martedì 18 settembre 2018

RIFLESSIONI SUL SUCCESSO DI UN MITO DI 70 ANNI: OTTO BUONE RAGIONI PER LEGGERE (O RILEGGERE) TEX!

di Nazzareno Giorgini

Nazzareno aveva già pubblicato su "Dime Web", nel 2012 e nel 2015: oggi, con questo straordinario pezzo sui primi settant'anni del Ranger, gli diamo, il "bentornato"! (s.c. & f.m.)


Tex nei primi anni Settanta: il n. 150 dell'aprile 1973. Disegno di Galep

Introduzione
Parlare di un fumetto come Tex che si trova in edicola da settanta anni può sembrare ovvio e normale oppure difficile e complicato; tutto dipende dal punto di vista da cui si vuole trattare l’argomento e dalla profondità delle riflessioni che ne scaturiscono. Io mi limiterò a parlarne seguendo la prospettiva dell’appassionato lettore da lunga data (conobbi il personaggio intorno ai dieci anni d’età, all’apice del suo successo, nei primi anni ’70).
Prima di affrontare le “otto ragioni” di cui parla il titolo dell’articolo, non si può non riflettere sul contesto sociale e culturale in cui matura l’eroe e sulla gestione editoriale dello stesso: due elementi fondamentali e, diciamo così, estrinseci al personaggio, senza i quali però non si capirebbero fino in fondo le ragioni della nascita di un mito.
Per quanto riguarda il contesto sociale e culturale, tutti sappiamo che negli anni ’60 e ’70 del Novecento il western era un genere narrativo e cinematografico molto diffuso; anche il fumetto conosceva una stagione d’oro in quanto intrattenimento per i giovani (e non solo) dell’epoca, soprattutto in mancanza di altri mass media, al di fuori del cinema e della televisione, che veicolassero quel genere di letteratura avventurosa per immagini che potremmo definire “nazional-popolare” secondo la nota espressione di Antonio Gramsci. Il radicamento di questo genere narrativo e cinematografico nel nostro paese (basti pensare al fortunato filone del cosiddetto western all’italiana, che tanti capolavori ha prodotto negli anni ’60) permise poi quel passaggio generazionale del mito di Tex che ha rappresentato per molti decenni una delle ragioni basilari del suo successo.



Gli indimenticabili spaghetti-western. C'era una volta il West - Sergio Leone, 1968

Dicevamo inoltre della gestione editoriale del personaggio: senza la “politica” di Sergio Bonelli certamente il padre Gianluigi avrebbe faticato molto di più a far valere il suo talento di “romanziere prestato al fumetto”. Non approfondiamo troppo la questione, che richiederebbe un articolo a sé, ma ricordiamo solo il passaggio dalle strisce al cosiddetto “formato Bonelli” durante gli anni ’60 e la gestione degli arretrati di Tex, che ebbero un picco di vendite negli anni ’70 a tal punto eccezionale da dover sospendere le spedizioni dal marzo ’74 al dicembre ’76, a causa dei numerosi furti attribuiti ad ignoti, i quali avrebbero alimentato un vero e proprio mercato “clandestino” degli albi di Tex che arriva fino ai nostri giorni.


Le “otto buone ragioni”

Veniamo dunque ad esaminare le otto ragioni per le quali, secondo il parere di chi scrive (ma non solo), il fumetto di Tex avrebbe avuto tutte le carte in regola per durare settanta anni (e oltre). Sono caratteristiche intrinseche all’eroe che oggi tutti i critici texiani riconoscono, ma che ebbero il loro sviluppo completo solo tra la fine degli anni ’60 e il decennio seguente, un periodo storico fondamentale per tutta la cosiddetta civiltà occidentale: basti ricordare la contestazione giovanile studentesca e operaia, la fine del boom economico in Italia e l’inizio dei primi segni di crisi, gli “anni di piombo”; anche in ambito culturale e musicale molti sono i capolavori del filone rock e pop nati in quagli anni. In definitiva gli anni ’70 sono stati un decennio di cesura e passaggio basilare in tanti settori della cultura occidentale, in cui abbiamo assistito alla maturazione di molti elementi prodotti negli anni ’60 e all’anticipazione di altri che avrebbero trovato completo sviluppo negli anni ’80; e in tutto questo discorso il nostro Tex si inserisce perfettamente.



La musica immortale degli anni Settanta. Animals - Pink Floyd, 1977


1 – Carisma del personaggio e senso della giustizia
La prima caratteristica fondamentale dell’eroe è il suo carisma e il senso della giustizia innato in lui; quest’ultimo lo si nota fin dalla nascita del personaggio e quasi sempre ristabilire la giustizia significa vendicarsi di un torto subito, sostituendosi o anticipando la volontà divina: forse Dio li perdonerà, ma dopo che gli uomini li avranno puniti (Tex n. 34, p. 92); quindi per Tex fare giustizia equivale quasi sempre a vendetta (la storia più emblematica in questo senso è quella che rievoca la morte della moglie indiana Lilyth – Tex n. 104, Il giuramento). Il suo carisma invece è stato acquisito dall’eroe nel corso di tante avventure ed è cresciuto man mano che Tex ha sviluppato quelle che chiameremo le sue tre identità: ranger, Aquila della Notte, agente indiano dei Navajos. Una frase come questa certamente non sarebbe stata scritta da G.L. Bonelli nei primi numeri della serie, ma la troviamo nel n. 46, p. 127: è già da un pezzo che c’è l’inferno in questo paese. Io non sarò altro che il vento che farà divampare più alte le fiamme e farà salire di parecchio la temperatura.


Tex n. 34, agosto 1963. Disegno di Galep
Tex n. 104, giugno 1969
Tex n. 46, agosto 1964. Disegno di Galep

2 – Le tre identità di Tex
Il secondo punto di forza dell’eroe è quello legato alle sue tre identità, capace di sviluppare diversi filoni di storie e creare una contaminazione tra vari generi letterari. Gli sceneggiatori che si sono succeduti all’ideatore di Tex hanno certamente preferito l’identità del ranger, più semplice da gestire e più vicina anche a tematiche del mondo attuale. La figura di Aquila della Notte, legata com’è al mondo dei nativi americani e attraverso la quale G.L. Bonelli riusciva a fare sfoggio del suo linguaggio primitivo ed elementare e nello stesso tempo mitico ed immaginifico, resta ancora basilare ma poco capace, nei nuovi sceneggiatori, di creare quei capolavori che Bonelli padre aveva saputo realizzare. Quasi scomparsa oggi è l’identità del Tex agente indiano (una piacevole eccezione è stata l’avventura a colori pubblicata nel Tex n. 695, celebrativa dei settanta anni del personaggio, scritta da Boselli e disegnata da Ticci), eppure essa ha saputo nei primi anni ’70 produrre storie di notevole rilievo; ne citiamo solo due per certi versi emblematiche nella loro diversità e complementarità: la prima è Gli sterminatori (in Tex n. 134), forse la più breve storia di Tex, disegnata da un meraviglioso Galleppini e uscita nel dicembre ’71 (recentemente ristampata in un cartonato), in cui l’eroe con nove micidiali pugni “terapeutici” sistema l’agente indiano degli Utes, Mayer, e l’affarista Barrow, colpevoli di uno sterminio di bisonti ai danni degli indiani; la seconda invece è tra le più lunghe storie di Tex, In nome della legge (Tex n. 142), uscita nell’agosto ’72 e disegnata da Nicolò, in cui l’eroe finisce in un penitenziario accusato falsamente di un omicidio, a causa dell’intrigo di un losco personaggio che vuole impadronirsi dell’oro della riserva navajo. È l’unico caso, per quanto mi risulta, in cui Tex è stato sostituito per un breve tempo da un altro agente indiano, il corrotto Lyman.


Tex come Aquila della Notte, capo dei Navajo. Disegno di Marcello


Tex diventa Ranger! Disegno di Galep
Tex come agente indiano. Disegno di Letteri

3 – Il rapporto tra i quattro pards
Il terzo elemento da considerare nel lungo successo del personaggio è il rapporto tra i quattro pards: Tex Willer, Kit Carson, Kit Willer e il navajo Tiger Jack. È stato già detto che si può cogliere in essi lo sviluppo della personalità nelle varie fasi della vita: la giovinezza di Kit Willer (il figlio di Tex avuto dalla sfortunata indiana navajo Lilyth), la maturità dell’eroe e dell’indiano Tiger, l’anzianità di Carson. In realtà essi hanno sfumature caratteriali diverse che hanno permesso a G.L. Bonelli di creare una rete di rapporti tra i quattro molto densa e carica di stimoli narrativi: l’amicizia virile (spesso nascosta e mascherata da un linguaggio ironico e canzonatorio) fra Tex e Kit Carson, il profondo rapporto affettivo che lega il figlio Kit al padre (anch’esso smorzato dalla volontà di rendere Piccolo Falco quasi un fratello minore per Tex), la fratellanza tra Aquila della Notte e Tiger. La cosa più importante è che ognuno dei quattro pards è una persona “vera”, il cui rapporto con gli altri si è evoluto nel corso di questi settanta anni: basti pensare al trio Tex, il figlio Kit e Carson, protagonista di molte avventure degli anni ’50 ambientate durante la Guerra di secessione americana (il riferimento narrativo è chiaramente a I tre moschettieri di A. Dumas, autore molto amato da G.L. Bonelli). Gli sceneggiatori che si sono succeduti al creatore di Tex hanno privilegiato il rapporto tra l’eroe e Carson (anche se recentemente c’è la volontà di utilizzare maggiormente il personaggio di Kit Willer), lasciando più in secondo piano la figura di Tiger. Tutto ciò ovviamente dipende dalla sensibilità dell’autore e dagli stimoli narrativi che ogni personaggio riesce a catalizzare.


I quattro pards, oggi


I quattro pards nella classica interpretazione di Galep (Tex n. 281, marzo 1984)


4 – Il “Non politicamente corretto”
Per quanto riguarda la quarta ragione che rappresenta un punto di forza del fumetto di Tex, essa sta nel fatto che, secondo G.L. Bonelli, la Storia (ciò che è accaduto nella realtà delle vicende umane) è al servizio dei personaggi e della visione utopica dell’autore e non viceversa (visione che affonda comunque le sue radici in una struttura narrativa e un linguaggio fortemente realistici e verosimili). Emblema di ciò è la figura del pard di Tex, Kit Carson, una figura leggendaria del West che nella realtà fu un grande trapper, scout e cacciatore di indiani, che si distinse nella campagna contro i Navajos comandati da Manuelito. Lo stesso Tex Willer fu presentato dalla Casa Editrice Audace, nei primi anni ’50, come un eroico ranger realmente esistito, per aumentare l’ispirazione avventurosa e il legame con i lettori. Qui entriamo nel discorso del “non politicamente corretto” che negli anni ’60 e ’70 non era stigmatizzato aspramente come lo è oggi. Voglio dire che G.L. Bonelli poteva tranquillamente affibbiare, tramite Tex, l’appellativo di “sacco di carbone” a un nero del vudù, mentre oggi non si potrebbe più evidenziare la malvagità di una persona attraverso il colore della sua pelle. Ricordiamo inoltre l’epica storia del secondo grande scontro contro Mefisto (Tex nn. 39 e 40), dove Tex e i suoi pards si rendono responsabili di un vero e proprio massacro contro gli indiani Hualpai alleati di Mefisto, tra i quali non sembrano esserci (poco verosimilmente) individui positivi: essi sono tutti una razza di indiani selvaggi e primitivi da eliminare (l’avventura fu pubblicata alla fine degli anni ’50).


Tex. n. 152, giugno 1973. Disegno di Galep
Tex n. 154, agosto 1953. Disegno di Galep 


Mettiamo in luce comunque che la visione della realtà spirituale e umana si è evoluta in Tex nel corso degli anni fino a raggiungere quel capolavoro dei primi anni ’70 con protagonista l’apache Lucero, vero e proprio eroe tra il Bene e il Male, di cui, dopo una tenace ricerca, Tex troverà solo la sua tomba in una missione di frati senza mai averlo incontrato direttamente (Tex nn. 151/154). Ricordiamo anche un’altra grande avventura, basata su una storia vera, Apache Kid (Tex n. 165), una guida indiana dell’esercito statunitense ribellatasi ad un’ingiustizia degli uomini bianchi e destinata ad una tragica fine. A parte poche avventure (ma tutti capolavori), la visione di G.L. Bonelli in Tex fu quasi sempre quella di una netta divisione tra il Bene e il Male e ciò, secondo il nostro parere, ha rappresentato un punto di forza del personaggio, poiché le storie, con una tale base narrativa e ideologica, si sono impresse in modo indelebile (grazie anche ad un linguaggio estremamente realistico) nell’immaginario collettivo. Oggi la situazione è un po’ mutata con vari personaggi in bilico tra il Bene e il Male, la ricerca del “passato” di Tex (e anche quello di Carson) e della sua vita da fuorilegge; ma, come dicevamo sopra, ciò dipende dalla sensibilità dei nuovi sceneggiatori che, pur non tradendo mai gli archetipi basilari del personaggio, devono anche dopo settanta anni necessariamente rinnovarlo e, a proposito del “politicamente corretto”, fare anche attenzione a quante sigarette fuma Tex nel corso dell’avventura (sic)!



Tex e gli Indiani: rapporti all'inizio non facili! Disegno di Galep

5 – Il linguaggio bonelliano
Si diceva sopra l’importanza del linguaggio e del lessico utilizzati da G.L. Bonelli nelle storie di Tex e questo è il quinto elemento che rappresenta un punto di forza della narrativa bonelliana. Il linguaggio dell’autore è stato sempre, fin dagli inizi della saga, molto realistico, duro, a volte ironico ed enfatico, diretto ad un pubblico adulto più che adolescente. Bonelli era un romanziere e la qualità di un buon narratore è quella di intrattenere con le parole e soprattutto nei primi Tex degli anni ’50 le parole sono molte (grazie anche all’uso delle didascalie esplicative o informative) ma non annoiano, anzi, c’è sempre la voglia di andare avanti e di scoprire che cosa nasconde l’altra pagina del fumetto. Bonelli ha fatto leggere intere generazioni di italiani proprio quando la televisione si affacciava nelle case e il boom economico era agli inizi; di ciò gli deve essere dato merito. Anche il linguaggio di Tex ha subìto un’evoluzione in questi settanta anni: dalle esclamazioni troppo colorite ed enfatiche degli anni ’50 (ricordiamo il primo proibito “perdio” che venne presto censurato e mutato nel famoso “peste”) si è passati a quel giusto equilibrio tra tensione narrativa e semplicità ed essenzialità del linguaggio, sempre nel rispetto della correttezza morfosintattica.










Un elemento che colpisce particolarmente, che non si nota nell’edizione censurata, è il frequente riferimento, nel linguaggio bonelliano dei “primi” Tex, ai “vermi”, ai cimiteri, e comunque a termini collegati alla decomposizione del corpo umano (ricordiamo che la primissima idea di Bonelli era quella di usare “Killer” come cognome di Tex). Questa caratteristica continuerà anche nei lavori della maturità, negli anni ’60 e ’70, sia pure in tono minore man mano che il carisma dell’eroe e le sue tre identità si maturano e si intrecciano in modo perfetto. Per quanto riguarda le esclamazioni e le imprecazioni, occorre dire che G.L. Bonelli era abbastanza ripetitivo, poiché usava prevalentemente “maledizione” e “dannazione” con tutti i derivati connessi, oltre ad alcuni termini di più forte impatto emotivo, come “Sangue di Giuda” e “Signore onnipotente”, che nei moderni sceneggiatori sono quasi scomparsi, poiché oggi sembra che si preferisca smorzare la durezza del linguaggio, aumentandone l’elemento pittoresco e canzonatorio (forse per una nuova idea di “censura” che trapela ai nostri giorni?).














6 – La libertà strutturale delle storie
Il sesto elemento alla base del successo di Tex è stato la libertà strutturale che G.L. Bonelli ha avuto nel costruire le storie. Quando si ebbe il passaggio dalle strisce al formato “gigante” alla fine degli anni ’60, per l’autore fu un momento importante, grazie al quale la creatività avrebbe potuto trovare il massimo sviluppo, e infatti nacque la stagione dei grandi capolavori della maturità di Tex. Compiuti i sessanta anni, G.L. Bonelli si trovava a gestire, in piena libertà, un personaggio che aveva ormai un solido background alle spalle e lo stesso autore non ebbe mai reticenza a dire che lui finiva una storia di Tex quando se lo sentiva, senza considerare il numero di pagine che mancavano alla fine di un albo o che lo superavano (in tutto ciò giovò certamente il fatto che la Casa Editrice era gestita dal figlio Sergio Bonelli). Abituati come siamo oggi a vedere quasi sempre un’avventura iniziare a pag. 5 di un albo e finire a pag. 114 del successivo, non possiamo dimenticare come invece le grandi storie degli anni ’70 iniziavano magari a metà albo per poi concludersi a metà di uno dei successivi ed era per puro caso che una qualche avventura si concludesse alla fine o iniziasse a pag. 5. Per i giovani lettori di oggi (abituati spesso a storie autoconclusive di un albo come accade in molte altre serie bonelliane) la struttura ordinata delle avventure odierne può essere un incentivo alla lettura, ma per un autore ispirato come G.L. Bonelli la “gabbia” delle 110 tavole avrebbe costituito una forzatura insostenibile, che avrebbe reso impossibile o limitato la nascita di molti capolavori degli anni ’70.


Tex n. 135, gennaio 1972. Disegno di Galep

Un esempio di libertà strutturale nel costruire le storie da parte di G.L. Bonelli può essere il capolavoro Diablero (Tex nn. 135/137): nel primo albo troviamo un villaggio apache in una notte di plenilunio con un crescendo di suspense che introduce il “diablero” Guaimas e la bella strega Mitla (magicamente ritratta da Letteri), poi incontriamo El Morisco che raggiunge lo stregone apache Mangos, i quali indagano sugli strani fenomeni soprannaturali alla base della storia, mentre in parallelo Tex e i suoi pards (in compagnia del capitano Walson, colui che fece incontrare Tex e lo stregone di Pilares per la prima volta nel n. 77), cercando di raggiungere El Morisco e il villaggio apache nella Sierra del Hueso, vivono le loro avventure alle prese con la bella strega, durante le quali muore in un agguato il capitano Walson (circa a metà albo n. 136), e Tex si incontra con El Morisco solo alla fine dello stesso albo, dopo avergli salvato al vita (a lui e al fedele servo Eusebio) uccidendo il “diablero” Guaimas e avergli comunicato la tragica fine del capitano. Infine troviamo un lungo discorso di approfondimento tra El Morisco e lo stregone Mangos sui “diableros”, la licantropia e tutti gli eventi soprannaturali e magici ad essi collegati, al quale partecipano anche Tex e i suoi pards che hanno raggiunto El Morisco, dopo la morte di Mitla nel tempio azteco della Sierra del Hueso, e gli hanno portato “il fiore nero della morte”, uno strano fiore che nasce sul fondo della cripta del tempio (il lungo discorso va da pag. 11 a pag. 24 del n. 137 e la storia è conclusa).



Tex n. 136, febbraio 1972
7 – La “contaminazione” tra i generi letterari
La settima “buona ragione” per leggere Tex è che in questo fumetto troviamo quella che si chiama “contaminazione” tra i generi letterari. Come si vede dalla storia analizzata sopra, G.L. Bonelli inseriva sempre qualche variante che si potesse discostare dal genere western, sia per interessare maggiormente i lettori sia perché egli credeva nel magico e nel soprannaturale. Questa mescolanza tra i generi la si nota soprattutto nelle storie a partire dalla fine degli anni ’50; quando Sergio Bonelli prese la guida della Casa Editrice sostituendosi alla madre Tea, si concluse la fase delle avventure a prevalente carattere western e si inserirono sempre più spesso varianti del magico e soprannaturale con l’inizio della “rinascita” dell’eroe e della sua maturità con i primi grandi classici: n. 34, Sinistri incontri; n. 39, La gola della morte; n. 45, La voce misteriosa; n. 47, Le terre dell’abisso; n. 50, I figli della notte; sono solo alcuni titoli con storie memorabili e che risvegliano nei più adulti come il sottoscritto ricordi insostituibili alla base del nostro immaginario avventuroso. Dopo l’ingresso di nuovi disegnatori ad affiancare Galleppini e il loro fondamentale utilizzo nelle varie tipologie di storie, abbiamo la seconda fase della maturità dell’eroe e arriviamo agli anni ’70 con i classici albi “Tex Gigante” (il formato bonelliano standard dei nostri giorni) che produssero altri capolavori del genere western e magico-soprannaturale: n. 79, Il Drago Rosso; n. 93, Terrore sulla savana; n. 103, Il signore dell’abisso; n. 104, Il giuramento; n. 110, Chinatown; n. 115, Tramonto rosso; n. 122, Sulle piste del Nord; n. 125, Il figlio di Mefisto; altri titoli (ma ce ne sarebbero molti altri) che si sono impressi nella memoria collettiva di noi lettori.


Tex n. 93, luglio 1968. Disegno di Galep


Tex n. 103, maggio 1969. Disegno di galep

Il fatto che la variante del soprannaturale in Tex non sia solo un’appendice gradevole al genere western, ma sia entrata in profondità nel tessuto narrativo dell’eroe lo dimostra il fatto che il nemico numero uno per il nostro ranger non è un normale fuorilegge, ma uno stregone che si chiama Mefisto e il suo degno figlio Yama. Voglio dire che noi lettori siamo stati abituati da decenni, quando leggiamo Tex, a non meravigliarci delle intrusioni del soprannaturale (di tutti i tipi, compreso quello degli indiani d’America), il quale non deve necessariamente essere spiegato razionalmente, poiché Tex e i suoi pards credono nel soprannaturale (anche se lo affrontano in modo razionale, cercando di non lasciarsi coinvolgere da esso), e non potrebbe essere diversamente dopo tutte le avventure con protagonisti Mefisto e Yama (prevalentemente disegnate da Galep) e l’amico “magico” per eccellenza di Tex, El Morisco (le cui avventure furono invece disegnate soprattutto da Letteri). Negli ultimi tempi si è sentita la mancanza del “magico” a fianco del nostro eroe, per la tendenza a prediligere la dimensione del Tex ranger, come dicevamo sopra (con frequenti incursioni nel genere “giallo”), anche se negli ultimi sceneggiatori c’è la volontà di ritornare a questo filone narrativo (pensiamo alla “resurrezione” di Mefisto e al recente ritorno di Yama).


Tex n. 101, marzo 1969. Disegno di Galep

8 – I disegnatori di Tex
Siamo arrivati all’ultima “ragione” grazie alla quale, secondo il sottoscritto, Tex è arrivato ai settanta anni; ultima “ragione” che in un fumetto potrebbe essere messa anche a fianco di tutte le precedenti, visto che parleremo dei disegnatori. Non è mia intenzione esaminare le caratteristiche di ognuno di essi, poiché ciò richiederebbe un saggio a parte, ma mi soffermerò solamente sui cinque nomi che furono, dalla fine degli anni ’60 agli anni ’70 (l’età d’oro di Tex anche dal punto di vista dei contenuti delle storie, che avrebbero rappresentato un modello standard basilare nei decenni seguenti), fondamentali nella divulgazione di una rappresentazione grafica dell’eroe nell’immaginario collettivo. Questi cinque nomi sono, oltre naturalmente al creatore grafico e copertinista fino al n. 400 Aurelio Galleppini, Virgilio Muzzi, Guglielmo Letteri, Giovanni Ticci ed Erio Nicolò. La mia opinione (ma non solo), riguardo a questi cinque disegnatori, è che ognuno di essi abbia rappresentato Tex come un diverso “attore” adatto ad interpretare un certo genere di storia. Utilizzando un paragone cinematografico (ricordiamo che G.L. Bonelli, come suo figlio Sergio, era molto appassionato di cinema) è come se lo stesso sceneggiatore scrivesse un diverso tipo di trama per uno stesso personaggio che dovrà essere interpretato da vari attori, i quali risultano adatti ciascuno per un certo tipo di storia.


Aurelio "Galep" Galleppini Con Sergio "Guido Nolitta" Bonelli
Un celeberrimo autoritratto di Galep. Nel quadro Tex si affaccia sulla costa di Chiavari (una delle perle del Tigullio, dove viveva Galleppini) e pare osservare proprio la Colonia Fara, capolavoro dal Futurismo fascista, recentemente ristrutturata.
Galleppini appassionato di modellismo ferroviario

Le avventure disegnate da Galep rappresentano il Tex originale e infatti, oltre ai numeri “cento” a colori, sono state affidate a lui negli anni ’70 storie emblematiche come Il giuramento (Tex nn. 104/106), Tra due bandiere (Tex nn. 113/115), Il figlio di Mefisto (Tex nn. 125/128), in cui troviamo un eroe pieno di grinta e decisione, ma anche sofferente e provato dalle vicende della vita (pensiamo alla morte della moglie Lilyth nel n. 104 o alla tragica fine dell’amico Rod Vergil durante la Guerra di Secessione americana nel n. 115), splendidamente raffigurato con un volto in cui iniziano a vedersi le prime rughe e l’espressione degli occhi risulta memorabile (vedi n. 134, p. 112; è un Galep al vertice della sua maturità artistica, che si nota anche nelle prime 46 pagine de Il figlio di Mefisto, dove viene rappresentata la morte del diabolico nemico di Tex).


Un autoritratto di Virgilio Muzzi


Fernando Fusco 

A Virgilio Muzzi furono affidate le prime storie per aiutare il creatore grafico che, nell’aumento della produzione seriale anche a strisce, da solo non poteva reggere tutto il peso del personaggio. Negli anni ’70 di lui ricordiamo molte avventure, prevalentemente di tipo western classico, in cui G.L. Bonelli, per modo di dire, si “riposava”, ma sono comunque trame di tutto rispetto in un’epoca in cui il creatore di Tex sfornava continui capolavori: La dama di picche (Tex nn. 116/117), Il cacciatore di taglie (Tex nn. 130/131), L’ultimo poker (Tex nn. 149/151), e l’ultima storia Una stella per Tex (Tex nn.180/183), dopo la quale Muzzi fu sostituito da Fernando Fusco (la cui prima avventura è L’idolo di smeraldo, n.168), che ha rappresentato una nuova giovinezza per Tex, anche nella rappresentazione grafica; infatti la prima storia scritta da Sergio Bonelli (con lo pseudonimo di Guido Nolitta) in aiuto del padre fu proprio disegnata da Fusco (Caccia all’uomo, n. 183, a cui seguì la famosa El Muerto, n. 190, disegnata da Galep).


Un famoso autoritratto di Guglielmo Letteri


Letteri alla chitarra!

Guglielmo Letteri ha rappresentato soprattutto il Tex “magico e soprannaturale”, a lui si deve la caratterizzazione di El Morisco e molte memorabili storie come Il signore dell’abisso (Tex nn. 101/103), Chinatown (Tex nn. 109/113), Diablero (Tex nn. 135/137), Una campana per Lucero (Tex nn. 151/154), Il fiore della morte (Tex nn.160/162), e molte altre. Letteri non è stato solo l’artista del “magico”, ma anche di scenari western aridi e assolati indimenticabili, di quartieri cinesi con “facce gialle” pronte ad accoltellare Tex e i suoi pards; soprattutto la sua caratterizzazione grafica lineare e pulita ha rappresentato una novità assoluta che ha introdotto quella espressività dei volti capace di far recitare Tex e gli altri personaggi in modo unico (in particolare in quelle sequenze dove l’ironia del linguaggio e l’amicizia tra i pards trapela maggiormente). Senza i disegni di Galep e Letteri non sarebbero potute venire alla luce tutte le sfaccettature e le varianti dell’animo di Tex e delle storie di G.L. Bonelli; essi sono come le due facce di una stessa medaglia che rappresenta la complessità dell’eroe bonelliano. Ricordiamo solo che tanti sceneggiatori hanno scritto per Letteri: Nolitta, Nizzi, Berardi, Boselli, e che l’ultima storia del creatore di Tex è stata affidata a lui: Il medaglione spagnolo, n. 364.



Giovanni Ticci con Sergio Bonelli

Giovanni Ticci nel 2010
Giovanni Ticci è l’unico dei disegnatori “storici” di Tex ancora vivente e il suo ingresso, fin dalla prima famosa storia Vendetta indiana (Tex n. 91), è stato salutato come una novità insostituibile nelle storie del Ranger; a chi affidare l’eroe nella sua dimensione più granitica e inossidabile se non a Ticci? Di lui si ricordano storie indimenticabili come Massacro! (Tex nn. 108/109), tratta dal famoso e unico romanzo con Tex Il massacro di Goldena del 1951, scritto da G.L. Bonelli; Sulle piste del Nord (Tex nn. 121/124), un capolavoro nella rappresentazione della natura selvaggia e sterminata del paesaggio nordico del continente americano; Terra promessa (Tex nn. 146/149), La notte degli assassini (Tex nn. 166/168), Assalto al treno (Tex nn. 179/180), e tante altre. A Ticci sono state affidate le storie a colori dei numeri “cento” dopo la scomparsa di Galep; incarico che divide con il collega Fabio Civitelli, anche lui ormai uno dei disegnatori “storici” di Tex, con un tratto unico e particolare che si presta benissimo ad essere riempito dal colore, a parte ovviamente le splendide copertine di Claudio Villa, che ha esordito sulla serie nel n. 311 e che è poi diventato l’erede di Galep a partire dal n. 401.


Fabio Civitelli
Claudio Villa

Siamo arrivati all’ultimo disegnatore dell’età d’oro di Tex, Erio Nicolò. Anche lui ha rappresentato, secondo noi, un eroe indimenticabile, le cui caratteristiche sono quelle di un personaggio più “umano”, “normale”, agli antipodi, per intenderci, del tratto figurativo di Ticci. Senza Nicolò G.L. Bonelli non avrebbe avuto un disegnatore adatto a raffigurare Tex mentre vive nella sua riserva indiana dei Navajos, o mentre sbriga le incombenze periodiche dei rifornimenti da far giungere ai suoi indiani, insomma quello di Nicolò è un ranger nella sua “normalità” di vita quotidiana e senza i suoi disegni ci sarebbe mancato questo lato così vicino a noi e anche un po’ “misterioso” dell’animo di Tex. Ma senza Nicolò soprattutto ci sarebbe mancato un disegnatore unico a rappresentare la storia più lunga scritta da G.L. Bonelli (In nome della legge, Tex nn. 141/145), quel “calvario” per l’eroe che è stato il solo tra le avventure del ranger. Chi se non Nicolò avrebbe potuto disegnare Tex nella “cella della morte”, a un passo dal patibolo, tradito da quella Legge che aveva sempre servito, sostituito da un altro corrotto agente indiano, messi a dura prova gli affetti tra i quattro pards? Una storia indimenticabile, imprescindibile nella saga di Tex, forse il capolavoro assoluto di G.L. Bonelli.


Autoritratto di Erio Nicolò

Un'affettuosa caricatura di Nicolò tratteggiata da Bira Dantas


E qui dobbiamo ricordare un altro disegnatore, un aiutante di Nicolò, senza il quale il capolavoro di Bonelli citato sopra forse non avrebbe visto la luce, considerata la sua lunghezza inusitata (circa quattro albi e mezzo). Parliamo di Francesco Gamba, il disegnatore principale de Il Piccolo Ranger e di molti albi speciali di Cico, il pard di Zagor. Gamba è stato uno di quei illustratori “ombra”, spesso non accreditati, ma la cui funzione fu essenziale per permettere a Tex di uscire puntualmente nelle edicole italiane, grazie al suo tratto lineare, pulito e veloce, in un’epoca in cui la velocità media dei disegnatori era senz’altro più elevata rispetto a quelli di oggi. Alcune famose storie di Nicolò, oltre a quella citata sopra: Gilas! (Tex nn. 106/108), un indimenticabile e irriconoscibile Tex dalla doppia identità, in un mondo di fuorilegge, raffigurato con la barba incolta e una benda nera sull’occhio sinistro; Dugan, il bandito (Tex nn. 120/121), Silver Star (Tex nn. 128/129), Il tiranno dell’isola (Tex nn. 156/158), Lo sceriffo di Durango (Tex nn.158/160), Apache Kid (Tex nn. 164/166), Sulle tracce di Tom Foster (Tex nn.169/171), Fantasmi nel deserto (Tex nn. 177/179), e tante altre. Storie spesso con uno scenario insolito ed esotico o una trama da “giallo”, un Tex inedito e un finale amaro (queste caratteristiche lo hanno reso un disegnatore prediletto per Sergio Bonelli, il primo “aiutante” del creatore di Aquila della Notte).


Autoritratto di Francesco Gamba

Giunti ormai al termine della nostra analisi dei disegnatori “storici” di Tex, possiamo dire che ancora oggi la Casa Editrice milanese è sempre attenta ad affidare un certo tipo di storia e di contenuti ad un illustratore adatto e che sappia rendere al meglio la sceneggiatura da “interpretare”; certamente, visto il numero di pagine e di albi che esce in un anno con protagonista il nostro eroe, cinque disegnatori non possono bastare, ma è importante che non si perda questo “legame”, essenziale in un fumetto, tra testo e disegno; facciamo un solo esempio di storia recente in cui, a nostro parere, il disegnatore ha “interpretato” in modo encomiabile la sceneggiatura: il Maxi Tex n. 21, Nueces Valley, scritto da Mauro Boselli e disegnato da Pasquale Del Vecchio, la nascita della leggenda di Tex!


Maxi Tex n. 21, ottobre 2017. Disegno di Villa



Il mitico G.L.!

Conclusione
Questo lavoro vuole essere un omaggio a Tex e al suo creatore G.L. Bonelli, ma anche a tutti gli sceneggiatori e disegnatori che hanno permesso al personaggio di uscire nelle edicole italiane (e non solo) per settanta anni. Nella lunga storia dell’eroe ci siamo soprattutto soffermati ad analizzare il periodo d’oro di fine anni ’60 e il decennio ’70, ma non dobbiamo dimenticare che dopo G.L. Bonelli è stato il figlio Sergio a continuare il mito texiano, e dopo di lui è venuto l’aiuto determinante di Claudio Nizzi, che per molti anni (soprattutto i decenni ’80 e ’90) ha portato l’onore e l’onere di essere considerato l’erede di G. L. Bonelli; ma l’eredità di un personaggio come Tex difficilmente può essere gestita da una sola persona, e infatti anche Nizzi ha avuto bisogno, ad un certo punto, dell’aiuto di Mauro Boselli, che attualmente tiene le redini dell’eroe (per un’attenta e approfondita analisi dell’opera di Boselli, si veda l’interessante saggio scritto da Nicola Magnolia e Francesco Manetti, Mauro Boselli. Il boss del fumetto, recensito su questo stesso sito), il quale, a sua volta, non potrebbe coprire tutta la produzione texiana senza il supporto di Pasquale Ruju (e non dimentichiamo l’apporto di autori importanti come Gianfranco Manfredi e Tito Faraci). Ognuno ha dato il suo contributo, che deve basarsi sul non sempre facile equilibrio tra rispetto della tradizione e innovazione nello stesso tempo, per portare avanti un personaggio che ha la stessa età della Costituzione della Repubblica italiana.


Gianluigi Bonelli

Nazzareno Giorgini

N.B. Trovate i link alle altre novità bonelliane su Interviste & News!

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