Parliamo oggi con Alex Horley, pseudonimo di Alessandro Orlandelli,
milanese del 1970. Fumettista e illustratore, dopo una prima esperienza come disegnatore
di pin up e copertine per il mensile "Kaos", partecipa ai progetti "Alba
nera" per Granata Press e "Mutant Chronicles" per Acclaim. Successivamente lavora per numerosi editori statunitensi - come Dark Horse Comics, Marvel, DC Comics (dove diventa una delle colonne portanti
di "Lobo"), Verotik Comics, Vertigo, Image Comics, Penthouse Comix e per
la rivista "Frank Frazetta Fantasy Illustrated". È attivo anche nel campo delle trading cards dove, nel corso della
sua carriera, ha prestato la sua opera a giochi come Batman Master
Series, Magic the Gathering e Harry Potter. Attualmente collabora con la Blizzard Entertainment, realizzando
storyboard e illustrazioni per "World of Warcraft" e "Hearthstone".
DIME WEB - Per i lettori che non ti conoscono potresti presentarti in due
parole?
ALEX HORLEY - In due parole: ho cominciato a disegnare all’asilo e non ho ancora
smesso... Sono nato e cresciuto nella provincia di Milano, classe 1970, ho da
sempre avuto questa passione e con determinazione e perseveranza sono
riuscito a farne una professione.
DW - Come è nata in te la passione per il fumetto e l'illustrazione?
AH - Fin da piccolo ho sempre avuto fumetti in giro per casa; avendo un
fratello molto più grande Tex è sempre stato presente nel mio
immaginario, insieme a Topolino e soci. Ma sono stati i Super Eroi
Marvel/Corno prima e i cartoni giapponesi poi che mi hanno “mostrato
la via”. Ricordo che a 7-8 anni avevo già deciso che da grande
avrei disegnato fumetti o cartoni animati come lavoro e ho avuto la
fortuna di avere una famiglia che ha sempre tollerato e assecondato
questa mia “mania”.
DW - Quali studi hai fatto?
AH - Liceo artistico e accademia di Brera, ma sono praticamente
autodidatta. Ai tempi non insegnavano nulla che mi potesse servire, a
parte qualche corso di anatomia; e poi non esistevano molte scuole
specializzate come adesso. Ma ho comunque mosso i primi passi
nell’editoria che ancora frequentavo l’accademia, quindi è
andata bene lo stesso.
DW - Una tua nota biografica, ovvero il fatto che tu sia nato a Milano
nel 1970, mi fornisce lo spunto per chiederti: in che misura questa
metropoli è presente nella tua opera?
AH - Credo vicino allo zero... Essendo cresciuto in provincia dove una volta era veramente “tutta
campagna”, o almeno fabbriche da una parte e campagna dall’altra,
la città per me è sempre stata una dimensione un po’
claustrofobica. E poi ho sempre prediletto soggetti più organici,
personaggi, animali e soprattutto mostri, mentre le architetture non
sono mai state il mio forte. Nulla però contro Milano; per me
persino città come New York o Los Angeles sono stupende, da turista,
ma non credo che riuscirei a viverci.
DW - Hai lavorato sia per il mercato italico che per quello estero, in
particolar modo quello americano. Quali analogie e quali differenze hai trovato tra questi due
ambienti?
AH - In realtà per il mercato italiano ho lavorato veramente poco, il che
mi dispiace davvero. Il mercato americano è, da quello che ho
capito, abbastanza diverso da quello Europeo, almeno per quanto
riguarda il fumetto. È un po’ più un meccanismo a tempo, le
scadenze sono spesso la cosa più importante e all’inizio non è
stato facile conciliare velocità e qualità, ma è stata una buona
palestra.
DW - Hai disegnato characters delle case editrici italiane e
statunitensi più famose. A quale di questi sei più legato e perché?
AH - Lobo è ancora uno dei miei personaggi preferiti anche se ultimamente
si è un po’ uniformato al mainstream; all’inizio è stato
piuttosto innovativo con la sua brutale anarchia anche a livello
grafico.
DW - Oltre ad una vasta produzione di illustrazioni e albi a fumetti
hai realizzato immagini per giochi di carte come, tra i moltissimi, Magic the Gathering, Harry Potter e Hearthstone. Che differenza c'è tra l'approcciarsi a un disegno per una card
rispetto a una tavola di fumetto?
AH - Con una carta, o una cover, bisogna raccontare un’intera scena,
suggerire le emozioni dei personaggi e il contesto spaziale in una
singola immagine che deve essere poi “leggibile” anche in
dimensioni molto ridotte, mentre ovviamente un fumetto dà modo di
sviluppare tutti questi elementi con intere sequenze di immagini.
DW - C'è un motivo particolare per cui firmi i tuoi lavori con uno
pseudonimo?
AH - In realtà è semplicemente perché quando ho iniziato mi son detto:
se uso uno pseudonimo e mi va male posso sempre cambiarlo e
riprovarci in un secondo tempo, ma hanno iniziato a pubblicarmi con
quello, cosi è rimasto.
DW - Hai prestato la tua arte a personalità del calibro di Jovanotti,
Gene Simmons dei KISS e Rob Zombie. Visto che li hai conosciuti da vicino potresti raccontare un
aneddoto su ciascuno di questi personaggi?
AH - Sono tutti dei grandissimi professionisti, in primo luogo. Ho
conosciuto e lavorato anche con Glenn Danzig dei Misfits, uno dei
miei gruppi preferiti. Non ho aneddoti particolari... Gene è un
”personaggio” 24/7 e ricordo un block notes dove sono appuntate
tutte le migliaia di idee che ha per ogni tipo di progetto o
merchandising, roba assurda ma di cui purtroppo non posso parlare.
Sia Gene che Rob hanno una conoscenza enciclopedica di tutto ciò che
è “pop”, film, fumetti, arte in generale.
DW - Esiste una pubblicazione o un personaggio, anche non tuoi, che hai
amato sopra ogni altro?
AH - Conan il Barbaro, versione Marvel, disegnato da John Buscema. Ancora
oggi continuo a comprare ristampe o numeri mancanti. Negli anni 80 la rivista "L’Eternauta" mi ha fatto scoprire un mondo
nuovo, una visione piu’ “adulta” del media, ma non per questo
meno stimolante, anzi. E naturalmente "Heavy Metal", versione USA di "Metal Hurlant", con mostri sacri come Moebius, Corben e Druillet che
semplicemente hanno rivoluzionato il linguaggio del fumetto.
DW - A quale settore sei più affezionato tra tutti quelli in cui hai
lavorato?
AH - Tutti quelli che mi permettono di dipingere, figurine, poster,
copertine... anche se comunque il primo amore, il fumetto, è un
tarlo da cui non riesco a liberarmi e spero prima o poi di potermici
dedicare ancora.
DW - Quali sono gli artisti che ti hanno ispirato?
AH - Tantissimi, in momenti diversi, oserei dire quasi tutti. Ma su tutti,
Frank Frazetta - che è il motivo per cui ho iniziato a dipingere - John Buscema, Jack Kirby, Go Nagai, Richard Corben, Bernie Wrightson,
Bill Sienkiewicz, Simon Bisley...
DW - Quanto di te è presente nel tuo lavoro? Quanto di quello che ti circonda? E quanto c'è di inventato?
AH - Sono prevalentemente mondi immaginari, quelli in cui mi muovo, ma
credo che forse il mio amore per la natura e gli animali a volte si
intraveda anche se attraverso una lente deformante. Di me non saprei, forse nella mia predilezione per i mostri, nel mio
identificarmi con loro più che con gli “eroi” si cela qualcosa a
livello inconscio, ma non ho mai analizzato la cosa più di tanto.
DW - Sei un disegnatore metodico che lavora a orari stabiliti, oppure
sei uno di quelli che si alza di notte a disegnare perché ti è
venuta l’ispirazione?
AH - Il lusso di lavorare in base all’ispirazione se lo possono
concedere in pochi. Quando si hanno delle scadenze bisogna produrre,
ispirazione o meno. Alcuni lavori verranno meglio altri peggio, ma è
fisiologico. Sono abbastanza metodico, non per natura, ma per
esigenza. Anche se ho notato che a volte rendo meglio sotto
“pressione”, preferisco cercare di mantenere un passo costante.
DW - Come si svolge la tua giornata tipo?
AH - Di solito controllo email e social vari, prima di attaccare, ma
sempre con un occhio all’orologio, poi semplicemente inizio a
lavorare sul dipinto con la scadenza più incombente. Pausa pranzo di
un’ora circa e poi via fino alle 7-7:30 o finché i muscoli
sottoscapolari iniziano a farsi sentire.
DW - Quali fonti usi per documentarti?
AH - Beh, Google all’80% e poi i libri che ho raccolto nel corso degli
anni (pre-Google).
DW - Oltre ai libri e ai fumetti che sicuramente userai per
documentarti, quali altre letture fai?
AH - Ultimamente poche, ma mentre in passato ho letto moltissima
narrativa, adesso preferisco saggi o biografie: recentemente ho
riletto una biografia di Caravaggio.
DW - Visto che oggi l'utilizzo di questo macchinario è imprescindibile
per qualsiasi lavoro vorrei sapere: come ti poni nei confronti del
computer?
AH - All’inizio ho avuto molti pregiudizi nei confronti dei computer ma
sono molto contento di averli superati. Svolgo ancora il mio
lavoro in modo tradizionale, pennelli e colori acrilici e a olio, ma
il computer, e in particolare Photoshop, sono diventati indispensabili
per velocizzare i tempi, specialmente nelle fasi di layout, bozzetti,
ecc. dove le revisioni non mancano mai.
DW - Da professionista ormai affermato che consigli daresti a chi si
volesse affacciare al mondo dell'illustrazione e del fumetto?
AH - Di avere molta pazienza e perseveranza, non cercare scorciatoie e
cercare di non auto-limitarsi e studiare tutto, anche cose che
apparentemente sembrano non riguardare il nostro campo. Ho conosciuto
tanti aspiranti fumettisti o video-game designer che non hanno mai
messo piede in un museo d’arte ed è una lacuna molto limitante.
DW - A cosa stai lavorando attualmente?
AH - Principalmente a Hearthstone, il gioco di carte online della Blizzard, e poi sto lavorando a diversi progetti per Court of the Dead, della
Sideshow Collectibles. E nel “tempo libero” butto giù idee e
bozzetti per storie che difficilmente riuscirò a realizzare, ma
servono comunque come valvola di sfogo.
DW - C'è una domanda che non ti è stata fatta alla quale vorresti
rispondere?
AH - No. Vorrei solo ricordare il mitico Roberto Ghiddi, che è stato il
mio primo Art Director, ai tempi della Granata Press e grazie a lui
ho mosso i primi passi da professionista.
a cura di Elio Marracci
N.B. Trovate i link agli altri colloqui con gli autori su Interviste & News!
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