strano ranch, ovvero quello di Mister Taylor, in cui troviamo oltre alla moglie e alla figlia, anche il cognato, l'avvocato personale e il medico di famiglia. 


In Jugoslavia la cover di Ombre Rosse venne utilizzata per Lunov Magnus Strip 802, albo il cui titolo era l'esatta traduzione di quello italiano. 


La cover venne pure scelta per la raccolta in volume dell'intera storia dalla croata Libellus nella sua edizione del settembre 2011. In questo caso il titolo dell'intero volume divenne La diligenza.


Da notare che in nessuna versione di questa illustrazione, viene disegnato il quadrifoglio portafortuna cucito sulla manica del giubbotto di Jerry, che in questo caso si dovrebbe vedere bene, vista la posizione del braccio destro. Nessun grafico delle varie edizioni internazionali si è mai reso conto della mancanza. Non fanno eccezione le due cover turche con cui chiudiamo questa puntata. La prima è del numero 18 della serie pubblicata dalla Aksoy a fine anni novanta; la seconda è quella della Lal Kitap per il 27° albo della collana Klasik; albo che raccoglie i numeri da 105 a 108.



Saverio Ceri

N.B. Vi invitiamo a scoprire o riscoprire, anche le precedenti puntate di Secret Origins dedicate al Tex Classic e a Mister No in Cronologie & Index. 

lunedì 24 ottobre 2022

SECRET ORIGINS: MISTER NO 104

di Saverio Ceri
Approfittando dello spunto datoci delle uscite settimanali della collana cronologica, a colori, collaterale alla Gazzetta dello Sport, andiamo a scoprire le copertine originali di Mister No, le loro eventuali fonti di ispirazione e le loro vicende editoriali in Italia e nel mondo.


Si conclude nelle primissime pagine dell'albo l'avventura di Castelli e Bignotti che ha come protagonista la giovane Luisa Parker. Nelle ultime sei pagine dell'avventura Castelli ribalta completamente la vicenda dipanatasi per quasi trecento tavole e più di tre albi: la bella (ex) smemorata, non è una botanica, ma una semplice ragazza di buonissima famiglia, ma sfortunatamente mentalmente instabile. Il padre e il suo medico di fiducia hanno sempre cercato di proteggerla con ogni mezzo, anche oltrepassando il limite della legalità, se necessario. 


Da pagina 14 torna Sclavi, in compagnia di Marraffa, per una avventura ovviamente a tinte horror: La casa di Satana. Mister No viene coinvolto, suo malgrado, nella vicenda di Francisco Cabral, erede del magnate della gomma Julio Cesar Cabral, detto "l'Imperatore", che nei primi decenni del XX secolo aveva costruito il suo industriale impero, appunto, in piena Amazzonia. Il ragazzo era stato allontanato in tenera età dalla residenza di famiglia, e spedito in collegio, in Inghilterra, a causa dei suoi poteri ESP. Francisco braccato dalla CIA, che vorrebbe studiarlo e sfruttarlo, vuole far ritorno nella magione di famiglia per fare luce sui propri sinistri talenti. L'incontro con Mister No sembra provvidenziale: con lui potrà volare verso la casa nella foresta.


Una curiosità: la vicenda si svolge dichiaratamente nel 1953; quindi fuori cronologia. E' la seconda storia di Sclavi, dopo Il fantasma dell'Opera, ambientata in quell'anno, guarda caso l'anno di nascita del creatore di Dylan Dog.
La copertina dell'albo uscito originariamente nel 1984, non era mai riapparsa prima di oggi nelle edicole italiane. Nel frattempo ovviamente è apparsa in giro per il mondo grazie alle edizioni straniere delle avventure del pilota nolittiano; a partire dal numeo 127 dell'edizione francese targata Mon Journal, intitolato Cap sur la liberté, verso la libertà; con riferimento alle pagini finali dell'episodio di Castelli e Bignotti.


Il colorista dell'editore transalpino decise di modificare molte nuance dell'illustrazione originale, compresa l'inversione dei colori tra camicia e fazzoletto del protagonista.
La differenza di foliazione tra la serie francese e quella italiana è all'origine di una copertina extra dedicata a questa avventura dall'editore transalpino. La scelta è caduta su questa buffa vignetta che ritroviamo nelle pagini finale dell'albo durante la fuga di Mister No e Francisco verso la casa (di Satana) nella giungla.


La cover, pur ispirandosi a questa illustrazione di Marraffa, è firmata da Francesco Gamba, che in quegli anni, collaborava con l'editore francese sia per delle serie a fumetti, che per estemporanee copertine. Questa risulta particolarmente infelice a causa della grafica ingombrante adottata dalla collana, che va a coprire buona parte dell'avversario messo al tappeto da Jerry.


A proposito di copertine extra segnaliamo che anche l'edizione jugoslava di questa avventura, pubblicata su Lunov Magnus Strip, necessitò di due cover, anziché una; quelle dei numeri 771 e 772 della serie. La prima delle due non ha niente a che vedere con le vicende narrate all'interno dell'albo ed era firmata da Bogdan Ljubičić in arte Pink.


Nessuno dei due albi balcanici, curiosamente, portava il titolo della storia italiana. Se il primo infatti si intitolava Un'arma segreta, probabilmente riferendosi ai poteri extrasensoriali di Francisco, il secondo, quello con la copertina ferriana, si intitolava Lenta Vendetta, come quella del co-protagonista dell'albo tornato in patria quattro decenni dopo che ne era stato allontanato.


Solo nell'agosto del 2011 la casa editrice croata Libellus, sul 49° albo della sua ristampa cronologica, pubblicò al storia nella sua interezza e col titolo originale: La casa di Satana


Questo episodio e questa copertina cono apparsi anche in Turchia, sul diciassettesimo albo della edizione curata dalla Aksoy.


Chiudiamo la rassegna internazionale con la più recente versione di questa storia pubblicata in Grecia, con lo stesso titolo originale italiano.


Chiudiamo, come a volte accade, con la consueta segnalazione della storia zagoriana firmata da Luigi Mignacco che rende omaggio alle cover di Mister No realizzate da Ferri, Spedizione all'inferno. La centoquattresima cover venne ricordata con questa vignetta, in cui è Cico a incontrare il minaccioso rettile nella foresta,  disegnata dallo stesso Gallieno Ferri.
Saverio Ceri

N.B. Vi invitiamo a scoprire o riscoprire, anche le precedenti puntate di Secret Origins dedicate al Tex Classic e a Mister No in Cronologie & Index. 

venerdì 21 ottobre 2022

SECRET ORIGINS: TEX CLASSIC 147

di Saverio Ceri

con la collaborazione di Francesco Bosco e Mauro Scremin

Bentornati a Secret Origins l'appuntamento quattordicinale che ci conduce alla scoperta delle origini delle copertine di Tex Classic e di eventuali altre cover ispirate alle pagine a fumetti dell'albo in edicola.


Sul Classic in edicola troviamo ristampate a colori 192 strisce tratte dagli albetti dal 23 al 26 della Serie Nebraska, la 33a serie di Tex nel formato originale, usciti a dicembre 1964. Le stesse pagine erano state pubblicate per  la prima volta nel formato bonelliano sul numero 68 della serie principale di Tex, datato giugno1966. Il titolo, Agguato tra le rocce è preso in prestito dal numero 25 della Serie Nebraska; il primo albo di Tex disegnato da Guglielmo Letteri. La cover che la redazione ha ritenuto più idonea per questo albo è quella di Tex 153, I predoni della sierra, del luglio 1973. Stavolta effettivamente un qualche riferimento al titolo la cover ce l'ha; Tex non è per niente in agguato, ma almeno è tra le rocce.


L'anno successivo il Maestro toscano, sardo d'origine, e ligure d'adozione, fece dono all'amico Aligi Morozzi di un disegno originale, il cui protagonista è molto molto simile al Tex della copertina 153. 


Non sappiamo se sia il disegno originale, una copia o una variante di quella cover, ma sicuramente i due Tex, come si può verificare dalla gif animata qui sotto sono praticamente gemelli, differiscono solo per la posizione delle braccia.


Ma facciamo un passo indietro: come spesso accade i nostri Francesco Bosco e Mauro Scremin, grazie alle loro certosine ricerche, ci rivelano al fonte di ispirazione di questa copertina. Stavolta si tratta di un dipinto di Charles Marion Russell "The trail boss".


La copertina de I predoni della Sierra era già riapparsa nelle edicole italiane in occasione delle  ristampe TuttoTex e Tex Nuova Ristampa. La prima immagine risulta ruotata in senso antiorario rispetto all'albo del 1973, mentre la seconda, pur compiendo la rotazione opposta, non torna nella posizione originale.


In Nord Europa la cover venne utilizzata dalla Williams nel 1975 per le edizioni di almeno cinque paesi. Qui sotto vedete quella norvegese, svedese, danese, olandese e finlandese. 


Nel resto d'Europa si segnala l'apparizione di questa illustrazione sulla cover jugoslava e, molto più recentemente, in una edizione turca la cui cover di ispirazione è sicuramente quella della Nuova Ristampa data l'inclinazione dell'immagine e il carattere del titolo.


Varcando l'Oceano Atlantico arriviamo alle edizione brasiliane di questa immagine. In terra carioca la cover del numero 153 è stata utilizzata due volte dell'Editora Vecchi per le due edizioni del suo Tex numero 63; e una volta dalla Mythos come copertina del numero 205 della Tex Colleçào.



Meritano la citazione anche altre tre copertine legate in qualche modo a questo Classic 147. La prima proviene dalla Francia, ma ha solide radici italiane. La fonte di ispirazione è infatti la cover della 24 striscia della Collana Nebraka, in cui Tex si presenta sventolando la bandiera bianca al capo degli Arapahos.


La copertina ispirata è invece quella che Remy Bardolet, realizzò nel maggio del 1966, per il numero 177 della collana francese Rodeo.


Poche vignette dopo la situazione precipita, e Aquila della Notte è costretto a incrociare il coltello con Grosso Serpente, in un Duello Apache all'ultimo sangue.

In questo caso l'ispirato è Claudio Villa, che da questa vignetta realizza la copertina  del numero 33 della Collezione Storica a Colori di Repubblica nel 2007.


Chiudiamo ricordandovi che sul quarto volume di Western all'italiana i nostri Bosco e Scremin, vi sveleranno anche l'origine della copertina del numero 25 della serie Nebraska, quella che da il titolo a questo Classic.


L'illustrazione di questa cover, tra l'altro, ha ispirato la terza copertina di cui parlavamo poc'anzi: quella di Rodeo 178, sempre firmata da Remy Bardolet nel giugno del 1966, per l'editore transalpino Lug. Il cavaliere è identico a quello galeppiniano, mentre Tex appare un po' più defilato rispetto all'immagine  della 25a cover della serie Nebraska.


Saverio Ceri

N.B. Vi invitiamo a scoprire anche le precedenti puntate di Secret Origins in Cronologie & Index. 

sabato 15 ottobre 2022

SECRET ORIGINS: MISTER NO 103

di Saverio Ceri
Approfittando dello spunto datoci delle uscite settimanali della collana cronologica, a colori, collaterale alla Gazzetta dello Sport, andiamo a scoprire le copertine originali di Mister No, le loro eventuali fonti di ispirazione e le loro vicende editoriali in Italia e nel mondo.


Prosegue l'episodio di Castelli e Bignotti incentrato sulla giovane Luisa Parker e sulle sue ricerche botaniche condotte sulle Montagne della Luna in Cile. Questa terza parte si dipana però tutta i territorio brasiliano tra Manaus e l'immaginaria Parkerville, dove la giovane Luisa vive in una gabbia dorata voluta dal padre, Joseph, fondatore e padrone della cittadina. Mister No incontra la ragazza nella prima parte dell'albo, ma si rende conto che da solo non riuscirà mai a portarla via dalla super controllata Parkerville. Jerry è convinto che la ragazza abbia compito importanti scoperte sul tamarugo, la pianta che cresce anche nei deserti più inospitali, e che il padre voglia mantenere segrete, e sfruttare solo per se, tali scoperte per accrescere il suo potere economico. Per liberare la giovane il pilota contatta il miliardario mister Hugues, il diretto concorrente di Parker, conosciuto sul numero 101, nelle prime pagine dell'episodio. 


L'uomo d'affari, convinto da Mister No che la scoperta di Luisa deve essere resa pubblica, mette a disposizione del protagonista un commando per far fuggire la ragazza. L'operazione riesce, e ad attendere a Manaus Jerry e Luisa ci sono già i giornalisti pronti a diffondere la notizia delle scoperte sul tamarugo che potrebbero  far fiorire i deserti di tutto il mondo.
Veniamo ora alla copertina; segnalando, ancora una volta, una doppia firma di Ferri. Alla firma posta sull'illustrazione dall'autore lungo il tubo rosso a terra, il distratto grafico della edizione di Gazzetta, ne aggiunge un'altra, inclinata parallelamente al logo presente sulla cover originale.


Oltre all'edizione del dicembre 1983, questa illustrazione è riapparsa in edicola ricolorata per le  edizioni If nell'agosto del 2011, come cover del numero 52 della loro ristampa delle avventure del pilota nolittiano. Da notare che in questa versione Mister No è stato ingrandito rispetto allo sfondo, o per renderlo più proporzionato con le strutture che lo circondano o per dare maggiore tridimensionalità alla scena.


Passiamo alle edizioni internazionali legate a questa immagine, partendo come sempre dalla versione transalpina della Mon Journal, pubblicata nel giugno 1996 come cover del numero 126, intitolato Parkerville.


In Jugoslvia l'episodio e la cover trovarono spazio sulla collana antologica Lunov Magnus Strip sul numero 767, intitolato Il segreto dell'Atacama.


Infine l'edizione Turca targata Aksoy,  il cui numero 16 presenta la stessa cover e lo stesso titolo del numero 103 italiano. A dire il vero la cover è ... quasi la stessa. Manca infatti il fascio di luce  proveniente da sinistra.


Saverio Ceri

N.B. Vi invitiamo a scoprire o riscoprire, anche le precedenti puntate di Secret Origins dedicate al Tex Classic e a Mister No in Cronologie & Index. 

lunedì 10 ottobre 2022

IL PROCESSO LIZZIE BORDEN! IL DELITTO PIÙ MISTERIOSO DELL’ERA VITTORIANA! "...HA PRESO UN’ASCIA...". FAMIGERATA ASSASSINA O ACCUSATA INGIUSTAMENTE?! – LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA – PARTE XC

di Wilson Vieira

La saga della Storia del West di Wilson Vieira ha raggiunto un'altra pietra miliare: ecco a voi la novantesima puntata, tutta dedicata a uno dei più celebri omicidi dell'Epoca Vittoriana in America. Proverete i brividi che abbiamo provato noi nel leggere dell'omicidio dei coniugi Borden? Siamo sicuri di sì! Vi ricordiamo che le immagini sono state scelte e posizionate nel testo dallo stesso Wilson! Buona lettura! (s.c. & f.m.)










Elizabeth Andrew Borden nacque il 19 luglio 1860, secondogenita di Andrew e Sarah Borden. Sua madre morì quando Lizzie aveva solo 3 anni e Andrew sposò la sua seconda moglie, Abigail Durfee Gray, nel 1865. I Borden erano una famiglia tremendamente disfunzionale e la loro non era sicuramente una casa felice. Lizzie si risentiva della sua matrigna, certa che Abby stesse solo puntando ai soldi di suo padre e si riferiva a lei freddamente come “Mrs. Borden.” I litigi della famiglia Borden erano famosi nel quartiere, poiché spesso si sentivano discussioni in famiglia rumorose e violente provenire dall’interno della casa. Si diceva che questi battibecchi si fossero intensificati nei giorni precedenti agli omicidi. Si diceva anche che l’intera famiglia Borden fosse gravemente malata durante quel periodo, portando a sospetti di tentato avvelenamento; più probabilmente era il risultato di uno stufato di montone avariato. Andrew Borden era un uomo sgradevole, ed è possibile che un nemico o un rivale in affari fosse responsabile degli omicidi, anche se non ci sono mai state prove concrete a sostegno di ciò. In un caldo 4 agosto 1892, in Second Street a Fall River, Massachusetts, Bridget “Maggie” Sullivan (1869 – 1948), la cameriera della residenza della famiglia Borden (che si poteva permettere questo lusso), si riposava nel suo letto dopo aver lavato le finestre esterne. Poco dopo sentì suonare la campana del municipio e guardò l’orologio: erano le undici. Un grido di Lizzie Borden, la più giovane delle due figlie Borden, ruppe il silenzio:

Maggie, scendi! Scendi presto; mio padre è morto; qualcuno è entrato e l’ha ucciso!

Bridget Sullivan era emigrata dall’Irlanda nel 1883 e non aveva famiglia. Sei anni dopo entrò a lavorare presso la famiglia Borden come domestica e venne familiarmente "ribattezzata" Maggie. Nessuno è sicuro di quanti anni avesse il giorno degli omicidi Borden, ma si stima che fossero almeno 20. Anche il 4 agosto 1892 Bridget era in casa dei Borden. Stava lavando i vetri (nonostante fosse indisposta di stomaco), come la signora Borden le aveva ordinato di fare quella mattina. Alcune persone hanno ipotizzato che Bridget fosse la complice di Lizzie negli omicidi. In quale altro modo, suggeriscono i sostenitori di questa teoria, Bridget non avrebbe sentito nulla quel fatidico giorno? In realtà aveva sentito un rumore. Si era affacciata alle scale per capire a cosa fosse dovuto e pensò che fosse stata Lizzie. Bridget ha testimoniato in ogni fase del processo, non aiutando né danneggiando Lizzie. Sembrava sempre sincera, secondo la maggior parte degli osservatori. Una leggenda vuole che Bridget fosse stata pagata da Lizzie e sia tornata in Irlanda. In realtà rimase negli Stati Uniti e trascorse i suoi ultimi anni conducendo una vita modesta nel Montana.




Circa mezz’ora dopo, dopo che il corpo “quasi irriconoscibile” di Andrew Borden era stato coperto e il piano di sotto perquisito dalla polizia alla ricerca di prove di un intruso, una vicina che era venuto a confortare Lizzie, Adelaide Buffington Churchill (1850 - 1926), fece una macabra scoperta al secondo piano della casa dei Borden: il corpo di Abigail Durfee Gray “Abby Borden” (1828 – 1892), la matrigna di Lizzie. La Sullivan e la signora Churchill erano a metà delle scale, con gli occhi al livello del pavimento, quando videro Abby a faccia in giù nella stanza degli ospiti.






Gli investigatori trovarono il corpo di Abby ormai freddo, mentre quello di Andrew Jackson Borden (1822 – 1892) era ancora caldo: ciò indicava che Abby era stata uccisa probabilmente almeno novanta minuti prima di suo marito. Le risposte iniziali di Lizzie Borden alle domande degli agenti di polizia furono talvolta strane e contraddittorie. In un primo momento riferì di aver sentito un gemito, o un rumore raschiante, o una chiamata di soccorso, prima di entrare in casa, ma due ore dopo disse alla polizia che non aveva sentito nulla ed era entrata in casa ignara che qualcosa non andava. Quando le fu chiesto dove fosse la sua matrigna, ricordò che Abby aveva ricevuto un biglietto che le chiedeva di andare a visitare un’amica malata. Disse anche che pensava che Abby fosse tornata, tanto che chiese se qualcuno poteva andare di sopra a cercarla. La maggior parte degli investigatori che interrogarono la Borden riferirono di non aver gradito il suo “atteggiamento”; alcuni dissero che era troppo calma e si contraddiceva. Nonostante il suo atteggiamento e l'alibi incerto, nessuno la controllò per scoprire eventuali macchie di sangue. La polizia perquisì la sua stanza, ma l’ispezione fu solo superficiale; al processo ammisero di non aver fatto una ricerca adeguata perché presumibilmente la Borden non si sentiva bene. Nel seminterrato la polizia trovò tre accette, una delle quali con il manico rotto, e due asce. La testa dell’accetta danneggiata era sospettata di essere l’arma del delitto poiché la rottura del manico appariva fresca e la cenere e la polvere sulla testa, a differenza di quelle presenti sugli altri strumenti a lama, parevano essere state deliberatamente applicate per far sembrare che fosse da tempo nel seminterrato. Tuttavia, nessuno di questi oggetti fu sequestrato e portato via dalla casa. A causa della misteriosa malattia che aveva recentemente colpito la famiglia, il latte presente in casa e gli stomaci di Andrew e Abby (rimossi durante le autopsie eseguite nella sala da pranzo di Borden) furono testati per scovare tracce di veleno; niente fu trovato.

Crimine scioccante: un cittadino rispettabile e la sua anziane moglie fatti a pezzi nella loro casa!

Con questo titolo il “Fall River Herald” riportò che la notizia degli omicidi dei Borden

si è diffusa a macchia d’olio e centinaia di persone si sono riversate in Second Street... dove per anni Andrew J. Borden e sua moglie avevano vissuto felici.

Il giornalista dell’Herald che visitò la scena del crimine descrisse il volto del morto come “disgustoso”:

Sulla tempia sinistra era presente una ferita di sei per quattro pollici come se fosse stata martellata con il bordo smussato di un’ascia. L’occhio sinistro era stato cavato e un taglio si estendeva per tutta la lunghezza del naso. La faccia era stata fatta a pezzi e il sangue aveva ricoperto la camicia dell’uomo. Nonostante il sangue la stanza era in ordine e non c’erano segni di rissa di alcun tipo.

I sospetti iniziali sull'identità dell’assassino, riferì il “Fall River Herald”, si incentrarono su un “lavoratore Portoghese” che era stato a casa dei Borden la mattina presto e “aveva chiesto lo stipendio che gli era dovuto”, solo per sentirsi dire da Andrew Borden che in quel momento non aveva soldi e “di ripassare più tardi.” L'articolo aggiungeva che le analisi mediche suggerivano che Abby Borden fosse stata uccisa “da un uomo alto, che l'aveva colpita da dietro.”





Il caso dell’omicidio di Lizzie Borden è uno dei più famosi dell'intera storia criminale americana. Questo crimine dell’età dell’oro del New England, con la sua apparente insensatezza, affascinò la stampa nazionale. L’orribile identità dell’assassino fu immortalata addirittura nelle filastrocche infantili, tramandate di generazione in generazione:

Lizzie Borden took an ax
And gave her mother forty whacks,
And when she saw what she had done,
She gave her father forty-one.


(Lizzie Borden ha preso un’ascia,
E ha dato a sua madre quaranta colpi.
E quando ha visto quel che aveva fatto,
Ne ha dati a suo padre quarantuno.)

Sebbene non ci siano dubbi sul fatto che Lizzie Borden abbia commesso gli omicidi, la poesia non è del tutto corretta: la sessantaquattrenne Abby non era la mamma, ma la matrigna di Lizzie e l'arma fu un'accetta, piuttosto che un’ascia. E meno della metà dei colpi indicati nelle rime si abbatterono effettivamente sulle vittime: 19 piovvero su Abby e altri dieci resero irriconoscibile la faccia del 69enne Andrew. Tuttavia, la poesiola registra accuratamente la sequenza degli omicidi, avvenuti a circa un’ora e mezza di distanza la mattina del 4 agosto 1892. Parte dell'enigma per cui il crimine di Lizzie viene ancora oggi ricordato si trova a Fall River, nel Massachusetts, una città di fabbriche tessili sita a 50 miglia a sud di Boston. Fall River fu scossa non solo dalla brutalità del crimine, ma anche dall'identità delle vittime. Le divisioni culturali, religiose, di classe, etniche e di genere presenti in città avrebbero dato forma ai dibattiti sulla colpa o sull’innocenza di Lizzie e avrebbero attirato l'attenzione dell’intero Paese sul caso. Nelle prime ore dopo la scoperta dei corpi, la gente sapeva solo che l’assassino aveva aggredito le vittime in casa, in pieno giorno, in una strada trafficata, a solo un isolato dal quartiere degli affari della città. Non c’era alcun palese movente: nessuna rapina o aggressione sessuale, per esempio. Vicini e passanti non avevano sentito nulla. Nessuno aveva visto alcun tipo sospetto entrare o uscire dalla proprietà Borden. Inoltre Andrew Borden non era un cittadino qualunque. Come pochi altri a Fall River Borden possedeva ricchezza e reputazione. Aveva investito in fabbriche, banche e immobili. Ma Andrew non aveva mai dato sfoggio della sua fortuna. Viveva in una casa modesta in una strada non alla moda, invece che nel quartiere denominato “The Hill”, la zona elegante, di tendenza e facoltosa di Fall River. Non fu un caso, quindi, che la polizia avesse inizialmente considerato gli omicidi un crimine commesso da una persona di sesso maschile, probabilmente uno “straniero.” A poche ore dal delitto, la polizia aveva infatti già arrestato il primo sospettato: un innocente e miserabile immigrato portoghese. Ma Josè Correa de Mello, che in seguito fu condannato per l’omicidio di Manchester nel 1894, non era nelle vicinanze di Fall River al momento degli omicidi dei Borden.




Allo stesso modo, Lizzie aveva assorbito elementi del "nativismo", il patriottismo identitario dilagante in città. Lizzie sostenne che il giorno degli omicidi era entrata in casa passando dal fienile e aveva scoperto il corpo di suo padre. Aveva urlato per chiamare “Maggie” Sullivan, che stava riposando nella sua stanza al terzo piano. Aveva detto a Maggie che c'era bisogno di un dottore e aveva mandato la domestica all'altro capo della strada, a casa del medico di famiglia, che però era uscito. Lizzie disse dunque a Maggie di andare chiamare un'amica che viveva in fondo alla strada. Lizzie non aveva mandato la serva dal dottore immigrato irlandese che viveva proprio accanto, né cercò l’aiuto di un medico franco-canadese che viveva giusto dietro ai Borden. Solo un dottore Yankee poteva andar bene! All’inizio questo stesso atteggiamento mentale aveva contribuito a tenere Lizzie fuori dalla lista dei sospetti. Dopotutto, era un’insegnante di catechismo nella ricca Chiesa Congregazionista Centrale... Le persone della sua classe non potevano accettare che una persona come Lizzie potesse massacrare i propri genitori. Ma durante gli interrogatori, Lizzie rispose in maiera diversa ad agenti diversi. E la sua incapacità di versare una sola lacrima suscitò sospetti nella polizia. Un investigatore scoperse inoltre che Lizzie aveva cercato di acquistare del letale acido prussico il giorno prima degli omicidi in una vicina farmacia. La trentaduenne Lizzie, che viveva ancora con i familiari, desiderava ardentemente risiedere a “The Hill.” Sapeva che suo padre poteva permettersi di allontanarsi da un quartiere sempre più dominato dagli immigrati cattolici. Con l’aumento della popolazione immigrata di Fall River, sempre più Irlandesi chiedevano di entrare in polizia. Il giorno degli omicidi, c'erano poliziotti irlandesi fra quelli (circa una dozzina) che setacciarono la casa e la proprietà dei Borden. Alcuni di loro interrogarono Lizzie, persino in camera da letto! Lizzie non era abituata a dover rispondere a persone che considerava inferiori. Il caso Lizzie Borden divenne rapidamente un punto critico della "questione irlandese" in città. La mutevole composizione delle forze di polizia, combinata con l’elezione del secondo sindaco irlandese della città, il dottor John Coughlin, furono tutti elementi che minavano le posizioni di potere dei residenti nativi. Il "Fall River Globe” era un quotidiano irlandese militante di appoggio alla classe operaia che criticava pesantemente i proprietari delle fabbriche tessili. Subito dopo gli omicidi, il giornale si concentrò come lotta di classe sulla colpevolezza di Lizzie. Tra le altre cose, ha promosso voci secondo cui Bordens on the Hill stava raccogliendo milioni per assicurarsi che Lizzie non sarebbe mai stata condannata. Al contrario, il “Fall River Evening News”, sosteneva l’innocenza di Lizzie. Cinque giorni dopo gli omicidi, le autorità aprirono un’inchiesta e Lizzie fu sentita ogni giorno; durante l’inchiesta testimoniò in tribunale sotto giuramento. Ancor più del mucchio di incongruenze rilevate dalla polizia ha compilato, fu la testimonianza di Lizzie a infilarla in un ginepraio di autoincriminazione. In questa fase, durante quella che era considerata un’indagine chiusa in partenza, Lizzie non aveva un avvocato. Ma non per questo mancava di difensori. Il medico di famiglia, che credeva fermamente nell’innocenza di Lizzie, testimoniò che dopo gli omicidi le aveva prescritto una doppia dose di morfina per aiutarla a dormire. Gli effetti collaterali del farmaco, affermò, potrebbero spiegare la confusione di Lizzie negli interrogatori. La sorella zitella di 41 anni Emma (1851 – 1927), ​​che viveva anche lei in casa Borden, affermò che le due sorelle non provavano rabbia nei confronti della matrigna. Eppure le indagini della polizia e i vicini che avevano rilasciato varie interviste ai giornali, suggerivano il contrario.




Con sua sorella Emma che era in vacanza a 15 miglia dall'abitazione, Lizzie e Bridget Sullivan erano le uniche persone rimaste a casa con Abby dopo che Andrew se n’era andato in giro per i suoi affari di lavoro mattutini. Bridget era fuori a lavare i vetri quando Abby è stata massacrata nella stanza degli ospiti al secondo piano; Andrew Borden è stato aggredito nel soggiorno del primo piano poco dopo il suo ritorno, mentre la domestica stava riposando nella sua mansarda. Incapaci di rendere conto in modo coerente dei movimenti di Lizzie, il giudice, il Procuratore Distrettuale e il Marshall stabilirono che Lizzie era “probabilmente colpevole.” Lizzie fu arrestata e incarcerata l’11 agosto, una settimana dopo gli omicidi. Il Procuratore Distrettuale fu molto aggressivo nei suoi confronti. La testimonianza di Lizzie durante l’inchiesta, su cui si basava il dibattito sulla sua colpevolezza o innocenza, fu successivamente dichiarata inammissibile al processo. Gli articoli di giornale dell’epoca notarono che la Borden aveva un “comportamento stolido” e videro che si mordeva le labbra, arrossiva e si chinava verso l’avvocato Adams. Fu anche riferito che la testimonianza fornita da Lizzie nell’inchiesta aveva “causato un cambiamento di opinione tra i suoi amici che fino a quel momento avevano sostenuto con forza la sua innocenza.” L’inchiesta ottenne una significativa attenzione da parte della stampa a livello nazionale. Un Gran Giurì iniziò a vagliare le prove il 7 novembre e la Borden fu incriminata il 2 dicembre. Il giudice spedì Lizzie nella prigione della Contea. Questa donna privilegiata e sospettata si ritrovò confinata in una triste cella di tre metri per due per i successivi nove mesi. L’arresto di Lizzie provocò un putiferio e divenne rapidamente un caso nazionale. Gruppi di donne si radunarono al fianco di Lizzie, in particolare la WCTU (Woman’s Christian Temperance Union) e le suffragette.





Fin dall’inizio del processo centinaia di spettatori si radunavano alle udienze, sperando di poter dare anche una sola occhiata a Lizzie Borden, o di poter avere un posto in aula. La folla era composta principalmente da donne, e si disse che avevano abbandonato i loro mariti proprio all’ora di cena, trascurando i loro doveri domestici. Erano soprattutto abitanti di The Hill. Alcune

donne con gli occhi stralunati, dai lineamenti smunti e pronte a tutto... la fissavano attraverso occhiali e binocoli da teatro come se fosse una bestia selvaggia.

Altre, quando si aprivano le porte dell’aula, marciavano orgogliosamente dentro, con i loro cestini per il pranzo, per prendere posto a sostegno della loro eroina. Fra queste donne, alcune avevano subito abusi sessuali, altre odiavano segretamente le loro vite di oppresse, ma tutte erano lì presenti per sostenere una donna che sarebbe stata proclamata assassina o innocente. Questo ci porta al processo, sorprendente, quasi poetico. In quel periodo era difficile che una donna potesse essere condannata a morte. Le sostenitrici di Lizzie protestarono dicendo che al processo non sarebbe stata giudicata da una giuria di suoi pari perché le donne, in quanto non avendo diritto al voto, non potevano nemmeno far parte delle giurie (Frank Cole, William Dean, John Finn, Lewis Hodges, George Potter, Charles Richards, Augustus Swift, William Westcot, Fredrick Wilbar, Lemuel Wilber, John Wilbur, Allen Wordell, Charles Richards furono i portavoce della giuria)Lizzie poté permettersi la migliore rappresentanza legale durante il suo calvario. Durante l’udienza preliminare, uno dei più importanti avvocati difensori di Boston si unì all’avvocato di famiglia per difendere l'innocenza della donna. Un punto importante di discussione nel processo fu la testa di scure trovata nel seminterrato: l'accusa non riuscì a dimostrare in maniera convincente che quella fosse l’arma del delitto. I pubblici ministeri sostennero che l’assassino aveva rimosso il manico perché sarebbe stato ricoperto di sangue. Un poliziotto testimoniò che un manico d’ascia era stato trovato vicino alla testa dell’ascia incriminata, ma un suo collega sostenne il contrario. Sebbene sulla scena del delitto non fossero stati trovati indumenti insanguinati, Russell testimoniò che l’8 agosto 1892 aveva visto la Borden bruciare un vestito nella stufa della cucina, sostenendo che si era rovinato quando aveva tentato di spazzolare via della vernice fresca. Nel corso del processo, la difesa impugnò questa dichiarazione. Anche la presenza di Lizzie in casa fu oggetto di controversia durante il processo; secondo le testimonianze, la Sullivan era salita al secondo piano della casa intorno alle 10:58 e aveva lasciato Lizzie e suo padre al piano di sotto. Lizzie aveva detto a diverse persone che in quel momento era nel fienile e che era rimasta fuori casa per “20 minuti o forse mezz’ora.” Hyman Lubinsky testimoniò per la difesa di aver visto Lizzie Borden lasciare il fienile alle 11:03 e Charles Gardner confermò l’ora. Alle 11:10 Lizzie chiamò la Sullivan al piano di sotto, le disse che Andrew era stato assassinato e le ordinò di non entrare nella stanza e di andare a cercare un dottore. La testimonianze potevano essere incoraggianti, oppure sconcertanti. Ad esempio, un chimico di Harvard riferì di non aver trovato sangue sulle due asce e le due accette che la polizia aveva recuperato dalla cantina. Lizzie aveva consegnato alla polizia, due giorni dopo gli omicidi, il vestito che avrebbe indossato la mattina del 4 agosto. Aveva solo una minuscola macchia di sangue sull’orlo. I suoi avvocati hanno sottolineato che l’accusa non aveva presentato l’arma del delitto e non c'erano agli atti vestiti insanguinati. Per quanto riguarda l’acido prussico, Lizzie era stata vittima di un’identificazione errata, affermarono gli avvocati. Inoltre, durante tutta la saga del processo Borden, la legione di sostenitori di Lizzie era culturalmente certa di una cosa: una donna Vittoriana virtuosa e ben educata - una “monaca protestante”, per usare le parole della presidentessa nazionale della WCTU - non potrebbe mai commettere un parricidio. Il riferimento alla "suora protestante" sollevava la questione del numero crescente di donne autoctone del New England che alla fine del XIX secolo erano rimaste "single". La ricerca storica su queste donne ha documentato che l’etichetta di “zitella” aveva coperto le vere ragioni per cui quelle donne erano rimaste senza marito.



Per alcuni, l’ideale di femminilità virtuosa dell'Era Vittoriana era irrealistico, persino opprimente. In quell'epoca era considerata una “vera donna” solo quella moralmente pura, fisicamente delicata e socialmente rispettabile. Doveva essere preferibilmente e avere avuto figli. Ma alcune donne avevano come loro obbiettivo lo studio e l’indipendenza. La maggior parte delle università femminili, chiamate familiarmente “Seven Sisters”, furono fondate tra il 1870 e il 1890; quattro di esse erano in Massachusetts. E altre donne, semplicemente, non avevano la certezza che avrebbero trovato l’uomo giusto per una vita matrimoniale. Quanto alle sorelle Borden, Emma rientrava nello stereotipo della "zitella". Sul letto di morte, la madre fece promettere a Emma che si sarebbe presa cura della “piccola Lizzie.” Sembra che abbia dedicato la sua vita a sua sorella minore. Lizzie, sebbene non fosse un'attivista che voleva curare i mali sociali di classe della sua epoca, si ritagliò un ruolo pubblico di "suora protestante" più in vista di Fall River. A differenza di Emma, ​​Lizzie era impegnata in varie attività religiose e sociali, dalla WCTU alla Christian Endeavour, che si occupava delle scuole domenicali. Aveva anche fatto parte del consiglio del “Fall River Hospital.”
La Borden apparve in udienza l’8 agosto. Le erano state prescritte dosi regolari di morfina per calmare i nervi, ed è possibile che la sua testimonianza ne sia stata influenzata. Il suo comportamento era irregolare e spesso si rifiutava di rispondere a una domanda anche se la risposta avrebbe deposto a suo favore. Spesso si contraddiceva e dava resoconti diversi di ciò che era accaduto nella mattinata in questione: prima affermò di essere stata in cucina a leggere una rivista quando suo padre arrivò a casa, poi disse di essere stata in sala da pranzo a stirare, e infine sostenne che stava scendendo le scale. Affermò anche di aver tolto gli stivali di suo padre e di avergli messo le pantofole nonostante le fotografie della polizia mostrassero chiaramente Andrew che indossava stivali. All’udienza preliminare il difensore di Lizzie fece un’arringa conclusiva travolgente. I suoi partigiani di Lizzie scoppiarono in un forte applauso. Non servì a nulla. Il giudice stabilì che probabilmente era colpevole e che doveva rimanere in carcere fino al processo davanti alla Corte Suprema. Né il procuratore generale, che di solito perseguiva i crimini capitali, né il procuratore distrettuale erano ansiosi di trascinare Lizzie alla Corte Suprema, sebbene entrambi credessero nella sua colpa. C’erano buchi nelle prove della polizia. Le teste di entrambe le vittime erano state rimosse durante l’autopsia e i loro crani furono ammessi come prova e presentati al processo il 5 giugno 1893. La Borden svenne quando li vide. Fu esclusa la prova dell'acido prussico che la Borden avrebbe cercato di acquistare in una farmacia del luogo il giorno prima degli omicidi , presumibilmente per pulire un mantello di pelle di foca. Il giudice stabilì che il fatto era troppo remoto nel tempo per avere una qualsiasi connessione con il delitto. William Henry Moody (1853 -1917) fu il secondo Presidente di tribunale al processo Borden. Con i suoi quarant’anni era l’avvocato più giovane dell'intero processo ed era relativamente inesperto nel ruolo di pubblico ministero. Era stato procuratore distrettuale per la contea di Essex per due anni, ma era riuscito a farsi una reputazione come avvocato diligente e aveva trascorso molto tempo a preparare con cura gli atti del caso Borden. Espose la dichiarazione di apertura dell’accusa e condusse gli interrogatori di alcuni testimoni.





George D. Robinson (1834 – 1896) era il principale avvocato difensore del caso e fu la figura più importante dell’intero processo. Aveva cinquantanove anni quando si occupò del caso Lizzie Borden. Era conosciuto in tutto il Massachusetts come leader politico, visto che ne era stato il governatore dal 1884 al 1886; era stato inoltre eletto come rappresentante al Congresso degli Stati Uniti per quattro mandati. Il suo coinvolgimento nel caso fu il risultato del contatto con Andrew Jennings e delle pressioni delle lobby "femministe". Robinson gestì praticamente tutte le questioni del processo di difesa nel caso Borden. Jennings era l’avvocato della famiglia Borden ed era stato il primo difensore coinvolto nel processo. Convinse George Robinson ad assumere la posizione di comando per la difesa di Lizzie. Ebbe un ruolo passivo durante il processo, ad eccezione della sua dichiarazione di apertura. Nel suo precedente lavoro legale per i Borden si era occupato di una transazione economica e la sua esperienza in materia penale era dunque modesta. Il presidente del tribunale, il giudice della Corte Suprema Justin Dewey (1836 – 1900), redasse un lungo riassunto con le tesi della difesa e dell'accusa e lo consegnò alla giuria, che si ritirò a deliberare il 20 giugno 1893. Dopo un’ora e mezza di dibattito, la giuria assolse la Borden dall'accusa di omicidio plurimo. Uscita dal tribunale, Lizzie disse ai giornalisti di essere “la donna più felice del mondo.”
Ora Lizzie era inattaccabile, ma mesi prima il suo arresto aveva provocato un’ondata di sdegno a suo sostegno. Il Procuratore Distrettuale aveva portato il caso davanti a un Gran Giurì a novembre. Non era sicuro che avrebbe ottenuto un atto d’accusa. Ventitré giurati si riunirono per ascoltare il Procuratore sostenere l’accusa di omicidio. Si aggiornarono senza decidere niente.






Quindi il Gran Giurì si riunì di nuovo, il 1° dicembre, e fu ascoltata una drammatica testimonianza. Alice Russell, una pia quarantenne zitella, membro della Congregazione Centrale, era una cara amica di Lizzie. Poco dopo che Andrew era stato ucciso, Lizzie aveva mandato Bridget Sullivan a chiamare Alice per farla venire da loro. Alice dormì in casa Borden per diverse notti dopo gli omicidi, con le vittime massacrate distese sulle assi delle pompe funebri in sala da pranzo. La Russell aveva testimoniato all’inchiesta, all’udienza preliminare e davanti al gran giurì nella prima sessione. Ma non aveva mai rivelato un dettaglio importante. Angosciata per la sua omissione, aveva consultato un avvocato che le consigliò di riferire il fatto al Procuratore Distrettuale. Il 1° dicembre la Russell tornò davanti al Gran Giurì. Testimoniò che la domenica mattina dopo gli omicidi Lizzie aveva tirato fuori un vestito da un ripiano nell’armadio della dispensa e aveva proceduto a bruciarlo nella stufa di ghisa a carbone. Il giorno successivo il Gran Giurì incriminò Lizzie. Il Procuratore Generale si ritirò dal caso ad aprile. Era stato malato e il suo medico disse che non poteva resistere al carico di lavoro del processo Borden. Come sostituto scelse un procuratore distrettuale di Boston come collaboratore di Hosea M. Knowlton (1847 – 1902), il Procuratore Distrettuale della contea di Bristol. Knowlton credeva nella colpevolezza di Lizzie, ma si rese conto che c’erano poche probabilità che venisse condannata. Eppure era convinto di avere il dovere di continuare, e lo fece con abilità e passione, come emerse dalla sua arringa conclusiva durata cinque ore. Un importante giornalista di New York, che credeva nell’innocenza di Lizzie, scrisse che:

L’eloquente appello del procuratore distrettuale alla giuria, gli dà diritto a classificarsi tra i più abili legali del momento.

Knowlton pensava che una "hung jury" (una "giuria sospesa", indecisa, che non riesce a deliberare all'unanimità) fosse a portata di mano. Ciò avrebbe potuto soddisfare sia coloro che erano convinti che Lizzie fosse innocente, sia quelli persuasi della sua colpevolezza. Se emergevano nuove prove, il processo a Lizzie poteva essere ritentato. Ma il Procuratore Distrettuale forse sottovalutò gli impedimenti legali e culturali che aveva dovuto affrontare. Anche il comportamento di Lizzie in tribunale, che forse il Procuratore Distrettuale Knowlton non riuscì a prevedere o capire del tutto, sicuramente influenzò il risultato. Ci fu un "paradosso di genere" nel processo a Lizzie. In un’aula di tribunale in cui gli uomini riservavano per se stessi tutto il potere legale, Lizzie non era una fanciulla indifesa. Aveva solo bisogno di presentarsi come tale. I suoi avvocati le dissero di vestirsi di nero. Apparve in tribunale indossando uno stretto corsetto, vestita con abiti fluenti e con un mazzo di fiori in una mano e un ventaglio nell’altra. Un giornale la descrisse come:

Tranquilla, modesta e ben educata, tutt’altro che una ragazza muscolosa, grossa, dalla faccia dura e dall’aspetto rude.

Un altro sottolineò che le mancavano “proporzioni amazzoniche.” Non poteva possedere la forza fisica, per non parlare della degenerazione morale, per impugnare una pesante arma da taglio con una forza tale da spaccare un cranio. Inoltre, con i soldi di suo padre in mano, Lizzie poteva permettersi il miglior ufficio legale per difenderla, incluso un ex governatore del Massachusetts che aveva nominato uno dei tre giudici che avrebbe presieduto il caso. Il tribunale presentò alla giuria un’accusa incerta, che un importante quotidiano descrisse come “un appello per gli innocenti!” I giudici intrapresero altre azioni che ostacolarono l’accusa, escluse dal processo le testimonianze e le prove relative sull’acido prussico perché l’accusa non aveva pensato che quel veleno mortale potesse essere usato anche per scopi innocenti.




Lizzie diventò un fenomeno mediatico anche perché il suo processo mise in luce le squallide carenze dell’alta società, deliziando le masse più umili. L’accusa e a loro volta i media utilizzarono il processo per comunicare al popolo che i ricchi non erano da comportamenti sgradevoli e violenti. La difesa di Lizzie era, in qualche modo, una difesa della società della upper class; un tentativo di dimostrare che una persona con il suo passato, in particolare quello di una donna perbene e devota che va in chiesa, non avrebbe mai potuto commettere un brutale omicidio. Ad ogni modo, le assassine dell'Era Vittoriana erano più propense a somministrare veleno alle loro vittime piuttosto che a commettere atti violenti. Infine, la stessa giuria presentò per l’accusa un ostacolo insormontabile. La città di Fall River fu esclusa dalla giuria, che quindi fu composta rivolgendosi alle piccole città agricole della Contea. La metà dei giurati erano contadini; gli altri erano commercianti. Uno possedeva una fonderia a New Bedford. La maggior parte erano protestanti praticanti, alcuni con figlie dell’età di Lizzie. Un solo Irlandese superò il processo di selezione della giuria. Non sorprende che la giuria decise rapidamente di assolverla. Aspettarono un’ora in modo che sembrasse che non avessero preso una decisione affrettata. Il pubblico in aula, la maggior parte della stampa e i gruppi di donne furono d'accordo con l’assoluzione di Lizzie. I giornali in generale elogiarono il verdetto della giuria. Il "New York Times", per esempio, pubblicò questo editoriale:

Sarà di certo un sollievo per ogni uomo o donna dalla mente giusta che ha seguito il caso apprendere che la giuria di New Bedford non solo ha assolto Miss Lizzie Borden dall’atroce crimine di cui era stata accusata, ma lo ha fatto con una tempestività molto significativa.

Il "Times" aggiunse di considerare il verdetto:

Una condanna delle autorità di polizia di Fall River che volevano l’incriminazione e per questo hanno istruito il processo.

L’editorialista del Times sottolineò la “vanità degli uomini ignoranti e scarsamente addestrati certi di aver scoperto un crimine” nelle città più piccole; la polizia di Fall River, concludeva l’editoriale, è “inetta, stupida e confusa, come tipicamente avviene in questi paesi.”  Sarebbe più giusto dire che, per quanto fosse probabile che Lizzie avesse ucciso i suoi genitori, l’accusa non riuscì nel suo compito di provare la colpevolezza della donna oltre ogni ragionevole dubbio. Il caso imbastito dallo Stato si basava in gran parte sull’argomentazione che era impossibile per qualcun altro aver commesso quel crimine. Per la giuria del caso Borden questo, e alcune altre azioni sospette da parte di Lizzie (come quella di bruciare il vestito), si rivelarono insufficienti per un verdetto di condanna. Se l’imputato fosse stato un maschio, ipotizzarono alcuni, la giuria avrebbe potuto essere più incline a condannare. Uno dei grandi vantaggi della difesa fu che la maggior parte delle persone nel 1893 trovava difficile credere che una donna dal passato di Lizzie potesse aver portato a termine omicidi così brutali. Dopo l'assoluzione Lizzie tornò a casa sua a Fall River con un treno serale. Quella notte Lizzie Andrew Borden dormì nella sua vecchia casa a Fall River come una donna libera, innocente agli occhi della Legge per il terribile crimine di cui era stata accusata quasi un anno prima. Ma, sebbene assolta al processo, la Borden rimane la principale sospettata degli omicidi di suo padre e della matrigna. Tuttavia, molti hanno riflettuto su altri possibili sospetti, tra cui la Sullivan ed Emma Borden, la sorella di Lizzie, il cui alibi non fu mai verificato. E sospettarono anche di John Morse, il fratello della prima moglie di Andrew Borden, che stava con la famiglia e che aveva dato alla polizia un “alibi assurdamente perfetto e dettagliato per la morte di Abby Borden”.





Dopo il processo, Lizzie Borden tornò a Fall River dove lei e sua sorella Emma acquistarono un’imponente casa a The Hill che chiamarono “Maplecroft.” Ma la sua vita era cambiata per sempre. Anche lì, i ragazzi del vicinato infastidivano Lizzie con perfidi scherzi. Quattro anni dopo la sua assoluzione fu emesso contro di lei un mandato di arresto a Providence. La donna era stata accusata di taccheggio e, a quanto pare, provvide a restituire tutto. Lei ed Emma ebbero un grande litigio nel 1904. Emma lasciò la casa di The Hill nel 1905 e le sorelle non si videro mai più. In questo periodo Lizzie iniziò a usare il nome Lizbeth. Nel suo nuovo quartiere di lusso, Lizzie continuò a frequentare la stessa chiesa e sperava che, con la sua ritrovata ricchezza, si sarebbe finalmente adattata alla società d’élite della classe alta a cui aspirava da tempo. Tuttavia, amici e conoscenti smisero ben presto di parlarle, non fu più accolta con cordiali saluti e le persone iniziarono a distogliere lo sguardo. Sfortunatamente, Lizzie peggiorò le cose, non avendo mai indossato abiti da lutto e ostentando la sua ricchezza. Comprò una nuova carrozza trainata da due bellissimi cavalli, acquistò abiti alla moda e costosi e si recò a Boston, New York e Washington dove soggiornò in hotel alla moda e assecondò il suo amore per il teatro, facendo amicizia con attori, artisti e “tipi bohémien.”
Nel suo ultimo anno di vita la Borden era molto malata in seguito alla rimozione della cistifellea; morì di polmonite il 1° giugno 1927 a Fall River. I dettagli del funerale non furono pubblicati e pochi vi parteciparono. Nove giorni dopo, Emma morì di nefrite cronica all’età di 76 anni in una casa di cura a Newmarket, nel New Hampshire, essendosi trasferita lì nel 1923 per motivi di salute e per evitare una nuova ondata di pubblicità dopo l'uscita di un altro libro sugli omicidi. Le  due sorelle, nessuna delle quali si era mai sposata, furono sepolte fianco a fianco nel terreno di famiglia nel cimitero di Oak Grove.
Le seguenti persone, tutte collegate al caso Borden, morirono entro undici anni dall’omicidio di Andrew e Abby Borden del 1892 (con ciò non intendiamo dire che ci fosse una cospirazione o una maledizione correlata al omicidi; pubblichiamo l'elenco a solo titolo informativo):
Ufficiale George W. Allen – (1838 – 1901), Giudice Josiah C. Blaisdell – (1820 – 1900), Giudice Caleb Blodgett – (1832 – 1901), Thomas Boulds – (1845 – 1896), David S. Brigham – (1823 – 1893), Rev. Edwin A. Buck – (1824 – 1903), William Carr – (1821 – 1893), Joseph W. Carpenter – (1855 – 1899), Caso Rescomb – (1817-1901), Marianne Chagnon — (? – 1895), Lucie Collett – (1874 – 1900), Margherita Crapo — (1829 – 1896), Giudice Justin Dewey – (1836 – 1900), Peter Driscoll – (1853 – 1899), “Frank” Eddy – (1831 – 1898), Priscilla Grey Fish – (1820 – 1894), Giorgio Pesce — (? – 1894), Victoria Foreman – (1856 – 1896), Elizabeth Gormley – (1870 – 1902), Chester W. Greene – (1811 – 1896), Lurana Harrington – (1826 – 1898), Philip Harrington – (1859 – 1893), Josiah A. Hunt – (1845 – 1898), Hosea M. Knowlton - (1847 – 1902), Dr. John H. Leary – (1863 – 1901), Bertha Manchester – (1871-1893), Southard Miller – (1811-1895), John Minnehan – (1845 – 1893), John Newton – (1854 – 1893), Edwin Porter – (1864-1904), Julian Ralph – (1853 – 1903), George D. Robinson – (1834 – 1896), Orrick Smalley – (1829 – 1894), James C. Stafford – (1817 – 1895), Frank Stevens – (1827 – 1898), Henry G. Trickey – (1868 – 1892), George Whitehead – (1861 – 1898).
E adesso, nell'interesse storico, vi forniamo alcune riflessioni sui sospetti iniziali contro Lizzie e sulle stranezze avvenute subito dopo gli omicidi. Nel 1967 la scrittrice Victoria Lincoln suggerì che Lizzie potesse aver commesso gli omicidi mentre si trovava in uno stato alterato di coscienza. Un’altra importante teoria suggerisce che la ragazza fosse stata abusata sessualmente da suo padre, e che questo l'avesse spinta a commettere il parricidio. Ci sono poche prove a sostegno di ciò, ma l’incesto non è un argomento su cui si discusse all’epoca e i metodi per raccogliere prove della presunta violenza sarebbero stati abbastanza incerti nel 1892. Questa teoria fu divulgata sui giornali locali all’epoca degli omicidi e fu riproposta dalla studiosa Marcia Carlisle in un saggio del 1992. L’autore di gialli Ed McBain, nel suo romanzo del 1984 intitolato Lizzie, suggerì che la Borden avesse commesso gli omicidi dopo essere stato scoperta dai suoi mentre aveva un rapporto lesbico con la Sullivan. McBain elaborò ulteriormente la sua teoria in un’intervista del 1999, ipotizzando che Abby avesse sorpreso Lizzie e la Sullivan insieme e avesse reagito con orrore e disgusto, e che Lizzie la avesse ucciso con un candeliere. Quando Andrew tornò, lei gli avrebbe confessato il delitto, e lo uccise con un’accetta in preda alla rabbia quando il padre reagì esattamente come aveva fatto Abby. McBain ipotizzò inoltre che la Sullivan avesse nascosto l’ascia da qualche parte in seguito. Nei suoi ultimi anni di vita, si diceva che la Borden fosse lesbica, ma non c’erano insinuazioni del genere sulla Sullivan, che trovò un altro lavoro dopo gli omicidi e in seguito sposò un uomo che aveva incontrato mentre lavorava come domestica a Butte, nel Montana, dove morì nel 1948; si dice che abbia confessato la verità a sua sorella sul letto di morte, affermando di aver cambiato la sua testimonianza sul banco dei testimoni per proteggere la Borden. Altri noti come potenziali sospetti dei crimini includono la Sullivan stessa, che avrebbe forse reagito per vendetta dopo per aver ricevuto l’ordine di pulire le finestre in una giornata troppo calda; il giorno degli omicidi era infatti insolitamente caldo e all’epoca la domestica si stava ancora riprendendo dalla misteriosa malattia che aveva colpito la sua famiglia. Un certo “William Borden”, sospettato di essere il figlio illegittimo di Andrew, è stato indicato come un possibile colpevole dallo scrittore Arnold Brown, nel suo libro Lizzie Borden: The Legend, the Truth, the Final Chapter; pare che William avesse tentato senza successo di estorcere denaro da suo padre. Tuttavia, l’autore Leonard Rebello ha svolto ricerche approfondite sul William Borden pparso nel libro di Brown, ed è stato in grado di dimostrare che non era il figlio di Andrew Borden. Emma aveva un alibi, essendo in quel momento a Fairhaven, a circa 15 miglia da Fall River; lo scrittore di gialli Frank Spiering propose nel suo libro del 1984 Lizzie, che Emma poteva essere tornata di nascosto a casa per uccidere i suoi genitori, e poi ripartire subito per Fairhaven, dove ricevette il telegramma che la informava degli omicidi. Un altro importante sospettato fu John Morse, lo zio materno di Lizzie, che si incontrava raramente con la famiglia dopo la morte della sorella, ma aveva dormito in casa la notte prima degli omicidi; secondo le forze dell’ordine, Morse aveva fornito un alibi assurdamente perfetto ed eccessivamente dettagliato per la morte di Abby Borden.
Alla fine, qualunque fossero stati gli atti commessi da Lizzie, tutto venne oscurato dalla morte dei suoi genitori e dal suo processo, un processo così traumatico che ebbe bisogno del laudano per superarlo. Sebbene sia stata assolta, la formula “colpevole fino a prova contraria” non si applica quando c'è in ballo il sentimento pubblico. Oggi, e non solo sui "social media", si riflette sul fatto che in realtà tutti siamo colpevoli fino a prova contraria e le accuse sono sufficienti per rovinare qualcuno. Forse essere colpevoli fino a prova contraria è più una condanna della società in generale che una condanna qualsiasi. Ad ogni modo, dalla fine del processo fino alla sua morte di polmonite nel 1927, la sua reputazione fu rovinata e non riuscì mai a sottrarsi alla tragedia che circondava il brutale omicidio dei suoi genitori. Se vogliamo avere fiducia nel sistema giudiziario, dobbiamo renderci conto che anche Lizzie Borden è stata una vittima. Immagina come ti saresti sentito se avessi scoperto i tuoi genitori massacrati in casa tua, per poi essere accusato di quei delitti, trascinati in processo, assolto dal tribunale, ma incriminato dalla società... Cosa ha reso il caso Borden unico tra gli altri casi di omicidio di quel tempo? Forse perché entravano in gioco combinati insieme vari fattori: il sospetto sull'autore, l’ascesa del giornalismo sensazionalistico e il fatto che tutto ciò che ruotava attorno delitto si poneva come una critica morbosa e ironica dell’alta società.
La maggior parte di coloro che ha seriamente indagato su crimine concorda sul fatto che Lizzie fosse quasi certamente responsabile degli omicidi di suo padre e della matrigna. Ci sono state molte teorie sui potenziali moventi di Lizzie: aveva ucciso perché era stata vittima di incesto per mano di suo padre, o perché era arrabbiata con lui perché le aveva ammazzato i suoi piccioni domestici, o semplicemente perché era stanca dei suoi modi severi e rigidi, e voleva ereditare la ricchezza del padre e smettere di vivere sotto il suo controllo. Nessuno ipotesi può essere provata, ma ciò non fa che aumentare il fascino del mistero intorno al caso.
La mia ricerca mi ha portato a indagare su altre donne assassine nell’Era Vittoriana. Ho scoperto che il termine “peculiare” viene fuori nel definire molte di quelle donne che si erano allontanate dal rispettare le norme previste per loro dalla società, che reagiva spiegando che poteva esserci qualcosa di sbagliato in loro. Queste donne assassine erano donne frustrate nel tentativo di ribellarsi al costume prevalente, per cui gli uomini governavano e le donne non avevano diritti? Le circostanze che hanno spinto queste donne a uccidere e le strategie che hanno impiegato riflettono schemi simili. Alcuni degli argomenti dibattuti nei processi alle donne assassine scioccavano il pubblico; sesso al di fuori del matrimonio; aborto; malattie veneree; alcolismo; mestruazioni. Dobbiamo prestare attenzione alle pressioni sociali dalle quali questi casi talvolta generano. Nell’era Vittoriana, le donne erano per lo più confinate in casa, con solo le pulizie e la maternità ad occuparle. A causa della modernizzazione della società, i desideri delle donne hanno iniziato a cambiare. Alcuni, come Lizzie Borden, volevano avventurarsi oltre i confini domestici e diventare più indipendenti.
Dall’inizio del processo, fino a molto tempo dopo la sua conclusione e nella sua vecchiaia, Lizzie rimase in silenzio, senza mai dire una parola su quello che era successo. L’unica volta in cui parlò fu durante l'udienza preliminare in fase d'inchiesta. Cambiò il suo alibi numerose volte, dicendo che era in cucina, poi nella sala da pranzo, oppure al piano superiore. Questa incertezza era dovuta al fatto che era drogata di morfina o stava cercando di nascondere la vera storia? Facciamo un viaggio indietro nel tempo, in un luogo in cui le lanterne illuminavano la strada, le carrozze trainate da cavalli erano l'unico mezzo di trasporto trasporto, la rilevazione delle tempistiche era primitiva e l’omicidio, senza le indagini della polizia scientifica, era difficile da provare. Ma il crimine rimaneva...








Wilson Vieira


N.B. Trovate i link alle altre puntate della Storia del West su Cronologie & Index e nella pagina dedicata!