Andrea Plazzi è nato a Bologna il 4 febbraio del 1962. Dopo aver conseguito la maturità scientifica col massimo dei voti, si laurea in matematica e si occupa di computer graphic, sviluppando software di base per la modellazione 3D. Contemporaneamente si interessa di letteratura disegnata, a cui da metà degli anni '90 si dedica in modo professionale, organizza mostre, coordina progetti editoriali, traduce dall’inglese e dal francese comic book e romanzi a fumetti e collabora con riviste nazionali e di settore tra le quali "Fumo di China", "Scuola di Fumetto", "IF" e "Hamelin". Dal 1996 al 2001, con l’etichetta PuntoZero, di cui è uno dei fondatori, pubblica titoli di saggistica cinematografica e i romanzi di Will Eisner, di cui dal 2008 cura le edizioni per Fandango. Per Kappa Edizioni è responsabile dei redazionali e delle traduzioni degli "Archivi di Spirit", mentre dal 1997 si occupa delle pubblicazioni di Leo Ortolani per Marvel Italia/Panini Comics. Tra le tantissime attività a cui si dedica nel corso della sua carriera collabora alle serie di volumi allegati ai quotidiani, come "I Classici del Fumetto", "I Classici del Fumetto – Serie Oro" di "Repubblica" e "Dark Side" della "Gazzetta dello Sport", e traduce saggi di divulgazione scientifica, costume, cinema e attualità politica per gli editori Sperling & Kupfer e Frassinelli. Visto che un personaggio di tale portata ha voluto rispondere ad alcune domande che gli ho posto, senza indugiare oltre lascio a lui la parola.
Andrea Plazzi, dal sito di Ortolani |
DIME WEB - Per i lettori che non ti conoscono potresti presentarti in due parole?
ANDREA PLAZZI - Andrea Plazzi, nato a Bologna nel 1962. Sono laureato in matematica e dopo alcuni anni di lavoro nell'industria e nel pubblico come matematico applicato, dal 1994 lavoro a tempo pieno nell'editoria. Agli inizi principalmente come traduttore e curatore di testate, poi come editore e ora con uno studio di service editoriale che cura e produce contenuti per l'editoria, principalmente (e preferibilmente) a fumetti.
DW - Quando si è sviluppata in te la passione per la nona arte?
AP - Ho imparato a leggere con i fumetti, e non ho mai smesso.
Il Golem di Battaglia, la storia singola del fumetto italiano preferita da Plazzi (difficile dargli torto!) |
DW - Quali sono i tuoi artisti di riferimento?
AP - Ovviamente sono troppi. Butto lì due o tre nomi a caso, per motivi diversissimi. Dino Battaglia: considero Il Golem la singola più bella storia a fumetti del fumetto italiano di tutti i tempi. Will Eisner: per tutti i motivi per cui viene sempre citato, e un paio di altri. Jack Kirby e Moebius (punto).
DW - Dopo una laurea in matematica e una breve esperienza nel campo dell'informatica perché a un certo punto della tua vita hai sentito la necessità di dedicarti interamente al fumetto?
AP - Lavoravo già da tempo in editoria. Prima nel tempo libero, poi part-time. Capitano circostanze favorevoli: da un lato un progetto lavorativo che non parte, dall'altro un'occasione editoriale unica (la nascita di Marvel Italia).
AP - Ovviamente sono troppi. Butto lì due o tre nomi a caso, per motivi diversissimi. Dino Battaglia: considero Il Golem la singola più bella storia a fumetti del fumetto italiano di tutti i tempi. Will Eisner: per tutti i motivi per cui viene sempre citato, e un paio di altri. Jack Kirby e Moebius (punto).
DW - Dopo una laurea in matematica e una breve esperienza nel campo dell'informatica perché a un certo punto della tua vita hai sentito la necessità di dedicarti interamente al fumetto?
AP - Lavoravo già da tempo in editoria. Prima nel tempo libero, poi part-time. Capitano circostanze favorevoli: da un lato un progetto lavorativo che non parte, dall'altro un'occasione editoriale unica (la nascita di Marvel Italia).
DW - Tra le numerose riviste con cui hai collaborato figura "Fumo di China", della quale sei stato uno dei fondatori. Puoi fare un breve excursus di questa esperienza e descrivere come si svolgeva la vita in redazione?
AP - Era un hobby condiviso da una manciata di persone (davvero poche, ripensandoci) molto, molto entusiaste e quindi anche con esplosioni di attività. Con inevitabile discontinuità dovuta a tutti gli altri impegni di studio, lavoro e famigliari. Niente di particolare in realtà. Non ho mai ben capito perché piacesse già tanto all'epoca (ricevemmo anche premi e riconoscimenti) e com'è possibile che, attraverso innumerevoli mutazioni, sia sopravvissuta fino a oggi. Probabilmente all'epoca piaceva la libertà e la schiettezza, non disgiunte - nei migliori di noi - da un certo acume e da strumenti critici che si andavano affilando. Poi per quella continuità che a un certo punto altri sono riusciti a darle. Su quest'ultimo punto, tanto di cappello! Per il resto, si facevano interviste, ciascuno proponeva / scriveva su argomenti che gli piacevano, con grande libertà (altrimenti che hobby sarebbe stato?).
AP - Era un hobby condiviso da una manciata di persone (davvero poche, ripensandoci) molto, molto entusiaste e quindi anche con esplosioni di attività. Con inevitabile discontinuità dovuta a tutti gli altri impegni di studio, lavoro e famigliari. Niente di particolare in realtà. Non ho mai ben capito perché piacesse già tanto all'epoca (ricevemmo anche premi e riconoscimenti) e com'è possibile che, attraverso innumerevoli mutazioni, sia sopravvissuta fino a oggi. Probabilmente all'epoca piaceva la libertà e la schiettezza, non disgiunte - nei migliori di noi - da un certo acume e da strumenti critici che si andavano affilando. Poi per quella continuità che a un certo punto altri sono riusciti a darle. Su quest'ultimo punto, tanto di cappello! Per il resto, si facevano interviste, ciascuno proponeva / scriveva su argomenti che gli piacevano, con grande libertà (altrimenti che hobby sarebbe stato?).
DW - Cosa pensi che abbiano lasciato pubblicazioni di questo tipo alle generazioni di critici che sono venute?
AP - Non saprei proprio, anche perché la domanda presuppone una continuità e una conoscenza del passato che non è assolutamente scontata e che - anzi - mi sembra proprio non esserci. È ovviamente un fenomeno sociologico molto generale, che va ben oltre questo piccolo esempio, ma è possibile che su una o due (dipende come le contiamo) generazioni successive a "FdC", e precedenti l'era Internet dell'informazione, una qualche influenza ci sia stata: nessuno nasce in un deserto, come invece mi sembra che sia possibile ora, abbastanza paradossalmente.
DW - Oltre a quello di editor e saggista svolgi anche il lavoro di editore e traduttore. Quali analogie e quali differenze trovi tra queste occupazioni?
AP - Me lo chiedono spesso, aggiungendo la passione per la Matematica, con un certo stupore esotico. Mi sono rassegnato a non avere una risposta pronta: non ho mai veramente distinto queste attività, che ho sempre visto come aspetti di un unico lavoro editoriale che mi è sempre piaciuto in toto, in quanto tale. Quanto alla Matematica, a parte i soliti discorsi sulla “forma mentale”, “abitudine al ragionamento e a organizzare le cose” (sacrosanti ma generici e astratti per chi non ha la stessa formazione), cerco semplicemente di coinvolgerla e “usarla” espressamente ogni volta che ne ho l'occasione. Per esempio col progetto “Comics&Science” che da qualche anno portiamo avanti con Roberto Natalini del CNR.
DW - Tra i big che hai tenuto a battesimo ci sono personaggi del calibro di Marco M. Lupoi e Leonardo Ortolani che hai definito "il più grande autore Marvel vivente". Visto che li hai conosciuti molto da vicino puoi raccontarci qualche aneddoto sui due?
AP - In realtà sono due aneddoti viventi e andrebbe chiesto a loro: basta che aprano bocca e ne escono cose memorabili. Stando a Marco, avrebbe deciso di iscriversi a Matematica dopo che, avendomi chiesto cosa fossero le equazioni differenziali, avrei risposto (ed è plausibile, anche se non ricordo esattamente l'episodio): sono cose così complicate che c'è chi passa la vita a studiarne anche una sola. Leo doveva prendere il treno da PR a BO per un'intervista radiofonica. Nevicava, anche se non fortissimo. Saltò il treno. Poi il ripetitore della radio. Poi io che caddi con la vespa andando in Radio. Qualche anno dopo fece una storia con Amon-Rat (i fan sanno).
DW - È nota tra gli appassionati che sei stato il curatore di tutte le serie di Leo Ortolani pubblicate da Panini Comics. Ormai l'apprezzamento del pubblico ti ha dato ragione, ma cosa hai visto più di vent'anni fa in una manciata di storie di personaggi col “muso di scimmia” che era sfuggita agli esperti del settore?
AP - Più che “sfuggita” credo che semplicemente fossero storie ancora poco visibili e semplicemente mi è capitato di leggerle. Per il resto, Leo è un narratore nato: in quelle brevi storie tutto funzionava, anche nelle più vecchie e graficamente rudimentali. Neanche quel disegno meno che elementare riusciva a fermarle. Datogli appena il tempo di raffinarsi un po' dal punto di vista grafico (e questo secondo me avvenne esattamente durante l'estate del 1995) era impossibile non fare la hola, più o meno metaforicamente.
DW - Quanto di Andrea Plazzi, secondo te, è presente nella figura del Sovrintendente Plazzus e nel personaggio con le tue sembianze presente nella “Quadrilogia di dio” di Ortolani e viceversa quanto degli eroi ortolaniani è presente in Andrea Plazzi?
AP - La prima domanda va fatta a Leo. La seconda va fatta a me ma non so la risposta.
AP - Più che “sfuggita” credo che semplicemente fossero storie ancora poco visibili e semplicemente mi è capitato di leggerle. Per il resto, Leo è un narratore nato: in quelle brevi storie tutto funzionava, anche nelle più vecchie e graficamente rudimentali. Neanche quel disegno meno che elementare riusciva a fermarle. Datogli appena il tempo di raffinarsi un po' dal punto di vista grafico (e questo secondo me avvenne esattamente durante l'estate del 1995) era impossibile non fare la hola, più o meno metaforicamente.
DW - Quanto di Andrea Plazzi, secondo te, è presente nella figura del Sovrintendente Plazzus e nel personaggio con le tue sembianze presente nella “Quadrilogia di dio” di Ortolani e viceversa quanto degli eroi ortolaniani è presente in Andrea Plazzi?
AP - La prima domanda va fatta a Leo. La seconda va fatta a me ma non so la risposta.
Il progetto "Comics & Science" |
DW - Con Roberto Natalini sei uno dei curatori del progetto editoriale "Comics & Science". Puoi dirci in cosa consiste?
AP - Roberto dirige l'IAC - Istituto per le Applicazioni del Calcolo, che per me era un nome storico, di quelli che per anni vedi in calce agli articoli e alla letteratura matematica che leggi, consulti, ricerchi, per esami e tesi. È un matematico con interessi scientifici molto vari ed estremamente aperto. Inoltre, alcuni dei campi in cui lavora non sono troppo lontani dagli argomenti di cui mi interessavo e con cui mi sono laureato, e parlare con lui è un modo rapido ed efficientissimo per “orecchiare” (certo, non restare veramente aggiornato, che è impossibile) un po' delle cose su cui si lavora e si fa ricerca adesso. Più o meno dal 2005 collaboro a quella che oggi si chiama “programmazione culturale” di Lucca Comics & Games, che Roberto già frequentava insieme ai figli. È un lettore di fumetto molto competente e attento. Inoltre, il CNR è molto interessato alla comunicazione della scienza, e più in generale della cultura scientifica, di cui la divulgazione è una parte, ed evidentemente con me sfondava una porta aperta. Abbiamo messo tutto insieme e dopo un'edizione sperimentale nel 2012, abbiamo definitivamente varato “Lucca Comics & Science” come sezione autonoma di LC&G, e “Comics&science”, come pubblicazione che da lì a poco è diventata una collana di CNR Edizioni. Per ora ci “limitiamo” a collaborare con autori di punta (Leo Ortolani, Giuseppe Palumbo, Alfredo Castelli, Francesco Artibani, Silver, Federico Bertolucci) e comunque di alto livello anche se meno noti (come Gabriele Peddes, Claudia Flandoli, Alice Milani) per produrre fumetti originali che “ruotano” intorno a idee scientifiche.
DW - È innegabile il grande successo di autori come Sio e Zerocalcare che hanno cominciato a farsi conoscere diffondendo i proprio lavori su internet. Alla luce di questa considerazione, da informatico, ma sopratutto da esperto di comunicazione, ti chiedo: cosa ne pensi e come vedi l’utilizzo della Rete nel campo dei fumetti?
AP - Non ho nulla da aggiungere - e non ci riuscirei nello spazio di una risposta - ai fiumi di inchiostro (immagine figurata del tutto obsoleta; dovremmo dire “di bit”) che si versano da almeno 20 anni e che si continueranno a versare sull'argomento. In sintesi: si è aggiunta ai canali tradizionali. Alcuni forse sono destinati a essere soppiantati, altri a uscirne ridimensionati e/o trasformati (come sta accadendo con la televisione). Siamo ancora in una fase di semianalfabetismo in cui cerchiamo di gestire la novità. Credo che per motivi culturali tipicamente italiani, nel nostro paese continuerà a essere una novità per più tempo che altrove. Nel fumetto, sembra essere soprattutto un punto di partenza, con la carta che resta un punto di arrivo. Non vedo all'orizzonte segnali di cambiamento, ma questo non vuol dire nulla: quando avverrà sarà molto rapido.
DW - Sei una persona metodica che lavora a orari stabiliti, oppure sei uno di quelli che si alza di notte perché deve buttare giù un'idea?
AP - Più la prima che la seconda, ma solo perché mi piace dormire: fare le cose quando vengono in mente, di getto, in genere serve.
DW - Come si svolge la tua giornata tipo?
AP - È sempre più lunga di quanto vorrei, sempre meno di quanto servirebbe. Per il resto raramente è regolare come preferirei: lavoro per un po' meno della metà del tempo a Milano, un po' meno della metà a Bologna e la differenza la trascorro in appuntamenti e viaggi di lavoro nel resto d'Italia, Roma in testa. Non mi annoio ma accuso un po' la frammentazione a rischio dispersività. Sono sicuramente meno efficiente di quanto vorrei.
DW - Quanto di te è presente nel tuo lavoro?
AP - Credo molto, ma dovrebbero giudicarlo le persone che mi conoscono, sia personalmente che professionalmente.
DW - Quanto di quello che ti circonda?
AP - Spero molto: restare aperti a novità è stimoli è fondamentale, divertente e naturalmente non lo si è mai abbastanza.
AP - È sempre più lunga di quanto vorrei, sempre meno di quanto servirebbe. Per il resto raramente è regolare come preferirei: lavoro per un po' meno della metà del tempo a Milano, un po' meno della metà a Bologna e la differenza la trascorro in appuntamenti e viaggi di lavoro nel resto d'Italia, Roma in testa. Non mi annoio ma accuso un po' la frammentazione a rischio dispersività. Sono sicuramente meno efficiente di quanto vorrei.
DW - Quanto di te è presente nel tuo lavoro?
AP - Credo molto, ma dovrebbero giudicarlo le persone che mi conoscono, sia personalmente che professionalmente.
DW - Quanto di quello che ti circonda?
AP - Spero molto: restare aperti a novità è stimoli è fondamentale, divertente e naturalmente non lo si è mai abbastanza.
DW - Quali letture fumettistiche ed extrafumettistiche fai abitualmente?
AP - Leggo molto meno di quanto vorrei, e principalmente saggistica (scientifico-filosofica, diciamo). Il fumetto lo seguo un po' a campione: fortunatamente è impossibile restare veramente aggiornati (e questo è un sintomo di quantità e varietà) e ho smesso di pormi il problema. Dovrebbero farlo anche un sacco di amici che lo vivono come tale, mentre è un'ottima cosa, perché permette di recuperare un po' della verginità perduta come lettori.
DW - Cosa trovi interessante nel panorama artistico contemporaneo?
AP - Non credo di seguirlo veramente. Ma ho scoperto da poco il piacere di andare per mostre e gallerie. Mai all'inaugurazione e preferibilmente a metà mattinata di un giorno feriale. E poi qualcosa online: un mare magnum in cui ogni tanto vado a pescare cose che altrimenti resterebbero sconosciute. Mi piace molto lo scultore giapponese Yuichi Ikehata (per motivi a me ignoti il suo sito è works.kakuunohito).
Un'opera di Yuichi Ikehata |
DW - E in quello fumettistico?
AP - Trovo un po' scoraggiante la lentezza con cui in Italia si sta rinnovando - a un buon livello, intendo - lo stile e l'approccio degli autori al fumetto e in generale all'editoria. Decenni di polarizzazione Bonelli-Disney hanno ritardato la formazione di una figura di autore-professionista - alla francese, diciamo - che un po' vedo solo in alcuni “pennelli in fuga” all'estero. Una delle conseguenze di un mercato piccolo e asfittico. Mi piacciono molto - ma davvero molto - LRNZ e Samuel Spano.
DW - Da editor ormai affermato che consigli daresti a chi si volesse affacciare al mondo del fumetto?
AP - Credo che “affermato” non significhi granché e non riesco a pensarlo di persone che considero molto, ma molto più in gamba di me (che per fortuna non mancano), quindi non mi permetterei mai di dare consigli. Non vedo un cammino ben definito e percorribile per la formazione e la successiva “carriera” (le virgolette sono d'obbligo), come ancora resiste in altri ambiti, anche se a fatica. Posso solo dire che secondo me è ancora importante seguire inclinazioni e gusti e fare bene quello che piace.
L'Archimede di Palumbo |
DW - A cosa stai lavorando attualmente?
AP - Vorrei sviluppare possibili ramificazioni di "Comics&Science", come il reading / performance "ARCHIMEDE INFINITO" che stiamo portando in giro (mi piacerebbe dire “in Tour” ma ci servirebbe un'agenzia... nessuno in ascolto?) insieme a Giuseppe Palumbo. Grazie alla sua straordinaria capacità di improvvisare il disegno dal vivo stiamo ottenendo dei riscontri che non avrei mai immaginato. Le idee sono anche tante altre.
DW - C'è una domanda che non ti è stata fatta alla quale vorresti rispondere?
AP - Rubo la migliore risposta di sempre a questa domanda: riconosca l'esperto di fumetti la fonte.
DW - C'è una domanda che non ti è stata fatta alla quale vorresti rispondere?
AP - Perché l'ho fatto.
DW - Già, perché?
AP - Perché era una buona bandiera sotto cui cadere. E dovendo cadere, tanto valeva cadere ad Alamo.
a cura di Elio Marracci
N.B. Trovate i link agli altri colloqui con i protagonisti del comicdom su Interviste & News!
P.S. Questo è il 1200° post di "Dime Web"!
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