Questo intervento di "Dime Web" nasce quasi "per caso". La mattina del 3 dicembre 2025 leggo in autobus un lancio dell'ANSA riguardante la paventata esclusione della casa editrice Passaggio al Bosco da una nota fiera del libro. Pur avendo le mie idee, che porto avanti talvolta con asprezza, sono contro ogni genere di censura in editoria, sia per quanto riguarda le pubblicazioni politiche, sia per quelle erotiche, sia per quelle religiose. Perché dunque prendersela con Passaggio al Bosco che propone titoli "di destra", "conservatori", etc. ma riscopre anche volumi perduti o dimenticati dal tempo? Questa storia non mi era per niente piaciuta. Vado dunque a leggere la lista di coloro che hanno firmato l'appello censorio e ci trovo non solo i soliti, ma pure nomi e marchi noti del fumetto. Ma come?! Non si era sempre detto che il fumetto doveva essere espressione libera, quasi anarchica, rivolto a tutti e a tutti accessibile? E proprio dal fumetto viene un inopportuno bavaglio? Contatto dunque l'amico di una vita Giuseppe Pollicelli, giornalista di lungo corso oggi a "La Verità", con il quale negli anni ho anche avuto accese discussioni che oggi ricordo con simpatica nostalgia (e che pure Giuseppe rammenta, con "satanica" memoria, proprio qua sotto!), e gli chiedo se aveva intenzione di scrivere qualcosa sulla questione (ricordando che anni fa facemmo qualcosa di simile su Ghisberto); l'eventuale suo articolo sarebbe stato rilanciato su "Dime Web". Giuseppe fa di meglio: mi dice, io no, ma guarda che Borgonovo su "La Verità" di oggi ha scritto un bell'articolo a tal proposito, e, se lui è d'accordo, potresti mettere quello; però non accenna ai fumettisti firmatari... E allora chiedo a Giuseppe di farmi un cappelletto per introdurre Borgonovo e parlare anche dei fumettisti. Ed ecco qua: uno straordinario momento di signorile giornalismo italiano su "Dime Web"! (Francesco Manetti)
Interviene Giuseppe Pollicelli
Nell’articolo che segue, apparso su “La Verità” del 3 dicembre 2025, il
giornalista Francesco Borgonovo, che de “La Verità” è uno dei
vicedirettori, critica gli 89 tra scrittori e artisti che hanno inviato
una lettera all’Associazione Italiana Editori per chiedere
che, alla manifestazione romana “Più Libri Più Liberi” (in svolgimento
dal 4 all’8 dicembre), non sia consentito di avere uno stand, e quindi
di esporre e mettere in vendita le proprie pubblicazioni, alla casa
editrice fiorentina Passaggio al bosco, in quanto
nel catalogo di quest’ultima, contraddistinto da una spiccata
attenzione per i temi cosiddetti identitari, figurano titoli di o su
autori indissolubilmente legati all’estrema destra come Leon Degrelle e
Corneliu Codreanu. Una situazione analoga a quella che,
nel 2019, portò all’esclusione dal Salone del Libro, decisa dal Comune
di Torino e dalla Regione Piemonte, di un’altra sigla editoriale
espressione del mondo culturale destrorso, Altaforte. In questo caso,
però, sembra che Passaggio al bosco non subirà veti:
il presidente dell’AIE, Innocenzo Cipolletta, ha infatti replicato ai
firmatari con una lettera, condivisa dai vertici di “Più Libri Più
Liberi” e dalla curatrice dell’evento Chiara Valerio, in cui si afferma:
«I capisaldi dell’editoria contemporanea sono
due, il diritto d’autore e la libertà di edizione. Senza questi due
pilastri l’editoria, per come la conosciamo, crolla. Il no a ogni forma
di censura è quindi un no che, per un’Associazione come la nostra, viene
prima di ogni altra cosa». Stavolta, dunque, le cose si concluderanno senza messe all’indice e
allontanamenti, ma rimane il problema della diffusa smania,
nell’intellettualità progressista (per fortuna non in tutta, come
abbiamo visto), di sostituire il dibattito e il confronto - magari
anche molto aspro - tra idee differenti con il silenziamento di chi
porta avanti analisi e iniziative conflittuali rispetto alla visione
progressista del mondo. Sicuramente spiace, anche se non stupisce, che
tale tendenza trovi ampia cittadinanza pure nel
contesto del fumetto, come dimostra la presenza, tra i sottoscrittori
dell’appello all’AIE, di Zerocalcare (che all'ultimo momento ha deciso di non partecipare alla manifestazione), Maicol e Mirco, Roberto Recchioni,
Alessio Spataro, Bao Publishing, Fandango Libri, Coconino Press, Becco
Giallo e La Revue. Di questa “intolleranza
ideologica” mi accorsi, personalmente, parecchio tempo fa, sul finire
degli anni Novanta. Nel 1997 avevo ventitré anni e, oltre a svolgere il
servizio civile presso l’Unione Italiana Ciechi di Roma, mi davo molto
da fare nell’ambito dell’editoria fumettistica,
in particolare realizzando completamente da solo una fanzine gratuita
cui avevo assegnato il nome di “Mefisto”. Io all’epoca ero piuttosto
fazioso e quella spartana pubblicazione fotocopiata riflette bene tale
mia giovanile e ingenua intransigenza, ma già
all’epoca, pur militando a sinistra (per un periodo, sebbene a livello
di quartiere o poco più, feci anche politica attiva), cominciavo a
essere insofferente verso l’aggressiva partigianeria - non di rado
ipocrita - con cui appunto a sinistra, fumetto italiano
compreso, dovevo sovente confrontarmi. Ricordo ancora perfettamente il
rimprovero che, all'incirca nel medesimo periodo, mi rivolse a Milano,
nella redazione di Sergio Bonelli Editore, lo sceneggiatore Mauro
Boselli a seguito di qualche mio articolo o recensione:
«Pollicelli, tu sei troppo libero pensatore». La mia vera bussola era,
in effetti, la libertà (d’espressione, in primo luogo) e questa è stata
una delle ragioni, una delle principali, per cui dalla sinistra, di lì a
qualche tempo, ho iniziato a prendere le
distanze, approdando a posizioni che, semplificando, possono essere
definite liberali. Che la libertà d’espressione e il confronto con
opinioni differenti fosse per me prioritario lo dimostra, peraltro, la
stessa “Mefisto”: benché, ripeto, io non fossi allora
un campione di tolleranza, sul terzo numero della fanzine ospitai una
polemica missiva, a cui puntualmente diedi risposta, inviatami proprio
da Francesco Manetti, il fondatore e curatore di Dime Web, da cui in
quel tempo ero, ideologicamente parlando, davvero
assai distante. Non solo: riprodussi anche, in prima pagina, una sorta
di parodia grafica di “Mefisto”, battezzata “Satana”, che Manetti con
intento derisorio aveva allegato alla sua lettera. Nella vita, insomma,
si possono mutare più o meno radicalmente opinioni,
persuasioni, adesioni ecc. e, se si è di fronte a un processo sincero,
la cosa non può che essere guardata con favore (del resto lo stesso
Roberto Recchioni, ora firmatario della lettera all’AIE, realizzò in
gioventù gli schizzi di prova di un fumetto umoristico
per Alleanza Nazionale e si definiva, citando John Milius, “fascista
zen”). La condizione necessaria perché si producano tali “crisi” o messe
in discussione di sé o anche soltanto prese di coscienza (magari
destinate a concludersi, anziché con ripensamenti,
con un consolidamento delle proprie iniziali convinzioni) è però che si
venga a contatto, quanto più possibile, con punti di vista lontani,
anche lontanissimi, dai propri. Bando, quindi, non ai libri e alle case
editrici, ma alle censure.
La sinistra intellò vuole il pass per le idee
di Francesco Borgonovo
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima
grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale:
dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco
difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti
per chiedere all'Associazione Italiana Editori di cacciare il piccolo
editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più
libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta
delle più turpi nefandezze novecentesche e
via dicendo. In un appello rivolto all’AIE, 80 autori manifestano
sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al
bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano
addirittura il regolamento che le case editrici
devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma -
l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna
chiaramente gli espositori ad aderire a tutti i valori espressi nella
Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali
dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e
in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero,
di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste
domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione
italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della
presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e
valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per
chiedere la censura. Tra i firmatari ci sono nomi
illustri: Anna Foa, Alessandro Barbero, Antonio Scurati, Zerocalcare,
Domenico Starnone, Carlo Ginzburg, Domenico Procacci, Loredana
Lipperini, Christian Raimo, Caparezza, Massimo Giannini, Daria Bignardi,
Stefano Feltri, Vera Gheno, Tomaso Montanari, Marino
Sinibaldi, Paolo Di Paolo, Vincenzo Latronico, Giulia Caminito, Valerio
Mastandrea, Paolo Rossi, Ascanio Celestini, Massimiliano Tarantino
(Fondazione Feltrinelli) e vari altri. Per Christian Raimo è un ritorno
alle antiche abitudini: qualche anno fa, da consulente
del Salone del libro di Torino, brigò per far cacciare la casa editrice
Altaforte e compilò una lista di proscrizione di intellettuali che, a
suo dire, non avrebbero dovuto intervenire alla kermesse. Ora ci
riprova, non avendo evidentemente nulla di meglio
da fare. Da Raimo, tuttavia, ci si aspettano gesti del genere. Un po’
meno da altri. Anna Foa, ad esempio, nel 2016 contestava la legge contro
il negazionismo dell’Olocausto spiegando che «abbiamo bisogno di
studiare e di trasmettere. È l’unica strada e non
ce n’è un’altra. Si possono e si devono punire gli atti di razzismo ma
le opinioni anche se assurde si combattono soltanto con la conoscenza».
Eppure adesso chiede la mordacchia per un editore con opinioni diverse
dalle sue. E Alessandro Barbero? Si è già
dimenticato di quando lo misero all’indice per aver criticato il green
pass? Ora è lui a richiedere il pass antifascista alle case editrici?
Quanto ad Antonio Scurati, beh, basterebbe ricordare tutte le volte in
cui ha gridato alla censura. Prima per il suo
monologo tagliato da una trasmissione Rai, poi perché Sky non aveva
messo in produzione la seconda stagione della serie tv tratta dai suoi
romanzi su Mussolini... Sono tutti per la libertà di pensiero e di
parola ma soltanto se li riguarda. Ovviamente qui
non c’entrano davvero né la democrazia né la libertà. Si tratta solo di
un giochino di potere. Dato che Innocenzo Cipolletta, vertice dell’AIE,
ha ribadito che Passaggio al bosco potrà esporre i suoi libri, i
fulgidi intellettuali progressisti schiumano di
rabbia, sentono di perdere il controllo degli spazi, vedono crepe
nell’ortodossia. E si incattiviscono. Poveri, in fondo vanno capiti:
sembra che amino la censura, in realtà sono solo troppo innamorati
dell’eco della propria voce. Che suona debole persino
nel vuoto dei pensieri.
(apparso su “La Verità” del 3 dicembre 2025)
N.B. Trovate i link alle altre novità su "Interviste & News"!


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