domenica 14 ottobre 2012

L'OMBRA DEI PROTOCOLLI: LEGGENDO MARTIN MYSTERE 323

di Francesco Manetti


Storia di una menzogna


E forse l'idea di una consorteria ebraica potente e segreta ha qualcosa a che vedere con la creazione dei Protocolli dei Savi di Sion, che i nazisti utilizzarono nella loro propaganda antisemita. Si trattava di un rapporto spacciato per vero che denunciava una cospirazione messa in atto dall'élite israelita, pronta a prendere il controllo finanziario del mondo. Anche se la falsità dei Protocolli è stata dimostrata al di là di ogni dubbio di tanto in tanto essi ricompaiono come prova sulla scena dell'antisemitemismo”.

Una delle prime edizioni italiane in volume dei Protocolli, famigerato falso storico e paradigma della Дезинформация russa. La Vita Italiana (distribuzione esclusiva Baldini & Castoldi), 1938


Quello che Alfredo Castelli, in questo stralcio tratto dal suo intervento Gli ultimi giusti pubblicato in appendice a Martin Mystere n. 323, lascia “tra le righe” è che i Protocolli vengono ancora oggi regolarmente pubblicati e diffusi (addirittura come testi scolastici!) quasi fossero oro colato in molti paesi islamici, confessionali e non, soprattutto in Iran, in Arabia Saudita, e laddove ci sia il controllo di Hamas. In realtà i Protocolli sono un falso smaccato confezionato a tavolino agli albori del XX secolo, e precisamente nel 1903 (se non addirittura nel 1901), dalla polizia segreta zarista in funzione anti-ebraica. La persecuzione moscovita dei Figli di David - operata anche grazie alla diffusione di siffatte menzogne - non si fermò con il 1917 e con la fine dell'Ochrana, ma continuò, intensificandosi, negli anni dell'NKVD e del KGB, sotto Lenin e sotto Stalin. L'origine più antica (nella letteratura d'appendice francese del XIX secolo) dei Protocolli, di quella che oggi potremmo definire una “leggenda urbana” (una notizia talmente finta da sembrar vera, priva della rintracciabilità della sua fonte originaria, inesistente e fondata solo sul “si dice”, che acquista una sua falsa veridicità sempre maggiore via via che si diffonde) è stata recentemente indagata anche da Umberto Eco nel suo ultimo romanzo, intricatissimo e a tratti pedante, Il cimitero di Praga del 2010.


Il Cimitero di Praga di Umberto Eco. Bompiani, 2010



A portare in Italia i Protocolli fu Giovanni Preziosi pubblicandoli sulla sua rivista La Vita Italiana nel 1921. Questa prima versione e le ristampe immediatamente successive ebbero però vita dura nello Stivale e furono osteggiate dallo stesso Benito Mussolini (si diceva che il Duce avesse tentato di far rinchiudere Preziosi in manicomio); e l'ostracismo del Regime verso la pretesa veridicità del rapporto dei Savi di Sion durò almeno fino al 1937/38, quando lo scartafaccio ebbe alta dignità editoriale e grande diffusione, grazie alla Baldini & Castoldi che aveva l'esclusività per la vendita della versione in volume. In realtà anche quando venivano spacciati per veri, si faceva sempre riferimento alla (presunta) falsità dei Protocolli, affermando che non importava se quello che era annunciato nel pamphlet fosse vero oppure falso, perché descriveva ciò che gli ebrei stavano comunque DAVVERO facendo sotterraneamente in ambito economico globale!


Giovanni Preziosi (1881-1945), lo studioso che per primo pubblicò, come veri, I Protocolli in Italia.



E così Adolf Hitler nel sua lettera d'intenti, il Mein Kampf, riporta sì che secondo la “piagnucolosa” Gazzetta di Francoforte i Protocolli “si fondano su una falsificazione”, ma poi asserisce che in realtà è “ciò che molti ebrei saprebbero fare incosciamente”. Julius Evola, il celebre filosofo della "nuova destra", che curò l'introduzione all'edizione italiana in volume negli anni Trenta, fa un ragionamento simile: “quand'anche (cioè: dato e non concesso) i Protocolli non fossero autentici nel senso più ristretto, è come se essi lo fossero, per due ragioni capitali e decisive. 1) Perché i fatti ne dimostrano la verità; 2) Perché la loro corrispondenza con le idee-madre dell'Ebraismo tradizionale e moderno è incontestabile”. E lo scrittore Sergej Aleksandrovich Nilus, nell'introduzione alla prima edizione mondiale, ovvero quella russa del 1905 (dopo aver asserito che il documento gli era stato dato nel 1901 “da un amico personale ora defunto”, materiale che gli era servito per un ciclo di conferenze), usa forti tinte messianiche: “tutti gli sforzi di distruzione dei servi sinistri e palesi dell'Anticristo, tutti gli sforzi dei suoi lavoratori coscienti e incoscienti, sono concentrati contro la Russia”. Il ragionamento del Prof. Nilus è simile a quello di Hitler e di Evola: “ci si potrà rimproverare la natura apocrifa di questo documento, ma se fosse possibile di provare l'esistenza di questo complotto mondiale per mezzo di lettere e di testimonianze, e di smascherare i capi tenendone i fili insanguinati per le mani i Misteri dell'Iniquità sarebbero violati”.


Il lugubre S. A. Nilus (1862-1992), scrittore e mistico russo. Curatore (e anche creatore?) della prima edizione mondiale dei Protocolli.



Nell'albo bonelliano la “consorteria ebraica” di cui parlava Castelli nella sua rubrica non sono i Savi Anziani di Sion, inventati di sana pianta dalle spie in colbacco, ma i leggendari Trentasei Giusti della cultura rabbinica chassidica. Anche loro “coscienti e inconscienti” (come scriveva Nilus!) del loro ruolo nell'ordine secolare, bensì incarnazioni di ruoli benigni. Nella fantasia di Recagno questo gruppo ultra-segreto di ignari, guidato da Agarthi, contribuisce a mantenere saldi gli assetti del mondo, con azioni positive volte al bene comune. La mancanza di uno di loro creerebbe un pericoloso vuoto, immediatamente da colmare, pena la catastrofe planetaria. Se ci è concessa una battuta (o un'amara considerazione?), da qualche anno – almeno dall'11 settembre 2001 - queste tre “candide dozzine” si devono essere un po' distratte sul fronte degli equilibri, o forse qualcuno di loro ha reso l'anima e nessun sostituto è stato trovato, perché era dal 1939 che non si vedeva la Terra così... in bilico! L'elaborata cover di Alessandrini non deve fuorviare: Martin Mystère stavolta non agisce insieme a Java ma in compagnia di uno splendido emissario femminile dei monaci tibetani della lamasseria transdimensionale retta dal maestro Kut-Humi. Si introduce, nel pieno del trentennale della serie, un personaggio fortemente caratterizzato, un miscuglio di Bene e di Male (come Orloff). Tal Jared, trentaseiesimo Giusto ben consapevole della sua posizione, è stato tratteggiato a fondo, e dotato di enormi potenzialità: gli autori sembrano quasi annunciare che, con ogni probabilità, sarà di nuovo ospite nella collana. Degne di nota le sequenze spassose, rese con mano sicura da Torti: Kut Humi che viene disturbato per banali questioni collegate alla pulizia delle cucine, gli spogliarelli degli agenti di Agarthi ai quali il BVZM assiste allibito, il telefonino che suona nel bel mezzo di un sacrificio umano, e così via.


La copertina disegnata da Alessandrini per Martin Mystère n. 323, ottobre/novembre 2012. (C) Sergio Bonelli Editore


Martin Mystère 323
I TRENTASEI GIUSTI
ottobre/novembre 2012
pagg. 164, € 5,00
Testi: Carlo Recagno
Disegni: Rodolfo Torti
Rubriche: Alfredo Castelli
Copertina: Giancarlo Alessandrini

Francesco Manetti

N.B. Trovate le altre recensioni bonelliane, come al solito, nel Giorno del Giudizio!

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