martedì 11 giugno 2019

IL PERICOLO DI ESSERE COLIN


di Andrea “Kant” Cantucci



Attenzione, un terribile pericolo si aggira oggi per l’Italia. Non uno di quei fittizi e artefatti pericoli fasulli con cui media, governi e fazioni politiche senza scrupoli spaventano e ricattano di continuo l’opinione pubblica per meglio manipolarla. Niente a che fare con fantomatiche invasioni, con migrazioni “di massa” di poche decine di persone, con crisi di presunti “valori” così bigotti da esser per fortuna crollati da un pezzo, con “carestie” costantemente incombenti in paesi pieni di obesi e cibo sprecato, o con altre simili ridicole amenità. Nossignori, qui si tratta di un pericolo ben più grave, il pericolo di diventare tutti, senza eccezioni, vittime di una vera mutazione antropologica che, una volta per tutte, annullerebbe in modo irreversibile ogni migliore qualità umana. Una metamorfosi analoga a quella che vedeva tutti trasformarsi e comportarsi come “Il Rinoceronte”, nell’omonima commedia di Ionesco. In poche parole… il pericolo di essere Colin Collins.
E chi sarà mai questo misterioso Colin Collins?” si chiederà a questo punto l’ignaro lettore… Pesandomi sulla coscienza l’indelebile colpa d’aver avuto un ruolo non indifferente nella nascita di tale deleterio personaggio, non posso esimermi dal metter in guardia coloro che potrebbero essere ancora in tempo a evitar la sciagura d’assomigliargli. Per fortuna, posso almeno scaricare l’intera responsabilità d’averlo voluto creare sul losco sceneggiatore Filippo Pieri, che da tempo insiste a coinvolgermi nei suoi turpi misfatti. Forse dovrei fingere di non averlo mai conosciuto, per sperar di salvarmi dai linciaggi che le folle inferocite vorranno di certo infliggerci, quando si renderanno conto di come abbiamo evidenziato nelle strampalate avventure di quest’ambiguo personaggio le loro peggiori bassezze e tendenze inconfessate, appena insomma la lenta ma inesorabile mutazione collettiva in tanti cloni di Colin Collins avrà fatto il suo corso.



Con perversa costanza degna di miglior causa, il suddetto sedicente scrittore, forse spinto dalla carenza di nuove ispirazioni o magari da una frenesia di riciclaggio avversa agli sprechi, ha recuperato una quindicina di brevi parodie a fumetti da noi realizzate nel corso degli anni (ma è giusto citare anche altri due suoi complici minori, i disegnatori Tommaso Ferretti e Matteo Piccinini, che altrimenti potrebbero farla franca). Tali storielle, in origine caratterizzate da personaggi e situazioni differenti, parevano ormai destinate a un pietoso oblio, dopo la loro recidiva apparizione sui siti Dime Web e Sbam Comics!, dove i lettori più masochisti posso ancora rintracciarne le vecchie versioni.
Invece la subdola idea del Pieri, che può sembrare semplice ma è stata invece spietatamente geniale nella sua lucida strategia senza scrupoli, è consistita nel manipolarne le pagine tagliuzzandole e ricucendole insieme in modo arbitrario, senza riguardi per cose evidentemente ritenute superflue, come l’integrità artistica, la coerenza narrativa, o la salvaguardia di un’accurata memoria storica. Dopo avermi fatto sostituire tutti i vecchi protagonisti con un unico generico personaggio, buono per tutte le occasioni, dal ridondante nome di Colin Collins, ha quindi raccolto il tutto in un appetibile volumetto dall’ingannevole apparenza di un innovativo prodotto inedito, impreziosito in copertina da un’elegante immagine realizzata dal disegnatore Cristiano “Cryx” Corsani, destinata ad attrarre irresistibilmente i lettori.



Inevitabilmente le brevi storie così ottenute sono quanto di più incasinato e improbabile potesse mai essere messo insieme da menti umane, mentre Colin, capace di intromettersi in qualunque contesto, non poteva che avere la qualifica di impiccione, anziché di investigatore o tanto meno di eroe. Forse non sarà in grado di rivaleggiare coi suoi omonimi Colin Firth e Colin Farrell, ma se possiede un’abilità è quella di recitare di volta in volta ogni ruolo che assume con totale e ipocrita convinzione, facendo a meno di optional oggigiorno sempre più facoltativi come una propria personalità, un proprio pensiero o una propria coerenza interiore.
Nella sua dotta prefazione il preparatissimo e fin troppo generoso Francesco Manetti cercherà di convincervi dell’elevatezza dell’operazione, scomodando, con puntuale attinenza e ampiezza di dettagli, tesi filosofiche fantascientifiche e altre dimensioni dell’esistenza. Ma il motivo per cui il personaggio è quello che è potrebbe anche ridursi a un concetto un po’ più semplice, ovvero che di Colin Collins, capaci di adeguarsi a ogni nuova situazione seguendo solo la bussola del proprio tornaconto personale, vantandosi delle proprie grandi doti per poi dimostrarsi incompetenti totali, in perenne fuga da qualunque cosa assomigli anche lontanamente a una responsabilità, se ne possono trovare in giro quanti se ne vuole, senza bisogno di cambiare universo.
Nonostante il nome anglo-celtico, Colin Collins non sembra certo parente di un vero rivoluzionario come l’irlandese Michael Collins, né un innovatore come il primo autore di romanzi gialli inglesi Wilkie Collins, né un protagonista anticonformista come il vampiro Barnabas Collins della vecchia serie TV statunitense Dark Shadows. Al massimo può essere un discendente degenere e molto, molto, ma molto alla lontana dell’investigatore parigino Henri Bencolin, creato dallo scrittore John Dickson Carr nel 1930, con cui almeno ha in comune l’abitudine di indossare degli abiti eleganti in situazioni in cui non ne avrebbe alcuna necessità.



Colin Collins non sembra però tanto interessato a far davvero giustizia o a smascherare i criminali, quanto a mimetizzarsi ogni volta nei diversi ambienti, adeguandosi all’andazzo generale per soddisfare i propri istinti e desideri egoistici, per lo più personificati dalle varie donnine che frequenta e che di solito abbandona subito dopo, senza assumersi responsabilità per l’eventuale prole nata da tali rapporti occasionali.
La base di operazioni del non troppo eroico impiccione non si trova a Londra, come per Dylan Dog, ma nel comune di Londa, in provincia di Firenze, il ché potrebbe renderlo uno dei tanti anglosassoni innamoratisi della Toscana e trasferitisi da noi, per passione verso le bellezze artistiche e paesaggistiche della zona, ma è più probabile che le sue motivazioni si limitino all’apprezzamento delle bellezze femminili del nostro paese.
Almeno in fatto di donne, l’unico difetto che non gli si può imputare sono i pregiudizi etnici. A Colin vanno bene tutte, d’ogni colore, lingua o nazionalità, dalle brasiliane alle milanesi e alle slave. E Slava di nome e di fatto è colei che sarà obbligato dalle circostanze a prendere per fidanzata fissa (e futura moglie, a giudicare dalla copertina), senza che ciò le risparmi di venir perennemente tradita. Le frasi di Slava possono sembrare di difficile comprensione, ma lo sono molto meno di quanto appaia a prima vista, anche se per Colin restano del tutto inintelligibili, a dispetto della sua solo teorica e tanto sbandierata conoscenza delle lingue. Forse il motivo per cui lui sopporta il loro poco comunicativo rapporto, è che non è in grado di capire quante lei gliene dice… ed è lecito sospettare che sia stato proprio Colin ad averla soprannominata Slava, non essendo mai riuscito a capire quale sia il vero nome della propria fidanzata, né tanto meno a pronunciarlo.



A parte un paio di assistenti intellettuali che costituiscono un po’ degli “aiuti da casa” nell’attività di investigator… pardon, di impiccione professionista, e nonostante sembri aver molte strampalate conoscenze, Colin non ha rapporti altrettanto durevoli, né tanto meno profondi, con altri personaggi. Non ha neppure avuto scrupoli a rinchiudere la propria nonna in un ospizio. Dimostra d’aver l’orgoglio di ribellarsi ai soprusi se qualcuno lo tocca nel suo portafogli, ma non certo di aver voglia di lottare per solidarietà verso gli altri.
Come certe figure pubbliche che oggi spesso usano travestirsi, cambiando giubbe o divise per vantar competenze che non hanno, Colin ogni due pagine riveste un ruolo diverso, ogni volta fingendosi del tutto esperto di tutto ciò che non sa. Vanta insomma delle vaste conoscenze di ogni tipo che poi dimostra regolarmente di non avere, spacciandosi di volta in volta per esploratore o sciamano, per psicologo o avvocato, ma se dipendesse solo da lui, ogni suo caso non potrebbe che concludersi in un sicuro disastro.
Se si mette al servizio di un potente si comporterà da servo, difendendo a spada tratta e facendo propri gli interessi e la versione del padrone, anche se fosse il peggior intrallazzatore o un vecchio puttaniere. Quando poi è lui stesso a comandare, si comporta a sua volta da viscido capo arrogante, silurando e sbeffeggiando i predecessori e non escludendo di accordarsi col peggior capobanda, se ciò favorisce i suoi interessi.



Personaggio dunque tanto conformista quanto opportunista, forte coi deboli e debole con i forti, Colin Collins appare come la degenerazione estrema di un po’ tutti i vari eroi dei fumetti italiani messi assieme, almeno dal grintoso Tex Willer in poi, ma dei più autentici eroi, per contrasto, conserva e amplifica solo i sottintesi difetti latenti, come l’autoritarismo privo di dubbi di becera derivazione fascista, il gallismo maschilista che vede le donne solo come oggetti, la presunzione saccente di chi deve esser l’unico ad aver sempre ragione, o le semplificazioni di comodo di chi finge di dividere il mondo in amici santi e demoniaci malvagi. E naturalmente tutti o quasi i potenziali comprimari svaniscono in fretta, limitandosi a rapide provvisorie apparizioni, di fronte all’ansia di protagonismo del tipico “eroe” accentratore che pretende sempre di risolvere tutto da solo, ma che invece, qui come nella realtà, alla fine non risolve mai niente.
Se nella società come nella politica odierna conta solo il vantaggio estorto e la propria convenienza, a costo d’ogni manipolazione e connivenza, anziché cose ormai superflue come coerenza, onestà, giustizia sociale o difesa dei diritti, il vanaglorioso e incompetente Colin Collins, che a tratti somiglia un po’ a certi improvvisati capipopolo oggi di largo seguito, è ora a quanto pare l’unico “eroe” incapace che ci meritiamo e, di conseguenza, il principale pericolo reale che corriamo ogni giorno, non fuori ma all’interno di noi, è di diventare tutti sempre di più personaggi egocentrici e ambigui come lui e, a ogni improbabile e imprevedibile cambiamento di scenario, di far la sua stessa facile scelta: adeguarci vilmente alla mediocrità circostante.




GLI INCASINATI CASI DI COLIN COLLINS
IMPICCIONE DELL’IMPROBABILE

Ideazione e Testi: Filippo Pieri
Disegni: Kant
Prefazione: Francesco Manetti
Copertina: Cryx
Formato: 50 pp. in bianco e nero
Prezzo: € 4,99
ISBN-10: 1099127289 - ISBN-13: 978-1099127281

Andrea “Kant” Cantucci

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