sabato 2 giugno 2018

IL CUOIO! LA MATERIA PRIMA PIÙ USATA E LA SUA ARTE NEL VECCHIO WEST! - LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA (LVII PARTE)

di Wilson Vieira

Si entra nel vivo, nella texture del West, con questa straordinaria puntata della Storia dell Frontiera scritta da Wilson Vieira. Il cuoio, l'elemento primo delle selle, dei finimenti dei cavalli, delle fruste, delle giubbe, dei cappelli, degli stivali, delle fondine e dei cinturoni dei cowboy! Ricordiamo che tutte le illustrazioni non bonelliane sono state selezionate e posizionate nel testo dallo stesso Wilson. Buona lettura (al profumo di cuoio)! (s.c. & f.m.) 




Pelle di animale ripulita dai peli e conciata, ripetutamente ingrassata, imbevuta d’olio e colorata. Il cuoio, e in modo del tutto speciale per i cowboys, era la materia prima più adoperata nel West. Le diverse specie di cuoio si differenziavano a seconda della pelle usata per farlo (pelle di bue, di vitello, di maiale, di capra, di pecora, di cavallo, di cane, di rettile e di pesce). E a seconda delle proprietà della pelle e dello scopo a cui era destinata, essa veniva conciata o con ingredienti vegetali - ricavati dalle più diverse cortecce d’albero, con un processo che esigeva alcuni giorni di tempo - o con ingredienti chimici e albume cromatico - e ciò non richiedeva che poche ore. La concia del cuoio per le suole da scarpa durava anche mesi. L’arte raffinata della concia del cuoio era passata dagli Indiani ai messaggeri della prateria e ai cacciatori di animali da pelliccia, e da questi ai cowboy, ognuno dei quali possedeva la propria speciale ricetta, che talvolta rese famoso il suo inventore in tutta l’America, come avvenne per il conciatore Mike S.T. Mc Cracken, del Texas. 



Tex n. 603, gennaio 2011. Disegno di Villa 


Prima della concia la pelle veniva ammorbidita nell’acqua, quindi appesa in locali appositi e infine spalmata con una sostanza che in parte arricciava i peli, in parte li distruggeva. Dopo l’eliminazione dei peli e delle loro radici per mezzo di raschietti, la pelle veniva calcinata, macerata e infine conciata. Prima dell’essiccazione, il cuoio conciato con sostanze vegetali veniva colorato con pennellate di una soluzione di materia colorante; per il cuoio conciato con cromo si ricorreva alla follatura della soluzione colorante. Nella preparazione del cuoio il momento più importante era il processo di essiccazione. Si esponeva la pelle al sole e al vento e si osservava attentamente il progredire dell’essiccamento. 





Le pelli dovevano venire riprese in mano e continuamente inumidite, sottoposte a follatura e massaggiate, per conservarle morbide e duttili. Allo stesso tempo si spianavano le gibbosità e gli ispessimenti stendendole su tavole di legno perfettamente levigato e battendole con martelli di legno. Il cuoio cosiddetto “di sotto” era usato per le suole comuni, quelle impermeabili, per cornici, selle, cinghie, ecc., e veniva per lo più conciato con sostanze vegetali, ragione per cui il cuoio conciato con corteccia di quercia veniva solitamente chiamato "cuoio da sella", ed era quello che si prestava meglio a incisioni, intagli e a ogni tipo di lavorazione artistica ornamentale. Il cuoio per selle o bisacce conservava sempre una certa rigidezza, mentre il cuoio cosiddetto “di sopra” era impiegato per scarpe, gambali, guanti e cose simili: era sottile, malleabile e impermeabile. Il cuoio per indumenti e abiti, capotti, pantaloni, giacche e panciotti, veniva ricavato da pelli di vitello, capra, pecora e cervo; era conciato con il cromo e aveva la superficie ruvida. Il cuoio per i guanti era di pelle di vitello o di capra. Tutti gli articoli in cuoio che dovevano essere duttili e solidi, tenaci e leggeri, come per esempio i diversi finimenti del cavallo, erano conciati a base di cromo e fortemente impregnati di olio. 


Il Comandante Mark n. 39, novembre 1969. Disegno di EsseGesse





Le cinghie per la pistola e per le fondine costituivano una delle poche eccezioni; esse erano fatte di cuoio conciato con sostanze vegetali e abbondantemente imbevuto d’olio perché dovevano essere robuste e di un certo spessore,  di almeno 4 mm. E tuttavia non dovevano essere troppo rigide. Si aggiunga che spesso queste cinghie portavano incisi ornamenti di stile Indiano, motivi floreali o d’altro genere, variamente intrecciati, e che la fondina di cuoio, grazie ai lunghi bagni d’olio, lasciava intravedere la forma della pistola. 






L’arte della concia doveva essere antica come quella della cottura del pane. La concia a base di allume viene fatta risalire agli Antichi Egizi, la concia a base di olio di balena agli Esquimesi, che tra l’altro sono Indiani. Gli Indiani conciavano il cuoio con grasso di buffalo, cenere, decotti vegetali e urina, e poi l’affumicavano. 
Nella lavorazione artistica del cuoio i cowboy ottenevano risultati che ancora oggi fanno stupire; ornavano le loro selle, i cinturoni e le fondine per pistola non solo con fregi e motivi floreali intagliati e punzonati, ma anche con ritratti sbalzati dei loro amici, di donne e ragazze, di rancher e dei cavalli preferiti. 
I processi di lavorazione e le tecniche individuali sono rimasti segreti, ma in genere i procedeva nel seguente modo: si disegnava, con tratti leggeri, il soggetto, che poi veniva ripassato con un coltello appuntito e affilato e infine allargato con uno strumento curvo e riscaldato; facendo pressione da tergo su alcuni punti e con l’aiuto di rinforzi, si otteneva il rilievo; per ottenere un contrasto più forte ci si serviva anche di punteruoli, e con essi si batteva il cuoio con colpi molto fitti, in modo che tutto lo sfondo apparisse interamente granuloso. 






Il cowboy Johnny Schurreberg, canadese, ha riportato in vita quest’arte del cowboy storico e ha composto nello stesso modo immagini di cuoio in rilievo che non rappresentano soltanto teste di cavalli e ritratti dei propri colleghi, ma interi paesaggi e scene di avvenimenti storici. 
L'arte di intrecciare strisce di cuoio o di pelle grezza è una delle più antiche praticate dall’uomo, una tecnica che si riscontra già nell’era neolitica, ancora prima quindi che si intrecciassero fibre vegetali; un’arte che possiamo considerare l’ascendente dell’attuale tessitura. Nell’antichità i Fenici svilupparono in sommo grado l’arte di intrecciare il cuoio. Allorché essi, verso il 1660 a.C., conquistarono il Nord-Africa, trasmisero quest’arte ai Mori, i quali, a loro volta, dopo la conquista della Spagna nell’VIII sec. d.C., la trasmisero agli Spagnoli.






Hernán Cortéz de Monroy y Pizarro Altamirano Pinto (1485 – 1547), che verso il 1520 introdusse i primi cavalli nel Messico, aveva uomini al suo seguito che erano maestri nell’arte di lavorare e intrecciare il cuoio. Da loro l’apprese il vaquero spagnolo e dal vaquero, il cowboy texano. Ma anche prescindendo da questa eredità, gli Indiani del Nord-America, che da secoli cacciavano il buffalo, avevano già sviluppato ad altissimo grado l’arte di intrecciare il cuoio. Il cowboy ereditò allo stesso tempo la perizia del mondo antico e quella degli Indiani, e portò questa tecnica alla perfezione. I vantaggi pratici del cuoio intrecciato di fronte al cuoio semplice sono evidenti; è più forte, più resistente, più malleabile, più estensibile.
Per ottenere questi risultati i cowboy usavano varie specie di materiale: strisce di cuoio Leather Thongs e lacci di pelle grezza Rawhide Strings, ma anche strisce di pelle grezza Rawhide Whangs.





Le innumerevole tecniche d’intreccio si possono raccogliere in quattro gruppi fondamentali: 

1 - Nell’intreccio piatto le tre o più strisce da cui si parte possono essere altrettante lingue di un’unica striscia lasciata intera all’estremità superiore, oppure singoli pezzi indipendenti. Si procede intrecciando alternativamente una striscia esterna con quella di mezzo finché si ottiene una treccia piatta la cui larghezza è all’incirca la somma dell’ampiezza delle singole strisce. La striscia che ne risulta è pressappoco due volte più forte, molto più resistente e duttile di una singola striscia piatta fatta con lo stesso materiale. Strisce intrecciate trovano il loro impiego come cinghie destinate a fini diversi; per finimenti, per selle, ecc. 

2 - Nell’ intreccio rotondo si parte con almeno quattro, o meglio sei od otto strisce. Il procedimento è praticamente lo stesso che per l’intreccio piatto, solo che qui le strisce vengono intrecciate attorno a un’anima di legno di forma cilindrica, in archi ellittici, prima sul davanti e poi sul di dietro, e di volta in volta una striscia diversa viene fatta passare attraverso l’occhiello di quella precedente. In tal modo nasce un intreccio rotondo, uniforme, a forma di tubo e dalle maglie serrate, riproducente esattamente la forma dell’anima di legno. 




3 - Nelle fruste quest’anima va restringendosi verso la punta; negli intrecci rotondi destinati a testiere e briglie per cavallo essa rimane del medesimo diametro dall’inizio alla fine, cioè uniformemente cilindrica.

4 - Negli intrecci a spacco, Slit Braid, si lavora o con una striscia sola, partendo contemporaneamente dalle due estremità, oppure con due strisce, e si procede sempre facendo passare una striscia dentro lo spacco longitudinale dell’altra: la prima dentro il taglio della seconda, la seconda attraverso un altro taglio nella prima, e avanti così. Due strisce, o le due estremità di una sola, si trasformano così in un intreccio che ha a larghezza di un’unica striscia. Questa tecnica serve soprattutto ad assicurare rosette e altro alle selle, per cappelli, panciotti, giacche e per la fabbricazione di legacci per copricapo particolarmente solidi e sottili.

L’intreccio alla Turca è un lavoro terminale, nel quale le estremità delle strisce vengono intrecciate come nei procedimenti cilindrici e da frusta in modo resistente e insolubile ma anche in modo che nessuno dei due capi della striscia rimanga visibile...





Wilson Vieira

N.B. Trovate i link alle altre puntate della Storia del West in Cronologie & Index!

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