giovedì 21 novembre 2013

LA FRECCIA, LA PISTOLA E IL PROFUMO. UN’ALTRO MONDO: IL VERO POTERE DELLE DONNE NEL WEST! LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA. VI PARTE.

di Wilson Vieira

Con questo intervento sulle donne della Frontiera, Dime Web continua la pubblicazione dell'appassionante storia del West di Wilson Vieira che sta riscuotendo in Rete un bel successo sia in Italia, sia all'estero - in particolar modo in Brasile. Cogliamo l'occasione per segnalarvi la succosa recensione fatta da Comicsblog, uno dei siti fumettistici più seguiti! Ci preme ricordare e sottolineare che la scelta e la posizione delle immagini nel testo è dello stesso Wilson; Dime Web ha semplicemente aggiunto i riferimenti iconografici bonelliani. (s.c. & f.m.)





Tex n. 575, settembre 2008. Disegno di Villa.



In molte tribú indiane le donne rappresentavano il perno che assicurava il buon andamento della vita quotidiana. Presso gli Irochesi erano le donne che possedevano e coltivavano la terra; e anche le case e i raccolti erano di loro proprietà. Gli uomini, invece, si accontentavano di fare la guerra, o di andare a caccia. In questa tribú le donne, anche se madri, continuavano a vivere nella casa natale e costituivano in seno alla famiglia un solido blocco - la cui influenza sulla vita comune aumentava costantemente e del quale i mariti non facevano parte. Le decisioni importanti venivano prese in questa grande casa. Le ragazze dovevano, come i ragazzi, sposarsi fuori dal proprio clan. Poiché la successione era assicurata dalle donne, l’uomo normalmente aparteneva al clan materno. Quando lo lasciava e prendeva moglie, andava a vivere dai genitori della sua compagna che spesso abitavano presso un’altra tribú. Spostandosi, egli contribuiva a rafforzare i legami fra i suoi vecchi e i suoi nuovi compagni. Un uomo poteva sposarsi più di una volta; la poligamia era autorizzata, però egli doveva continuare a vivere con i genitori della sua prima moglie, i quali generalmente non si mostravano molto contenti. 





Tex n. 104, giugno 1969. Disegno di Galep.


Per evitare dispute e discussioni, alcune tribú del Sud-Ovest, soprattuto i Creeks, decisero che lo sposo e la suocera non dovevano mai rivolgersi la parola e neppure vedersi. Però era loro permesso di scambiarsi doni di tanto in tanto.
All’origine, in molte tribú, il matrimonio era consideratto soltanto un affare, un’operazione economica, in quanto il prescelto doveva fare dei regali ai suoi futuri suoceri: cavalli o capi di bestiame. Non si trattava di un rito religioso ma di una semplice cerimonia a volte preceduta da una “Unione di prova” che durava fino alla sucessiva celebrazione del Green Corn (Il Mais Verde).
Quando un giovane voleva prendere moglie, si confidava con i futuri suoceri dopo avere presentato loro in dono del cibo. Il padre allora interrogava la figlia e se quest’ultima acconsentiva, doveva lavare i capelli del futuro marito. Quattro giorni dopo ella indossava il suo vestito piú bello, alcuni gioielli e inviava un sacco di farina alla futura suocera.
Prima di prendere marito le ragazze Hopi pettinavano i loro capelli in due grandi cerchi ai lati del viso, all’altezza dele tempie. Le donne Indiane avevano pettinature tipiche, molto diverse da quelle degli uomini. Spesso andavano fiere dei loro bei capelli lunghi e neri che arrotolavano sulla nuca in modo da formare una specie di coda di castoro.
Poi veniva celebrato il matrimonio.




Se i due sposi non andavano d’accordo si separavano, ma una volta consumato il matrimonio, il marito, in caso di adulterio, poteva tagliare un orecchio o una narice all’infedele e, se era abbastanza forte, poteva anche uccidere il rivale. In caso di assassínio, i parenti del morto avevano il diritto di ucidere il colpevole e, se questi era un capo, potevano sopprimere uno dei suoi parenti.
Dopo il matrimonio le indiane modificavano la pettinatura in un’unica treccia. Per piangere la morte di un compagno o di un amico, alcuni indiani si scompigliavano I capelli e a volte se li tagliavano completamente. I Crow, gli Assiniboini, i Mandan, i Mojave e gli Yuma spesso portavano parrucche.
Gli indiani erano ottimi padri di famiglia e avevano per la sposa e per i figli - soprattuto per i maschi, futuri guerrieri - un grande affetto. Gli uomini vivevano soltanto per la caccia e per la guerra, lasciando il lavoro domestico - anche il più duro e pesante - alle squaw (il termine con cui indicavano la "donna" e la "moglie").
Furono sempre le donne ad assicurare il buon andamento della vita di tutti i giorni - preparando i pasti, a volte facendo le pulizie, lavorando nei campi, custodendo le coltivazioni, occupandosi del raccolto e dedicandosi alla pulizia, alla conciatura e alla cucitura delle pelli. Esse montavano e smontavano il teepee, pestavano il mais e il miglio in pesanti mortai di pietra, tagliavano a pezzi i bisonti abbattuti dai cacciatori e riducevano la carne in strisce sottili che mettevano a seccare e che in seguito trasformavano in pemmikan; si occupavano della raccolta delle bacche, facevano con la farina un pane senza sale; dalle pelli tagliavano gli abiti, i rivestimenti dei teepee e mille altri oggetti domestici.




Erano ancora le squaw che dovevano raccogliere gli escrementi dei bisonti per metterli a seccare. Ne risultava un ottimo combustibile che serviva ad alimentare il fuoco per la cottura dei cibi e per riscaldare i teepee nei mesi invernali, quando la neve cadeva fitta sulla campagna circostante.
Presso le tribú stanziali dell’Arizona e del New Mexico, erano le donne che filavano la lana e il cotone e tessevano bellissime coperte.
In alcune tribú le donne erano tenute isolate dalla vita comunitaria; in altre, ogni decisione veniva presa secondo il loro parere.
Quasi ovunque le donne avevano diritto di vita e di morte sui prigionieri. Durante le loro scorribande, contro i villaggi nemici e i possedimenti dei bianchi, i guerrieri indiani facevano il maggior numero possibile di prigionieri - e non soltanto di uomini forti, ma anche di donne e bambini. I malcapitati erano condotti all'accampamento dove dovevano sfilare davanti a una doppia fila di squaw - vere e proprie arpie - armate di bastoni. I prigionieri, dopo esser stati presentati ai membri del Consiglio, venivano consegnati alle donne. Queste decidevano la sorte che doveva esser loro riservata: o venivano messi a morte dopo aver subito le piú atroci torture, oppure venivano tenuti come schiavi e sottoposti alle fetiche piú dure.
Le donne che avevano perduto il marito in guerra, potevano scegliere fra gli uomini quello che preferivano e che, senza poter esprimere la propria opinione, andava a sostituire lo sposo defunto.

Le donne catturate diventavano generalmente le compagne dei guerrieri. Quelle che non venivano scelte, diventavano schiave infelici e dovevano compiere i lavori piú pesanti. I bambini venivano trattati molto meglio: venivano adottati ed iniziati ai costumi della tribú. Alcuni di questi prigionieri divennero capi valorosi, stimati dai loro compagni.








Il Comandante Mark Speciale n. 6, giugno 1995. Disegno di Guzzon & Buffolente


Coloro che - uomini o donne - non venivano scelti come schiavi o come compagni erano condannati a morte, e le loro sofferenze duravano almeno un giorno intero. Le vittime erano costrette a festeggiare insieme ai loro torturatori che lanciavano loro continue sfide. Presso i Nachez i condannati a morte dovevano ballare e cantare per tre giorni e tre notti di seguito, dopodiché veniva loro tolto lo scalpo, venivano appesi nudi a telai di legno, frustati e infine bruciati vivi.
Presso le tribú delle pianure, gli uomini, dopo aver cacciato o fatto la guerra, di accontentavano di accudire ai loro cavalli, di conferire coi capi, di pulire le armi, di costruire di e di sorvegliare da vicino l’educazione dei figli, mentre le ragazze, fin dalla piú tenera età, si occupavano dei mille lavori domestici, esercitandosi cosí per il futuro.




Zagor Speciale n. 23, marzo 2011. Disegno di Ferri.











I piccoli indiani si chiamavano papoose: questo nome era stato dato, a torto, dai bianchi a tutti i bambini dei pellerossa. Il termine infatti, in dialetto Narganset, indicava il padre: fin da quando erano piccolo I bambini chiamavano il padre papu. Dopo la venuta dei visi pallidi, i Narganset aggiunsero al termine il suffisso “se”. Questa espressione, deformata dai nuovi venuti, divenne così papoose e indicò i bambini in generale.

Presso gli indiani i neonati, come dappertutto, passavano lunghe ore in culle di forma diversa e costruite con materiali differenti secondo la regione e la tribú. In Alaska erano fatte con la corteccia di tronchi abbandonati dai flutti e venivano decorate con piume e penne di uccelli di mare. D’inverno, a causa del freddo intensíssimo, la madre, prima di uscire di casa, aveva cura di riparare la culla nella calda fodera del suo parka, una specie di giubbotto di pelle di foca.





Presso alcune tribú vicine, i neonati, venivano imbacuccati in una spessa coperta e la madre li trasportava sul dorso. Presso gli indiani dele Pianure - soprattuto fra i Kiowa e i Comanche - le culle erano fatte di pelle di bisonte tesa su una sottile ossatura di legno e, per trasportarle, le madri le fissavano con lacci a una specie di gerla di legno che portavano sulle spalle. Durante le corse a cavalo esse le attaccavano al pomo dela sella con lunghe cinghie. Presso gli Algonchini e gli Irochesi questo supporto era costituito da un’asse lunga e sottile. Sulla costa del Pacifico le culle erano delle specie di panieri intrecciati e alcune erano costruite in modo da poter essere trasportate sulle piroghe. Alcune tribú aggiungevano ala culla un’asse di legno che veniva applicata e stretta contro il cranio del piccolo, per appiattirlo, in segno di distinzione. Alcune tribú usavano mettere delle erbe profumate nelle culle.





Altre vi applicavano campanellini e altri oggeti per attirare l’attenzione del bambino e per divertirlo. Generalmente si fabbricava una nuova culla ogni volta che nasceva un bambino. Tuttavia, presso i Pueblo, essa era considerata un oggetto sacro e veniva preziosamente conservata. La stessa culla veniva usata alla nascita di ogni nuovo bambino della stessa famiglia, solo che in quell’occasione si aggiungeva una nuova tacca al suo telaio.
Le donne indiane erano ottime madri di famiglia: avevano molta cura dei loro bambini e si sforzavano di render loro la vita sempre piú bella e piacevole.





Le bambine delle tribú - come le bambine di tutto il resto del mondo - giocavano con le bambole. Queste, sommariamente fabbricate dai loro genitori, avevano generalmente un aspetto umano.






Nel West dei primi tempi raramente ci furono delle ragazze e delle donne non fidanzate e nubili. Parecchi uomini, fuggiti nell’Ovest prima di prendere una moglie, nel loro solitario pezzo di terra ben presto avvertirono un grande desiderio di essa. E forse qualche donna che si era seduta, accanto al marito, sulla cassetta del carro, dovette riconoscere che durante i mesi trascorsi in quella terra selvaggia, il suo uomo era diventato un estraneo... Le cose furono particolarmente difficili per quelle giovani donne provenienti dall’Irlanda, dalla Scozia, dalla Germania o dalla Svezia, che avevano promesso di aspettare fino a che il loro uomo avesse trovato una casa. Erano le famose e cosiddette “donne contrassegno”, conosciute tramite uno dei quei giornali per i “cuori solitari” che circolavano di colono in colono. Tavolta queste donne scambiavano in denaro il biglietto, pieno di promesse, della carrozza postale o della ferrovia, e non giungevano mai all'appuntamento, ma la maggior parte di esse era felice di arrivare - per lo meno per dare uno sguardo a quel paese selvaggio.
Gli uomini dicevano: sposammo tutto ciò che arrivava su un carro o in ferrovia.
Molte di quelle unioni, sorte dal reciproco bisogno e dalla reciproca dipendenza, produssero delle solide e perfino ottime famiglie. Non c’era da stupirsi del fatto che una ragazza, proveniente da una società civilizzata, spesso da un ambiente colto che aveva custodito la sua gioventù, rimanesse scandalizzata dalla nuova dimora e dalla nuova società, ammesso che ce ne fosse una. Se una giovane sposa restava, le capitava di rado di essere minacciata dai combattimenti con gli indiani, da ferimenti e mutilazioni, dallo stupro e dall’omicidio.







Con maggiore probabilità poteva sperimentare la siccità, gli sciami di cavallette e i cattivi raccolti - a cui spesso seguiva il carro-merci e l’unica mucca da latte. Poteva succedere che la donna dovesse andare nei campi, al posto di suo marito, o che dovesse o sotituirlo in tutto e per tutto, qualora una malattia l’avesse costretto a letto o fosse morto.
Alcune tra le più energiche donne della Prateria si dedicarono alla politica; così Mary Elisabeth Lease (1850 – 1893), che rinfacciò agli agricoltori del Kansas il fatto che le donne erano condannate a coltivare più che il mais, un inferno (l'affermazione si spiega con un intraducibile gioco di parole dovuto al verbo inglese to raise, che significa sia "far crescere" che "scatenare").

Zagor Albo Gigante n. 3, maggio 2013. Disegno di Ferri.


Molti nel West seguirono le furibonde suffragette, portando lo Wyoming a introdurre nel 1869 il diritto di voto per le donne; poco dopo fu la volta del Colorado. Per tutte queste ragioni la donna americana ha sviluppato un'abbastanza chiara coscienza dei propri diritti. Lucrezia Coffin Mott (1793 – 1811) - la prima grande femminista americana - ha lottato accanto al marito contro lo schiavismo e ha trascorso la vita nell’intento di dimostrare che le rivendicazioni dele donne non sono - come i più tendono a considerarle - una forma passeggera di isterismo e di follia dei tempi. Mary Fields, detta “Stage Coach Mary” (1832 – 1914), nata schiava, era alta sei piedi, grossa e irascibile: possedeva due pugni potenti, un vecchio cane randagio senza nome e pure un fucile per amico. Fu assunta come postino, e in tali vesti lavorò per lunghi anni; possedeva anche un vecchio mulo chiamato Mosè. Fu una leggenda nel suo tempo: gli Indiani la chiamavano White Crown. Morì di insufficienza epatica; nel 1959 l’attore Gary Cooper (1901 – 1961) scrisse un articolo su di lei.
Altre donne afroamericane importanti nello scenario del Selvaggio West furono Biddy Bridget Mason (1815 – 1891), Clara Brown (1806 – 1888), Mary Ellen Pleasant (1814 – 1903) e tante, tante altre sconosciute. Donne fantastiche che aiutarono a creare il loro nuovo Paese - con molto sudore, sangue e tante di quelle sofferenze e lacrime.








I primi rapporti con gli indiani - più o meno idilliaci - si alterarono solo quando sorsero, lungo le grandi vie di comunicazione, stanziamenti rurali sempre più estesi numerosi e quando iniziò la politica riservista dell’Unione con l’istallazione all’interno del Paese di una catena di forti in posizioni avanzate. Gli attacchi a sorpresa alle singole fattorie e alle piccole colonie si feccero più frequenti, giungendo, nel corso dela Guerra Civile, a un vertice che non si era mai raggiunto e che venne inaugurato dalla strage presso New Ulm.
Da allora in poi molte colonne di carri e parecchie colonie periferiche venero attaccate; gli uomini furono massacrati, donne e bambini spesso rapiti o rilasciati per mezzo di un baratto oppure trattenuti presso le tribú Indiane. Molte donne subirono delle tragiche vicende e divennero pazze; altre - come per esempio Cinzia Ann Parker, rapita dai Comanche - si abituarono agli Indiani in misura tale che non vollero più fare ritorno presso i loro compagni bianchi. Le tribú meridional dei Comanche, dei Kiowa e degli Apache accoglievano fanciulli e ragazze come membri delle loro tribú, aventi pieni diritti, allevando gli uni per farne guerrieri, che subentrassero a quelli caduti, e portando le ragazze a essere delle squaw in età da marito. È noto il fatto di una donna fuggita di notte dal campo indiano, strisciando e reggendo con i denti il proprio bambino; quando finalmente raggiunse, dopo tre settimane, la prima colonia bianca, le ossa delle ginocchia e dei piedi non erano più coperte dalla pelle. Annie Kean aveva percorso 300 miglia a piedi, nella Prateria priva d’alberi e d’acqua; acquietava la sete succhiando dall’erba la rugiada del mattino e calmava la fame cibandosi di radici e di rettili - un’impresa che dificilmente sarebbe riuscita all'uomo più robusto.
Accanto alle mogli dei pionieri e alle giovani spose dei coloni, come prime rappresentanti del sesso femminile comparvero nelle città dei cercatori d’oro, dei cowboy e dei lavoratori della ferrovia anche le entraineuse - le quali non sempre erano necessariamente delle prostitute. Erano infatti soprattutto cantanti e ballerine, compagne di danza nelle sale da ballo, cameriere di cantine e ristoranti, le quali - precorritrici di stelle famose come Lola Montez – Eliza Rossana Gilbert (1821 – 1861), Lilly Langtry (1853 – 1929), Charlotte “Lotta” Mignon Crabtree (1847 – 1924) e molte altre - ne anticiparono i debutti nei locali e nei teatri d’opera. 





Le foto dell’attrice tappezzano l’interno del tribunale-saloon di Pantly Roy Bean, Jr. (1825 – 1903). L’attività di Bean come giudice è apprezzata soprattuto per la sua “larghezza di vedute”; un giorno assolve un cowboy che aveva ucciso un cinese, con la seguinte formula: non esiste una sola dannata riga in questo maledetto codice né in nessun altro che dica che è illegale uccidere un cinese. Quando unisce in matrimonio una coppia, chiude la cerimonia con la formula delle sentenze di morte: che Iddio abbia pietà dell’anima vostra. Quando è ubriaco - e lo è ogni sera - annoia invariabilmente i presenti parlando del suo grande amore per la celebre attrice Inglese Lily Langtry, che ha peraltro soltanto visto una volta e solo di sfuggita.





Trasferitosi nel Texas e nominato Giudice di Pace, si costruice il suo “Palazzo di Giustizia” - che è anche saloon - per arrotondare le entrate. Sulla facciata del locale i cartelli dicono: la legge a ovest del Pecos - Giudice Roy Bean notaio pubblico - Giudice di Pace - birra ghiacciata - The Jersey Lilly (quest'ultimo in onore della donna per la quale il giudice spasima).
Nel 1866 Lucy Hobbs Taylor (1833 – 1910) è diventata la prima donna nella storia degli Stati Uniti e del mondo ad aver ottenuto un dottorato in odontoiatria. Mary Edwards Walker (1832 – 1919) fu l’unica dottoressa al servizio delle truppe dell’Unione e avrebbe ricevuto al termine della guerra una decorazione per l’opera assistenziale svolta.
Sia al Nord, sia al Sud, numerose sono le donne impiegate nel servizio di spionaggio. Pauline Cushman (1833 – 1897), un’attrice che le autorità Nordiste fingono di espellere sotto l'accusa di simpatizare per I Sudisti, accolta dai Confederati, inizia la sua opera di spia e invia per lungo tempo preziose informazioni ai Nordisti, sino a quando non viene scoperta e arrestata. Un'altra fu Laura Le Claire, una danzatrice che acquistò grande celebrità esibendosi in spettacoli organizzati per le truppe durante la Guerra Civile.





Louisa May Alcott (1832 – 1888) è l’autrice di Piccole Donne, il più popolare romanzo per giovinette. Con Scene d’Ospedale, nel quale descrive le sue esperienze d’infermiera durante la Guerra Civile, commuove l’America. Lilian Sholes (1856 – 1914) è la prima dattilografa d’America. È figlia di Christopher Latham Sholes (1819 – 1890) il quale, con altri, ha ideato una macchina da scrivere, brevettandola nel 1867. Il primo grande scrittore che si serve di questa nuova macchina è Mark Twain (1835 – 1910).
Martha Jane Canary (1852 – 1903) detta “Calamity Jane”, è la più famosa fra le donne del West. Scout del generale George Crook (1828 – 1890) nelle Guerre Indiane, è abilissima nel tiro con la pistola e col fucile e nel condurre cavalli; veste quasi sempre da uomo. Negli ultimi anni della sua vita Calamity Jane è sempre ubriaca. Per qualche tempo anche lei, come altri eroi del West, ha fatto rivivere nel circo di Buffalo Bill le sue autentiche avventure. Ma la vita cittadina non fa assolutamente per lei, e ritorna a Deadwood - dove morirà. Secondo le sua volontà verrà sepolta vicino alla tomba di James Butler Hickok detto “Wild Bill” Hickok (1837 – 1879), del quale afferma di essere stata la più grande amica.
Phoebe Ann Mosey (1860 – 1926), detta Annie Oakley, è per diversi anni una delle attrazioni più sensazionali nel circo fondato da Buffalo Bill. È una ragazza del West, tiratrice infallibile, che riesce a centrare dalla distanza di dieci metri una monetina da 50 cent che un uomo tiene tra il pollice e l’indice. Spesso sfida in gare di tiro gli spettatori increduli, battendoli invariabilmente. Nonostante questa straordinaria abilità è molto graziosa e trova marito.
Una categoria di “avventuriere” era costituita da quelle entraineuse e da quelle donne addette al gioco che prestavano servizio nei locali di divertimento.




Magico Vento n. 34, aprile 2000. Disegno di Frisenda




Eleanore Dumont (che usava anche gli pseudonimi di Simone Jules, Emiliene Dumont e Sara Da Valliere; 1834 – 1879), detta anche Madame Moustache, è stata uno dei primi noti giocatori professionisti di Blackjack nella storia americana e, per più di tre decenni, il suo nome fu famoso in tutti i campi minerari del West americano. Nacque a New Orleans, in Louisiana, ma, per un qualche motivo, si diresse a Ovest durante la corsa all'oro in California. Nella sua turbolenta vita esercitò anche la prostituzione. Una notte, mentre giocava d'azzardo, giudicò male una mano e improvvisamente si trovò debitrice di un sacco di soldi. Quella notte vagò - fin fuori la città; la mattina fu trovata morta per una dose eccessiva di morfina - apparentemente un suicidio. Al suo funerale ha partecipato una moltitudine di persone di ogni genere. Anche se le sue professioni sono sempre state dubbie, tutti coloro che la conoscevano la considerato degna di onore e dignità. Nessuno osava parlare male di lei, minuta e graziosa donna francese.
I padroni dei saloon impiegavano queste ragazze, con stipendio fisso, come richiamo per la clientela o come croupier: un contatto più stretto con i clienti erano loro proibito. Le entraineuse incassavano, per ogni ballo, da 10 a 50 cent e una bevuta.







Più sotto, sul gradino più basso di questa "scala gerarchica", stavano le ragazze di piacere. Ce n’erano in tutte le città dell’Ovest. Vivevano in comunità dette houses of ill fame (case famigerate), oppure erano alloggiate in quartieri che godevano generalmente di una posizione particolare, nell’ambito della città, fruendo di una specie di autonomia. Nelle cittadine più grandi questi “quartieri Proibiti” disponevano anche di una propria polizia, sulla cui attività raramente trapelava qualche notizia. Alle prostitute era vietati l’accesso ai saloon, agli alberghi e ad altri locali pubblici.
Ad Abilene, centro del bestiame (grazie i soldi che muoveva l'allevamento, il Kansas vide una grande affluenza di ragazze di facili costumi), sorse la prima casa per "ragazze perdute". Dopo Abilene, soprattuto Dodge City era famosa per il suo quartiere "a luci rosse”. L’attrazione di questa città era costituita da Fannie Keenan (1844 – 1878), che si faceva chiamare “Dora Hand” e che apparteneva ala categoria delle prostitute di "alto bordo”. Non tutte le donne che facevano la loro vita e che provenivano dall’ambiente dei saloon della frontiera, si ponevano necessariamente al di fuori della legge. Molte divvennero le amiche o le compagne fisse di uomini che non erano certo degli assassini - bensì ambigui avventurieri e solitari impenetrabili. E così anche la famosa Catherine Elder (1850 – 1940), detta “Big Nose Kate”, versatile donna equivoca della città del bestiame, sposata col dentista John Henry “Doc” Holliday (1851 – 1887), malato di tubercolosi e buon tiratore.







Essa non comparve mai in pubblico come moglie, dal momento che era stata usata dal marito come specchietto per le allodole. Una sola volta fece parlare di sé: quando Holliday fu incarcerato con l’accusa di essere un baro e si sparse la voce che volessero linciarlo, e allora lei incendio un hotel a Fort Griffin nel Texas, per distogliere l'attenzione dei cittadini dalla prigione e poter così liberare suo marito. Fino ala morte di lui, avvenuta a Glenwood Springs, rimase costantemente al suo fianco. Dopo scomparve senza lasciare traccia. Senz’altro essa sarà diventata, come più tardi anche Little Breeches, una rispettabile moglie borghese.
Il classico tipo di "bandito in gonnella" fu impersonato da Myra Maybelle Shirley Reed Starr (1848 – 1889), detta “Belle Star”, il cui nome comparve più volte in numerose vicende; accompagnava il marito, il meticcio cherokee Samuel “Sam Starr” (1859 – 1886) che viveva rubando cavalli e bestiame, nelle sue spedizioni; Sam diventò in seguito il capo della banda afrocherokee Rufus-Buck, che si era specializzata in rapine.






John e Katherine Florman, erano una famigerata coppia di coniugi, ben nota nel Nord della California e nell’Oregon tra il 1867 e il 1872. Secondo G. T. Murray, erano vagabondi che assalivano i viaggiatori, i postiglioni di diligenze e soprattuto i conducenti di carri-trasporto. Questi due girovaghi si presentano ovunque come un’innocua coppia di sposi che può venire presa a bordo senza rischi apparenti. Essi raccontano alcune storie di imboscate da parte dei predoni o di cavalcature abbattute, e quando un compassionevole postiglione li lascia salire, si sente subito puntare la bocca di un revolver contro la nuca; dopodiché gli portano via tutto - fino a lasciarlo in maniche di camicia. Così nei resoconti storici della Wells & Fargo Co. e di altre linee di trasporto di queste regioni - anche se in parecchi giornali affiorano a tal poposito solo alcune voci. Ma nessuna di queste narrazioni resiste a un esame storico più attento: non si può infatti accertare se si tratti soltanto di una leggenda in più del Vecchio West. Taluni sostengono che la coppia sia arrivata nell’Oregon nel 1866, dopo aver lasciato il Kentucky; altri sostengono che fossero franco-canadesi provenienti da Montreal, ed è facile che si esprimessero in un miscuglio di francese e inglese. La taglia offerta dalle singole imprese di trasporti salì fino alla somma di 850 dollari. Più tardi, verso il 1872, pare che la coppia sia improvvisamente sparita nel nulla e non abbia più fatto parlare di sé. Secondo alcune voci, un certo conducente da essa aggredito li avrebbe spediti nell’aldilà con una doppia scarica di pallini da caccia e poi li avrebbe seppelliti.

Zagor n. 140, marzo 1977. Disegno di Ferri.


Pearl Hart (1871 – 1955), detta la Regina Bandito, fu l’ultima outlaw donna - fu la prima e unica donna ad aver rapinato una diligenza. A differenza di “Belle Starr”, oppure Ellen Liddy Watson (1861 – 1889), detta “Cattle Kate”, la Hart non è stata allevata nel crimine del Selvaggio West. Ha tuttavia ingenuamente creduto che i miti emozionanti del vecchio West erano veri e ancora fiorenti nella Frontiera di metà anni 1890. Entrò così in quell'eccitante passato - ma per una sola volta, e solo per ritrovarsi a languire in una cella di prigione. Nel 1888, all'età di diciassette anni, fu sedotta da un sconosciuto giocatore d'azzardo - Frederick Hart. Due anni dopo fu arrestata con il nome di Mrs. L.P. Keele, a Kansas City, per l'acquisto di prodotti in scatola rubati e le fu data una breve pena detentiva. Dopo il misfatto Pearl scomparve e non fu più vista - fino al 1924, quando tornò in Arizona; visitato il Palazzo di Giustizia dove era stata processata, sorrise e disse a un addetto: nulla è cambiato. Quando l'addetto le chiese chi fosse, si voltò sulla soglia e con fare drammatico dichiarò: Pearl Hart, la Regina Bandito. Si è creduto che fosse morta nel 1925 a Kansas City, mentre gestiva un negozio di sigari; altri rapporti dicono invece che si trasferì a San Francisco, dove visse fino alla metà degli anni '50.





Uma figura del tutto diversa fu Katie Bender (1848 – 1873). I suoi genitori erano figli di immigrati tedeschi e possedevano un piccolo negozio di prodotti coloniali su di una grande strada di comunicazione, al centro della Prateria. Al negozio accudiva anche il fratello John, mentre Katie lavorava come cameriera a Cherryvale, nel Kansas.






Il 18 giugno 1872 Katie Bender lasciò quel lavoro poco reditizio e diffuse dei biglietti di reclame col seguente testo: La professoressa Miss Katie Bender è in grado di curare ogni tipo di malattia: la cecità e tutti i mali di questo tipo, la sordità e la mancanza dell’uso della parola. Indirizzo: 14 miglia a est di Independence, sulla strada che va da Independence a Osage Mission, un miglio e mezzo a sud-est di Norahead Station. Katie Bender. Da quel momento la gente si riversò in massa dai Bender. Il padre William Bender, detto “Old” John, era un uomo grande e grosso dalla pelle scurita dal sole; sua moglie, detta “Ma” Bender, era una buona contadina, e il loro figlio John era un giovanotto robusto e sempre di buon umore. I coloni e gli allevatori di bestiame facevano volentieri i loro acquisti dai Bender - a parte il fatto che, in tutta la zona, non esistevano altre botteghe. Per i viaggiatori solitari e di passaggio il Drug Store Bender costituiva una gradita sosta ristoratrice.





In più, c’era la giovane Kattie, una desiderabile bellezza, dai corti capelli bruni. La sua “prassi curativa” era molto apprezzata e sulle sue “sedute spiritiche” la gente raccontava le storie più fantastiche. Un giorno, a tre miglia di distanza dalla casa dei Bender, fu rinvenuto il cadavere di uno straniero, con la gola tagliata e la testa fracassata. Le indagini che furono aperte non approdarono ad alcun risultato e ben presto di quel fatto non se ne parlò più. Tuttavia, poco tempo dopo, quella strada solitaria incominciò ad acquistare una triste fama: alcuni viaggiatori, da entrambe le direzioni, non erano mai giunti alla loro meta: erano scomparsi nel nulla, senza lasciare traccia, nei dintorni di Osage Mission. Nella maggior parte dei casi si trattava di viaggiatori di passaggio, provenienti da altri Stati. Sparivano col cavallo e col carro, e di interi carichi non si trovava più la minima traccia. Il 28 marzo 1873 il Dottor William York partì a cavallo da Independence, diretto a Fort Scott. Il suo itinerario lo condusse nei pressi della casa dei Bender. Anche lui scomparve misteriosamente. Suo fratello, il colonnello George York, raccolse un drappello di uomini e partì alla ricerca dello scomparso. Anche il colonnello fece una breve sosta dai Bender, comprando pane e formaggio e abbeverando il proprio cavallo; quindi proseguì le ricerche col suo drappello, dopo aver saputo da Katie che il fratello era stato visto in quella zona. Quando, due giorni dopo, il colonnello York volle sulla via del ritorno sostare novamente dai Bender, trovò la casa completamente deserta. Dodici miglia più avanti il drappello rinvenne un carro abbandonato con l’insegna Prodotti Coloniali, e un cane randagio. Diciotto giorni dopo un viaggiatore fu colpito dal fetore nauseante che proveniva dai dintorni della casa abbandonata dei Bender. Nel corso della perlustrazione furono rinvenuti i cadaveri di dieci uomini e di un bambino di otto anni. Fra i morti c’era anche il Dottor York. Anche a lui, come a tutti gli altri, i Bender avevano fracassato la testa con martelli e tagliata la gola con coltelli. Questa fu certamente l’ultima impresa della bella Katie, che aveva anche ideato - diciamo così - questo nuovo tipo di “commercio”. Dopo aver sepolto il fratello il colonnello York si mise sulle tracce dei Bender. Costoro avevano preso il treno per New Chicago e, di là, avevano proseguito per Chetopa. Qui, a sole due miglia di distanza dal Territorio Indiano, si credevano al sicuro dalle sanzioni della Legge. Ma il drappello del colonnello York li raggiunse a poche centinaia di metri dal confine che li avrebbe salvati. I serial killer Bender furono circondati e disarmati - e dovettero scavare le loro stesse fosse. Si scambiarono poche parole; poi echeggiarono gli spari vendicatori.





L’Old Wild West, cari amici lettori, dopo i talenti multipli di queste donne così diverse e polivalenti, non sarebbe stato mai più come prima. Chi ne dubita più?


Wilson Vieira

N.B. Trovate tutti i link alle altre parti della Storia del West di Wilson Vieira andando sulla pagina delle Cronologie! 

Nessun commento:

Posta un commento

I testi e i fumetti di nostra produzione apparsi su Dime Web possono essere pubblicati anche altrove, con la raccomandazione di citare SEMPRE la fonte e gli autori!

Le immagini dei post sono inserite ai soli fini di documentazione, archivio, studio e identificazione e sono Copyright © degli aventi diritto.

Fino al 4 gennaio 2017 tutti i commenti, anche i più critici e anche quelli anonimi, venivano pubblicati AUTOMATICAMENTE: quelli non consoni venivano rimossi solo a posteriori. Speravamo e contavamo, infatti, nella civiltà dei cultori di fumetti, libri, cinema, cartooning, etc.

Poi è arrivato un tale che, facendosi scudo dell'anonimato, ha inviato svariati sfoghi pieni di gravi offese ai due redattori di Dime Web, alla loro integrità morale e alle loro madri...

Abbiamo dunque deciso di moderare in anticipo i vostri commenti e pertanto verranno cestinati:

1) quelli offensivi verso chiunque
2) quelli anonimi

Gli altri verranno pubblicati TUTTI.

Le critiche, anzi, sono ben accette e a ogni segnalazione di errori verrà dato il giusto risalto, procedendo a correzioni e rettifiche.

Grazie!

Saverio Ceri & Francesco Manetti