di
Andrea “Kant” Cantucci
Attenzione,
un terribile pericolo si aggira oggi per l’Italia. Non uno di quei
fittizi e artefatti pericoli fasulli con cui media, governi e fazioni
politiche senza scrupoli spaventano e ricattano di continuo
l’opinione pubblica per meglio manipolarla. Niente a che fare con
fantomatiche invasioni, con migrazioni “di massa” di poche decine
di persone, con crisi di presunti “valori” così bigotti da esser
per fortuna crollati da un pezzo, con “carestie” costantemente
incombenti in paesi pieni di obesi e cibo sprecato, o con altre
simili ridicole amenità. Nossignori, qui si tratta di un pericolo
ben più grave, il pericolo di diventare tutti, senza eccezioni,
vittime di una vera mutazione antropologica che, una volta per tutte,
annullerebbe in modo irreversibile ogni migliore qualità umana. Una
metamorfosi analoga a quella che vedeva tutti trasformarsi e
comportarsi come “Il Rinoceronte”, nell’omonima commedia di
Ionesco. In poche parole… il pericolo di essere Colin Collins.
“E
chi sarà mai questo misterioso Colin Collins?” si chiederà a
questo punto l’ignaro lettore… Pesandomi sulla coscienza
l’indelebile colpa d’aver avuto un ruolo non indifferente nella
nascita di tale deleterio personaggio, non posso esimermi dal metter
in guardia coloro che potrebbero essere ancora in tempo a evitar la
sciagura d’assomigliargli. Per fortuna, posso almeno scaricare
l’intera responsabilità d’averlo voluto creare sul losco
sceneggiatore Filippo Pieri, che da tempo insiste a coinvolgermi nei
suoi turpi misfatti. Forse dovrei fingere di non averlo mai
conosciuto, per sperar di salvarmi dai linciaggi che le folle
inferocite vorranno di certo infliggerci, quando si renderanno conto
di come abbiamo evidenziato nelle strampalate avventure di
quest’ambiguo personaggio le loro peggiori bassezze e tendenze
inconfessate, appena insomma la lenta ma inesorabile mutazione
collettiva in tanti cloni di Colin Collins avrà fatto il suo corso.
Con
perversa costanza degna di miglior causa, il suddetto sedicente
scrittore, forse spinto dalla carenza di nuove ispirazioni o magari
da una frenesia di riciclaggio avversa agli sprechi, ha recuperato
una quindicina di brevi parodie a fumetti da noi realizzate nel corso
degli anni (ma è giusto citare anche altri due suoi complici minori,
i disegnatori Tommaso Ferretti e Matteo Piccinini, che altrimenti
potrebbero farla franca). Tali storielle, in origine caratterizzate
da personaggi e situazioni differenti, parevano ormai destinate a un
pietoso oblio, dopo la loro recidiva apparizione sui siti Dime Web e
Sbam Comics!, dove i lettori più masochisti posso ancora
rintracciarne le vecchie versioni.
Invece
la subdola idea del Pieri, che può sembrare semplice ma è stata
invece spietatamente geniale nella sua lucida strategia senza
scrupoli, è consistita nel manipolarne le pagine tagliuzzandole e
ricucendole insieme in modo arbitrario, senza riguardi per cose
evidentemente ritenute superflue, come l’integrità artistica, la
coerenza narrativa, o la salvaguardia di un’accurata memoria
storica. Dopo avermi fatto sostituire tutti i vecchi protagonisti con
un unico generico personaggio, buono per tutte le occasioni, dal
ridondante nome di Colin Collins, ha quindi raccolto il tutto in un
appetibile volumetto dall’ingannevole apparenza di un innovativo
prodotto inedito, impreziosito in copertina da un’elegante immagine
realizzata dal disegnatore Cristiano “Cryx” Corsani, destinata ad
attrarre irresistibilmente i lettori.
Inevitabilmente
le brevi storie così ottenute sono quanto di più incasinato e
improbabile potesse mai essere messo insieme da menti umane, mentre
Colin, capace di intromettersi in qualunque contesto, non poteva che
avere la qualifica di impiccione, anziché di investigatore o tanto
meno di eroe. Forse non sarà in grado di rivaleggiare coi suoi
omonimi Colin Firth e Colin Farrell, ma se possiede un’abilità è
quella di recitare di volta in volta ogni ruolo che assume con totale
e ipocrita convinzione, facendo a meno di optional oggigiorno sempre
più facoltativi come una propria personalità, un proprio pensiero o
una propria coerenza interiore.
Nella
sua dotta prefazione il preparatissimo e fin troppo generoso
Francesco Manetti cercherà di convincervi dell’elevatezza
dell’operazione, scomodando, con puntuale attinenza e ampiezza di
dettagli, tesi filosofiche fantascientifiche e altre dimensioni
dell’esistenza. Ma il motivo per cui il personaggio è quello che è
potrebbe anche ridursi a un concetto un po’ più semplice, ovvero
che di Colin Collins, capaci di adeguarsi a ogni nuova situazione
seguendo solo la bussola del proprio tornaconto personale, vantandosi
delle proprie grandi doti per poi dimostrarsi incompetenti totali, in
perenne fuga da qualunque cosa assomigli anche lontanamente a una
responsabilità, se ne possono trovare in giro quanti se ne vuole,
senza bisogno di cambiare universo.
Nonostante
il nome anglo-celtico, Colin Collins non sembra certo parente di un
vero rivoluzionario come l’irlandese Michael Collins, né un
innovatore come il primo autore di romanzi gialli inglesi Wilkie
Collins, né un protagonista anticonformista come il vampiro Barnabas
Collins della vecchia serie TV statunitense Dark Shadows. Al massimo
può essere un discendente degenere e molto, molto, ma molto alla
lontana dell’investigatore parigino Henri Bencolin, creato dallo
scrittore John Dickson Carr nel 1930, con cui almeno ha in comune
l’abitudine di indossare degli abiti eleganti in situazioni in cui
non ne avrebbe alcuna necessità.
Colin
Collins non sembra però tanto interessato a far davvero giustizia o
a smascherare i criminali, quanto a mimetizzarsi ogni volta nei
diversi ambienti, adeguandosi all’andazzo generale per soddisfare i
propri istinti e desideri egoistici, per lo più personificati dalle
varie donnine che frequenta e che di solito abbandona subito dopo,
senza assumersi responsabilità per l’eventuale prole nata da tali
rapporti occasionali.
La
base di operazioni del non troppo eroico impiccione non si trova a
Londra, come per Dylan Dog, ma nel comune di Londa, in provincia di
Firenze, il ché potrebbe renderlo uno dei tanti anglosassoni
innamoratisi della Toscana e trasferitisi da noi, per passione verso
le bellezze artistiche e paesaggistiche della zona, ma è più
probabile che le sue motivazioni si limitino all’apprezzamento
delle bellezze femminili del nostro paese.
Almeno
in fatto di donne, l’unico difetto che non gli si può imputare
sono i pregiudizi etnici. A Colin vanno bene tutte, d’ogni colore,
lingua o nazionalità, dalle brasiliane alle milanesi e alle slave. E
Slava di nome e di fatto è colei che sarà obbligato dalle
circostanze a prendere per fidanzata fissa (e futura moglie, a
giudicare dalla copertina), senza che ciò le risparmi di venir
perennemente tradita. Le frasi di Slava possono sembrare di difficile
comprensione, ma lo sono molto meno di quanto appaia a prima vista,
anche se per Colin restano del tutto inintelligibili, a dispetto
della sua solo teorica e tanto sbandierata conoscenza delle lingue.
Forse il motivo per cui lui sopporta il loro poco comunicativo
rapporto, è che non è in grado di capire quante lei gliene dice…
ed è lecito sospettare che sia stato proprio Colin ad averla
soprannominata Slava, non essendo mai riuscito a capire quale sia il
vero nome della propria fidanzata, né tanto meno a pronunciarlo.
A
parte un paio di assistenti intellettuali che costituiscono un po’
degli “aiuti da casa” nell’attività di investigator… pardon,
di impiccione professionista, e nonostante sembri aver molte
strampalate conoscenze, Colin non ha rapporti altrettanto durevoli,
né tanto meno profondi, con altri personaggi. Non ha neppure avuto
scrupoli a rinchiudere la propria nonna in un ospizio. Dimostra
d’aver l’orgoglio di ribellarsi ai soprusi se qualcuno lo tocca
nel suo portafogli, ma non certo di aver voglia di lottare per
solidarietà verso gli altri.
Come
certe figure pubbliche che oggi spesso usano travestirsi, cambiando
giubbe o divise per vantar competenze che non hanno, Colin ogni due
pagine riveste un ruolo diverso, ogni volta fingendosi del tutto
esperto di tutto ciò che non sa. Vanta insomma delle vaste
conoscenze di ogni tipo che poi dimostra regolarmente di non avere,
spacciandosi di volta in volta per esploratore o sciamano, per
psicologo o avvocato, ma se dipendesse solo da lui, ogni suo caso non
potrebbe che concludersi in un sicuro disastro.
Se
si mette al servizio di un potente si comporterà da servo,
difendendo a spada tratta e facendo propri gli interessi e la
versione del padrone, anche se fosse il peggior intrallazzatore o un
vecchio puttaniere. Quando poi è lui stesso a comandare, si comporta
a sua volta da viscido capo arrogante, silurando e sbeffeggiando i
predecessori e non escludendo di accordarsi col peggior capobanda, se
ciò favorisce i suoi interessi.
Personaggio
dunque tanto conformista quanto opportunista, forte coi deboli e
debole con i forti, Colin Collins appare come la degenerazione
estrema di un po’ tutti i vari eroi dei fumetti italiani messi
assieme, almeno dal grintoso Tex Willer in poi, ma dei più autentici
eroi, per contrasto, conserva e amplifica solo i sottintesi difetti
latenti, come l’autoritarismo privo di dubbi di becera derivazione
fascista, il gallismo maschilista che vede le donne solo come
oggetti, la presunzione saccente di chi deve esser l’unico ad aver
sempre ragione, o le semplificazioni di comodo di chi finge di
dividere il mondo in amici santi e demoniaci malvagi. E naturalmente
tutti o quasi i potenziali comprimari svaniscono in fretta,
limitandosi a rapide provvisorie apparizioni, di fronte all’ansia
di protagonismo del tipico “eroe” accentratore che pretende
sempre di risolvere tutto da solo, ma che invece, qui come nella
realtà, alla fine non risolve mai niente.
Se
nella società come nella politica odierna conta solo il vantaggio
estorto e la propria convenienza, a costo d’ogni manipolazione e
connivenza, anziché cose ormai superflue come coerenza, onestà,
giustizia sociale o difesa dei diritti, il vanaglorioso e
incompetente Colin Collins, che a tratti somiglia un po’ a certi
improvvisati capipopolo oggi di largo seguito, è ora a quanto pare
l’unico “eroe” incapace che ci meritiamo e, di conseguenza, il
principale pericolo reale che corriamo ogni giorno, non fuori ma
all’interno di noi, è di diventare tutti sempre di più personaggi
egocentrici e ambigui come lui e, a ogni improbabile e imprevedibile
cambiamento di scenario, di far la sua stessa facile scelta:
adeguarci vilmente alla mediocrità circostante.
GLI
INCASINATI CASI DI COLIN
COLLINS
IMPICCIONE
DELL’IMPROBABILE
Ideazione
e Testi: Filippo Pieri
Disegni:
Kant
Prefazione:
Francesco Manetti
Copertina:
Cryx
Formato:
50 pp. in bianco e nero
Prezzo:
€ 4,99
ISBN-10: 1099127289
- ISBN-13: 978-1099127281
Andrea “Kant” Cantucci
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