domenica 15 luglio 2018

DIME WEB INTERVISTA MAJO! (LE INTERVISTE LIX)


a cura di Elio Marracci

L'autore con cui dialoghiamo oggi, Mario Rossi in arte Majo, è nato a Brescia il 31 gennaio 1963. Formatosi come altri futuri colleghi alla scuderia del disegnatore argentino Rubèn Sosa, nel 1991 esordisce sulle pagine di “Full Moon Project”, della Eden/Center TV, di cui disegna il terzo episodio, Bambole, e realizza le matite del quinto, Il ponte di AngoulêmeNel 1993 presta collaborazione alla Star Comics, disegnando l’episodio Operazione Goliath scritto da Stefano Vietti per la serie “Lazarus Ledd”, creata da Ade Capone. Nel 1994, insieme con il gruppo di fumettisti bresciani con il quale collabora, riceve l’incarico dalla casa editrice perugina di creare “Hammer”, una nuova testata fantascientifica.

Majo, da "Tex Willer Blog"


Disegna e partecipa alla scrittura del primo albo, che anticipa di qualche anno temi solo in seguito approfonditi e rilanciati da cinema e letteratura. Alla chiusura prematura di “Hammer”, Majo viene arruolato in forza alla Sergio Bonelli Editore dove viene coinvolto nel "progetto Dampyr", divenendo il characters-designer dei personaggi principali e degli antagonisti e definendone gli stilemi visivi fortemente realistici. Otre che con Bonelli, ha collaborato alla realizzazione di serial, destinati al mercato francese, pubblicati dalle editrici Soleil e Glénat. È anche autore dei disegni del "Texone" dal titolo I Rangers di Finnegan, uscito il 20 giugno 2018 nelle edicole e nelle fumetterie italiane.


DIME WEB - Per i lettori che non ti conoscono potresti presentarti? In due parole chi è Mario Rossi in arte Majo?

MAJO - Ho cinquantacinque anni, ho moglie e un figlio di dieci anni e vivo in provincia di Brescia. Ho un diploma artistico e dopo la scuola ho iniziato a lavorare in pubblicità fino al 2000, quando ho abbandonato l’attività per dedicarmi completamente al fumetto, di cui mi occupavo già dal 1991.

Rubén Sosa

DW - Come si è sviluppata in te la passione per il disegno?

MAJO - È il cosiddetto “dono di natura”. Ho sempre coltivato la passione, sin da piccolo.


DW - Quando hai deciso che saresti diventato un fumettista?

MAJO - È successo verso la fine degli anni '80, mentre frequentavo la Scuola di Fumetto di Brescia del compianto autore argentino Rubén Sosa. Grazie a lui ho capito che avevo le attitudini necessarie per affrontare la carriera fumettistica. Al resto ci hanno pensato una serie di fortunate coincidenze.


DW - Hai lavorato sia per il mercato italiano, sia per quello estero, in particolare quello francese. Quali analogie e quali differenze hai trovato fra i due ambienti?

MAJO - In realtà le mie esperienze sul mercato francese si riducono solo a quattro progetti, troppo poco per avere un'idea generale sufficiente a evidenziare eventuali analogie e differenze. Ho potuto solo constatare che in Francia il fumetto è considerato, di norma, al pari di altre arti, come la letteratura o la pittura, che in Italia vengono ancora ritenute “più nobili”. Inoltre, un aspetto puramente tecnico, nel fumetto francese si prediligono i campi lunghi, piuttosto che i primi piani sui personaggi, come nella tradizione italiana o americana.




DW - Le prime serie a fumetti che ti vedono come componente del team di autori che le ha realizzate sono state “Full Moon Project” edita dalla Eden e “Hammer” pubblicata da Star Comics. Come mai hai pensato che fosse meglio esordire in gruppo?

MAJO - Non l’ho pensato affatto. Come membro della compagnia di ragazzi uniti dalla stessa passione, usciti dalla scuola di Fumetto, ho partecipato a quello che è stato il mio/nostro primo progetto. L’aderirvi è stata una cosa del tutto naturale, coinvolgente ed entusiasmante.


DW - Sia “Full Moon Project” che “Hammer” sono state ottime serie. Cosa secondo te non è andato come avrebbe dovuto portandole ad una chiusura prematura?

MAJO - Con il primo progetto, eravamo esordienti chiamati a gestire una serie in quattro e quattr’otto, con il supporto alquanto altalenante della casa editrice. Sicuramente l’inesperienza è stata penalizzante. Ciò nonostante il lavoro prodotto aveva rafforzato il collante del gruppo, permettendoci di presentarci e inserendoci sul mercato, prima alla spicciolata con alcune esperienze singole, poi nuovamente insieme con "Hammer", un serial strutturato che poteva benissimo competere con le testate concorrenti della Bonelli. Purtroppo le vendite non ci ripagarono delle buone intenzioni e fummo costretti a chiudere.



DW - A conferma di quello che ho affermato precedentemente, “Hammer” è stato ristampato nel 2014, in volumetti con nuove copertine, da Mondadori Comics. Che effetto ti ha fatto rivedere questo lavoro pubblicato nuovamente dopo più di vent'anni?

MAJO - La fiamma si è riaccesa per un attimo e per poco si è vagheggiato di alimentarla, ma le insondabili alchimie editoriali ci hanno riportato alla realtà, complici anche i vari impegni professionali di ognuno di noi, con carriere ormai avviate su percorsi paralleli, ma diversi.



DW - Dopo l'esordio con Eden e la parentesi Star Comics, sei diventato un collaboratore di Sergio Bonelli Editore dove attualmente sei a lavoro sulla serie "Dampyr". Puoi raccontarci come sei arrivato in via Buonarroti?

MAJO - Attualmente, in realtà, non faccio parte effettivamente di uno staff, e questo mi piace. Diciamo che saltabecco fra "Dampyr" e "Tex". L’arrivo in Bonelli lo devo a Mauro Boselli. Era il '97 e dopo aver effettuato alcune prove per "Zagor", Mauro mi ha affidato la realizzazione degli studi del nuovo personaggio creato in coppia con Maurizio Colombo, che nel 2000 sarebbe uscito in edicola col nome di "Dampyr". Da quel momento ho realizzato per la serie sedici albi e ho collaborato ultimamente per un numero corale disegnando una ventina di pagine.


DW - In Bonelli lavori a stretto contatto con Mauro Boselli. Visto che lo conosci bene, puoi raccontarci un aneddoto su questo gigante della cultura fumettistica italiana?

MAJO - Mauro Boselli è uno straordinario autore, con una spaventosa cultura non solo fumettistica. Si dedica al suo lavoro senza risparmio e pretende la stessa attenzione dai suoi collaboratori, ma è anche un uomo di cuore che non dimentica mai di avere a che fare con delle persone, prima che con professionisti. Non ho aneddoti particolari che possano descrivere meglio di così un amico e stimato collega.




DW - Sei autore del "Texone" uscito in edicola e in fumetteria il 20 giugno 2018. Come è stato confrontarsi con il personaggio principe della nona arte italiana?

MAJO - Disegnare il genere western è stato il mio più grande desiderio fin dagli inizi della mia carriera. Dopo venticinque anni sono stato esaudito rappresentando il personaggio principe del panorama fumettistico italiano. Mai me lo sarei aspettato quando ho iniziato a leggerlo da ragazzino. È stato un lavoro molto impegnativo, durato tre anni e mezzo, ma sono felice di averlo affrontato con la maturità necessaria, non solo nella tecnica, ma soprattutto nella testa. Ho rappresentato infatti un West meno carico di cliché che probabilmente avrei usato in età giovanile.


DW - Nel tuo accostarti al personaggio ti sei rifatto ad un modello preciso?

MAJO - Sì! Per costruire i miei personaggi ho sempre adottato lo stesso metodo: ispirarmi a modelli reali. Questo, per quanto mi riguarda, per preservarmi il più possibile dal rischio di realizzare un parco di “personaggi tipo” che ruotano nel tempo, finendo inevitabilmente per assomigliarsi. Basandomi invece su uno o anche più modelli di riferimento riesco a costruire dei protagonisti sempre originali, unici e a tutto tondo.




DW - C’è un’altra testata bonelliana per la quale non hai mai lavorato e che ti piacerebbe disegnare?

MAJO - Mi piacerebbe realizzare un progetto personale per “Le storie”, la testata curata da Gianmaria Contro, e non è detto che prima o poi non provi a propormi.


DW - Quali sono gli artisti che ti ispirano?

MAJO - Tutti e nessuno, nel senso che sono un grande ammiratore del segno, del disegno e della scrittura, più che dell’autore, che si tratti di arte figurativa, compresa la fotografia, o letteraria. Potrei citarti, così sulle prime, ma solo indicativamente, artisti come Hermann e Frazetta, Caravaggio e Hopper, oppure Curtis e Avedon.


DW - Hai lavorato su storie di vario genere tra cui horror, fantascienza, western. Questo mi dà lo spunto per chiederti: quali sono i generi prediletti da Majo?

MAJO - Inizialmente il western. Diciamo, adesso, lo storico con tutte le sue varie declinazioni. A parte questo, come tu hai giustamente notato, non è mai stato il genere a crearmi particolari problemi. La sperimentazione è sempre fonte di arricchimento. Facendo un parallelo con il cinema, ad esempio, amo e ammiro i registi che si sono cimentati in vari generi, anche se con risultati non sempre brillanti.




DW - C'è un motivo particolare per cui firmi i tuoi lavori con uno pseudonimo?

MAJO - Quando ero ragazzo tutti i miei amici avevano un soprannome tranne me. Mi è sempre rimasto il singolare desiderio di averne uno, così me lo sono inventato e l’ho adottato come firma.


DW - Esiste una pubblicazione o un personaggio, anche non disegnato da te, che hai amato sopra ogni altro?

MAJO - Quando ero ragazzo andavo pazzo per “La storia del west” di Gino D’Antonio e per gli acquerelli di Remington.


DW - Quali fonti usi per documentarti?

MAJO - Prima dell’avvento di Internet, pescavo fra libri illustrati e fotografici, riviste di moda e specialistiche, monografie di artisti di vario genere, foto di amici che si prestavano a fare da modelli e, soprattutto, autoscatti al sottoscritto. Ora Google ha facilitato enormemente la ricerca, anche se, per approfondire, non ho trovato ancora nulla che sostituisca una buona pubblicazione cartacea.


DW - Oltre ai libri e ai fumetti che sicuramente userai per documentarti, quali altre letture fai?

MAJO - Leggo veramente di tutto e dipende spesso dal lavoro che sto facendo. Se mi volto a dare uno sguardo ai miei scaffali, riesco a decifrare Conrad, Flaiano, Saviano, Wallace, Stevenson…


DW - Sei un disegnatore metodico che lavora a orari stabiliti, oppure sei uno di quelli che si alza di notte a disegnare perché ti è venuta l’ispirazione?

MAJO - Sono abbastanza metodico, ma soprattutto lento, e quando arriva il momento della consegna qualche notte ci scappa inevitabilmente.


DW - Come si svolge la tua giornata tipo?

MAJO - Essendo il programmatore del mio lavoro, non ho altri obblighi da rispettare se non i termini di consegna, per cui gestisco le giornate come mi fa comodo, secondo i diversi impegni extralavorativi.



DW - Quanto di te c’è nel tuo lavoro? Quanto di quello che ti circonda? Quanto d'inventato?

MAJO - Tutto ciò che hai menzionato c’è nel mio lavoro; in che misura non te lo so definire, ma sono convinto che sia così anche per tutti i miei colleghi, è inevitabile. Il nostro lavoro è quello di trasmettere e suscitare emozioni e ognuno lo può fare solo alla propria maniera, con le sue conoscenze, la sua sensibilità e la sua fantasia.


DW - È innegabile il grande successo di autori come Sio e Zerocalcare che hanno cominciato a farsi conoscere diffondendo i proprio lavori su Internet. Alla luce di questa considerazione ti chiedo: cosa ne pensi e come vedi l’utilizzo della Rete nel campo dei fumetti?

MAJO - La Rete ha fornito a tutti la possibilità di rendersi visibili ed è perciò un grande vantaggio per chi fa il mio lavoro. Personalmente, mi limito a frequentarla solo a fini documentativi o d’informazione, ma ciò non toglie che ne riconosca l’indubbia potenzialità, se usata nella giusta maniera. È giusto che chi ha iniziativa colga questa possibilità e la sfrutti per far conoscere le proprie idee e i propri progetti. Alla fine la Rete non fa regali ma sottostà alle regole di qualsiasi mezzo di comunicazione, e chi ha qualcosa d’interessante da dire riesce a ottenere prima o poi la giusta attenzione.



DW - Da professionista ormai affermato che consigli daresti a chi si volesse affacciare al mondo del fumetto?

MAJO - Di usare tutti i mezzi possibili per poter fare conoscere le proprie capacità. Di non scoraggiarsi al primo rifiuto. Di ricordarsi che non c’è nulla di facile, nemmeno il lavoro del fumettista. Di essere coerenti con i propri obiettivi ma senza pregiudizi di genere. Di non montarsi mai la testa, una volta raggiunto il traguardo, perché, in fondo, stiamo facendo fumetti!


DW - A cosa stai lavorando attualmente?

MAJO - Sto scrivendo e disegnando una storia breve per il "Color Tex" e poi, probabilmente, realizzerò l’albo del ventennale di "Dampyr".



DW - C'è una domanda che non ti è stata fatta alla quale vorresti rispondere?

MAJO - Sì: Quando pensi che smetterai di fare fumetti? Bada bene, non è una riflessione effetto di prolungata crisi di mezza età, tuttavia sono convinto che esiste un punto nella vita di un disegnatore di fumetti in cui il suo stile raggiunge l’apice, oltre il quale non ci può essere che un’inevitabile declino. Ecco, a quel punto, nella piena speranza che favorevoli circostanze me lo permettano, mi auguro di poter smettere di disegnare, e magari, chissà, solo scrivere.


a cura di Elio Marracci

N.B. Trovate i link agli altri colloqui con gli autori in Interviste & News!

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