venerdì 27 giugno 2014

L'ANGOLO DEL "BONELLIDE" VII - NUVOLETTE IN CANADÀ - LE GIUBBE ROSSE A FUMETTI, SECONDA PARTE: LO HUMOR E DAGLI ANNI '70 A OGGI - PRATT E KEN PARKER!

di Andrea Cantucci


Giubbe Rosse umoristiche

È capitato a molti famosi personaggi comici americani di indossare in qualche storia a fumetti la giubba rossa dei Mounties - da Porky Pig a Donald Duck, dall’attore Bob Hope ai Three Stooges e dall’orso Yogi al grasso viaggiatore del tempo Herbie - ma alcune Giubbe Rosse umoristiche spiccano nettamente sulle altre.


Il Sergente Baldo di Luciano Bottaro (1965)

Dal 1952 le Giubbe Rosse furono protagoniste di un’intera serie comica con Il Sergente Baldo, creato da Luciano Bottaro per le Edizioni Alpe e proseguito poi anche dai disegnatori Guido Scala e Giorgio Rebuffi. Come la gran parte dei fumetti di Bottaro, le brevi storie di Baldo, ambientate nel forte comandato dallo sprovveduto capitano Pied-Arm, erano spesso arricchite dalle fantasiose e paradossali sceneggiature di Carlo Chendi, che ne muoveva da maestro i buffi comprimari. In Italia il sergente Baldo uscì per più di vent’anni su Tiramolla, ma ebbe successo soprattutto in Francia, dove dal 1959 apparve sull’albo Monty pubblicato dalla Sagédition di Parigi, che conteneva la versione in francese del Sergente Preston e di vari eroi western.
Mentre il Baldo di Bottaro era un bonario personaggio per ragazzi, fu ben più feroce la satira sulle Giubbe Rosse che nel 1953 realizzarono Harvey Kurtzman e John Severin, nell’episodio di Mad n°5 intitolato Miltie of the Mounties, che prendeva in giro in particolare i film di Renfrew of the Royal Mounted. Alla fine l’arrogante giubba rossa Miltie non riusciva a prendere il suo uomo, perché quello che inseguiva… non era un uomo.

Pendergast, da Lucky Luke n. 22 (1962) di Morris e Dupuis

Un’altra spassosa caricatura di una giubba rossa canadese di tipico stampo britannico è stata il caporale Pendergast, apparso nel ventiduesimo episodio del pistolero Lucky Luke di Morris, che fu pubblicato in volume nel 1962 dall’editrice belga Dupuis col titolo Les Dalton dans le Blizzard (I Dalton nella Tormenta).
In questa storia esilarante, come tutte quelle sceneggiate dal grande Renée Goscinny, i quattro ingenui criminali evadono come sempre e si rifugiano in Canada pensando di sfuggire all’arresto, ma naturalmente hanno fatto i conti senza Lucky Luke e il caporale Pendergast, che uniscono le forze contro di loro. Agendo con tipica flemma anglosassone, Pendergast è abituato a mettere a posto le cose in modo fermo ma educato, senza neanche usare le armi. Avrebbe forse incontrato qualche difficoltà in più se avesse arrestato da solo i fratelli Dalton, assai meno disciplinati della pur turbolenta popolazione canadese, che, appena la giubba rossa alza la voce, cessa ogni schiamazzo e china la testa, eseguendo i suoi ordini senza fiatare.
Sempre negli anni ’60, il cartoonist Paul Murry inseriva spesso Mickey Mouse (Topolino) in ambientazioni del passato e in qualche episodio gli fece vivere anche delle avventure con indosso la giubba rossa del mountie. Nel 1968 ci fu anche una storia italiana con Topolino e Pippo in versione Giubbe Rosse - Topolino e i ladri di pellicce - che uscì sul n. 641 del settimanale di Mondadori coi disegni di un giovane Massimo De Vita.
De Vita all’epoca imitava lo stile del Mickey Mouse statunitense: infatti il capitano delle Giubbe Rosse che si vede all’inizio dell’episodio ha la stessa fisionomia del sergente della Polizia canadese visto nella storia di Paul Murry Topolino e il divoratore di pelli, uscita in Italia alla fine dell’anno seguente, sul n. 733 del settimanale.


Topolino e i ladri di pellicce nella ristampa degli Albi della Rosa

Dal 1961 al 1963, tra le parodie ospitate nel Rocky and Bullwinkle Show della NBC, apparve un’intera serie a cartoni animati, in trentotto episodi, su una giubba rossa canadese, Dudley Do-Right of the Mounties, creata da Alex Anderson, Chris Hayward e Allan Burns, da cui nel 1970 l’editrice Charlton trasse una serie a fumetti.
Dudley Do-Right, come tutti i Mounties cerca costantemente di “prendere il suo uomo”, cioè il suo acerrimo nemico Snidely Whiplash, ma se lo cattura è per pura fortuna, o soltanto grazie al suo cavallo. L’eroina femminile, Nell Fenwick, è la tipica figlia dell’ispettore capo che si caccia di continuo in situazioni pericolose per poi essere salvata. Il principale tormentone della serie sta nel fatto che Nell è del tutto inconsapevole dell’interesse di Dudley per lei e riversa invece il proprio affetto sul ben più eroico cavallo della giubba rossa.
Nel 1999 ne fu tratto anche un film dal vero, che però fu un fiasco totale, sia di critiche che di pubblico. Ha avuto invece un certo successo la serie di telefilm Due South (Direzione Sud), trasmessa con un altro titolo anche in Italia, che non ha niente a che fare col cartone, ma in cui il nome della giubba rossa protagonista, Benton Fraser, i cui modi cortesi creano un divertente contrasto di fronte alla violenza dei criminali, è certo un omaggio all’attore Brendan Fraser, che interpretava il ruolo di Dudley Do-Right in quello sfortunato film. 


Dudley Do-Right. Charlton Comics, 1970
 

Alla Corsa all’Oro nel Klondike, all’estremità occidentale del Canada, partecipò, al pari dei personaggi di Jack London, anche un giovane Paperon De’ Paperoni, all’epoca in cui iniziava ad accumulare la sua immensa fortuna. Due ufficiali delle Giubbe Rosse realmente esistiti, come il colonnello Sam Steele e l’ispettore Scarth, poterono così apparire, nel 1995, in uno dei tanti episodi di Don Rosa dedicati al suo avventuroso passato, Cuori dello Yukon, uscito in Italia sul n. 118 del mensile Zio Paperone nel 1999. La caricatura che l’autore fa dei due personaggi, basandosi su veri elementi storici, è come sempre esilarante. Mentre l’azzimato Scarth cerca di soffiare a Paperone la concessione della sua miniera, il duro e impettito colonnello Steele, assistito da Jack London che ne trascrive i discorsi, tenta inutilmente di arrestare l’allora giovane papero per degli incredibili disordini che avrebbe provocato nella città di Dawson, i cui abitanti in preda alla fame divorano qualunque cosa. La gag più divertente della storia è però l’impeccabile divisa di Steele che da buona giubba rossa non si sporca e non si sgualcisce, neanche cadendo nel fango o stando in mezzo a un’esplosione.
Tra le ultime Giubbe Rosse a fumetti troviamo poi la bizzarra serie di fantascienza Space Mounties (Giubbe Rosse Spaziali) di Veys e Guilhem, edita in Francia dalla Dargaud-Lombard tra il 2001 e il 2004, in cui dei poliziotti a cavallo canadesi, disegnati con lo stile da cartoon tipico della scuola belga, viaggiano su altri pianeti, trovandosi così a cavalcare delle creature e delle macchine decisamente un po’ più strane del solito.


Anni ’70: Superagenti canadesi e amici dei lupi

Nei tempi antichi (…)
un uomo poteva diventare un animale se lo desiderava
e un animale un essere umano.
Tutti parlavano lo stesso linguaggio.
Leggenda eschimese

Un altro personaggio canadese dei fumetti diventato sempre più famoso in questi ultimi anni, che pur non avendo molto altro in comune con le Giubbe Rosse merita di essere citato, è il supereroe Wolverine. 


Wolverine della Marvel

 
Il termine in italiano si traduce Volverina o Ghiottone. Indica un animale da preda della famiglia dei mustelidi caratteristico delle regioni artiche del Nord-America e ferocissimo, nonostante sia di taglia limitata e tozza; un soprannome quindi particolarmente adatto al mutante canadese Logan, di bassa statura ma con sensi animaleschi e grossi artigli retrattili come quelli di una belva. Wolverine, oltre a questi innegabili elementi selvaggi, ha però anche qualcosa del meticoloso e inflessibile mountie canadese, che ostinatamente continua a seguire la propria pista, senza mai rinunciare alla preda, finché non riesce a “prendere il suo uomo”.
Wolverine esordì nel 1974 sul n. 181 dell’albo di Hulk, in una storia del golia verde ambientata in Canada che era stata scritta da Len Wein e disegnata da Herb Trimpe. In quell’occasione la Marvel Comics lo presentò erroneamente come “il primo e più grande supereroe canadese”, mentre in realtà vari supereroi canadesi prodotti localmente erano già esistiti negli anni Quaranta. In effetti il primo autentico supereroe del Canada era stato Iron Man di Vernon Miller, apparso oltre vent’anni prima dell’omonimo personaggio Marvel, su Better Comics n. 1 del 1941 - che tra l’altro fu anche il primo albo canadese a pubblicare fumetti inediti.
Nel 1975 Wolverine si unì agli X-Men e all’interno della stessa serie lo scrittore inglese Chris Claremont e il disegnatore anglo-canadese John Byrne crearono nel 1979 un intero gruppo di supereroi canadesi, Alpha Flight (Stormo Alfa), il cui nome poteva anche ricordare il titolo del film del 1940 Yukon Flight, col sergente Douglas Renfrew delle Giubbe Rosse. Anche Alpha Flight all’inizio era finanziato e controllato dal governo del Canada, un po’ come dei superagenti senza giubba rossa e senza cavallo, e dal 1983 ebbe la sua testata, inizialmente scritta e disegnata dallo stesso Byrne. Wolverine invece fu protagonista di una prima miniserie, realizzata da Chris Claremont e Frank Miller, nel 1982 e poi titolare di una serie regolare dal 1988.
Un’altra cosa che Wolverine ha in comune con alcune delle Giubbe Rosse dei fumetti è quella di aver fatto selvaggiamente amicizia in gioventù con un branco di lupi, di cui praticamente divenne il capo-branco, come raccontato nella storia delle sue origini realizzata da Paul Jenkins e Andy Kubert tra il 2001 e il 2002. 

Canada Joe. Lanciostory, Eura, 1977
 

Anche due Giubbe Rosse canadesi degli anni ’70 hanno infatti avuto un rapporto molto particolare con i lupi.
La tradizionale e realistica giubba rossa Canada Joe, creata dagli argentini Eugenio Zappietro (in arte Ray Collins) e Carlos Enrique Vogt e pubblicata in Italia dall’Editoriale Eura sulla rivista Lanciostory, era il capitano della Polizia a cavallo Gary Bow, che in compagnia di un lupo chiamato Amico (come quello di King) vagava privo di memoria per le foreste del Canada del 1898, dopo essere stato ferito e dato per morto.
Sul settimanale cattolico Il Giornalino esordì invece, nel 1977, il personaggio di Piuma Rossa, una giovane giubba rossa canadese creata da Mario Basari e Luigi Sorgini. Figlio di un bianco e di un’indiana e rimasto orfano, l’eroe della serie aveva come padri adottivi un sergente della Polizia a cavallo e un sakem dei Piedi Neri, che lo avevano allevato. Meglio di altri, poteva quindi proporsi come un ideale tramite tra i due popoli.
Ancora più romantico dei personaggi simili che lo hanno preceduto, Piuma Rossa portava quasi alle estreme conseguenze il rapporto che ha sempre legato gli eroi dalla giubba rossa agli animali. Già il sergente King e Canada Joe avevano un lupo per amico (di nome e di fatto), mentre Jim Canada chiamava Pal (Amico) il suo cavallo, ma Piuma Rossa, essendo in parte indiano, oltre a parlare al suo cavallo era amico di tutti gli animali e in particolare di un lupo con cui era cresciuto e del suo branco, che lo aiutava quand’era in difficoltà.

Piuma Rossa, pubblicato sul Gornalino delle Edizioni Paoline dal 1977.


Anni ’80 e ’90: Eroi in fuga e in crisi

Molto meno buonista e più problematico e violento, nei suoi moti di ribellione verso la società e le usanze imposte dai bianchi, fu un altro mezzosangue dalla giubba rossa creato da Hugo Pratt per il libro della Cepim del 1980 L’Uomo del Grande Nord. Pratt lo definì “un meticcio folle che dopotutto non era folle per niente”.
Il protagonista era nato da un’indiana Mohawk e dal nipote di Louis Riel, colui che guidò la rivolta anti-britannica del 1885 per poi essere impiccato. Ciò giustificava il risentimento che guidava il suo pronipote Joseph Montour Riel, detto Gesuita Joe, in una lotta solitaria contro tutto e tutti, alternando a modo suo atti di vendetta e di giustizia, dopo aver indossato abusivamente una giubba rossa della Polizia a cavallo.
L’Uomo del Grande Nord, conclusosi in modo enigmatico, proseguì a puntate nel 1984, col titolo Gesuita Joe, sui primi numeri della rivista Comic Art. In occasione poi di una versione cinematografica di produzione franco-canadese, il regista Olivier Austin chiese a Pratt delle aggiunte alla storia in forma di story board, che furono inserite in una nuova edizione della storia originale, uscita a puntate nel 1991 sulla rivista Corto Maltese e raccolta l’anno seguente nel volume della Milano Libri Jesuit Joe, che riprendeva il titolo del film.

L'Uomo del Grande Nord di Hugo Pratt. Collana CEPIM Un Uomo Un'Avventura, 1980.

Un Canada ancora privo di Giubbe Rosse è invece quello in cui si svolge buona parte della saga Les Pionniers du Nouveau Monde (I Pionieri del Nuovo Mondo) di Jean-François Charles, pubblicata in Francia sugli album della Glénat dal 1982 e in seguito edita anche da noi - prima dalla Glénat Italia e ora dall’Editoriale Cosmo. In vari episodi ambientati tra il 1755 e il 1761, a seguito della guerra anglo-francese che vide prevalere la Gran Bretagna, alcuni esuli della Nuova Francia si rifugiano nei territori inesplorati di un Canada ancora selvaggio, vivendo varie complesse avventure tra la zona dei Grandi Laghi e la regione del Saskatchewan.
Dagli USA anche Ken Parker, accusato di omicidio, si rifugiò in Canada nella storia Un Alito di Ghiaccio, uscita a puntate nel 1987 sulla rivista Comic Art. E’ là che si svolsero quindi le sue storie successive, in cui è ancora costretto a spostarsi continuamente, a partire dal primo numero della testata Ken Parker Magazine del 1992.
Inevitabilmente, già nel numero due della rivista, Ken incontra una giubba rossa, il sergente Paul Brady, e i due si salvano reciprocamente la vita, per poi affrontare insieme, dal numero tre, l’avventura intitolata Ore d’Angoscia, contro una cacciatrice di taglie e dei rapinatori di treni. Qui, in una delle elaborate e impeccabili trame tipiche di Giancarlo Berardi, si delineano il carattere e le capacità da perfetto rappresentante della Polizia a cavallo del sergente Brady, che salva Ken ancora una volta da una brutta e pericolosa situazione.


Ken Parker Magazine n. 4 - Parker Editore, 1992. Disegno di Milazzo

Veniamo infine alla serie di Rodolphe e Leo, che in Francia esordì nel 1991 e che è stata già pubblicata in Italia dalla Comic Art negli anni ’90, in una versione in grande formato e a colori analoga a quella originale. Il protagonista è il sergente delle Giubbe Rosse Philipp Trent, accompagnato da un fedele cane senza nome che lui chiama semplicemente Cane, un po’ come Dudley Do-Right che chiamava Cavallo il suo cavallo.
Le storie sono chiaramente ambientate sul finire dell’800, in un anno imprecisato, ma di certo successivo al 1880. Vi è descritto un Canada che è ancora abbastanza violento e selvaggio, in cui gli autori inseriscono però anche alcuni elementi decisamente poetici, come l’impossibile storia d’amore tra la giubba rossa e la sorella dell’uomo che sta inseguendo, o il giovane fuorilegge vagamente contestatore che è appassionato dei versi di Rimbaud, a tal punto da lasciarsi dietro una traccia trascrivendoli quasi su ogni muro che incontra.
Lo stesso contrasto si riflette anche nei bei disegni di Leo, che riesce a rappresentare anche le scene più drammatiche con un realismo particolarmente delicato ed elegante. Quando questo accade nell’opera di un artista, le immagini diventano qualcosa di più di ciò che rappresentano, non solo un ammirevole esercizio di stile, ma anche un modo per renderci capaci di vedere l’intrinseca bellezza insita in qualsiasi evento, perfino in quelli più spiacevoli o terribili. Benché le storie trattino di crimini e di punizioni, gli autori, sia coi testi che coi disegni, sembrano così invitare i lettori a osservare gli eventi con uno sguardo tanto innocente quanto consapevole, senza giudicare né giustificare la presunta colpevolezza dell’uno o l’evidente delitto dell’altro.


Sulla vita e sul passato di Trent non sappiamo praticamente nulla, se non quello che di volta in volta viene rivelato da brevi flashback relativi ai suoi ricordi. Ciò che quest’ennesima giubba rossa sembra incarnare è, da una parte, il classico prototipo del poliziotto a cavallo dedito al proprio dovere e che supera ogni ostacolo per catturare il ricercato di turno, ma dall’altra anche un uomo silenzioso, riservato e a suo modo sensibile e sognatore, che a volte arriva a nutrire dei dubbi sull’opportunità delle stesse missioni che deve eseguire, come quando certi “onesti” cittadini si rivelano assai più spietati e feroci di uno dei criminali che insegue.
In questa edizione economica, le copertine originali sono inserite prima di ogni storia come illustrazioni a tutta pagina, mentre le copertine vere e proprie sono tratte da quelle della ristampa Trent l’Intégrale e contengono delle immagini del protagonista immerso nell’affascinante vastità dei paesaggi del suo paese.
Con l’ottima scelta di questa bella miniserie targata Dargaud, anche la RW Edizioni, come già l’Aurea, inizia a fare un po’ di concorrenza, nel campo dei albi economici francofoni, alla più specializzata Editoriale Cosmo.


Trent n. 1 di 4 - RW Edizioni, 2014

Lineachiara Bedé dal n°1 al n°4
TRENT
Testi: Rodolphe
Disegni: Leo
Formato: 96 pag. in b/n
Periodicità: mensile
Editore: RW Edizioni
Date di uscita: da Maggio ad Agosto 2014
Prezzo: € 2,90 ad albo


Trent n. 3 - Dargaud, 1993

Edizione originale francese
TRENT
Serie di 8 album
Editore: Dargaud
Formato: 48 pag. a colori
1 – L’Homme Mort (1991)
2 - Le Kid (1992)
3 - Quand s’Allument les Lampes… (1993)
4 – La Vallée de la Peur (1995)
5 - Wild Bill (1996)
6 – Le Pays sans Soleil (1998)
7 - Miss (1999)
8 - Petit Trent (2000)
(negli ultimi due i colori sono di Marie-Paule Alluard)


(fine 2a e ultima parte)


Andrea Cantucci


N.B. trovate i link agli altri articoli della sere L'Angolo del "Bonellide" sulla pagina delle Cronologie e index

martedì 24 giugno 2014

LE INTERVISTE DI DIME WEB (IV): SERGIO GIARDO

a cura di Franco Lana

Continuano le interviste bonelliane di Dime Web realizzate dal nostro Franco Lana: stavolta tocca a Sergio "Nathan Never" Giardo! Le vignette (in collage) sono inedite e provengono da una storia in lavorazione e la fonte della foto è l'autore stesso! (s.c. & f.m.) 


Dime Web - Ci racconti del tuo approdo in Bonelli? Cosa ricordi di quei tempi?

Sergio Giardo - Ricordo tutto benissimo: in fondo sono passati solo vent'anni esatti... ;-) All'epoca lavoravo come art director in un'agenzia di pubblicità a Torino; mandai delle tavole di prova di Nathan Never in redazione e poi non ebbi più notizie per quasi un anno. Un bel giorno mi telefonò Serra e mi disse di andare a Milano perché anche se i miei disegni non andavano bene, secondo Bonelli qualcosa di buono c'era, ma era troppo complicato da spiegare per telefono o per lettera. Così qualche giorno dopo entrai nel magico ufficio di Antonio, pieno zeppo di fumetti, costruzioni Lego e Godzilla di diverse dimensioni. Iniziò così un lungo periodo di prove e rimproveri fino alla fatidica riunione in cui Sergio Bonelli vide i nuovi disegni e decise che potevo entrare a far parte dello staff dei disegnatori. La notizia me la diede Antonio Serra, lasciando un messaggio sulla mia segreteria telefonica di casa... messaggio che ovviamente custodisco ancora oggi sotto forma di mp3!


Collage di vignette inedite tratte da una storia in lavorazione...



DW - Leggi fumetti? Quali sono i tuoi autori preferiti?

SG - Certo che leggo fumetti! Seguo regolarmente alcune serie bonelliane e poi leggo indifferentemente comic, manga, fumetti d'autore e d'epoca. I miei disegnatori preferiti sono tantissimi... da Kirby a Romita Sr. e John Buscema, da Magnus a Manara e Giardino, e poi ancora in ordine sparso Moebius, Raymond, Leonard Starr, Garcia Seijas, Zanotto, Breccia, Samnee, Villa, De Angelis, Poli, Carnevale...


DW - Tu sei il nuovo copertinista di Nathan Never (oltre che un valente illustratore). Come ti trovi in questo ruolo? E che difficoltà hai dovuto superare per arrivarci?

SG - Alle copertine di Nathan ci sono arrivato casualmente e in maniera del tutto incosciente. Quando Antonio Serra mi chiese di fare le prove per le copertine ero quasi certo che non sarebbero andate bene, quindi non mi preoccupai più di tanto. Quando invece mi fu detto che Bonelli aveva dato il suo benestare alle mie prove, cominciarono a tremarmi i polsi... Non ho dovuto superare grandi difficoltà, a parte l'impostazione della mia seconda copertina, quella del numero 251, per la quale non riuscivo a trovare una composizione che funzionasse. Non mi dispiace affatto questo ruolo, ma anche oggi, dopo oltre 30 copertine disegnate, mi sento ancora poco più che un "apprendista stregone"...


Sergio Giardo al lavoro!



DW - Puoi dare ai lettori di Dime Web, qualche anticipazione? A cosa stai lavorando?

SG - to lavorando alla terza parte di una storia per Nathan scritta da Giovanni Eccher, di cui ho già ultimato la seconda parte: titolo di lavorazione Angel. Poi ho iniziato a discutere con Antonio Serra di una storia che dovrebbe essere "solo" di 270 pagine...


DW - Per concludere: sei contento del tuo lavoro di fumettista, e di lavorare in Bonelli? O vorresti di più?

SG - Quest'anno compio vent'anni di lavoro per la Bonelli. Che si può chiedere di più? Almeno altri vent'anni!


a cura di Franco Lana

N.B. trovate i link alle altre interviste nella pagina Interviste & News!

LA SAGA DEL D.I.M.E. - IL PREQUEL! by PIERI & PICCININI

Ci scrive l'amico e collaboratore Filippo Pieri:

A volte ritornano. Mentre stavo cercando tutt'altro, mi sono imbattuto in una vecchia storia fatta con l'amico Matteo molti anni fa. Rileggendola ho pensato che con pochi aggiustamenti nel testo sarebbe stata perfetta come prequel di quella pubblicata su Dime Press n° 18 e disegnata proprio da Piccinini diversi anni dopo. Essendo ambientata prima dell'altra è in qualche modo giustificato anche il segno più acerbo. Inoltre, una curiosità. Nell'ultimo post di Moreno ho scoperto che "A pagina 45 Cico fa riferimento a un certo professor Von Handcuff: Handcuff significa "manette", e dunque ho voluto citare il nome del mio amico Francesco Manetti, con cui in quell periodo realizzavo la fanzine Collezionare e con il quale avrei fondato di lì a poco la rivista". Ammetto che non me ne ero accorto la prima volta che lo lessi...
 
Handcuff, se non ricordiamo male, c'è anche in una storia di Zagor, e ci sono anche riferimenti alle altre Mothers of Invention di Collezionare e Dime Press - Monti e Ceri (s.c. & f.m.)

N.B. trovate i link alle parodie del D.I.M.E. sulla pagina Cronologie e index!

IL RITORNO DI SAMBUKAN! by PIERI & FERRETTI

Ci scrive l'amico e collaboratore Filippo Pieri:
"Sull'ultimo numero di Sbam comics, il 15 di giugno/luglio è uscito l'episodio di Sambukan che DW aveva preannunciato in anteprima un anno fa. Il personaggio di Pippo Laido lo inventai per la storia di prova di Cattivik e infatti l'ho recuperato da lì."
E noi pubblichiamo, precisando che queste tavole sambukaniane sono solo un "assaggio" di una storia più lunga! (s.c. & f.m.)








N.B. trovate i link alle parodie e agli interventi extrabonelli sulla pagina Cronologie e Index!

SCHERZI DI LANA!

Pubblichiamo un simpatico mish-mash di divertenti fotomontaggi che ci invia il nostro amico e valente collaboratore Franco Lana (occhio alle sue interviste bonelliane): sono tutti Made in Francioso! (s.c. & f.m.)













N.B. trovate altro humor e parodie nei link della pagina Cronologie & index!

sabato 21 giugno 2014

THE DARK SIDE OF TEX! "B": "BARON SAMEDI" & "BES"

di Massimo Capalbo

Doppia portata, stavolta, per The Dark Side of Tex! Due voci - dedicate al pingue Baron Samedi (dei "mitici" GL e Galep) e al piccolo Bes... piccolo ma infernale nano partorito dalla fantasia di Boselli e Letteri nel 1998! Il terzo dizionario bonelliano realizzato da Max Capalbo per Dime Web - che viene pubblicato in contemporanea all'Atlante di Mister No e agli Zagor Monsters - ha avuto fin da subito un grande successo di pubblico e di critica. Tra gli altri, parlano di noi il blog di Baltorr Zagor e altro, il portale Il Gatto con la Scure e il Diario di un Pessimo Autore: invitiamo i nostri lettori a seguire i link. Come corredo iconografico alle "premesse tecniche" abbiamo scelto alcune curiose, simpatiche e interessanti interpretazioni artistiche del Ranger - pescate con la Rete a strascico e citando ovviamente la fonte. Invitiamo però gli autori a segnalarci eventuali errori od omissioni. Ricordiamo che le illustrazioni che precedono le voci sono sempre scelte dalla redazione! (s.c & f.m.)

Il divertente Tex dello svedese (?) Emre, dal blog Drawzines!


LEGENDA 
  • I nomi in stampatello e grassetto rimandano a una voce dell’opera. Fanno eccezione i nomi del protagonista della serie, TEX, e quelli dei suoi pards – KIT CARSON, TIGER JACK, KIT WILLER - che sono sempre scritti in questo modo, tranne quando sono inseriti nei crediti di una storia o fanno parte del titolo di un libro (ad esempio: Atlante di Tex). 
  • Con l’unica eccezione di TÉNÈBRES, RAPHAEL, i personaggi dalla doppia identità sono stati indicati con la loro identità fittizia piuttosto che con il nome vero (ad es.: TAGLIATORE DI TESTE invece che BARRERA, JUAN; SVENTRATORE invece che BARLOW, SALLY).
  • Alcuni personaggi sono stati indicati con il soprannome piuttosto che con il nome vero (ad es.: COLORADO BELLE invece che MORROW, ALICE; EL MORISCO invece che JAMAL, AHMED). Riguardo al citato EL MORISCO, la voce a lui dedicata è stata inserita sotto l’iniziale del soprannome vero e proprio – quindi la M -, invece che sotto la E, cioè l’iniziale dell’articolo. 
  • Per quanto riguarda la serie regolare, il titolo attribuito a ciascuna storia è tratto da uno degli albi che la compongono ed è quello, a nostro avviso, più rappresentativo, quello che meglio sintetizza la trama o che, rispetto ai titoli degli altri albi, richiama la storia alla memoria dei lettori in modo più efficace (anche se, in alcuni casi, il nostro titolo non coincide con quello usato abitualmente dai lettori). Ad esempio, la storia dei nn. 265-268 viene indicata con il titolo del n. 267, Tex contro Yama, perché esso è, per l’appunto, più rappresentativo rispetto a L’ombra di Mefisto (n. 265), La strega (n. 266) e I Figli del Sole (n. 268).

Il tenebroso Tex di Lorenzo Ladogana, da Deviantart.


 Nota sui collegamenti ipertestuali

The Dark Side of Tex è un "lavoro in corso" che si svilupperà nei prossimi mesi, abbracciando numerosi post - uno per ogni lettera dell'alfabeto - fino ad arrivare alla conclusione.
I collegamenti ipertestuali fra le varie voci non saranno dunque possibili tutti e subito... e vi spieghiamo subito perché!
Collegheremo con link diretti ogni riferimento ad altre voci dell'opera partendo necessariamente dalle voci già apparse.
Ci preme dunque ribadire e sottolineare che, non essendo possibile creare link a post futuri, ricostruiremo tutti i link a ritroso solo quando sarà possibile. I link saranno però sempre e soltanto fra URL diverse e non all'interno di uno stesso post. Vorrete perdonarci (e segnalarci!) eventuali errori e omissioni! I link - essendo come abbiamo detto sopra fra URL diverse - porteranno sempre e comunque all'inizio di un altro post e non esattamente alla voce di riferimento.
Per facilitare fin dall'inizio l'uso dell'opera, abbiamo creato una pagina apposita di collegamenti alle varie voci, alla quale potete accedere dovunque siate, andando sotto al logo Dime Web: anche in questo caso il link vi porterà al post giusto, scorrendo il quale troverete in un attimo la voce cercata!


Tex sulla "prima neve" del disegnatore brasiliano Ronald Guimarães, da Deviantart.




B
BARON SAMEDI
BES





BARON SAMEDI

Così si fa chiamare il barone Jean de Lafayette, principale alleato di MEFISTO nella storia Terrore sulla savana (G. L. Bonelli [sog.&scen.] – A. Galleppini [dis.], nn. 93-95). Calvo e grasso, Lafayette è un ricco piantatore haitiano che è stato rinchiuso dai suoi famigliari nel manicomio di Flagstaff (Arizona) a causa delle sue deliranti manie religiose. Suggestionato da OTAMI, un sacerdote VUDU, e soprattutto dalla figlia di questi, la bella LOA, egli – già schizofrenico di suo – si è addirittura convinto di essere, per l’appunto, Baron Samedi (il Signore dei Cimiteri, una delle maggiori divinità VUDU), tanto da aver costruito nella sua piantagione, dilapidando il patrimonio di famiglia, un tempio pieno di idoli fabbricati in oro e ornati di diamanti. Evaso assieme a MEFISTO dal manicomio, grazie all’aiuto di OTAMI e LOA nonché del possente Dambo, Lafayette si rifugia con il negromante nelle foreste della Florida, in un tenebroso castello. Partendo da qui, il barone crea un regno VUDU, il Regno del Grande Serpente, ponendo a sua difesa una sorta di esercito formato da decine di fanatici guerrieri che indossano pelli di giaguaro e agiscono sotto l’esperta guida di Dambo

Tex n. 93, luglio 1968. Disegno di Galep

Il tenebroso castello del barone Jean de Lafayette alias Baron Samedi – TEX 93, p. 29



Al pari dei loro alleati, il barone e MEFISTO coltivano il folle sogno di liberare la Florida dalla presenza dei bianchi, ma non hanno fatto i conti con i quattro pards, che – saputo della fuga dei due dal manicomio e della seria minaccia da essi rappresentata - s’imbarcano subito per Tampa. Dopo aver respinto gli attacchi dei vuduisti, i Nostri raggiungono Fort Myers e stringono alleanza con gli indiani Seminole, i quali, proprio per aver rifiutato di allearsi con Lafayette, sono stati attaccati dai guerrieri di Dambo e costretti ad abbandonare il loro villaggio. TEX ordina ai Seminole di incendiare la foresta, in modo da togliere ai loro nemici il vantaggio di combattere su un terreno a essi favorevole. Davanti alle fiamme, infatti, Dambo e i suoi uomini sono costretti ad abbandonare la foresta e a rifugiarsi nel castello del barone. Una volta che l’incendio si è estinto, i due pards si dirigono assieme ai soldati del capitano Horty verso il suddetto castello, nei cui sotterranei c’è una grotta dove Baron Samedi ha fatto ricostruire il suo tempio haitiano, trasferendovi tutti gli idoli in esso presenti. Per fermare TEX, MEFISTO decide di invocare l’aiuto degli spiriti malvagi e - accompagnato dal barone - scende nella grotta, dove però si accorge subito che i diamanti che ornavano gli idoli sono stati rubati.


Tex n. 94, agosto 1968. Disegno di Galep

Il barone con Mefisto, Loa e Otami – TEX 94, p. 76


Il negromante non tarda a capire che a farlo sono stati OTAMI e LOA: i due, infatti, sono fuggiti (a fermarli, nella palude, saranno i Seminole). Le accuse di MEFISTO contro LOA scatenano la rabbia del barone, il quale non riesce a credere che la donna lo abbia tradito. Incapace di ragionare, Lafayette aggredisce il suo alleato, stringendogli le mani al collo. Proprio in quel momento, però, le Giacche Azzurre prendono a cannonate il castello, provocando la morte di Dambo e dei suoi guerrieri, nonché – come scopriremo nel prologo de Il figlio di Mefisto (G. L. Bonelli [sog.&scen.] – A. Galleppini [dis.], nn. 125-128) - quella dello stesso barone, il quale viene schiacciato proprio da uno degli idoli presenti nella grotta-tempio. Ancora peggiore sarà la sorte di MEFISTO, ma di questo parleremo nella voce dedicata al negromante.
Curiosità: Baron Samedi è uno dei pochi cattivi della saga che TEX e i suoi pards affrontano e sconfiggono senza mai incontrarlo direttamente né vederlo in faccia.


Baron Samedi si scaglia contro Mefisto nei sotterranei del suo castello – TEX 95, p. 24



Il barone muore sotto il peso di un idolo vudu – TEX 125, p. 17

Il vevé (disegno simbolico) del vero Baron Samedi



BES

Divinità minore dell’antico Egitto, rappresentata come un nano barbuto dal volto leonino, il corpo robusto e le gambe arcuate. Ne Il ritorno del Morisco (M. Boselli [sog.&scen.] – G. Letteri [dis.], nn. 452-454), a impersonare il demone Bes è l’implacabile sicario dei Figli di Horus: un nano dall’aspetto mostruoso, che emette sinistri ruggiti e la cui specialità è lo strangolamento.


Tex n. 454, agosto 1998. Disegno di Villa

L’inquietante Bes emette uno spaventoso ruggito – TEX 452, p. 101

Bes uccide uno dei guardiani del museo del professor Guillermo – TEX 454, p. 20


Possiede infatti una forza erculea e unghie simili ad artigli. Essendo pure un ladro di tombe, è lui a rubare materialmente, per conto della setta, la mummia di AKHRAN, dopo aver ucciso i due fellah (uno strozzandolo, l’altro facendolo addirittura morire di paura) al servizio di EL MORISCO e dei suoi amici Octave e Davids. Bes uccide anche il rigattiere messicano che ha venduto al professor Guillermo la suddetta mummia (che dall’Egitto è finita, dopo una complessa vicenda, in America) e le due guardie del museo privato dell’egittologo. Tenta inoltre di strangolare - sempre nel museo di Guillermo - Eusebio, che si salva in modo fortuito grazie a EL MORISCO: quest’ultimo infatti, per sfuggire a Sekhmet, cade addosso a Bes, liberando il suo maggiordomo dalla stretta fatale del nano.
Il terribile Bes muore nel finale della storia, dopo un lungo corpo a corpo con TEX, che avviene nella camera sotterranea – kiwa - del Pueblo, proprio mentre in superficie i Figli di Horus si apprestano a sacrificare Miguel e Juanita. E’ una sequenza assai emozionante, una delle più belle dell’episodio: il nano si dimostra infatti un avversario durissimo per il ranger. Lo vediamo incassare con noncuranza i pugni di TEX (i quali, come sappiamo, sono tutt’altro che leggeri), serrare le sue dita d’acciaio sul collo dell’eroe, e - quando sembra che il Nostro sia riuscito a scaraventarlo nel pozzo che si trova al centro della kiwa - aggrapparsi alle sue gambe, con l’intento di trascinarlo giù assieme a lui. Alla fine, però, a precipitare è solo Bes, dato che TEX riesce fortunatamente a trovare un appiglio. 


Il terribile nano tenta di strangolare Tex – TEX 454, p. 90

I pugni del ranger fanno il solletico a Bes – TEX 454, p. 92


Curiosità: Nella scena in cui EL MORISCO ed Eusebio vengono inseguiti dallo spaventoso nano, il primo, credendo di avere a che fare con il vero dio Bes, dice al suo maggiordomo che questi è il servitore del dio dei morti, capitano dei demoni del sonno!... . Ciò però non deve far pensare che Bes fosse una divinità malefica, anzi: egli era considerato il protettore delle famiglie, dei bambini e delle partorienti. Infatti, gli Egizi usavano tenere vicina al letto la statuetta di Bes proprio per difendersi dal malocchio. Ad ogni modo, il Bes texiano è un villain azzeccato, senza dubbio uno dei più singolari nemici che il ranger abbia mai affrontato.

Tex si sbarazza fortunosamente dell’implacabile avversario – TEX 454, p. 95

Bassorilievo del dio Bes tra le rovine di Dendera (Egitto)


Massimo Capalbo


N.B. trovate i link alle altre voci di The Dark Side of Tex andando sul Navigatore!

martedì 17 giugno 2014

L'ATLANTE DI MISTER NO. "M", III PARTE: DA "MEREDITH, JAMES e MARGARET" A "MIGALE".

di Massimo Capalbo
Il nostro Atlante di Mister No - il più grande progetto bonelliano di Dime Web, certosina realizzazione di Massimo "Max" Capalbo e perennemente presente come link sulla homepage di Jerry Drake nel sito della Sergio Bonelli Editore - arriva alla terza parte della lettera M. L'Atlante e il suo successo hanno convinto Max e Dime Web a inaugurare altri due, curatissimi, dizionari bonelliani: Zagor Monsters e The Dark Side of Tex! Buona lettura! (s. c. & f. m.)


Dopo la partita Italia - Inghliterra del 14/15 giugno tutti conoscono Manaus...
Legenda

  • I nomi in stampatello e grassetto rimandano a una voce dell’Atlante.

  • I nomi dei personaggi cui è dedicata una voce sono indicati per cognome - ovviamente se questo è conosciuto (per esempio: AMARAL, STELIO; REMY, ANOUK). In alcuni casi, però, abbiamo optato per il soprannome (per es.: ESSE-ESSE invece che KRUGER, OTTO). Riguardo poi a personaggi come O BISPO ed EL LOCO, le voci a loro dedicate sono state inserite sotto l’iniziale del nome, invece che sotto l’iniziale dell’articolo: per es., EL LOCO, si trova alla lettera L di LOCO e non alla lettera E di EL (che in spagnolo è appunto un articolo e corrisponde al nostro IL).

  • I personaggi dalla doppia identità sono stati indicati con il nome della loro identità fittizia piuttosto che con il nome vero (ad es.: DEMONE ETRUSCO, GIUSTIZIERE DI BONAMPAK).

  • Quando i personaggi vengono citati in una voce che non è a loro dedicata, solo il cognome è scritto in neretto e stampatello, in modo da rimandare immediatamente alla lettera sotto la quale sono stati inseriti (per es.: nel testo della voce ANACONDA, il personaggio Daniel Murdock è citato come Daniel MURDOCK). L’unica eccezione a questa regola riguarda il protagonista della serie, il cui nome - attenzione: non il nome proprio Jerry Drake, ma appunto il soprannome MISTER NO - è sempre scritto in neretto e stampatello, tranne ovviamente quando è inserito nel titolo di un fumetto o di un libro (per es.: Mister No Index Illustrato, Mister No Riedizione If).

  • Per quanto riguarda la serie regolare, il titolo attribuito a ciascuna storia è tratto da uno degli albi che la compongono ed è quello, a nostro avviso, più rappresentativo, quello che meglio sintetizza la trama o che, rispetto ai titoli degli altri albi, richiama la storia alla memoria dei lettori in modo più efficace. Per esempio, la storia dei nn. 17-20 viene indicata con il titolo del n. 19, "Operazione Poseidon" perché esso è più rappresentativo, più calzante rispetto ad Agente segreto Zeta 3 e Tragica palude, che sono i titoli rispettivamente del n. 17 e del n. 19 (del tutto avulso poi il titolo del n. 20, Evasione!, visto che si riferisce alla storia successiva). 
Per le Note sui collegamenti ipertestuali e le Note sulle illustrazioni vedi la prima parte.

...ma Sergio Bonelli ci aveva fatto conoscere quella città fin dal 1975!
 



M (parte III)
MEREDITH, JAMES e MARGARET
MESSICO
MESSACANTATA, FRANKIE
MIGALE


MEREDITH, JAMES e MARGARET

Gli insospettabili assassini di Africa! (G. Nolitta e L. Mignacco [sog.&scen.] – L. Dell’Uomo [dis.], nn. 167-169). Rinomati antropologi (entrambi insegnano a Oxford), i coniugi Meredith – che vivono a Dandlè, il villaggio dei DAN (Costa d’Avorio) - vengono ricattati dal pittore John Aarko, che giunge sul posto assieme alla sua modella e compagna Etheria e ad altri occidentali, tra cui MISTER NO, il ricco appassionato d’arte Warren Wolfhart, la guida francese André Quemac.


Mister No n. 169, giugno 1989. Disegno di Diso


Anni prima, in Nuova Guinea, Aarko – all’epoca giovane studente di antropologia – era stato testimone, assieme a James, dell’omicidio compiuto da Margaret ai danni della collega Anne Harrison. Margaret aveva spinto costei da un burrone, riuscendo poi a convincere suo marito che si era trattato di un incidente. A sua volta, James aveva convinto Aarko - facendosi dare la sua parola - a mantenere il segreto. Ritornati in Inghilterra, i Meredith si erano presi il merito delle importanti scoperte fatte dalla Harrison, diventando ricchi e famosi. Aarko, invece, aveva deciso di abbandonare gli studi, rinnovando comunque a James la sua promessa riguardo a quanto accaduto in Nuova Guinea. Ritrovati, inaspettatamente e dopo tanto tempo, i Meredith a Dandlè, Aarko ci ripensa e minaccia di spifferare tutto se i due non gli daranno del denaro. Decisa a non sottostare al ricatto di Aarko, Margaret ordisce - con la complicità del marito e dell’avido Wubuà, figlio di Tamè, il fabbro-stregone del villaggio - un diabolico piano per eliminare il pittore. James dà appuntamento ad Aarko, nel cuore della notte, alle Rocche degli Schiavi, uno spettrale luogo dove si trovano tre imponenti torri di pietra sulle quali un tempo i DAN compivano sacrifici rituali. All’arrivo di Aarko, James spunta fuori all’improvviso con indosso una maschera sacra e un pesante costume. Aarko spara contro la spaventosa figura, ma non riesce a colpirla, e, in preda al panico, non si avvede di Wubuà, che da una delle torri gli scaglia addosso una pioggia di pietre, uccidendolo. La morte di Aarko, scoperta l’indomani, viene attribuita a una fantomatica società segreta DAN, che ha voluto punire il pittore: il giorno prima, infatti, Aarko aveva colpito, davanti a tutta la tribù, un indigeno che, indossando un’altra maschera sacra, impersonava lo spirito Kaglè.

Margareth Meredith e suo marito James - MNO 168, p. 28

L’omicidio di Etheria Aarko – MNO 168, p. 95


In realtà, è stato proprio questo episodio a fornire all’astuta Margaret l’idea di far mascherare il marito, in modo da indirizzare i sospetti sui DAN. La seconda vittima dei Meredith – che provvedono anche a distruggere la radio di Quemac e persino la loro, in modo da impedire al francese e agli altri bianchi di contattare il comando coloniale di Abidjan - è la moglie di Aarko, la bella Etheria. Disperata per la morte dell’amato John, Etheria ha accennato a un memoriale segreto lasciatole dal marito. Ciò mette in allarme i Meredith, che decidono di eliminare anche lei. Sempre mascherato e con le mani tinte per far credere di essere un indigeno, James strangola Etheria nella sua capanna, ma non trova nessun documento compromettente: in realtà, Aarko si era sì confidato con la moglie, ma non aveva lasciato nulla di scritto. Uscito dalla capanna, l’assassino incrocia MISTER NO e, senza che i DAN intervengano (per loro – come sa bene James - toccare una maschera sacra è tabù), lo colpisce più volte con un bastone, per poi sparire nella giungla. L’antropologo ha però commesso un errore che si rivelerà decisivo: ha infatti dimenticato di tingersi i piedi, dettaglio che la mente di MISTER NO ha registrato ma che il pilota stesso non riesce al momento a ricordare.


Mister No evita per un soffio il pugnale di Wubuà – MNO 169, p. 23

L’omicidio di Etheria e l’aggressione a MISTER NO rafforza in quest’ultimo e nei suoi compagni il sospetto che a colpire sia una società segreta DAN, sebbene Tamé si dica convinto del contrario. La notte successiva, MISTER NO e gli altri bianchi (compresi i Meredith) decidono di trasferirsi in un’unica capanna, in modo da potersi meglio difendere. Qualche ora dopo, però, il pilota, svegliatosi a causa di un incubo, nota che James non è nel suo letto. Udendo un grido improvviso, MISTER NO esce dalla capanna e vede che un individuo mascherato allo stesso modo del suo aggressore (ovviamente, il Nostro pensa che si tratti della medesima persona) sta assalendo con un pugnale l’antropologo. MISTER NO interviene in difesa di James e lotta con l’individuo mascherato, che a un certo punto sta per avere la meglio. A salvare il pilota è però lo stesso antropologo, che uccide – colpendolo alla schiena con una zappa – l’assalitore, il quale si rivela essere Wubuà. In realtà, l’antropologo – che dopo aver strangolato Etheria si era accorto di non essersi tinto le gambe - ha inscenato, in accordo con l’indigeno, la suddetta aggressione proprio per sviare i sospetti su di lui, e ha poi ucciso Wubuà per tappargli la bocca. Convinto di aver sistemato tutto, James spiega agli altri che Wubuà, infatuatosi di Etheria, ha ucciso Aarko per liberarsi di quello che riteneva un pericoloso rivale, e poi ha ammazzato la ragazza dopo aver tentato di violentarla. MISTER NO (che, nella lotta, è stato ferito alla testa da Wubuà) dice a James che la sua ricostruzione dei fatti non lo convince in pieno. Lasciato solo a riposare nella capanna, il pilota ripensa a tutta la faccenda, sforzandosi di capire cosa c’è che non quadra nella suddetta ricostruzione. All’improvviso, il particolare dimenticato riaffiora: l’uomo mascherato che lo aveva aggredito dopo l’omicidio di Etheria non poteva essere Wubuà, perché era un bianco.


La morte di James Meredith – MNO 169, p. 63
 

Riflettendo su alcuni strani comportamenti di Wolfhart, MISTER NO si convince che sia proprio lui l’assassino, e, per farlo cadere in trappola, riunisce nella capanna il miliardario e gli altri, raccontando loro che Aarko gli aveva confidato di aver scoperto importanti segreti riguardo a uno di loro e di averli raccolti in un memoriale che avrebbe poi nascosto in un luogo orrido e inaccessibile. Dicendo così, il pilota lascia intendere che Aarko si riferisse alle Rocche degli Schiavi. Qualche ora dopo, MISTER NO si reca sul posto e si arrampica sulla cima di una delle torri, sicuro che l’assassino farà la stessa cosa per cercare il fantomatico memoriale. Così infatti accade: il pilota sorprende l’uomo mascherato - che lui pensa sia appunto Wolfhart - e, puntandogli contro la pistola, gli spiega come è riuscito a scoprirlo. Quando MISTER NO sta per levargli la maschera, l’assassino lo colpisce con una violenta testata, facendogli saltare la pistola dalla mano. Tenta quindi di ucciderlo scagliandogli contro una grossa pietra, ma il pilota reagisce e fa precipitare il suo avversario dalla torre. Sceso a terra, il Nostro si avvicina all’assassino per scoprirgli il volto, ma proprio in quel momento arriva Wolfhart, il presunto colpevole. MISTER NO capisce di aver preso un colossale granchio, e - con sua grande sorpresa - scopre che dietro la maschera si nasconde in realtà James Meredith. Deciso a proteggere fino all’ultimo l’amatissima Margaret, l’antropologo – che è ormai in fin di vita – fornisce a MISTER NO una falsa versione dei fatti avvenuti in Nuova Guinea: racconta cioè di essere stato lui a uccidere accidentalmente Anne Harrison durante un litigio e di aver, all’insaputa di sua moglie, architettato il piano per eliminare Aarko ed Etheria.


Mister No afferra il polso di Margareth Meredith, evitando il proiettile – MNO 169, p. 76
 

Ritornato al villaggio, MISTER NO racconta tutta la storia a Margaret e agli agenti della polizia coloniale, giunti a Dandlè per arrestare Wolfhart, che si rivela essere un bancarottiere ricercato da anni. Sembra tutto finito, ma qualche ora più tardi, quando è ormai notte, Margaret chiede a MISTER NO di accompagnarla fuori dal villaggio. Senza che il Nostro se ne accorga, l’antropologa si ferma vicino a uno strapiombo che dà su un fiume pieno di coccodrilli. Margaret chiede al pilota cosa di preciso gli ha raccontato James riguardo a quanto accaduto in Nuova Guinea, e MISTER NO, a un certo punto, le domanda come mai non avesse riconosciuto Aarko quando questi giunse al villaggio. Vistasi smascherata, Margaret estrae una pistola e racconta al Nostro l’autentica versione dei fatti, rivelando appunto di essere stata lei ad aver ucciso la Harrison perché costei intralciava la sua carriera. L’antropologa intende uccidere il pilota e poi gettare il suo corpo dallo strapiombo, ma un attimo prima che spari, MISTER NO, con uno scatto felino, le afferra il polso, evitando il proiettile e costringendola a mollare la pistola. Sbilanciata dal pilota, Margaret precipita dal burrone; MISTER NO pensa che la donna sia morta, ma all’improvviso si sente chiamare e, sporgendosi, vede che l’antropologa è riuscita ad aggrapparsi a una radice. Non senza qualche rischio, MISTER NO salva Margaret, e - dopo averle dato un meritato schiaffo perché essa lo ringrazia come se nulla fosse (Ti ho salvata perché l’avrei fatto per chiunque… - le dice il pilota - e non voglio nessun tipo di ringraziamento da te!) - la riporta al villaggio per consegnarla ai poliziotti.

Una maschera sacra dei Dan

 
Caratterizzati efficacemente da Mignacco (che ha scritto gran parte della storia), i coniugi Meredith sono tra i più subdoli villains apparsi nella trasferta africana. Senza dubbio azzeccata l’idea dello sceneggiatore ligure – coadiuvato da un bravissimo Luca Dell’Uomo - di trasformare due stimati docenti oxfordiani in spietati assassini. Tra James e Margaret, è soprattutto quest’ultima a farsi ricordare, e ciò per via della sua assoluta mancanza di scrupoli e della sua astuzia diabolica. Ha proprio ragione MISTER NO a definirla, nel finale, un demonio.


MESSACANTATA, FRANKIE

Al secolo Frankie Nigro, Messacantata compare in C’era una volta a New York (M. Colombo [sog.&scen.] – G. Bruzzo [dis.], Mister No Maxi n. 2) ed è un ex killer della MAFIA italoamericana (è stato addirittura il sicario di fiducia di Al Capone) che, una volta ritiratosi dalla professione, è diventato il boss dell’Upper West Side di Manhattan. Il pittoresco nomignolo gli deriva da una sua curiosa abitudine: Ogni volta che ammazzava qualcuno, - racconta MISTER NO all’amico Harvey FENNER - faceva dire una messa per in sua memoria nella chiesa del quartiere del povero disgraziato di turno!. Elegantissimo e sempre con la battuta pronta, Frankie è giustamente temuto, essendo una vera e propria macchina di morte: affiancato in un primo tempo dai micidiali gemelli Domenico e Sabatino, e poi, morti costoro, dagli altrettanto micidiali Nick e Nickie (anche loro gemelli), egli fa strage dei suoi avversari, riuscendo persino a vincere la guerra con il cosiddetto Comitato, l’assemblea dei capifamiglia mafiosi di NEW YORK.


Maxi Mister No n. 2, luglio 1999. Disegno di Diso


Benché sia un gangster sanguinario, Frankie è comunque dotato, a differenza di altri criminali che compaiono nella storia, di un proprio codice d’onore. Lo vediamo, ad esempio, punire duramente il bottegaio Fortunato Masone, marito e padre violento, e gli anziani coniugi Melvin, proprietari di un drugstore ma soprattutto spietati strozzini. Quando poi Masone - esasperato per i continui furti ai suoi danni compiuti da un amico del piccolo Jerry Drake, il nero Pete Dubois – uccide quest’ultimo (che ha soli nove anni) senza nemmeno venire arrestato, Frankie gli incendia il negozio, mandandolo completamente in rovina. Oltre a punire chi, come i succitati personaggi e il malvagio Raphe JENKINS, se la prende con i più deboli, Messacantata nutre un profondo disprezzo per i vigliacchi: significativo, in questo senso, l’episodio che racconta nel suo ristorante, il Frankie’s Kitchen, al nostro Jerry e che riguarda un suo acerrimo nemico, il killer noto come Mister Zanzara. Costui, molti anni prima in Sicilia – quando lui e Frankie erano ancora dei ragazzini -, aveva rubato due galline in una fattoria, ma era stato inseguito e raggiunto dal proprietario (armato di fucile), e, preso dalla paura, si era messo a piangere, dicendo all’uomo che era stato il suo compare (Frankie, appunto) a costringerlo a rubare, e inoltre avvertendolo che questi lo stava per colpire alle spalle. Pensando si trattasse di un bluff, il fattore non si era voltato, e Frankie lo aveva ucciso con un sassata. Nonostante Carmine (questo il nome del futuro Mister Zanzara) gli avesse chiesto perdono, Frankie lo aveva picchiato con le stesse galline, urlandogli ripetutamente vigliacco!. Divenuto nel corso degli anni un implacabile sicario, Carmine non ha ancora dimenticato l’umiliazione subita quel giorno, e, desideroso di vendicarsi, sfida a duello Messacantata. La sfida - che ha luogo al porto, di notte - si conclude con il ferimento di Frankie e la morte di Zanzara, centrato al cuore dal proiettile del suo avversario. Vi assiste anche Jerry, anzi: è proprio lui che, suonando la campanella del molo, dà il via al duello. 

Un primissimo piano di Frankie Messacantata – MNO Maxi n. 2, p. 112

Messacantata e il piccolo Jerry – MNO Maxi n. 2, p. 54

 
Il rapporto tra Frankie e Jerry costituisce di sicuro il principale punto di forza della storia. Grazie al timore e al rispetto di cui è circondato, e al fatto di essere - a modo suo - una sorta di moderno Robin Hood, Frankie diventa l’incontrastato idolo di Jerry, che vede in lui un modello da imitare. Ma c’è di più: come scrive Giampiero Belardinelli nel Mister No Index Albi Fuori Serie 1 (Paolo Ferriani editore, Inverno 2005-2006) –, agli occhi del giovane Jerry, Frankie assume idealmente il ruolo del padre. La mancanza del genitore (arruolatosi in Spagna nelle famose Brigate Internazionali, nda) si fa sentire nella vita del ragazzino, in cerca di una figura che, in un mondo popolato da infami e traditori, gli infonda sicurezza. Frankie, da parte sua, si affeziona subito a Jerry e, sebbene lo utilizzi come corriere (il Nostro deve consegnare, una volta alla settimana, una busta piena di soldi a un altro mafioso) e – in una memorabile sequenza - lo metta pure alla prova per verificare se ha la stoffa del gangster (vedi TRENO KOWALSKI), lo vuole tenere lontano da un mondo di violenza e di morte da cui egli stesso, se pur volesse, non riuscirebbe ormai a tirarsi fuori. Significative, in questo senso, le parole che rivolge al suo figlioccio prima di morire: Devi…devi promettermi…una cosa…non fare mai questo mestiere, Jerry…promettilo… …Hai visto… come si finisce?... E’ uno schifo…non… buttare via la tua vita… promettilo… . Jerry glielo promette, e Frankie si congeda da lui con un ironico addio: Ora scusami, ma devo andare…ho un appuntamento con Satana…dicono che è molto svelto… io non… ci…credo… .

Messacantata e i suoi micidiali guardaspalle, i gemelli Nick e Nickie - MNO Maxi n. 2, p. 183

Jerry piange la morte di Frankie - MNO Maxi n. 2, p. 283

Curiosità: Il titolo della storia nonché l’ambientazione rimandano chiaramente al film C’era una volta in America (Sergio Leone, 1982), ma una delle principali fonti ispiratrici della trama è un’altra famosa pellicola che parla di gangster newyorkesi: Bronx (Robert De Niro, 1993). Lo speciale rapporto tra Messacantata e Jerry è infatti modellato su quello tra i due protagonisti del suddetto film, il boss Sonny LoSpecchio (Chazz Palminteri) e il piccolo Calogero C Anello (Francis Capra da bambino, Lillo Brancato da grande). Anche la beffarda morte di Frankie, colpito alle spalle da uno scarafaggio come Masone (ucciso a propria volta dal boss) dopo averla spuntata su nemici ben più temibili, richiama quella di LoSpecchio, pure lui colpito a tradimento. Per quanto riguarda invece la caratterizzazione grafica di Frankie, il suo volto – come scrive sempre Belardinelli nel Mister No Index, citando le parole di Paolo Ottolina nella scheda pubblicata sul sito uBC Fumetti è un misto fra un Christopher Walken con labbro leporino e il Jack Nicholson imbellettato da Joker. Nella storia non poteva mancare poi un riferimento al più celebre film sulla mafia di sempre, ovvero Il Padrino (Francis Ford Coppola, 1972). Uno degli avversari di Frankie, il grasso Gino Sollozzo, ha lo stesso cognome di uno dei nemici della famiglia Corleone. Per altri riferimenti cinematografici di C’era una volta a New York, rimandiamo alla voce TRENO KOWALSKI.


Locandina originale del film Bronx (Robert De Niro, 1993)


MESSICO 

Sono ben nove le storie ambientate – molte per intero, alcune solo in parte – nella patria degli antichi Aztechi (che chiamavano loro stessi Mexica, da cui il nome del Paese). La prima di esse, che si svolge tra Acapulco e Oaxaca, ha un titolo molto esplicito, Bienvenido a Mexico! (G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 37-40), e vede il pilota coinvolto, dal gangster TANGO MARTINEZ (alla sua seconda e purtroppo ultima apparizione), in una faccenda intricata e pericolosa che riguarda una preziosa valigetta. Tra i momenti migliori della storia, vale la pena di citare: la sequenza della Quebrada, che culmina con l’omicidio del giovane clavadista (tuffatore) Felipe Castillo; tutta la parte ambientata durante la pittoresca Fiesta de los Muertos di Oaxaca, dove Nolitta passa con grande abilità dall’ umorismo (si pensi alla scena in cui MISTER NO compra una calavera di marzapane, cioè un dolcetto a forma di teschio, ma non ha il coraggio di addentarlo e alla fine lo offre a un ragazzino) al dramma (l’uccisione di Humberto Torres, aggredito assieme al pilota da una banda di malviventi mascherati che fa capo a Felipe Ugarte, acerrimo nemico di TANGO); la scena, ambientata tra le suggestive rovine di Monte Albán, in cui MISTER NO, arrestato e ammanettato dal tenente Gallego (che lo crede complice di TANGO), riesce a capovolgere la situazione a suo favore. Dapprima il pilota distrae il poliziotto - lanciandogli contro, con un veloce movimento della gamba, un grosso scorpione che si stava arrampicando sul suo stivale -, poi lo disarma con un calcio e gli stringe le manette al collo. Gallego teme che MISTER NO intenda ucciderlo, ma il pilota si ritrae, convincendo in tal modo il poliziotto che di uno come lui si può fidare. Gallego, infatti, gli toglie le manette e accetta la sua collaborazione. Pur essendo un personaggio ben caratterizzato, il tenente messicano – che porta sempre, persino di notte, gli occhiali da sole – non si fa particolarmente ricordare, a differenza della spericolata aviatrice Deborah WINTER (qui alla sua prima apparizione), una delle più sexy e simpatiche donne misternoiane, e del terribile Buclecito (in spagnolo: Ricciolino), un possente campione di lotta libera che lavora al servizio di TANGO. Nel finale della storia, Buclecito massacra di botte MISTER NO e si scatena anche contro Gallego e i suoi uomini, uno dei quali è costretto a ucciderlo, sparandogli tre colpi di pistola. 


Mister No n. 38, luglio 1978. Disegno di Ferri

La Quebrada di Acapulco

 
MISTER NO ritorna in Messico ne Il giustiziere di Bonampak (G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 148-152), nel finale de I mercenari (A. Castelli [sog.&scen.] – F. Civitelli [dis.], nn. 65-67) e ne Il mistero della mappa (A. Ongaro [sog.&scen.] – R. Della Monica [dis.], nn. 162-164): della prima, che uscì in edicola quasi dieci anni dopo Bienvenido a Mexico!, abbiamo già parlato a sufficienza (vedi CHICLEROS, GIUSTIZIEREDI BONAMPAK, MAYA); riguardo invece alla seconda e alla terza, rimandiamo rispettivamente alle voci CONNELY, colonnello WILLIAM e YUCATAN. Sempre in terra messicana sono ambientate tre interessanti storie consecutive che fanno parte del nuovo corso della serie: Fuga dall’inferno (L. Mignacco [sog.&scen.] – A. Bignamini [dis.], n. 246); Il segreto della cripta (S. Marzorati [sog.&scen.] – D. e S. Di Vitto [dis.], n. 247); Uno straniero a Redención (L. Mignacco/M. Colombo [sog.&scen.] – F. Valdambrini/R. Diso [dis.], nn. 248-249). A dire il vero, ci sarebbe anche Frontiera (M. Masiero e M. Colombo [sog.&scen.] – G. Bruzzo [dis.], n. 250), ma poiché gran parte dell’avventura si svolge in Texas, ci occuperemo di essa nella voce STATI UNITI. Il primo episodio del succitato terzetto ha luogo nella prigione di Todos Los Angeles, dove MISTER NO si fa rinchiudere, sotto falsa identità, per compiere una delicata missione affidatagli da HIDEN.


Mister No alla Fiesta de los Muertos di Oaxaca – MNO 39, p. 23


Mister No n. 40, settembre 1978. Disegno di Ferri.


Come tutte le storie carcerarie, Fuga dall’inferno è un’avventura cruda e violenta: basti solo pensare alla sequenza in cui il capo delle guardie, il colonnello Tuzco, viene bruciato vivo dagli scagnozzi di El Rey (il boss della prigione), i quali gli rovesciano addosso dei bicchieri pieni di alcool e gli danno fuoco. Più cruda ancora è la storia successiva, ambientata a Hermanas (una cittadina a pochi chilometri dal confine con gli STATI UNITI) e caratterizzata, tra le altre cose, dalla presenza di un misterioso corvo, che segue come un’ombra i personaggi, MISTER NO compreso. Il pilota - accompagnato a Hermanas da un bizzarro impresario di pompe funebri, Charlie Pickens - trova subito lavoro nel cimitero locale, nella cui cripta sono conservate ben centoventicinque mummie (le più famose mummie di tutto il Messico), mostrate con orgoglio a una coppia di turisti americani – Robert e Sarah Brennan - dal custode, un simpatico vecchio di nome Enrique. MISTER NO ignora che il suddetto Pickens sia un criminale psicopatico, giunto nella cittadina messicana per recuperare il bottino di una rapina da lui compiuta un anno prima nel Museo Archeologico di Città del Messico, assieme a quattro complici: Jack Torrance, Smiley, Larry e Danny Boy Halloran. Nella fuga, Torrance era stato ferito gravemente da un poliziotto, e Pickens, fermatosi a Hermanas con gli altri, aveva lasciato credere a costoro che il loro socio fosse già morto e aveva usato il suo corpo per nascondere il bottino. Il povero Torrance era stato quindi sventrato dal sadico Charlie e imbottito di gioielli. Poi, Pickens e i restanti tre avevano affidato il cadavere al già menzionato Enrique, e, divisa in quattro la ricevuta del contratto di sepoltura, avevano attraversato il confine, con la promessa di ritrovarsi un anno dopo a Hermanas per spartirsi il malloppo. Pickens però, intenzionato a impossessarsi di tutto il bottino, aveva deciso di sbarazzarsi dei suoi soci: pertanto, aveva eliminato Larry e Smiley e tentato di fare altrettanto con Danny Boy. Quest’ultimo era stato prima sfregiato dall’ex complice, poi legato a un’auto, che Pickens aveva fatto infine precipitare da un burrone. Trascorso un anno, Pickens ritorna appunto a Hermanas per riprendersi i gioielli, ma non sa che Danny Boy si è miracolosamente salvato e si trova sul posto anche lui, desideroso di vendicarsi e di impadronirsi della refurtiva.

Mister No lancia contro Gallego un pericoloso scorpione – MNO 40, p. 5

Le rovine di Monte Albán

 
Giunto al cimitero, Pickens trova però la fossa vuota: Enrique infatti, notata la cicatrice sul cadavere di Torrance, ha scoperto da tempo i gioielli e ne ha fatto dono alle sue mummie preferite – due donne e un ufficiale con tanto di divisa e sciabola - conservate in una stanza segreta della cripta. Pickens, allora, tortura Enrique per farlo parlare, ma il vecchio non gli rivela nulla, e il criminale, sventrate invano alcune mummie della cripta, si convince che Robert Brennan e sua moglie (che alloggiano nel suo stesso albergo) sappiano qualcosa. Mentre Pickens si dirige verso l’albergo, MISTER NO trova in fin di vita Enrique, il quale, prima di spirare, gli fa il nome del suo torturatore e gli rivela dove si trova la stanza segreta in cui ha nascosto i gioielli. Scoperta la suddetta stanza (in cui Enrique aveva traslato anche la mummia di Torrance), il pilota corre all’albergo e salva Sarah da Pickens, che, dopo aver ucciso Robert, si apprestava a seviziare la donna. Pickens fugge a bordo del suo carro funebre, ma MISTER NO lo insegue con l’auto dei Brennan e riesce a mandarlo fuori strada e a farlo schiantare contro una roccia. Convinto che Pickens sia morto (la sua auto ha preso fuoco ed egli vi è rimasto intrappolato), il pilota ritorna nella cripta e scopre che Sarah è stata presa in ostaggio da Danny Boy, che vuole a ogni costo sapere dal Nostro dove si trovano i gioielli. MISTER NO non esita a rivelarglielo e Danny Boy libera Sarah ed entra, assieme a lei e al pilota, nella stanza segreta. Sembra tutto finito, ma all’improvviso, alle spalle di Danny Boy, spunta il redivivo Pickens, il quale sgozza l’ex complice. Ancora più folle di prima e con l’intero corpo orribilmente ustionato, Pickens minaccia MISTER NO e Sarah con il fucile che ha preso a Danny Boy, quindi infila una mano nel ventre della mummia di Torrance, ignaro però che vi hanno fatto la tana degli scorpioni. Uno di essi punge Pickens, e MISTER NO, approfittando dell’attimo di smarrimento del suo avversario, afferra la sciabola dell’ufficiale e uccide il criminale, passandolo da parte a parte. Il pilota e Sarah escono dalla cripta (dove le mummie di Pickens e Danny Boy andranno ad aggiungersi alle altre) e vedono il corvo librarsi in volo e abbandonare per sempre il cimitero. Nell’epilogo della storia, vediamo che Sarah, tornata negli STATI UNITI, scrive una lettera a MISTER NO (che questi però non leggera mai) dove dice di aver scoperto, consultando i libri di folklore del marito, il mistero del corvo: […] Secondo una vecchia leggenda, quando qualcuno muore un corvo porta la sua anima nell’aldilà… ma a volte accadono cose talmente orribili che l’anima non può riposare in pace… e allora il corvo la riporta indietro, perché rimetta le cose a posto… beh, io credo che quando Pickens è morto, quella notte, l’anima di Torrance abbia finalmente trovato pace […]. 

Il possente Buclecito massacra di botte Mister No – MNO 40, p. 37


Mister No n. 246, novembre 1995. Disegno di Diso.


 
Se Il segreto della cripta è un tripudio di infilzamenti, sventramenti, gole sgozzate e denti strappati di crudo, l’ultimo episodio del terzetto - Uno straniero a Redención – è invece un susseguirsi di pestaggi, pistolettate in piena faccia, teste mozzate, esplosioni e mitragliamenti (vedi anche ISHIKAWA). Questa storia presenta non pochi elementi degni di nota, a cominciare proprio da Redención, la Shangri-la del crimine, una città dove qualsiasi gangster o semplice fuorilegge può trovare rifugio, a patto però di potersi pagare la permanenza. Redención – come racconta il rapinatore Carter McDonald a MISTER NO – è divisa in due: da una parte, il quartiere ricco, dove vivono i criminali che possiedono una rendita fissa; dall’altra, un mucchio di miserabili casupole dove invece abitano i morti viventi, cioè quei criminali che, proprio come Carter, sono finiti in disgrazia. Lo spietato El Jefe - un vecchio paralitico che è il padrone assoluto di Redención - non permette a nessuno dei morti viventi di lasciare la città, e se qualcuno di essi riesce a fuggire, gli sguinzaglia dietro i suoi sgherri, comandati dal figlio Diego. Folle quanto sadico, Diego è disprezzato da El Jefe, che è invece molto attaccato alla sua badante Helga, donna cinica e astuta. I tre succitati villains sono senza dubbio figure interessanti, così come Mundo e il Doctor: il primo, autista e guardaspalle di Diego, è un colosso dal cervello poco sviluppato; il secondo, medico personale di El Jefe, si diverte a seviziare, nel suo ambulatorio, i nemici dell’anziano signorotto. Tutti i cattivi finora citati fanno una brutta fine: Mundo tenta di strozzare MISTER NO – che ha ferito gravemente Diego - ma viene ucciso da Barrett WHITAKER; Helga viene ammazzata da Diego (che trama contro suo padre per prenderne il posto), dopo aver tentato a sua volta di eliminarlo; il Doctor, che è in combutta con Diego, cerca di far fuori El Jefe, ma è ferito da quest’ultimo e ucciso da ISHIKAWA, giunto a Redención per liberare il Nostro; infine, El Jefe e Diego si ammazzano a vicenda.
L’ultima storia (parzialmente) messicana di MISTER NO è Una foto che scotta (M. Masiero [sog.&scen.] – A. Bignamini [dis.], nn. 322-323), dove il pilota ritorna, assieme a ESSE-ESSE, ad Acapulco per togliere dai guai l’amico Phil MULLIGAN, alla cui voce rimandiamo.

La terribile fine del colonnello Tuzco – MNO 246, p. 76

Mister No n. 247, dicembre 1995. Disegno di Diso.

L’inquietante Pickens sgozza Danny Boy Halloran – MNO 247, p. 92

Curiosità: La copertina del n. 40, Il re del ring, mostra MISTER NO nelle grinfie di un lottatore per nulla somigliante a Buclecito. Probabilmente, Nolitta aveva dato a Ferri indicazioni generiche riguardo all’avversario del pilota, e il disegnatore ligure pensò forse d’ispirarsi a qualche wrestler dell’epoca. Passando alla trilogia messicana del nuovo corso, vale la pena di segnalare le citazioni presenti nelle prime due storie. In Fuga dall’inferno, la sequenza della morte del colonnello Tuzco cita chiaramente la scena – contenuta nel famoso film con Daniel Day Lewis Nel nome del padre (Jim Sheridan, 1993) – in cui il detenuto Joe McAndrew (Don Baker), uno spietato terrorista dell’IRA, dà fuoco al capo delle guardie Barker (John Benfield). Ne Il segreto della cripta, invece, Marzorati ha omaggiato il celebre horror Shining (Stanley Kubrick, 1980) nei seguenti modi: il rapinatore nel cui cadavere sono stati nascosti i gioielli porta lo stesso nome – Jack Torrance - del protagonista negativo del film (tratto dall’omonimo romanzo [1977] di Stephen King), il folle scrittore interpretato da Jack Nicholson; il nome dell’altro ex socio di Charlie Pickens, Danny Boy Halloran, richiama sia Danny Torrance (Danny Lloyd), il figlioletto di Jack, sia il personaggio del cuoco nero che viene ucciso dallo scrittore, Dick Halloran (Scatman Crothers). Quanto al feroce Pickens, la scritta The last of the independents che campeggia sul suo carro funebre, sotto il suo nome, è - nel film Chi ucciderà Charley Varrick (Don Siegel, 1973) - il motto della società del protagonista (il simpatico rapinatore interpretato da Walter Matthau) e avrebbe dovuto essere, in origine, il titolo della pellicola. The last of the independents è, inoltre, il titolo di una canzone del famoso chitarrista e cantante irlandese Rory Gallagher, che pare si sia ispirato proprio al film di Siegel. Visto che sia Charley Varrick sia Il segreto della cripta parlano di rapine e malloppi contesi, e tenendo conto della nota passione di Marzorati per la musica rock, crediamo che lo sceneggiatore abbia voluto omaggiare Siegel e Gallagher allo stesso tempo. Anche nella parte messicana di Una foto che scotta troviamo una palese citazione cinematografica: sul n. 322, nella terza vignetta di p. 58, Bignamini ha disegnato la sinistra casa (scalinata compresa) di Norman Bates, l’assassino di Psyco (Alfred Hitchcock, 1960), a cui ha dato il volto Anthony Perkins.


Mister No n. 249, febbraio 1996. Disegno di Diso.

El Jefe e suo figlio Diego si ammazzano a vicenda – MNO 249, p. 91

Panorama di Acapulco



MIGALE

Le migali sono grossi e velenosi ragni (chiamati comunemente, ma in modo improprio, tarantole) diffusi in tutte le regioni tropicali e subtropicali del pianeta. In AMAZZONIA vivono le migali di maggiori dimensioni, che i brasiliani chiamano caranguejeiras. Questi impressionanti ragni – che possono superare, a zampe aperte, i trenta centimetri di lunghezza - compaiono più volte nella saga misternoiana, ma sono soltanto tre le storie in cui la loro presenza è degna di nota: Rio Negro (G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 12-15), Amazzonia mon amour (G. Nolitta [sog.&scen.] – Diso [dis.], ), L’ultima frontiera (M. Masiero [sog.&scen.] – D. e S. Di Vitto [dis.], n. 295). Nella prima, MISTER NO, a bordo dell’imbarcazione di Capitão VEGA, uccide con la sua pistola una migale che stava pericolosamente avvicinandosi all’archeologa Patricia ROWLAND.


Mister No n. 13, giugno 1976. Disegno di Ferri


Si tratta di una scena molto divertente, perché Patricia, prima dell’apparizione del ragno, aveva ironizzato sui presunti pericoli dell’AMAZZONIA: […] Sarebbe questo il terribile Inferno Verde? Ah! Ah! Ah! Mi sembra di fare una gita sul laghetto di Central Park. Quando poi la donna, spaventata, chiede a MISTER NO cosa sia la bestiaccia che questi ha ucciso, il pilota, con impagabile ironia, risponde: Soltanto una migale, detta anche vedova nera. La sua puntura può far secco un uomo nel volgere di pochi minuti. Niente di straordinario, comunque: immagino che incontri di questo genere capitino tutti i giorni anche al Central Park. Oltre a sfottere Patricia per la sua presunzione, MISTER NO si diverte a impressionarla ancora di più, esagerando la pericolosità della migale: in effetti, non solo questa non ha nulla a che vedere con la vedova nera (che, sebbene molto più piccola, possiede un veleno assai più potente), ma il suo morso, benché doloroso, non è letale per gli esseri umani. Anche la migale di Amazzonia mon amour dà luogo a una divertente sequenza, per certi versi simile a quella di Rio Negro. In essa, il ragno sta per avvicinarsi alla mano di mister Davis, il cliente newyorkese di MISTER NO. Quest’ultimo, però, dopo aver gridato a Davis di stare immobile, afferra rapidamente il suo pugnale e lo lancia contro la migale, centrandola in pieno. Stava per mordermi… per avvelenarmi… mi avrebbe ucciso… ucciso!, esclama lo spaventato turista. Chissà… forse… - dice MISTER NOma intanto, quel che è certo è che invece di mordere voi, sarà morsa dal nostro Mawe [un indio Arara che si trova assieme ai due, nda], che se la farà subito arrosto. Davis rimane esterrefatto: Co…cosa? Lui… lui si mangerà questo… questo schifosissimo ragno?. E MISTER NO: Naturalmente! Purtroppo la giungla amazzonica non offre molte scelte gastronomiche a coloro che ci vivono… …e poi, mister Davis, voi non vi mangiate golosamente aragoste, granchi e polipi? Davis risponde: Beh, sì… certo. Tutti i sabato sera al “Seafood Bar” sotto casa mia!. E il pilota: …E allora? Non vorrete dirmi che l’aspetto di tutti quei mostriciattoli marini sia meno schifoso di quello di questa caranguejeira. Detto ciò, MISTER NO offre il ragno a Mawe, che sorride e lo ringrazia. 


Mister No uccide la migale avvicinatasi a Patricia Rowland – MNO 13

Mister Davis osserva la grossa migale uccisa dal pilota – Storie avventurose (Comic Art 1995) n. 96, p. 28

 
La suddetta scena viene citata da Masiero ne L’ultima frontiera, storia in cui il Nostro narra al figlio dell’amico Phil MULLIGAN gli inizi della sua esperienza in AMAZZONIA. Stavolta, pertanto, è il pilota – ancora poco a suo agio nella giungla - a venire salvato da una migale. A farlo è il russo ZAR, esperta guida amazzonica, il quale, davanti a un inorridito MISTER NO, offre il ragno all’indio Guaranay, che lo arrostisce e se lo mangia.
Curiosità: La spassosa disavventura di mister Davis in Amazzonia mon amour (ma nella storia gliene capitano diverse altre) è stata quasi certamente ispirata a Sergio Bonelli da quanto realmente accadutogli nella selva venezuelana. E’ lui stesso che racconta l’episodio a p. 30 di Ciao Amazzonia, volumetto allegato al quarto Speciale Mister No: Una volta, sul rio Mavaca, me ne stavo appisolato all’ombra di un tapirì (una tettoia di rami e frasche usata dagli indios per ripararsi dalla pioggia e dal sole, nda) quando mi cadde in grembo un grosso oggetto scuro. Era una caranguejeira, un ragno nero e peloso grosso come una mano (per intenderci, non la mia mano, da peso medio, ma piuttosto quella di un peso massimo come Mike Tyson). Schizzai via gridando frasi irripetibili. Un indio della mia spedizione, accorso, uccise il ragno, poi, con voce allegra, chiamò un amico. Allibito, compresi che si trattava di un invito a cena. I due arrostirono il ragno, se lo spartirono, e lo mangiarono con gusto.


Davanti a un inorridito Mister No, l’indio Guaranay mangia una migale – MNO 295, p. 65

Il ragno golia dell’Amazzonia, la più grande migale vivente


Massimo Capalbo


N.B. trovate i link alle altre lettere dell'Atlante di Mister No sulla pagina della Bussola!