a cura di Elio Marracci
Non poteva stavolta mancare un "cappello" della Redazione a questa nuova, eccellente intervista condotta dal nostro Elio Marracci. Come potete leggere un po' dappertutto qui su "Dime Web", e soprattutto nelle pagine "Da Collezionare a Dime Press" e "Chi diavolo siamo?", i legame fra noi e Leonardo Gori è pluridecennale e sotto l'egida della vera amicizia. Insieme abbiamo concluso l'avvincente storia di "Collezionare" (che alla fine era pubblicata dal Club del Collezionista in "combutta" con il GAF) e di "Exploit Comics" (che del GAF era emanazione); insieme abbiamo fondato la nuova "If"; insieme abbiamo collaborato in Immagine, per il Salone di Lucca e la romana Expocartoon; insieme abbiamo scritto per le riviste e i libri della Comic Art; insieme abbiamo spartito una buona fetta dei miglior anni della nostra vita. È un piacere e un onore averlo nostro ospite. Buona lettura! (s.c. & f.m)
Leonardo nella sua Firenze, sfondo delle imprese di Arcieri |
Quando
la storia diventa letteratura di genere: due
chiacchiere con Leonardo Gori
Leonardo
Gori è nato a Firenze il 1 gennaio 1957. È
laureato in Farmacia. Ha
pubblicato nel 2000 il suo romanzo d’esordio nel campo del “giallo
storico”, Nero di Maggio, ambientato a Firenze nel 1938
all’epoca della visita di Hitler e di Mussolini alla città. In
seguito ha dato alle stampe I delitti del mondo nuovo, Il
passaggio, La finale, Lo specchio nero e Il fiore
d’oro, scritti con Franco Cardini, L’angelo del fango,
con cui nel 2005 ha vinto il prestigioso Premio Scerbanenco
nell’ambito del Noir in Festival di Courmayeur, e numerosi altri libri - prima per Hobby & Work e poi per TEA. Prima
di dedicarsi ai romanzi gialli, o per meglio dire "di tensione", però,
si è occupato per quasi trent’anni di narrativa grafica e forme
espressive correlate - illustrazione, cinema, disegno animato. Ha
sempre coniugato l’attività di ricerca e studio del fumetto con
quella di collezionista, con particolare attenzione al periodo di
produzione fra la fine dell’Ottocento e il 1950. Ha
collaborato con le maggiori riviste di storia e critica del medium,
come “Il Fumetto”, “Exploit Comics”, “Comic Art”, “Fumo
di China”, “Fumetti d’Italia”, “Dime Press”, “Nostalgia”,
“Les cahiers de la Bande Dessinée”, alle pagine culturali dei
quotidiani “La Nazione”, “Il Resto del Carlino” e a “Il
Giornale della Toscana” e ha fatto sporadiche incursioni in
prestigiose testate, quali “Capital”, le collane Disney americane,
“Zio Paperone”.
Negli anni Ottanta ha stretto un sodalizio con alcuni suoi conterranei, Luca Boschi, Alberto Becattini, Franco Bellacci e Andrea Sani, partecipando alla scrittura di alcuni fondamentali testi di storia e critica del Fumetto: Romano Scarpa, I Disney italiani, Jacovitti – Il cartoonist e il mito in cinquant’anni di fumetto italiano, il numero speciale di “Paralleli” dedicato a Walt Disney, parte del catalogo della mostra Topolino – 60 anni insieme e Romano Scarpa – Sognando la Calidornia. Con Francesco Stajano e Alberto Becattini ha scritto Don Rosa e il rinascimento disneyano, e col solo Stajano Il grande Floyd Gottfredson; con Boschi, Giulio C. Cuccolini e altri Sebastiano Craveri – figurinaio e animalista; con Gianni Bono Dick Fulmine – l’avventura e le avventure di un eroe italiano e Tex – un eroe per amico. Ha collaborato assai attivamente con l’Epierre di Gianni Bono, per varie produzioni, fra le quali è comunque preminente la rivista di critica “IF, Immagini & Fumetti”, di cui è stato direttore editoriale, ri-fondata insieme al gruppo di "Collezionare" e "Dime Press". È stato membro di “Immagine”, ha fatto parte dello staff di Expocartoon e ha collaborato anche a Lucca Comics. Non dimentichiamo infine il suo lunghissimo impegno da dirigente nel GAF Firenze, con le fondamentali testate "Exploit Comics" e "Notiziario GAF". In occasione dell'uscita del suo ultimo romanzo La nave dei vinti ha voluto rispondere ad alcune domande che gli ho posto. Quindi senza indugiare oltre lascio a lui la parola!
Leonardo Gori (al centro) con Andrea Sani, Luca Boschi e Alberto Becattini (accovacciato) ai tempi della presentazione della monografia su Disney per "Paralleli" (foto di Moreno Burattini) |
Negli anni Ottanta ha stretto un sodalizio con alcuni suoi conterranei, Luca Boschi, Alberto Becattini, Franco Bellacci e Andrea Sani, partecipando alla scrittura di alcuni fondamentali testi di storia e critica del Fumetto: Romano Scarpa, I Disney italiani, Jacovitti – Il cartoonist e il mito in cinquant’anni di fumetto italiano, il numero speciale di “Paralleli” dedicato a Walt Disney, parte del catalogo della mostra Topolino – 60 anni insieme e Romano Scarpa – Sognando la Calidornia. Con Francesco Stajano e Alberto Becattini ha scritto Don Rosa e il rinascimento disneyano, e col solo Stajano Il grande Floyd Gottfredson; con Boschi, Giulio C. Cuccolini e altri Sebastiano Craveri – figurinaio e animalista; con Gianni Bono Dick Fulmine – l’avventura e le avventure di un eroe italiano e Tex – un eroe per amico. Ha collaborato assai attivamente con l’Epierre di Gianni Bono, per varie produzioni, fra le quali è comunque preminente la rivista di critica “IF, Immagini & Fumetti”, di cui è stato direttore editoriale, ri-fondata insieme al gruppo di "Collezionare" e "Dime Press". È stato membro di “Immagine”, ha fatto parte dello staff di Expocartoon e ha collaborato anche a Lucca Comics. Non dimentichiamo infine il suo lunghissimo impegno da dirigente nel GAF Firenze, con le fondamentali testate "Exploit Comics" e "Notiziario GAF". In occasione dell'uscita del suo ultimo romanzo La nave dei vinti ha voluto rispondere ad alcune domande che gli ho posto. Quindi senza indugiare oltre lascio a lui la parola!
DIME WEB - Ti
puoi presentare? In
due parole chi è Leonardo Gori?
LEONARDO GORI - Sono soprattutto un appassionato di fumetti e di letteratura, uno spettatore cinematografico e televisivo che un giorno di tanti anni fa ha provato a saltare la barricata e a passare “dall’altra parte”. Dopo aver descritto per una vita i meccanismi narrativi dei grandi autori, ho provato a mettere in pratica quel che pensavo di avere imparato.
LEONARDO GORI - Sono soprattutto un appassionato di fumetti e di letteratura, uno spettatore cinematografico e televisivo che un giorno di tanti anni fa ha provato a saltare la barricata e a passare “dall’altra parte”. Dopo aver descritto per una vita i meccanismi narrativi dei grandi autori, ho provato a mettere in pratica quel che pensavo di avere imparato.
Gori intervista Becattini, alla presentazione della ristampa riveduta, corretta e ampliata del saggio "Disney Italiani". Con loro Sani e Boschi. |
DW - Come
molti che, al giorno d’oggi, si occupano di narrativa la scrittura
non rappresenta la tua occupazione principale. Riferendoti
alla tua esperienza personale puoi raccontare come riesci a
conciliare questi due lavori?
LG - Vivo
anche facendo tutt’altro, ma ormai considero la scrittura la mia
occupazione principale. Il
che costituisce indubbiamente un problema: ma è tutto mio, penso che
agli altri importi ben poco! Giustamente
i lettori vogliono solo leggere dei bei libri. Se
gli scrittori non ce la fanno a campare solo di scrittura è affar
loro, non ti pare? Scrivo
all’alba, due ore al giorno, tutti i giorni. Inspiration
& perspiration, come dicono i maestri anglosassoni. Il
segreto è tutto lì.
DW - Nella
tua carriera di scrittore ti sei occupato di argomenti diversissimi
come critica fumettistica, musica jazz e romanzi storici. Cosa
ti ha spinto a cimentarti con ambiti così diversi?
LG - Mi piace mettere le mani in tutto quello che mi appassiona. Smontare i giocattoli, provare a fabbricarne di miei... per ora non ho mai scritto di musica, ma mi stai tentando...
DW - Sei nato e vivi a Firenze. Quanto la città e il tuo essere toscano, sempre che l'abbiano fatto, hanno influenzato la tua opera?
LG - Dato
che ho paura a viaggiare, ovvero: mi piacerebbe assai, ma odio
l’aereo, mi sento a disagio in treno e sulle navi, insomma sono un
fifone, allora viaggio con l’immaginazione, come Salgari. Ma
indubbiamente bisogna anche scrivere di ciò che si conosce davvero,
e allora ecco Firenze e una fetta di Toscana, come la Versilia. Che
non mi ama, non mi conosce nemmeno, ma io le voglio tanto bene lo
stesso. Un
amore asimmetrico.
Gori intervistato nel 2017 dal "Corriere Fiorentino" |
DW - Hai
scritto prevalentemente gialli storici. Questo
perché consideri l'ambientazione storica una cornice insolita o c'è
dell'altro?
LG - Per
descrivere il proprio tempo, bisogna essere dei grandi letterati. Avere
la capacità di comprendere qualcosa di profondo dell’oggi. I
grandi autori lo fanno. Gli
altri, come me, hanno bisogno di guardare la realtà in prospettiva
storica. È
come cercare di capire un quadro grandissimo, in un museo, stando col
naso a dieci centimetri dalla tela. Pensi
di poter assimilare qualcosa, dell’insieme? A
me serve fare almeno dieci passi indietro. Ciò
non vuol dire che non si possa trovare della verità, e metterla su
pagina, in mille altri modi. Io
amo la Storia e ci mescolo le mie storie. È
un modo come un altro per raccontare se stessi, come sempre accade
per tutti.
DW - Ne
“I delitti del mondo nuovo” tratti la realtà toscana del 1700,
nei romanzi dedicati al carabiniere Bruno Arcieri quella fascista,
post-fascista e relativa al periodo a cavallo tra gli anni '60 e '70. Hai
scritto libri che hanno per protagonista Niccolò Machiavelli e, con
Marco Vichi e Divier Nelli, volumi che hanno per sfondo episodi
legati alla nostra contemporaneità. Con
quale periodo ti sei trovato più a tuo agio?
LG - Con
Arcieri, senza dubbio, perché è un personaggio che negli anni è
cambiato, mi ha raccontato tante cose di sé, è stata una scoperta
continua. E
inoltre mi ha permesso di narrare i ricordi dei miei genitori e
nonni, quelli miei di bambino, quelli collettivi dei “miei” anni
Trenta e della guerra... insomma, ci sguazzo. Però
mi è tornata la voglia di scrivere un romanzo storico - storico...
vedremo.
La prima edizione di Nero di Maggio |
DW - Perché quando hai deciso di affrontare la scrittura di romanzi gialli hai scelto che a indagare fosse un ufficiale dei carabinieri e non il classico maresciallo?
LG - Perché c’era in TV, all’epoca, un maresciallo troppo famoso e nei libri un’infestazione di commissari, come del resto succede ora. Volevo fare qualcosa di originale. Inoltre nel mio primo romanzo, Nero di maggio, mi serviva un protagonista in grado di reggere dei dialoghi piuttosto impegnativi con un gerarca fascista coltissimo e spietato. Non pensavo di farne un eroe seriale, all’epoca. Certe cose nascono quasi per caso, comunque al di là del nostro controllo cosciente.
DW - Perché hai sentito l'esigenza di far si che le prime avventure del carabiniere Bruno Arcieri fossero ripubblicate?
LG - Ogni
autore è affetto da un hybris devastante, da insicurezze
incurabili... È
naturale che volessi vedere di nuovo in giro i miei pargoletti, non
trovi? Qualche
titolo, dopo la chiusura di Hobby & Work, era introvabile, e i
lettori me lo chiedevano... Ringrazio
il direttore editoriale di TEA, che ha creduto in Arcieri e ha voluto
fortemente mettere in catalogo tutte le sue avventure. Ne
mancano ancora due, all’appello: La finale (Parigi, 1938) e Il passaggio (Firenze, 1944). La
seconda uscirà tra poco, a ottobre/novembre.
DW - La tua ultima fatica, “La nave dei vinti”, è ambientato negli anni '30 e ha come sfondo un'Italia che somiglia per numerosi aspetti a quella odierna. Questo a voler ribadire che: chi non impara dai propri errori è costretto a ripeterli?
DW - La tua ultima fatica, “La nave dei vinti”, è ambientato negli anni '30 e ha come sfondo un'Italia che somiglia per numerosi aspetti a quella odierna. Questo a voler ribadire che: chi non impara dai propri errori è costretto a ripeterli?
LG - Beh,
questa è una grande verità. Non
si impara mai. Il
fatto è che la Storia non si ripete mai in modo esattamente
uguale... La
nave dei vinti ricorda in modo drammatico avvenimenti di stretta
attualità, ma anche profondamente diversi per genesi e motivazioni.
DW - L’opera,
con un escamotage inizia con la fine de “L’ultima scelta”,
libro ambientato trent’anni dopo le vicende narrate. Questo
per mostrarci la contrapposizione tra il personaggio di Arcieri alla
fine della sua vita e quello all'inizio della sua carriera?
LG - Più
che una contrapposizione è un contrappunto: Arcieri anziano dialoga
con se stesso giovane, e questo mi ha offerto la possibilità di
creare una nuova e inedita profondità psicologica, di motivare nel
profondo i grandi cambiamenti del personaggio. Tanto
che sto continuando con questa falsariga anche nel nuovo romanzo:
avrai notato nella Nave, che alla fine c’è un “gancio”... due
romanzi in uno, cosa vuoi di più?
DW - Hai sempre avuto un rapporto privilegiato con lo scrittore Giulio Leoni al punto di omaggiarlo nel tuo ultimo libro. Puoi svelarci come?
LG - Siamo
vecchi amici, colleghi dei tempi eroici di Hobby & Work, amanti
della stessa letteratura popolare, dello stesso cinema di genere,
degli stessi fumetti... In
più, lui è un prestigiatore, e io ne avevo appunto bisogno, per La nave dei vinti...
DW - Come consuetudine c'è anche un riferimento al commissario Bordelli, personaggio seriale di Marco Vichi. Siccome non è tanto facile trovarlo puoi darci qualche indizio?
LG - Eh,
no! C’è
un concorso, in atto, tra i nostri lettori... Dirò
solo che l’incontro del 1939 sarà rievocato dai due vecchi amici
nel prossimo romanzo di Bordelli, che Marco sta giusto ultimando ora. E
nel mio, naturalmente.
DW - Quanto di te c'è nei tuoi personaggi, in particolar modo in Bruno Arcieri, quanto di storico e quanto d'inventato?
LG - C’è
molto di tutto e anche di più. Ma
è rimescolato, come un mosaico smontato e rimontato in altro modo: i
personaggi sono piccoli Frankenstein composti da pezzetti di varia
provenienza. In
Bruno c’è un po’ di me, un po’ di mio padre, di vecchi amici,
di personaggi letterari e cinematografici...
DW - Quali
sono le fonti che usi per documentarti?
LG - Tutte
quelle su cui riesco a mettere le mani. Soprattutto,
per Arcieri, memoriali, saggi storici, carte topografiche, riviste,
libri fotografici, un genere molto frequentato, negli anni Trenta,
materiali sonori, film... Dei
rotocalchi, di cui ho una buona collezione, privilegio le lettere al
direttore, specchio incredibile dell’Italia vera e profonda di
allora.
John Le Carré, fonte d'ispirazione per Leonardo Gori |
DW - Oltre ai libri che sicuramente leggerai per documentarti quali altre letture fai?
LG - Sono
sempre stato un lettore onnivoro ma disordinato, con gravi lacune. Leggo
narrativa giallo-noir, ma guarda un po’, alcuni romanzi a fumetti,
che mi rifiuto di chiamare graphic novel, saggi di archeologia e
antropologia, storia della musica, specie jazz. Provo
anche a colmare le mie più gravi lacune, riguardo ai grandi classici
della letteratura, ma il tempo è avaro, con me.
DW - Quali
sono gli scrittori che ti ispirano?
LG - Degli
italiani contemporanei non parlo, sono quasi tutti amici. Fra
gli stranieri, soprattutto John Le Carré, che tento inutilmente di
emulare: sintesi unica di spy story e di romanzo psicologico. E
insieme specchio del suo tempo. Poi
Ken Follett, quando scriveva bei romanzi: Il
codice Rebecca è imprescindibile. Poi
alcuni novecenteschi italiani, soprattutto Giorgio Bassani, la mia
Elena Contini è un omaggio alla Micol del Giardino, ovviamente Vasco
Pratolini, ma anche il dimenticato Mario Tobino. E
tanti altri.
DW - Sei
un autore metodico che lavora a orari stabiliti, oppure sei uno di
quelli che si alza di notte perché ti è venuta l’ispirazione?
LG - Ho
già risposto prima: per esigenze di vita, familiari e di lavoro,
scrivo regolarmente, con disciplina autoimposta, nelle primissime ore
del mattino. Il
cervello è fresco, il cuore ottimista, a volte, e c’è un
meraviglioso silenzio, visto che ho la fortuna di vivere in mezzo al
verde. Scrivo
tutti i giorni, se posso un paio d’ore, ma almeno mezza pagina. Non
lascio storia e personaggi per più di ventiquattro ore. Poi
vado al lavoro “vero”, e la sera tardi, se ce la faccio, rivedo
un po’ quanto ho buttato giù la mattina. Ciò
non toglie che prenda continuamente appunti vocali sul telefono,
anche per strada, mi spedisca email, Whatsapp o prenda appunti su
carta.
L'angelo del fango, con rimandi al Bordelli di Vichi |
DW - È
nota tra gli appassionati un'assidua frequentazione tra il tuo
Arcieri e il commissario Bordelli di Marco Vichi. In
cosa consiste? Vuoi parlarcene?
LG - Abbiamo
raccontato questa storia così tante volte, che quasi non ne posso
più... Abbiamo
cominciato con l’alluvione del ‘66, io ne L’Angelo del
fango, Marco con Morte a Firenze, e non abbiamo più smesso. Ormai
si può dire che condividiamo i personaggi. È
stato un bell’incontro, una stimolante sperimentazione che dura
tuttora. Nella
letteratura di genere è finora un caso unico, ma ora sembra che
altri ci vogliano imitare...
DW - Perché
secondo te le trame gialle e misteriose sono tornate così in auge da
colonizzare non solo romanzi ma anche altri media come fumetti cinema
e televisione?
LG - Perché
negli anni Sessanta la sperimentazione del romanzo senza trama è
stata portata a limiti estremi. Ha
fatto un gran bene al Romanzo, ma poi fatalmente il pendolo è andato
nella direzione opposta. I
lettori, io, quanto meno, amano storie corpose, anche complesse,
piene di sorprese. Il
“genere”, se usato saggiamente, offre la possibilità di
raccontare un sacco di cose che non hanno necessariamente a che fare
col “giallo” o coi suoi parenti.
La Firenze fascista farà ancora da sfondo al nuovo romanzo di Gori |
DW - Da
appassionato ti chiedo: perché secondo te la gente è portata a
credere che la storia proceda per grandi complotti? Perché
non riesce a essere percepita come una materia di per sé affascinante? Perché
il grande pubblico fatica ad avvicinarsi a questa disciplina in
maniera razionale?
LG - Non
cadiamo nell’eccesso opposto! I
complotti ci sono sempre stati. Anche
peggiori di quelli che ci immaginiamo. Oggi
si tende a svalutare selettivamente alcune cose, per moda od
obbedendo a indicazioni esterne, a volte subliminali. A ogni modo, il complotto, la congiura, sono parti fondamentali di quel
gran motore narrativo che è il Mistero. E
tutti lo amiamo.
DW - Da
professionista ormai affermato che consigli daresti a chi si volesse
affacciare al mondo della scrittura?
LG - Non
sono la persona più adatta a dare consigli di questo tipo. Vorrei
riceverne: scoprire il segreto del best seller, per vivere di
scrittura. Seriamente:
bisogna scrivere solo se se ne ha l’esigenza imprescindibile, e la
scrittura deve bastare a se stessa. Pubblicare,
e pubblicare bene, è oggi molto difficile. Rifuggire
dall’editoria a pagamento.
DW - Ci
puoi svelare qualcosa sui tuoi progetti futuri?
LG - Sto
scrivendo il nuovo Arcieri: Firenze, 1940. È
già tanto, alla mia età, credimi!
a cura di Elio Marracci
N.B. Trovate i link agli altri colloqui con gli autori su Interviste & News!
a cura di Elio Marracci
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