giovedì 2 maggio 2013

IL FUTURO INASPETTATO: NATHAN NEVER 263

di Francesco Manetti

Negli ultimi tempi, dopo la saga della guerra contro Marte, abbiamo piacevolmente trovato piccole perle di genio nella lettura di Nathan Never. Lo spettro del futuro, n. 263 della serie (aprile 2013), è una di queste. Non ce ne voglia il grande Antonio Serra, che ha sceneggiato la seconda metà dell'albo (avvincente e cardinale, sebbene d'impronta più "classica", Il ritorno di Omega, per i disegni di Stefano Martino). Parlando di capolavoro ci riferiamo infatti alla prima parte, quella che battezza il fascicolo, realizzata da Giovanni Eccher per i testi e da Sergio Giardo per l'impegno grafico.
Molto spesso, forse passando da vecchie e inacidite zie zitelle, e fin dall'epoca di Dime Press, ci siamo lamentati di come ben poca fosse la fantascienza nella collana di... fantascienza della Bonelli; tanto giallo, tanto hard boiled, tanto thriller - ma solo gocce di SF! Adesso, nella prima sezione del volumetto, Eccher e Giardo fanno addirittura meta-fantascienza, andando a solleticare i ricordi, l'immaginazione e la nostalgia di noi vecchi e avidi divoratori di libri e fumetti sul domani. La riflessione che fa da ordito alla storia è semplice: cosa è rimasto nel presente dell'Agente Alfa di quel futuro immaginato dagli antichi scrittori e cineasti?
Ovvero, fuor di metafora: cos'è rimasto nel 2013, nel nostro continuum, del past future letterario?


Amazing Stories, 1928. Il sogno del futuro.


Chi è nato dai venti anni prima ai venti anni dopo la fine della della II Guerra Mondiale, avrà ben pochi dubbi: del futuro "garantito" dai romanzi, dai film, dai comic, dai giocattoli, dalle riviste, dai documentari e dalle anticipazioni scientifiche è rimasto un guscio vuoto... Ci avevano promesso che - intorno al 2000 - avremmo visto i viaggi interstellari (o perlomeno interplanetari), le basi lunari, il teletrasporto, la fine della schiavitù energetica, il cronoturismo, il tramonto della malattia, l'eclisse eterna della guerra e della fame, una vita lunga e straordinaria: l'assalto al Paradiso e la detronizzazione di Dio - o giù di lì. E invece siamo sempre tutti qui, su questo Pebble in the Sky, a miliardi - a sgomitare, a lottare e a scannarci. Il XXI secolo è iniziato come tutti sappiamo: gli alieni erano fra noi e hanno inscenato, l'11 settembre del 2001, uno spaventoso remake di Indipendence Day.


11 settembre 2001. La fine del futuro.


Sul fronte medico qualche passo è stato fatto: viviamo di più, ma sempre più imbottiti di pasticche: e la mappatura del genoma umano, che avrebbe dovuto risolvere tutto? E le staminali? E la bionica? E le nanomacchine chirurgiche? Versante energia: siamo sempre qui a baloccarci col petrolio, con la fissione in bilico (non è mai stata fatta una seria informazione sul nucleare civile) e la fusione ancora per chissà quanti decenni confinata nelle stelle e nelle bombe H. E poi ci hanno letteralmente sommersi di apparecchietti elettronici sempre più piccoli, sempre più autoreferenti e software sempre più pensati per chiudere gli utenti nelle case sempre più a lungo. Social network? Pfui! Asocial network, piuttosto: mai come in questi anni l'individuo tende a isolarsi con tale intensità...


L'ENIAC negli anni Quaranta, uno dei primi computer della storia. E gli uomini cominciarono a chiudersi nelle stanze con i calcolatori...

 
E - rivolgendomi a un pubblico di appassionati - il collezionista che fine sta facendo? Il supporto mediale di cellulosa è al tramonto - ma forse sarà un lungo calar del sole, per fortuna. Supporti più moderni della carta stampata (morti da anni i nastri magnetici: dire VHS è come dire SPQR), come i dischi digitali (CD, CD-ROM, DVD), stanno sempre più cedendo il passo a flussi di dati instabili, a gigabyte scaricati dalla Rete, utilizzati e poi cancellati. Il gusto per l'oggetto sta diventando qualcosa - ahinoi!- da matusa - come la brillantina Linetti.


EPCOT, Florida. Concept model del 1979. Il futuro sperato nei brainstorming disneyani si è rivelato un irreale futuro di plastica.


Ecco, tutto questo bel sapore agrodolce - di rimpianto e di occasioni perdute - l'abbiamo trovato nel Nathan di aprile, e abbiamo goduto e sofferto a leggerlo come abbiamo sofferto e goduto leggendo Le particelle elementari, annegando lieti nel sarcastico cinismo (sul sesso, sull'età, sulle generazioni) di Michel Houellebecq.


New York, 1939: la World's Fair. La speranza del futuro.
Una storia con l'anima e con i coglioni, Lo spettro del futuro! Contribuisce a darle afflato, solidità e testosterone non solo l'impianto narrativo, ma anche la scelta grafica. In una fantasmogorica rievocazione di Maestri, in gran parte Gran Trapassati, numerose e appetibili sono le citazioni colte, davanti alle quali Giardo mima, cambia il suo stile, come l'aspetto i mutaforma che apparivano a più riprese negli episodi di Star Trek o di Spazio 1999. Il robot antiquario Mac viene graziosamente reinterpretato e "umanizzato" ex post, con la lezione di Matt Groening e degli altri autori di Futurama, ispirandosi per le sue nuove sfaccettature al personaggio di Bender, l'automa ubriacone e carogna del 3000; e anche Asimov, con le sue Tre Leggi e il Ciclo della Fondazione, viene per l'ennesima volta doverosamente evocato. Trantor - il pianeta centrale dell'Impero Galattico al quale Lucas si ispirò per Coruscant di Star Wars - risorge con un tratto "linea chiara", prossimo all'estetica dell'indimenticabile Moebius.


Isaac Asimov (1920 - 1992), uno dei padri della fantascienza, scienziato e divulgatore scientifico. La sua visione umanista e positiva del futuro si riflette nel "cervello positronico" dei suoi protagonisti robotici.



L'Enterprise, la Morte Nera... e poi Stanley Kubrick, con 2001 Odissea nel spazio. In questo caso si tratta di una doppia citazione perché il superlativo Giardo, nel disegnare il vignettone con l'episodio del primo utensile maneggiato dal primo uomo (una mortale arma ossea: la storia umana inizia con un atto di violenza; l'osso viene lanciato in alto sfidando la gravità; i Terrestri conquistano il cielo), si rifà a Jack Kirby, che partorì nel 1976/77 un efficace adattamento a fumetti della pellicola-capolavoro. Quando tocca a Giulio Verne, con Dalla Terra alla Luna, il disegnatore abbandona i retini e gli effetti "psichedelici" kirbyani, per un tratteggio fitto fitto, in punta di pennino, in stile feuilletton ottocentesco. Fanteria dello spazio, Blade runner, Robocop... Ed ecco ancora il duplice livello di omaggio, con un'altra scelta grafica: La macchina del tempo di H. G. Wells appare in Nathan con immagini ispirate non - come potevamo aspettarci - alla pellicola "classica" di George Pal del 1960, ma a quella più moderna - dignitosa, seppur meno intrigante - di Simon Wells (pronipote di cotanto prozio!) del 2002.





Nella seconda parte - quella più "classica" e mainstream - assistiamo a un'importante evoluzione del futuro imperfetto e inaspettato di Nathan Never, un nuovo balzo per quella nascitura umanità: il robot-mostro, il Frankenstein demoniaco Omega, torna sotto mentite spoglie angeliche per fondare uno stato autonomo robotico, analogo a quello dei mutati nato sul Gigante n. 16 del marzo 2013. Ne vedremo delle belle, sospettiamo. Anzi, ne siamo sicuri.
Un gioia per gli occhi e per il cuore, questo albo...!


Nathan Never n. 263, aprile 2013. Copertina di Giardo.




Nathan Never 263 
LO SPETTRO DEL FUTURO 
aprile 2013
pagg. 100, € 2,90
Testi: Giovanni Eccher, Antonio Serra 
Disegni: Sergio Giardo, Stefano Martino 
Rubriche: Luca del Savio
Copertina: Sergio Giardo 


Francesco Manetti

N.B. trovate le altre recensioni bonelliane nel Giorno del Giudizio!

6 commenti:

  1. Giampiero Belardinelli4 maggio 2013 alle ore 16:15

    Ho apprezzato molto l'albo di aprile di NN e ho ancor di più apprezzato la tua recensione, che compie una disamina colta ma non autoreferenziale, coinvolgente ma non semplicistica. La vecchia scuola di critici provenienti da Dime Press - mi permetto qui l'autoreferenzialità - mostra, con la tua recensione, di essere di un livello ancora non raggiunto in altre sedi! ;-)

    Edit e Suerte!

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  2. Non posso non ringraziare per questa splendida recensione. Aldilà del giudizio positivo sul lavoro in oggetto, si tratta di un pezzo davvero ben fatto, con gusto, passione, competenza, professionalità. Grazie!

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    1. Figuriamoci: grazie a te, Sergio, per il tuo lavoro!

      Mi fa piacere che la mia recensione sia riuscita a comunicare anche a te quello che esattamente intendeva comunicare. Ho sempre apprezzato i disegnatori del tuo livello che, pur avendo un proprio stile grafico - personale e immediatamente identificabile - siano capaci di far tesoro delle suggestioni e delle lezioni provenienti dai grandi maestri e dalle grandi scuole del passato, dimostrando di averne assorbito il senso, la struttura, le idee - financo la filosofia... Se poi si somma a questo la pulizia del tratto, la capacità di chiarezza e sintesi (le tue copertine!), la padronanza (non solo estetica) del personaggio da far "muovere" sulla sceneggiatura... beh! Arriviamo davvero in alto!

      E poi... con la tua storia mi hai tolto dalle spalle 30 anni di polvere e di sedimenti!

      Francesco Manetti

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    2. Dopo questa risposta rinnovo i ringraziamenti, mi rintano in un angolo ad arrossire lontano da sguardi indiscreti e... Come minimo ti devo una birra e già che ci siamo una pizza, condita di chiacchiere sui nostri amati fumetti!

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    3. Più che volentieri, Sergio! Ma offriamo di certo io e Saverio, se passi di qui, a Prato... oppure a Milano, chissà, magari in compagnia del buon Moreno!

      Francesco

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