mercoledì 17 aprile 2024

INCANTESIMI E GUERRIERI: LA NUOVA ANTOLOGIA HEROIC FANTASY DELLE EDIZIONI SCUDO!

di Francesco Manetti

Ho parlato altre volte dei libri pubblicati dalle Edizioni Scudo, e questo perché certi miei racconti fantasy, appartenenti al Ciclo della Quercia Bianca o delle Terre di Arik, sono apparsi su alcune delle antologie curate da Fabio Calabrese per questa casa editrice. Qualcuno potrebbe dire: Manetti si è montato la testa e mette su "Dime Web" post autopromozionali pensati per profitto. Niente di più lontano dal vero, innanzitutto perché scrivo per puro divertimenti e poi perché le Edizioni Scudo sono un'iniziativa dell'Associazione Culturale Scudo, che ha come obiettivo quello di far conoscere al pubblico scrittori esordienti in ambito letterario, affiancandoli a nomi già consolidati nel settore. E non sono previsti pagamenti di nessun genere agli autori.
Ecco infatti il regolamento completo delle Edizioni Scudo (cliccate sulle immagini per ingrandirle e leggere meglio il testo):




Ad aprile 2024 è uscita la IV antologia heroic fantasy curata da Fabio Calabrese: Incantesimi e guerrieri. Il sottoscritto è presente con il racconto La quercia bianca vive, continuazione dell'avventura La quercia bianca, apparsa su Gli incantesimi di Ausonia (uscito nel 2022, e di recente disponibile in cartaceo anche su Amazon).



Il racconto è preceduto, come tutti gli altri, da un'efficace illustrazione a colori realizzata di Giorgio Sangiorgi, uno degli animatori delle Edizioni Scudo e dei progetti che il marchio porta avanti; Sangiorgi lavora a fianco di Luca Oleastri:





Gli autori, come potete vedere sbirciando la quarta di copertina, sono tutti di grande calibro (e a chi vi scrive pare di essere un vaso di terra cotta tra vasi di ferro, ma - a differenza del Don Abbondio manzoniano - enormemente contento e orgoglioso di viaggiare con siffatta compagnia!):




Fabio Calabrese mi ha davvero commosso quando nell'introduzione ha scritto:

Prima di esaminare nei dettagli i racconti che compongono questa antologia, vorrei, se me lo consentite, esprimere un particolare ringraziamento a Francesco Manetti, il nostro esperto di fumetti che ho convertito alla narrativa. Il suo racconto è il quarto del ciclo della Quercia Bianca, un ciclo che è nato sulle pagine di queste antologie, ma che, se adeguatamente sviluppato, si potrebbe raccogliere in volume.

Non so se sarò mai all'altezza di una sfida di tale portata, anche se un quinto racconto della saga è già in cantiere e sicuramente concluderò la "trilogia" della Quercia Bianca per una futura sesta antologia. Comunque sia ecco in sequenza cronologica le copertine delle quattro antologie (tutte ordinabili in cartaceo su Amazon a prezzi davvero concorrenziali):







AA.VV.

a cura di Fabio Calabrese

INCANTESIMI E GUERRIERI

Copertina di Davide Frisoni

Illustrazioni interne a colori di Giorgio Sangiorgi

pagg. 176 - € 10,63

Edizioni Scudo - Aprile 2024

sabato 13 aprile 2024

LE NUOVE CROCIATE DI WILLER & CARSON

di Filippo Pieri

Sulla "Settimana Enigmistica" n. 4802 del 4 Aprile 2024, a pagina 33, c'è una citazione bonelliana riguardante Willer e Carson (al 9 verticale).


N.B. Trovate i link alle altre novità bonelliane su Interviste & News!

venerdì 12 aprile 2024

ESCE IN BRASILE IL TERZO "GRINGO" DI WILSON VIEIRA!

a cura della Redazione

Disponibile in Brasile il terzo volume della "tetralogia letteraria western" creata da Wilson Vieira, uno dei nostri più antichi collaboratori, fumettista e storico della Frontiera!




Ma sentiamo direttamente Wilson:


Si tratta della vera storia del personaggio Gringo, che vive le sue avventure durante e oltre la Guerra Civile, in un periodo in cui l'eroismo non è mai esistito! Qui i personaggi sono di dubbia morale, come nei film western più realistici di Sergio Leone, e la linea che separa il bene dal male è sottile e polverosa. Allontanandosi dalle regole del western classico e ripetitivo, impresse nella memoria collettiva, Leone trasfigura magnificamente il genere dandogli una “forte colorazione barocca” tipicamente Latina e molto più credibile in tutti i sensi, pensando a quel periodo della Storia Americana. Quindi, tutto sommato, come storico, questa visione realistica del Vecchio West è perfetta per come la vedo io, in questo mio personaggio…

 


Wilson Vieira
GRINGO - COLUME III
pagg. 326
Copertinista: Fred Macêdo
Editore: ALEX MAGNOS
Red Dragon Publisher

venerdì 5 aprile 2024

SECRET ORIGINS: TEX CLASSIC 185

di Saverio Ceri
con la collaborazione di Francesco Bosco e Mauro Scremin

Bentornati a Secret Origins l'appuntamento quattordicinale che ci conduce alla scoperta delle origini delle copertine di Tex Classic e di eventuali altre cover ispirate alle pagine a fumetti dell'albo in edicola.


Su Tex Classic 185 troviamo ristampate a colori 191 strisce, pubblicate in origine tra i numeri 41 e 44 della Serie Cobra, la 35a di Tex nel formato originale, usciti nel settembre del 1966. Le stesse pagine sono state ristampate per la prima volta nel formato bonelliano a cavallo tra Tex 87 e 88 del gennaio e febbraio 1968. Stavolta le strisce sono 191 e non le classiche 192 perché a metà albo tra la conclusione dell'episodio Oro Nero e l'inizio del successivo, Yuma, c'è una striscia libera occupata dall'immagine di Tex realizzata da Galep per la cover del numero 200; lo stesso montaggio utilizzato sulla Collezione Storica a Colori di Repubblica per chiudere il numero 41.  


Il titolo del Classic, Dente per dente, è quello del quarantaduesimo albo della Serie Cobra; mentre la copertina, che, come ormai da prassi consolidata, non c'entra nulla con le vicende interne, e stata realizzata da Claudio Villa e nasce come mini-poster allegato a Tex Nuova Ristampa 342 del gennaio 2014. L'illustrazione del Maestro di Lomazzo fa riferimento in realtà all'episodio Ritorno a Culver City di Nizzi e Civitelli, pubblicato sui numeri di Tex 511 e 512 nella primavera del 2003. 


Un annetto dopo la pubblicazione su Tex Nuova ristampa, nel febbraio 2015, l'illustrazione dei quattro pard che minacciosi avanzano nella main street, diviene la copertina di Tex Edição Histórica 91, pubblicata dalla casa editrice brasiliana
Mythos. L'albo conteneva la ristampa di Una stella per Tex, di Giovanni Luigi Bonelli e Muzzi/Galep, pubblicata in Italia a cavallo tra il 1975 e il 1976, sui numeri dal 180 al 183 della serie principale di Aquila della Notte.


Pescando tra le illustrazioni dei miniposter di Tex Nuova Ristampa, la redazione bonelliana avrebbe potuto scegliere come copertina per questo Classic, un disegno di Villa ispirato proprio a  una frangente di Yuma!, l'avventura che porta la firma di Galep e Muzzi ai disegni e che inizia a metà dell'albo in edicola. Nella parte finale del Classic troviamo infatti la striscia di due vignette che vedete qui sotto.

Tex viene disarcionato da dei banditi che  sparano al suo cavallo. Claudio Villa nel luglio del 2000, sintetizzò le due vignette nell'illustrazione pubblicata come miniposter in appendice e a Tex Nuova Ristampa 53. 
L'illustrazione divenne una copertina un paio d'anni più tardi, nell'aprile 2002, grazie alla brasiliana Mythos che la utilizzò a questo scopo per il numero 53 di Tex Edição Histórica.


Scoperta l'origine della cover ufficiale e della mancata copertina di questo 185° albo della più recente ristampa bonelliana di Tex, dovremmo passare a parlare della cover del primo albo in formato bonelliano a ristampare le pagine contenute in questo Classic, ma lo abbiamo già fatto nella puntata 133 quando quella copertina venne usata per questa collana. Recuperiamo quindi una storica copertina di Galep di cui non abbiamo finora parlato, in attesa che fosse scelta per il Classic, ma che a questo punto non verrà più utilizzata, data la recente scelta redazionale di virare sulle copertine disegnate da Villa. Stavolta scopriamo le origini segrete della copertina di Tex 68: Duello Apache.


Francesco Bosco e Mauro Scremin, già nel primo volume della serie Western all'Italiana, indicano come fonte di ispirazione per questa copertina il manifesto cinematografico del film Gli inesorabili, o The unforgiven se preferite il titolo originale.


Nel poster, al posto della scure texiana, Burt Lancaster impugna in fucile, evidentemente ormai inutilizzabile, dalla canna, come ultimo tentativo di difesa dell'attacco dei pellerossa. L'illustrazione ispirata alla pellicola, datata 1960, è firmata da Frank McCarthy. 
Esiste un'altra immagine molto simile che parrebbe risalire agli anni Cinquanta. Si tratta del manifesto ufficiale giapponese del film di John Ford My Darling Clementine, noto in Italia come Sfida infernale. Il film è uscito in terra nipponica nel 1947, ma non sappiamo se la locandina sia stata realizzata in quell'occasione o meno. 


La posizione del corpo del protagonista è molto simile a quella del manifesto di McCarthy. Unica differenza la pistola in pugno anziché il fucile. Chissà se fu l'illustratore americano a ispirarsi a quello giapponese o viceversa?
Il parallelo tra le tre immagini comunque evidenzia come Galep si sia ispirato indubbiamente all'illustrazione statunitense.


La copertina di Duello Apache firmata da Galep è stata utilizzata in Italia altre tre volte: in occasione delle due classiche ristampe bonelliane, Tutto Tex e Tex Nuova ristampa, e per il volume 99 della collana della RCS dedicata ai 70 anni del personaggio. Da notare che in tutte e tre le occasioni a Tex spunta un cappello dietro alle spalle, il fazzoletto nero al collo, e i classici blue jeans, oltre a uno sfondo più ricco alla destra dell'eroe nelle due ristampe bonelliane.


La cover di Tex 68 non è stata molto utilizzata dagli editori stranieri delle avventure di Aquila della Notte; l'abbiamo rintracciata solo in Spagna nell'edizione Buru Lan dei primi anni Settanta; in Norvegia, utilizzata dalla Semic nel 1984; e nella ristampa Brasiliana Tex Coleçào durante la gestione della Editora Globo. Quest'ultima si segnala per una misteriosa maglietta o un elegante foulard, al collo del protagonista, sotto la camicia. Nessuna delle copertine ha esattamente gli stessi colori dell'originale.


Saverio Ceri

N.B. Vi invitiamo a scoprire anche le precedenti puntate di Secret Origins in Cronologie & Index.

martedì 2 aprile 2024

BONELLI IN DIGITALE - PUNTATA # 1



Con grande orgoglio vi presentiamo una nuova rubrica - o meglio una nuova serie -  di "Dime Web" dedicata alle versioni digitali dei fumetti di Bonelli. A proporcela è stato lo stesso Giampiero Belardinelli, nostro sodale fin dai tempi di "Dime Press", collaboratore della prim'ora di "Dime Web" e uno dei massimi esperti del fumetto bonelliano (zagoriano in particolare) in Italia; ovviamente abbiamo accettato senza battere ciglio! Giampiero ha persino creato il logo, davvero accattivante, per la sua rubrica (per questo, in via del tutto eccezionale, il post non inizia con il nome dell'autore, essendo in questo caso già presente nel logo). L'appuntamento con "Bonelli in digitale" avrà cadenza bimestrale, ovvero uscirà nei mesi pari, spesso in date diverse, a seconda delle esigenze di "scaletta" della nostra rivista. Vi auguriamo buona lettura! (s.c. & f.m.)




Perché leggere in digitale?

Come suggerisce l’immagine grafica che apre questo pezzo, questa mia rubrica per "Dime Web" avrà una cadenza bimestrale, una periodicità adatta alle esigenze di chi, come molti collaboratori di questo blog, è un critico della domenica. La definizione è ovviamente autoironica, ma non più di tanto. Il grande Sergio Bonelli, per fare un illustre esempio, si definiva uno sceneggiatore della domenica: e se lo diceva un grande autore ed editore come lui, questa definizione calza ancor più a pennello per gente come noi, infinitamente meno talentuosa.

Ma veniamo al punto. Da quando è stata lanciata l’applicazione Bonelli Digital Classic (per smartphone, tablet e personal computer) mi sono abbonato, seppure non in maniera continuativa. Negli ultimi mesi ho deciso di abbonarmi in maniera stabile alla piattaforma e, navigando tra le epoche, ho letto qua e là diversi racconti e ho scoperto il piacere di leggere in digitale. Chi scrive, pur avendo l’applicazione sullo smartphone, per leggere o rileggere le avventure presenti nel catalogo utilizza un PC portatile con una buona risoluzione del display: il mio metodo di lettura è quello a striscia e ho apprezzato in molte occasioni le qualità grafiche dei disegnatori grazie alle maggiori dimensioni rispetto alla lettura su carta.

La digitalizzazione dei fumetti ha aperto un mondo di possibilità per gli appassionati del genere. Con un semplice clic, si può accedere a decenni di storie e avventure, riscoprendo serie classiche come "Il Piccolo Ranger" o esplorando nuove uscite senza il vincolo della raccolta fisica. Questa transizione al digitale non solo offre comodità e varietà, ma anche un modo per conservare e apprezzare la storia del fumetto, rendendo le letture un'esperienza sempre nuova e arricchente. La sincronizzazione tra dispositivi è certamente un aspetto cruciale nell'era digitale, specialmente quando si tratta di piattaforme di contenuti che desideriamo fruire in momenti e luoghi diversi. La capacità di riprendere una lettura o una visione da dove si era interrotti, indipendentemente dal dispositivo utilizzato, non solo migliora l'esperienza utente ma rispecchia anche le aspettative moderne di accessibilità e flessibilità. Speriamo che gli sviluppatori possano presto implementare queste funzionalità, rendendo l'esperienza più fluida e piacevole per tutti gli utenti, in modo che l’applicazione Mobile e quella Desktop funzionino senza soluzione di continuità.





Introduzione

La prima puntata di questa rubrica la vogliamo dedicare ad Alfredo Castelli, scomparso il 7 febbraio 2024. Cosa abbia rappresentato Castelli per il fumetto italiano e in particolare per la Sergio Bonelli Editore è noto a tutti gli appassionati delle nuvole parlanti. Quindi non aggiungerò nulla ai proverbiali fiumi di inchiostro versati dalle testate specializzate e non solo. Con l’occasione rimando a un articolo molto importante scritto da Francesco Manetti qui su Dime Web.

La storia scelta per questa prima puntata della rubrica è un classico del primo Martin Mystère, La spada di Re Artù e Il mistero di Stonehenge (MM 15-16), albi pubblicati nei mesi di giugno e luglio del 1983. Ma ora basta con gli indugi: andiamo a cominciare!


I misteri di Mystère

Il personaggio di Alfredo Castelli abbraccia quel filone della cosiddetta archeologia alternativa, mescolando mistero, enigmi ed elementi fantastici. Il personaggio si approccia a queste teorie o misteri cercando di indagare senza pregiudizi, ma con un approccio che possiamo definire scientifico. Il Nostro è infatti un uomo che a volte si pone in maniera disincantata dinanzi a teorie strampalate ed eccessive, come quelle diffuse dal collega Von Eriksen. Martin è possibilista (e quindi lo stesso Castelli) su certe dottrine, ma non crede – al contrario di Von Eriksen – che ogni costruzione o episodio strano del passato sia legato alla presenza di alieni arrivati sulla Terra in tempi remoti. Rispetto al collega Martin si pone con un certo distacco dinanzi a quella pubblicistica – per quanto affascinante – un po’ ottimistica ed esagerata che finisce per svilire chi invece cerca di guardare con scrupolo all’altrove scientifico. D’altronde questa mia osservazione rimanda in maniera inequivocabile e un fondamentale saggio, curato da Antonio Vianovi con i testi di Moreno Burattini (Martyn Mystère 2, Glamour International Production, 1992) in cui si evidenziava, tra le altre cose, il diverso approccio sulle tematiche mysteriose della testata bonelliana rispetto, ad esempio, alla godibilissima serie di pellicole con protagonista Indiana Jones.



La lancia degli iniziati

In questa fondamentale saga in due albi troviamo molti dei miti affrontati dall’archeologo Indiana Jones: il Sacro Graal, il Nazismo esoterico, ecc. Pur non citando direttamente Re Artù, in Indiana Jones troviamo alcune similitudini con le storie arturiane, come la ricerca di oggetti leggendari e la lotta tra il bene e il male. Come dicevamo, rispetto agli autori dei lungometraggi sopracitati, Castelli si pone in maniera attenta e documentata, senza dimenticare una sprizzata di sana ironia. Le leggende di Re Artù riguardano la spada Excalibur e il Sacro Graal: Excalibur era una spada potente, restituita al lago da cui proveniva dopo l’ultima battaglia di Artù; il Sacro Graal è considerato la coppa usata da Cristo nell’Ultima Cena, utilizzata poi per raccogliere il suo sangue sulla croce. Da qui nasce il collegamento con Adolf Hitler e il Nazismo. Il Führer ed Heinrich Himmler erano infatti affascinati dall’esoterismo e dalle reliquie sacre. Credevano che il possesso del Sacro Graal e della Lancia di Longino (dal nome del soldato romano che, secondo la tradizione cristiana, trafisse il costato di Gesù), un’altra reliquia legata a Cristo, avrebbe conferito loro poteri occulti. Hitler cercò il Graal e la lancia, organizzando ricerche in tutto il mondo. Questa ossessione era legata alla convinzione che Gesù fosse di origine ariana. In questo racconto di Martin Mystère si immagina che le due spade (Longino o Helige Lance ed Excalibur) fossero in realtà la stessa mistica arma passata di mano in mano attraverso i secoli.

La magica arma, dopo varie peripezie, finisce nelle mani di Heinz Schmesser che, sul letto di morte, consegna a Martin le chiavi di una cassetta di sicurezza sita in una banca svizzera: il Nostro recupera la spada dopo aver promesso all’amico morente di riportarla nel luogo di origine e poi distruggerla… Lo scopo di Heinz Schmesser è di evitare che la potente arma possa finire nelle mani di persone malvage e ambiziose, finendo per causare immensi danni all’umanità.


Viaggi e intemperie

La ricerca sulle origini delle magiche spade conduce Martin e Java in diverse città e luoghi della nostra Europa. In questa serie moderna il viaggio non è più un’epopea omerica come per esempio accade in Zagor o personaggi ambientanti in epoche selvagge. Martin vive nella nostra epoca, anche se i cambiamenti tecnologici sono talmente rapidi che gli anni Ottanta del secolo scorso appaiono quasi un altro tempo storico. Qui Martin usa già il computer (un Macintosh), ma in quegli anni non c’era ancora Internet, non c’erano i telefoni cellulari e soprattutto non esistevano ancora gli attuali smartphone. Viaggiare dagli Stati Uniti all’Europa era alla portata di molti grazie alle line aeree, ma si avvertiva comunque una certa distanza con le persone care lontane perché non si era sempre connessi come siamo oggi tutti noi. Da appassionato di computer, software, smartphone, intelligenza artificiale (fino a pochi anni fa ho scritto decine di articoli sul mondo Microsoft per un sito specializzato italiano) ritengo che Internet sia un’indispensabile rivoluzione, ma capisco che, a volte, un po’ di sano distacco dalla tecnologia faccia bene. Martin Mystère ci porta dagli States all’Europa e, nel giro di pochi giorni, ci accompagna da Vienna a Parigi, passando da Zurigo a Milano per poi scendere a Modena e infine al Castello d’Otranto (in provincia di Lecce), luogo simbolico di molte importanti avventure mysteriose. Il cerchio dell’avventura si chiude con l’arrivo dei Nostri a Stonehenge, dove si confrontano e si scontrano di nuovo con lo spietato Sergej Orloff.




Spade ed eroi

Da notare come la spada bramata da Orloff risponda ai comandi di chi ha nobili scopi e porti alla rovina chi invece non lo sia. Ad esempio, sul treno che da Zurigo sta portando i Nostri a Milano, la magica arma reagisce alla volontà inconscia di Martin di sbarazzarsi degli avversari: obbedendo a un comando silenzioso Orloff e i suoi si gettano dal treno come degli automi telecomandati. Qualcosa di simile accade a Stonehenge. Tra l’altro, in quel luogo i protagonisti dell’avventura scoprono come la spada sia passata di mano in mano ai vari Art della mitologia e che sia servita a sventare una minaccia aliena. Non sempre, però, tutti gli Art avevano il cuore puro come, ad esempio, lo Spirito con la Scure che, con le armi concessagli da Rakum l’Eroe Rosso, sconfigge gli Akkroniani (nell’albo Magia senza tempo, ZG 182). In queste sequenze, vista la mia formazione zagoriana, ho trovato un aggancio con quanto narrato da Alfredo Castelli, che forse ha anche voluto omaggiare il suo amico editore e sceneggiatore Bonelli/Nolitta. A tal proposito, ne La spada di Re Artù, rispondendo alle informazioni del suo vecchio amico Heinz Schmesser, Martin cita la foresta in cui vive lo Spirito con la Scure: Avalon? Ma è un luogo Mitico, è come parlare di Utopia o della foresta di Darkwood!


Note a margine

In questa fase della sua vita editoriale Martin ha un comportamento leggero con il gentil sesso e, come in quest’avventura, sembra non tirarsi indietro dinanzi ai corteggiamenti di alcune giovani donne. Il suo rapporto con Diana è ancora un po’ capriccioso e ancora lontano da quello consapevole e maturo raggiunto in seguito.




Alessandrini in digitale

L'arte di Giancarlo Alessandrini ha segnato indelebilmente il mondo del fumetto, con il suo stile inconfondibile ha caratterizzato senza ombra di dubbio le avventure di Martin Mystère. Il passaggio da un tratto deciso e scuro a uno più morbido e lineare mostra la sua capacità di adattarsi e di crescere insieme ai suoi personaggi. Questa trasformazione non solo ha arricchito la narrazione visiva delle storie, ma ha anche influenzato generazioni di artisti, dimostrando come l'evoluzione stilistica possa essere un viaggio tanto personale quanto professionale. In questa fase della sua carriera Alessandrini predilige l’uso del tratteggio e un impiego robusto del nero e soltanto in seguito avrebbe abbracciato la linea chiara di scuola franco-belga.

La visione in digitale delle strisce tratte da questa avventura dà particolarmente risalto alle qualità dell’autore e dona ariosità al suo stile, che sul più piccolo supporto cartaceo ha leggermente penalizzato i dettagli rispetto al forte contrasto tra bianco e nero.


Giampiero Belardinelli


N.B. Trovate i link alle altre puntate di Bonelli in digitale su Cronologie & Index!

domenica 31 marzo 2024

LA SINFONIA DI TEX

di Filippo Pieri

Sulla Settimana Enigmistica n. 4790 dell'11 Gennaio 2024 a pagina 25 c'è la rubrica "Sinfonia di Parole Crociate" con all'interno una citazione bonelliana che chiede: il Kit compagno di Tex Willer.


N.B. Trovate i link alle altre novità bonelliane su Interviste & News!

venerdì 29 marzo 2024

IL PASSATO DI VIVIANE L'INFERMIERA di PIERI & CRYX - VIVIANE DIVENTA UNA TRILOGIA!

di Francesco Manetti




Sono innamorato da anni di Viviane, il personaggio creato da Filippo Pieri e Cristiano "Cryx" Corsani, protagonista di ormai tre volumi pubblicati da Sbam! Comics (l'ultimo "sorte" nel periodo pasquale del 2024). Innamorato non solo perché Viviane è una "gnocca" formidabile (Cryx strepitoso nel rappresentarla!) e assolutamente non "fluida", che oggi non si sa più cosa si rischia di trovare in un paio di slip (de gustibus, per l'amor d'Iddio, ci mancherebbe altro!). Innamorato anche perché è un fumetto nel quale si respira aria di freschezza, un fumetto positivo, in piedi in un'era di rovine e di cupezza, un fumetto che crea umorismo, motto di spirito, da battute di stampo classico, verbali, ma che non disdegna esilaranti momenti di ben più fisico "slapstick". Innamorato, inoltre, perché su queste pagine mi ritrovo un po' a casa. I due autori li conosco benissimo di persona e sono apparsi più volte su "Dime Web"; con Filippo, poi, ho un rapporto di amicizia che affonda le radici ai tempi di "Dime Press" e che si è consolidato negli anni, culminando nella pubblicazione cartacea delle avventure di Luke Ness (a tal proposito: "stay tuned", e non aggiungo altro perché non è questa la sede). Mi ritrovo a casa grazie pure alle tre introduzioni ai volumi: la prima fu fatta da Moreno Burattini, che frequento addirittura dagli anni '80 di "Collezionare"; la seconda i due autori vollero bontà loro affidarla a me; e la terza non poteva essere che di Luciano Costarelli, che aveva già collaborato con Pieri e con il quale ho firmato la grande realizzazione che fu nel 2017 Mondi Paralleli, un albo che conteneva storie brevi fantascientifiche da me sceneggiate e da lui mirabilmente disegnate. Luciano, all'inizio della sua intro, ci fulmina dicendo:

Se avete comprato questo fumetto per farvi quattro risate, mi spiace ma avete fatto un errore.

 




Scherza, naturalmente! E poi spiega perché... ma per saperlo dovrete comprare il volume!

E Filippo, in una breve nota di prefazione, scrive:


In questo "Il passato di Viviane l’infermiera" dimenticatevi il politically correct: questo fumetto è il ritratto acido, ma dannatamente sincero, di una società, la nostra, piena di contraddizioni, dove nessuno è davvero quello che sembra. Vuole essere un racconto a volte comico, a volte malinconico, che osserva i rapporti tra le persone e conclude che, alla fin fine, l’unica ad uscirne in maniera positiva è lei, Viviane, che non perde mai il suo ruolo e la sua personalità. Questa nuova avventura, firmata come le precedenti dal sottoscritto per i testi e dall’ottimo Cryx per i disegni, conclude la trilogia iniziata nel 2018 con "Viviane l’infermiera" e proseguita nel 2021 con "Sulle tracce di Viviane l’infermiera", tutti editi da Sbam!. Come in una serie di film, abbiamo così avuto l’esordio, poi un sequel e ora un prequel. Ma potete partire da qui, anche senza aver letto gli episodi precedenti, e godervi questa avventura che è un chiaro omaggio al cinema sexy degli anni ’70, aggiornato ai giorni nostri, e contemporaneamente una critica sociale che porta anche a far riflettere.




In realtà, secondo me, il politicamente corretto non c'è mai stato nella saga di Viviane, anche perché, come dicono sia Costarelli, sia Pieri, uno dei riferimenti del fumetto è la commedia scollacciata italiana dei Settanta, ovvero le antipodi della correttezza politica (o della sua ulteriore degenerazione, il woke, che Dio ce ne scampi e liberi!). Pieri fa comunque questa puntualizzazione perché la ritiene necessaria, perché ormai il politically correct - come dicono in America dove l'hanno inventato (accidenti a loro, aveva ragione Benigni in "Non ci resta che piangere" quando voleva fermare Colombo) - ha invaso davvero tutti i media di intrattenimento: i social, il fumetto, il cinema, la fiction televisiva, etc. Sinceramente non se ne può più! Dunque ben venga Viviane, qui nella sua terza/prima avventura, in una vicenda dove verranno presentati due nuovi personaggi e che getterà le basi del suo futuro lavoro di infermiera badante di vecchietti arrapati e svaniti a Villa Sfiorita (un nome che dovrebbe dire qualcosa in più a chi vive nel pratese...). Ben venga Vivane con le sue belle poppe e col suo procace sedere. Ben venga con la sua simpatia e con la sua disinibizione.
E a voi lettori non resta che allungare le vostre braccine corte, tirare fuori dalle tasche gli sghei, la pecunia, il valsente. Calate le palanche e non ne resterete delusi!


Pieri & Cryx
IL PASSATO DI VIVIANE L'INFERMIERA
Sbam! Libri
Sbam! Comics
Marzo 2024
pagg. 64

Francesco Manetti

N.B. Trovate i link alle altre novità su Interviste & News!

mercoledì 27 marzo 2024

JOHN HICKS ADAMS! – IL VERO “LAWMAN” PIÙ VELOCE DEL VECCHIO WEST! – I “RANGERS PARTISANS”! – THE “KNIGHTS OF THE GOLDEN CIRCLE”! – LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA – PARTE XCVIII

di Wilson Vieira

Ci stiamo sempre più avvicinando alla centesima puntata della nostra rubrica western e Wilson ha cucinato per voi un piatto con molti sapori carioca! Vi ricordiamo che le numerose immagini (ben 60) che illustrano questo articolo sono state scelte e posizionate nel testo dallo stesso Vieira. Buona lettura! (s.c. & f.m.)






Era noto nel selvaggio West per la sua rapidità nel estrarre la pistola e si guadagnò fama come pistolero. Questa storia non riguarda un uomo di legge del Texas, del New Mexico o dell’Arizona, ma della California. Amo la vera storia del Vecchio West, la storia americana, quella imparziale. Sappiamo che Wyatt Earp (1848-1929) fu un ladro di cavalli, un magnaccia, uno spaccone e un artista della truffa. Verso la fine della sua vita, divenne noto per raccontare storie fantasiose del West ai suoi amici attori, persone con cui aveva stretto amicizia a Hollywood, quando i registi idealizzavano il West. Wild Bill Hickok (1837-1876) era un tiratore che uccise tre uomini disarmati. E poiché la fantasiosa storia di John Wesley Hardin (1853-1895) che attirava Wild Bill non è stata testimoniata da nessuno, non credo che sia mai realmente accaduta. Il motivo per cui sollevo queste questioni è che credo fermamente che gli storici non imparziali rendano un cattivo servizio a tutti noi, sembrando perpetuare falsità e miti. Tuttavia, la vera storia dietro la maggior parte di queste figure è molto più affascinante. Questa è la storia di John Hicks Adams. Era un uomo di legge la cui vita era davvero più affascinante di molte altre leggende. Ma chi era John Hicks Adams? Era autentico, un vero uomo di legge. E francamente, vorrei che uomini veri come Adams ricevessero il rispetto e la notorietà che meritano. Era davvero uno degli “eroi” non celebrati delle forze dell’ordine, nei giorni in cui gli uomini caricavano i loro Winchester con sei colpi invece di cinque e sellavano i loro cavalli per lunghe distanze. Faceva tutto parte del loro lavoro, era ciò che facevano. Non c’era dubbio sulla loro costante dedizione al dovere, e non si lasciavano scoraggiare dagli errori che mettevano in fuga gli altri. Prendevano una o due scatole di munizioni extra, due borracce piene e mettevano chiodi e un po’ di caffè nelle bisacce accanto ai ferri da stiro. Partivano, sapendo bene che se i loro cavalli resistevano e rimanevano fermi sotto le coperte bagnate, né proiettili né granate, né la pioggia, il vento o il sole cocente li avrebbero fermati mentre cavalcavano contro i fuorilegge in nome della giustizia. Fu sepolto nell’Oak Hill Memorial Park a San Jose, nella contea di Santa Clara, in California, dove aveva servito per molti anni. Si dice che John Hicks Adams sia considerato l’uomo di legge più famoso della contea di Santa Clara. Per questo motivo, il dipartimento dello sceriffo della contea di Santa Clara ha creato la “John Hicks Adams Room” nella propria sede. La stanza ospita una collezione storica di uniformi, armi da fuoco, distintivi, attrezzature, giornali e altri cimeli del dipartimento dello sceriffo. John Hicks Adams era un uomo di principio. Era autentico e merita di essere ricordato. E francamente, questa è la mia visione della storia. John Hicks Adams nacque in Illinois nel 1820, figlio di John Quincy Adams e di sua moglie. “J.H.”, come era conosciuto, frequentò il college allo Shurtleff College di Upper Alton, Illinois. Nel 1841, John sposò Matilda Pomeroy e insieme ebbero otto figli. Il padre di John divenne sceriffo a Edwardsville, Illinois, e il giovane John fu nominato suo vice, avendo così il suo primo assaggio di vita da uomo di legge. Il 13 giugno 1820, John Hicks Adams Jr. nacque a Edwardsville, Illinois. Suo padre, John Adams Sr., fu eletto sceriffo della contea di Madison nel 1838, quindi non sorprende che John Jr. sia stato nominato vice sceriffo. Nel dicembre del 1841, John Hicks Adams sposò Mathilda Pomeroy (1824 – 1901). La loro prima figlia, May Hanna, nacque un anno dopo, il 21 dicembre 1842. Come per altri, il senso del dovere verso la legge scorreva nel suo sangue. I primi incarichi di John Hicks Adams come uomo di legge includevano la riscossione delle tasse e la gestione degli affari giudiziari. Ricorda, in passato, uno sceriffo di contea veniva pagato una percentuale che andava dal 10% al 12% delle tasse riscosse. Da quanto ho capito, questo è il motivo per cui Wyatt Earp si candidò a sceriffo della contea non appena arrivò a Tombstone. A differenza di quanto rappresentato nel film “Tombstone”, quando Wyatt Earp arrivò a Tombstone, non si era affatto ritirato. Fortunatamente per le forze dell’ordine, John Hicks Adams era un vero esempio di integrità e non aveva nulla in comune con il vero Wyatt Earp. Da quanto ho letto su John Hicks Adams, non si sente mai parlare di lui in relazione a furti di fondi scolastici o arresti per sfruttamento della prostituzione e truffe, come nel caso di Earp, anch’esso originario dell’Illinois. Nel maggio del 1847, durante la Guerra Messicano-Americana, John Hicks Adams lasciò la sua casa per adempiere al suo dovere patriottico e si arruolò nel 5° Reggimento dei Volontari dell’Illinois, Compagnia “J”. Durante la marcia verso il Messico, il comandante della sua compagnia, il Capitano Niles, morì e Adams fu promosso a capo della Compagnia “J”. Rimase capitano per quasi due anni di servizio attivo, trascorrendo la maggior parte del suo tempo nell’esercito a combattere gli Indiani nel Sud-Ovest. Il Capitano Adams fu congedato dall’esercito il 12 ottobre 1848. In seguito, quando si diffuse la notizia che l’oro era stato scoperto in California, attraversò il paese e nell’agosto del 1849 arrivò a Hangtown. Dopo la scoperta dell’oro a Coloma, in California, da parte di James W. Marshall nel 1848, si scatenò la Corsa all’oro in California, dando vita alla piccola città di “Dry Diggin’s”.






La scoperta dell’oro da parte di James Marshall a Sutter’s Mill in California nel 1848 diede il via alla celebre corsa all’oro californiana. Nato nel 1810, Marshall seguì le orme di suo padre diventando un abile falegname e carraio. Dopo la morte di suo padre nel 1834, si diresse verso l’Ovest, trascorrendo del tempo in Illinois e Indiana prima di stabilirsi nel Missouri. Lì contrasse la malaria e, seguendo il consiglio del medico, si spostò nuovamente verso l’Ovest. Nel luglio del 1845, arrivò nella Valle del Sacramento e iniziò a lavorare per John Sutter come falegname. Riuscendo bene, migliorò le sue condizioni economiche, acquistò un ranch e iniziò l’allevamento di bestiame. Nel 1846, si unì al battaglione della California guidato da John C. Fremont (1813 – 1890) e prese parte alla rivolta della “Bear Flag”, un tentativo di sottrarre la California al dominio messicano. La rivolta della Bear Flag fu un’insurrezione dei coloni americani nella Sacramento Valley, allora sotto il controllo messicano, il 14 giugno 1846. I coloni presero il controllo della guarnigione di Sonoma e catturarono un generale messicano, poi issarono una bandiera bianca con un orso grizzly e una stella, proclamando lo stato indipendente della Repubblica della California. Nel 1846, in California risiedevano circa 500 americani, a fronte di una popolazione messicana compresa tra 8.000 e 12.000 persone. Al suo ritorno, Marshall scoprì che il suo bestiame era stato rubato e fu costretto a vendere il suo terreno. Successivamente formò una società con John Sutter per costruire una segheria. Fu proprio in questa segheria che, il 24 gennaio 1848, scoprì l’oro nell’acqua che scorreva attraverso il canale di scarico del mulino. Informò immediatamente Sutter, che fece giurare ai suoi dipendenti di mantenere il segreto. Tuttavia, la notizia era troppo importante per rimanere nascosta e si diffuse rapidamente.






Non appena la notizia si diffuse, circa 80.000 cercatori affluirono nell’area, spargendosi lungo tutta la valle del Sacramento e invadendo i territori di Sutter. Ironia della sorte, né Sutter né Marshall trassero profitto dalla scoperta che avrebbe dovuto arricchirli indipendentemente. Nonostante Marshall tentasse di assicurarsi le proprie rivendicazioni nei giacimenti auriferi, non ebbe successo. Anche la sua segheria fallì, poiché ogni uomo in grado partì alla ricerca dell’oro. Ben presto, l’area attorno a “Sutter’s Mill” divenne la prima città del boom minerario della California: Coloma.






Deluso, Marshall lasciò la zona, vagando per la California alla ricerca di un nuovo colpo di fortuna. Nel 1857, fece ritorno a Coloma e, all’inizio degli anni '60 del diciannovesimo secolo, avviò un vigneto. Sebbene inizialmente fosse redditizio, i suoi sforzi come viticoltore fallirono quando, verso la fine del decennio, l’aumento della concorrenza e il calo della domanda lo esclusero nuovamente dal mercato. Successivamente, Marshall tornò a cercare oro e a viaggiare per lo stato. Collaborò con un altro minatore in una miniera d’oro vicino a Kelsey, in California, ma lo sviluppo della miniera si rivelò costoso e infruttuoso, portando l’infelice Marshall sull’orlo della bancarotta. Nel 1872, Marshall ebbe una svolta fortunata quando la Legislatura dello Stato della California gli concesse una pensione biennale in riconoscimento del suo ruolo in un’epoca significativa nella storia della California. La pensione fu rinnovata nel 1874 e nel 1876, ma non fu più concessa nel 1878. La leggenda narra che Marshall si presentò personalmente all’Assemblea Legislativa per chiedere il rinnovo della pensione, ma non gli fu concessa alcuna pensione aggiuntiva quando una bottiglia di brandy cadde dalla sua tasca e rotolò sul pavimento. Marshall continuò a vivere a Kelsey, in una modesta capanna di contadino, guadagnandosi da vivere con un piccolo orto fino alla sua morte, avvenuta il 10 agosto 1885. Il suo corpo fu trasportato a Coloma e sepolto nella proprietà dove aveva avuto il suo vigneto. Sopra la biforcazione sud dell’American River, nel 1890 fu eretto un monumento sulla sua tomba. In cima al monumento si trova una statua in bronzo di Marshall, che indica il luogo dove cambiò il corso della storia della California.






La località fu chiamata “Dry Diggin’s” per il metodo utilizzato dai minatori, che trasportavano carri pieni di terra asciutta fino all’acqua corrente per separare l’oro dal terreno. Più tardi, nel 1849, la città acquisì il suo nome storico più noto, “Hangtown”, a causa delle numerose impiccagioni che vi si svolsero.






Il nome “Hangtown” rimase in uso fino al 1850, quando la “Lega per la Temperanza” e alcune chiese locali iniziarono a richiedere l’adozione di un nome più consono. Il cambiamento di nome non avvenne fino al 1854, anno in cui la città fu ufficialmente incorporata come Placerville. Al momento della sua fondazione, Placerville era la terza città più grande della California.






Il capoluogo della contea di El Dorado fu trasferito da Coloma a Placerville nel 1857, poiché la città rappresentava un punto nevralgico per le operazioni minerarie nella regione della “Mother Lode”.






Il Capitano Adams rimase nell’area di Hangtown, partecipando alle attività minerarie fino a quando non fece ritorno in Illinois per riportare la sua famiglia nel settembre del 1851. In quel periodo, il viaggio era lento e arduo. Ci volle del tempo per tornare. Finalmente, un anno dopo, nella primavera del 1852, lui e la sua famiglia si misero in viaggio per la California. Si stabilirono a Georgetown, poco a nord-ovest di Hangtown. Lì, il Capitano Adams iniziò l’attività di estrazione mineraria. Successivamente, per ragioni ignote, trasferì la sua famiglia e avviò una fattoria vicino a Gilroy nel 1853. La vasta campagna agricola di Gilroy, in California, si trova a circa 190 miglia a sud-ovest di Hangtown. Pochi anni dopo il suo arrivo, Adams iniziò la sua carriera politica, candidandosi e vincendo la carica di supervisore della contea per Gilroy e Almaden Township nelle elezioni di settembre 1861. In seguito, nel 1863, il Capitano Adams si candidò alla carica di sceriffo e sconfisse lo sceriffo William A. con un margine di oltre 500 voti. Quelle elezioni speciali furono indette a seguito della morte dello sceriffo in carica della contea, e si rese necessario eleggere qualcuno per completare il suo mandato.






Naturalmente, la Guerra Civile Americana iniziò nel 1861 e, nel 1864, una banda di partigiani Confederati, nota come “Ingram’s Partisan Rangers”, derubò due diligenze nella rapina di Bullion Bend vicino a Placerville. Ciò che molti potrebbero non sapere è che, verso la fine della guerra, i simpatizzanti secessionisti in California tentarono di appropriarsi di oro e argento per la Confederazione. Almeno, questo è ciò che sostenevano di fare. Molte persone dell’epoca consideravano i Confederati non altro che opportunisti, fuorilegge, banditi e assassini.







Il capitano Rufus Henry Ingram (1834 - ?), un temibile fuorilegge che aveva militato nei “Raiders di Quantrill” a Est, giunse nella contea di Santa Clara insieme a Tom Poole, che aveva prestato servizio con J. M. Chapman. Nel 1863, Rufus Henry Ingram si unì a George Baker di San Jose, in California, che era appena tornato dall’Est dopo essersi arruolato nell’esercito Confederato.








Baker si lamentava del fatto che i secessionisti in California mancassero di leader esperti. Ingram dichiarò di essere stato con i “Raiders di Quantrill” di William Quantrill (1837 – 1865) durante il massacro di Lawrence e si mostrò interessato a tornare con Baker per reclutare soldati per la causa del Sud. All’inizio del 1864, Rufus Henry Ingram arrivò nella contea di Santa Clara con una commissione confederata come capitano e, insieme a un ex vice sceriffo della contea di Monterey, Tom Poole, organizzò circa cinquanta “Cavalieri locali del Circolo d’Oro” e li guidò in quello che divenne noto come il gruppo dei “Rangers Partigiani del Capitano Ingram”. Incontrando difficoltà nel raccogliere fondi per acquistare rifornimenti per la sua unità, Ingram pianificò inizialmente un raid a San Jose per derubare banche e negozi, sul modello del raid di Quantrill su Lawrence. Tuttavia, un disaccordo all’interno della banda portò alla rivelazione del piano allo sceriffo locale e il raid fu abbandonato. Poco dopo, Ingram decise di derubare le spedizioni d’argento provenienti dal Comstock Lode dirette a Sacramento. Il 30 giugno, Ingram e un piccolo distaccamento rapinarono due diligenze undici miglia a est di Placerville, portando via oro e argento e lasciando una lettera in cui spiegavano di non essere banditi, ma di condurre un’operazione militare per raccogliere fondi per la Confederazione. Durante l’inseguimento della banda in fuga, ci fu uno scontro a fuoco con due uomini di legge alla Somerset House. Un membro del gruppo fu ucciso, mentre Poole fu ferito e catturato. Dopo un inseguimento di due giorni, il gruppo di Placerville perse le tracce e Ingram riuscì a raggiungere la contea di Santa Clara una settimana dopo. Tom Poole fece una confessione completa, il bottino fu recuperato e rivelò l’identità dei suoi complici. Nonostante ciò, riuscirono a sfuggire alla ricerca nella contea di Santa Clara. I “Cavalieri locali del Circolo d’Oro” furono organizzati e comandati in quello che divenne noto come i “Rangers Partigiani del Capitano Ingram”. Sebbene affermassero di servire la causa del Sud, in realtà agivano solo per interesse personale. Nella rapina a Bullion Bend, derubarono due diligenze vicino a Placerville. Durante il furto di argento e oro, lasciarono una lettera in cui sostenevano che il loro atto criminale fosse in realtà un’operazione militare pianificata per raccogliere fondi per la Confederazione. Erano pieni di sé, utilizzando solo scuse per giustificare le loro azioni criminali. Il valore del bottino era enorme, soprattutto per gli standard del 1864. I 52.000 dollari rubati all’epoca oggi equivarrebbero a circa mezzo milione di dollari. E incredibilmente, Ingram emetteva “ricevute” agli autisti delle diligenze a nome degli Stati Confederati d’America. Durante l’inseguimento di questi “patrioti” del Sud, il vice sceriffo Staples della contea di El Dorado fu ucciso a colpi di arma da fuoco. Ciò avvenne quando sorprese la banda in una pensione il giorno successivo. Le informazioni sull’uccisione dello sceriffo Staples furono trasmesse allo sceriffo Adams insieme alla notizia che i Confederati si trovavano in una baracca vicino ad Almaden, vicino a Gilroy. Lo sceriffo Adams e un gruppo di vice circondarono la baracca e chiesero la resa dei partigiani. I Confederati non si arresero e aprirono il fuoco nel tentativo di fuggire. Si dice che lo scontro a fuoco che ne seguì fosse simile a quello di un film western, sebbene l’area fosse avvolta da una fitta nebbia di fumo di polvere nera. Le bande si affrontarono in uno scontro a fuoco che durò per un po’ prima che alla fine tutti i Confederati venissero catturati o uccisi. Si ritiene che l’unico dei “Rangers Partigiani di Ingram” a fuggire sia stato il capitano Ingram stesso, che approfittò della nebbia per abbandonare i suoi uomini e lasciarli morire. Anche lo sceriffo Adams fu colpito da un proiettile durante lo scontro. Il 15 luglio, un tentativo di Ingram di derubare il libro paga della “New Almaden Quicksilver Mine” fallì, culminando in uno scontro a fuoco con il gruppo dello sceriffo della Contea di Santa Clara, John Hicks Adams, a un miglio e mezzo fuori San Jose sulla strada per Almaden. Due degli uomini di Ingram furono uccisi e uno fu ferito. Anche lo sceriffo e il suo vice riportarono ferite nella sparatoria. Ingram fuggì dalla California verso il Missouri e successivamente non fu mai catturato. Sì, lo sceriffo Adams fu ferito da una “ferita nella carne”, quando un proiettile colpì il suo orologio da tasca e lo colpì alle costole. Nonostante la ferita, non gli impedì di inseguire un’altra banda di partigiani confederati nota come la Mason Henry Gang. All’inizio del 1864, il giudice simpatizzante confederato George Gordon Belt, un allevatore ed ex alcalde di Stockton, organizzò un gruppo di partigiani confederati che includeva John Mason e “Jim Henry”. Li incaricò di reclutare più uomini e di saccheggiare le proprietà dei sostenitori dell’Unione nella zona. Per i due anni successivi, la “Mason Henry Gang”, come divennero noti, si spacciò per ranger partigiani confederati. In realtà, erano solo criminali e fuorilegge. Commettevano rapine a mano armata, furti e omicidi nella valle meridionale di San Joaquin, nelle contee di Santa Cruz, Monterey, Santa Clara e nelle contee della California meridionale, tutto in nome della Confederazione. Sapevano che il bottino rubato sarebbe stato loro, se fossero riusciti a sopravvivere. È interessante notare che nessun oro catturato fu mai inviato alla Confederazione da coloro che si definivano patrioti del Sud in California. La verità è che, nonostante si parli dei Raiders di Quantrill, i partigiani confederati che razziavano la California non erano altro che una feroce banda di fuorilegge, che commetteva rapine, furti e omicidi nella Southern San Joaquin Valley, nelle contee di Santa Cruz, Monterey e Santa Clara. William C. Quantrill, un ex insegnante di Canal Dover, Ohio, che perseguì una vita di criminalità dopo essere emigrato in Kansas nel 1857. Quando iniziò la guerra, Quantrill si arruolò e prestò servizio come soldato semplice nella Compagnia “A” del 1° Reggimento Cherokee nell’esercito confederato. La sua unità si unì alle forze del generale Sterling Price nel Missouri in tempo per partecipare alle vittorie confederate nella battaglia di Wilson’s Creek (10 agosto 1861) e nella prima battaglia di Lexington (12-20 settembre 1861). Nel dicembre 1861, Quantrill rimase deluso dal comando di Price o dalla vita militare, il che lo spinse a disertare. Iniziò a formare una banda di irregolari che utilizzavano tattiche di guerriglia per tendere imboscate alle pattuglie unioniste e terrorizzare i simpatizzanti del Nord. Nel 1862, la temuta banda di seguaci di Quantrill, nota come “Quantrill’s Raiders”, includeva figure famigerate come William T. “Bloody Bill” Anderson (1840 – 1864) e i fratelli Jesse James (1847 – 1882) e Frank James (1843 – 1915), nonché i fratelli Younger, che guidarono famigerate bande di fuorilegge dopo la guerra: Thomas Coleman “Cole” (1844 – 1916), John (1846 – 1874), James “Jim” (1850 – 1902) e Robert “Bob” (1853 – 1889), spesso alleati di Jesse James. Predavano diligenze, allevatori, agricoltori, viaggiatori e soprattutto noti sostenitori dell’Unione.









Non rubarono direttamente al Governo degli Stati Uniti, né alle forze o alle installazioni federali, né a rappresentanti ufficiali dell’Unione. Si appropriavano dei beni di persone innocenti e laboriose, uccidendo coloro che non erano disposti a collaborare. Lo sceriffo Adams inseguì la banda con l’assistenza di due compagnie di cavalleria volontaria nativa della California da “Camp Low”. Il nascondiglio a Loma Prieta rimase ignoto fino a quando un gruppo di nove soldati e cinque cittadini, guidati dallo sceriffo Adams, non perquisì l’area intorno alla valle di Panoche nel giugno del 1865, ora parte della Contea di San Benito. Similmente alle moderne operazioni di polizia, mentre era sulle tracce della banda, questa ricevette un avvertimento credibile che i membri stavano pianificando un’incursione nei ranch locali. Come accade oggi con la criminalità organizzata, la banda aveva creato una rete di informatori per essere avvisati dell’avvicinarsi della legge. Quando lo sceriffo Adams giunse nella valle di Panoche, i Confederati Mason e Henry si stavano già ritirando verso Corralitos. Mason e Henry furono etichettati dai media come “Gli assassini di Copperhead”, noti non solo per le rapine ma anche per uccidere chiunque esprimesse sostegno all’Unione. I Copperheads, o “Peace Democrats”, erano una fazione del Partito Democratico dell’Unione che si opponeva alla Guerra Civile Americana e desiderava un immediato accordo di pace con i Confederati. Nel 1862, i Copperhead formarono i “Cavalieri del Circolo d’Oro”, che in seguito divennero l’Ordine dei Cavalieri Americani e dei Figli della Libertà. Nonostante le accuse repubblicane di tradimento, le prove di tali attività sono scarse. La maggior parte dei Copperheads era più interessata a preservare il Partito Democratico e a sconfiggere gli avversari repubblicani nelle elezioni piuttosto che partecipare a complotti sleali. Tuttavia, i Copperheads riuscirono a bloccare importanti leggi di guerra nel governo dello stato dell’Indiana e per un periodo controllarono la Camera bassa dell’Illinois. Horatio Seymour fu eletto governatore di New York nel 1862 e Vallandigham si candidò, senza successo, a governatore dell’Ohio nel 1863. Alla Convenzione Nazionale Democratica del 1864, i Copperheads presero il controllo della piattaforma del partito, inserendo una clausola che definiva la guerra un fallimento e chiedeva negoziati di pace immediati. Il candidato presidenziale del partito, George McClellan, tuttavia, respinse il piano di pace dei Copperheads. Dopo la guerra, i termini “democratico” e “Copperhead” divennero quasi sinonimi nel Nord, e il Partito Democratico portò lo stigma della slealtà per decenni dopo Appomattox. Lo sceriffo Adams fu vicino a catturare la banda in diverse occasioni, ma riuscirono sempre a sfuggire. Questo non fermò l’intrepido sceriffo, la cui incessante ricerca alla fine costrinse la banda a lasciare la zona e dirigersi verso il sud della California. Nel Sud della California, Henry fu ucciso dallo sceriffo della Contea di San Bernardino nel settembre del 1865, mentre Mason fu ucciso da un cacciatore di taglie vicino a Fort Tejon nel 1866, in un tentativo di guadagnare la ricompensa per la sua cattura. Durante il suo mandato, lo sceriffo John Hicks Adams si guadagnò una solida reputazione come uomo di legge e abile pistolero, noto per la sua integrità e impegno nel dovere. Fu rieletto con successo nel 1865 e nel 1867, diventando il primo sceriffo della Contea di Santa Clara a essere eletto per tre mandati consecutivi. Dopo essersi ritirato per un breve periodo nel 1870, si candidò nuovamente e vinse le elezioni per sceriffo nel 1871 e nel 1873. Sebbene non sia stato lo sceriffo Adams a catturare personalmente il bandito Tiburcio Vasquez, furono le sue competenze investigative a contribuire alla sua cattura. Adams era un abile detective, e le informazioni da lui raccolte furono decisive per l’arresto di Vasquez a Los Angeles nel 1875.










Tiburcio Vasquez fu impiccato davanti a una folla numerosa di uomini, donne e bambini nel cortile della prigione della contea di Santa Clara, dimostrando che il lavoro meticoloso della polizia, anche in un’epoca in cui la scienza forense era ancora agli albori, può portare a risultati concreti. Nel 1875, lo sceriffo Adams non fu rieletto e concluse il suo ultimo mandato nel marzo del 1876. Dopo aver gestito la sua fattoria per alcuni anni, John Hicks Adams lasciò l’area di San Jose per cercare oro in Arizona il 24 gennaio 1878. Alla fine di agosto dello stesso anno, fu nominato vice Marshal degli Stati Uniti per il territorio dell’Arizona. Dieci giorni dopo la sua nomina, il 2 settembre 1878, lui e un collega, l’ufficiale Cornelius Finley, furono vittime di un’imboscata da parte di cinque banditi messicani tra la miniera di Washington e Tucson. Nonostante fosse stato colpito da proiettili, si ritiene che il Marshal Adams sia stato ucciso a colpi di mazze e pietre. Gli assassini furono catturati in Messico, ma i funzionari messicani dell’epoca si rifiutarono di estradarli negli Stati Uniti per essere processati per omicidio. Questo episodio riflette le complesse dinamiche di collaborazione lungo il confine, che spesso vedono una limitata cooperazione tra le autorità. John Hicks Adams è ricordato come un uomo di legge integro e dedicato, e la sua eredità merita di essere onorata e riconosciuta per il suo impegno e la sua dedizione alla giustizia. John Hicks Adams è certamente uno degli “eroi” non celebrati delle forze dell’ordine, risalente ai giorni in cui gli uomini caricavano i loro Winchester e portavano sei colpi nelle loro Colt, pronti per il lungo viaggio. Durante la guerra Messicano-Americana, J. H. contribuì a formare una compagnia di soldati, venendo eletto primo tenente. Agì come quartiermastro per parte della marcia dell’unità verso il confine Messicano-Americano, supervisionando con successo un convoglio di 120 vagoni da Fort Leavenworth a Santa Fe, nel futuro territorio del New Mexico, al grado di capitano. Il 5° reggimento volontari dell’Illinois soffrì di così tante malattie durante la marcia verso il Nuovo Messico che non furono mai inviati oltre il confine. Nel maggio 1847, durante la guerra Messicano-Americana, Adams si unì alla Compagnia “J” del 5° reggimento volontari dell’Illinois. Dopo la morte del comandante della sua compagnia, il capitano Niles, durante la stagione meridionale, John fu promosso a capitano della Compagnia “J”, mantenendo il comando per il resto del suo servizio attivo, trascorrendo la maggior parte del tempo nel Sud-Ovest a combattere contro gli Indiani. Il capitano Adams fu congedato il 12 ottobre 1848. Quando si diffuse la notizia che l’oro era stato scoperto in California, John attraversò il paese, arrivando a Hangtown nell’agosto 1849. Dopo la guerra, tornò a casa giusto in tempo per la febbre dell’oro e lasciò nuovamente moglie e famiglia per cercare fortuna ad ovest. Rimase nell’estrazione dell’oro fino al settembre 1851, quando si rese conto che non sarebbe stato tra i fortunati. Tornò a casa alla fine del 1851 e, meno di un anno dopo, nella primavera del 1852, partì nuovamente per la California con la sua famiglia. Si stabilirono a Georgetown per un periodo e poi, nel 1853, si trasferirono in una fattoria vicino a Gilroy, in California. Poco dopo, una banda di Rangers Partigiani Confederati, noti come “Rangers Partisans” del Capitano Ingram dell’area di San Jose, derubò due diligenze nella rapina di Bullion Bend vicino a Placerville. La Guerra Civile ha lasciato un segno indelebile nel tessuto nazionale, portando a un cambiamento storico che continua a influenzare e definire l’identità americana. È indubbiamente l’evento più traumatico e trasformativo nella storia degli Stati Uniti e, nonostante le ricerche e l’interesse, conserva ancora molti segreti. La seconda operazione Confederata in California mirava alle ricche spedizioni d’argento dal Comstock Lode in Nevada a Sacramento, in California. Il capitano Rufus Ingram, noto come la “Volpe Rossa” per le sue incursioni con la banda di guerriglia di William Quantrill, incluso l’atroce attacco a Lawrence, Kansas, il 21 agosto 1863, era fuggito dal Missouri e si era rifugiato in Messico. All’inizio del 1864, incontrò George Baker, precedentemente di San Jose, che era in viaggio per arruolarsi nell’esercito Confederato. Parlando con Baker, Ingram apprese che c’erano molti uomini nella Santa Clara Valley disposti a combattere per la causa secessionista, ma mancavano di un comando militare. Ingram e Baker si recarono nel Nord della California e, una volta arrivati a San Jose, incontrarono il locale Castello dei Cavalieri del Circolo d’Oro. Ingram presentò ai Cavalieri il suo incarico ufficiale di capitano dell’esercito Confederato e iniziò a reclutare membri per una compagnia militare che sarebbe diventata nota come “Rangers Partisans from the Captain Ingram”.








Ingram, i Copperheads e i “Cavalieri” iniziarono il processo di raccolta fondi per armi e attrezzature. I Cavalieri del Cerchio d’Oro furono una società segreta della Guerra Civile che ambiva a costruire un impero basato sulla schiavitù. Questa organizzazione cercò di creare una confederazione che si estendesse per 2.400 miglia quadrate, dagli Stati Uniti meridionali fino al Sud America, e che fosse fondata sul lavoro degli schiavi. L’epitaffio di Alessandro Magno, che affermava che “il mondo non basta”, rifletteva un sentimento simile a quello dei Cavalieri del Cerchio d’Oro nel XIX secolo negli Stati Uniti. Questi uomini del Sud cospirarono per proteggere ed estendere la schiavitù, una delle questioni più controverse nella storia degli Stati Uniti. Sebbene i dettagli sui Cavalieri siano scarsi e la loro storia sia avvolta da voci, il loro obiettivo finale era chiaro: creare un impero che si estendesse dai Caraibi al Pacifico, sostenuto dal tabacco, dal cotone, dallo zucchero e dal lavoro forzato degli schiavi. Gli Stati Uniti Settentrionali e Meridionali adottarono approcci diversi alla schiavitù fin dalla colonizzazione del paese. Il Nord, pur non essendo completamente esente dalla schiavitù, non basava il suo sistema economico sul lavoro forzato degli afroamericani. Inoltre, gli stati del Nord gradualmente abolirono la schiavitù. Al contrario, il Sud dipendeva dal lavoro gratuito degli schiavi per sostenere la sua economia, come evidenziato dal censimento del 1860, che registrava circa tre o quattro milioni di schiavi impiegati nella regione.






Naturalmente, i diversi approcci del Nord e del Sud alla schiavitù generarono tensioni significative. Già dalla metà degli anni '30 dell’Ottocento, emersero gruppi a favore dei diritti del Sud che promuovevano la schiavitù. Questa tensione si protrasse per tutta la prima metà del XIX secolo, man mano che nuovi territori venivano annessi agli Stati Uniti. Il Compromesso del 1850 cercò di mitigare queste tensioni tra gli stati schiavisti e quelli non schiavisti, ma finì per acuire le differenze. La California fu ammessa come stato libero, mentre la questione della schiavitù nei territori dello Utah e del New Mexico fu lasciata alla sovranità popolare, e il commercio di schiavi fu abolito a Washington, D.C. Tuttavia, il “Fugitive Slave Act” fu introdotto per facilitare ai proprietari di schiavi del Sud la riconquista e la restituzione degli schiavi fuggitivi. Con la sentenza Dred Scott del 1857, che minacciava di estendere l’abolizionismo negli Stati Uniti, molti bianchi del Sud videro minacciato il loro modo di vita basato sulla schiavitù. Nonostante ciò, molti non erano disposti a rinunciare alla schiavitù e aspiravano a espanderne l’uso in modo da renderla insostituibile. I Cavalieri del Cerchio d’Oro entrarono in scena con l’intento di creare un impero schiavista che si estendesse ben oltre i confini tradizionali, sognando un dominio che abbracciasse vasti territori e fosse alimentato dal lavoro degli schiavi. Questa società segreta rappresentava una delle tante forze che cercavano di perpetuare e espandere la schiavitù nell’epoca precedente la Guerra Civile Americana.






George W. L. Bickley (1823 – 1867) si distingueva per il fervore con cui perseguiva l’idea di un nuovo ordine basato sulla schiavitù americana. Come medico, avventuriero ed editore della Virginia, Bickley immaginava l’inizio di una nuova era per la schiavitù e, per realizzare questa visione, aveva bisogno di fondare una nuova organizzazione. La “Texas State Historical Association” riporta che i Cavalieri del Cerchio d’Oro ebbero origine a Lexington, Kentucky, il 4 luglio 1854, data simbolica per l’indipendenza americana. Il generale George Bickley radunò un gruppo di cinque uomini, i cui nomi sono andati perduti nel tempo. L’ambizione dell’organizzazione segreta di Bickley era tanto semplice quanto grandiosa: creare un vasto impero schiavista denominato “Cerchio d’Oro”. Questo impero avrebbe dovuto estendersi ben oltre i confini tradizionali, sostenuto dal lavoro forzato degli schiavi e dalla produzione di beni come tabacco, cotone e zucchero.





Questo vasto impero avrebbe avuto un diametro di 2.400 miglia, con la capitale situata a L’Avana, Cuba. La sua influenza si sarebbe estesa al sud del Nord America, includendo il territorio del Messico, l’America Centrale, gran parte dei Caraibi e alcune aree del nord del Sud America. Questa entità geopolitica avrebbe rappresentato un’espansione significativa dell’influenza schiavista, con l’obiettivo di consolidare e perpetuare le pratiche schiaviste su un territorio estremamente ampio.





La schiavitù in Brasile ebbe inizio nel XVI secolo, durante il periodo coloniale, e si basava sull’impiego forzato di uomini e donne africani. I portoghesi, stabilendo le fondamenta per la colonizzazione dell’America portoghese, richiedevano manodopera per l’agricoltura, che veniva soddisfatta attraverso la schiavitù. Gli africani, strappati ai loro gruppi etnici originari, venivano trasportati in Brasile sulle cosiddette “navi negriere”. Dal primo arrivo di schiavi africani a Recife fino alla promulgazione della “Lei Áurea” o “Legge d’Oro” nel 1888, il Brasile visse sotto un regime schiavista per più di tre secoli. Il 13 maggio 1888, la principessa Isabel firmò la legge che abolì la schiavitù in Brasile. Il termine “Áurea”, che significa “d’oro”, si riferisce al valore storico e morale della legge che pose fine a questa crudele forma di sfruttamento lavorativo. Isabel Cristina Leopoldina Augusta Micaela Gabriela Rafaela Gonzaga de Bragança e Bourbon, conosciuta semplicemente come la principessa Isabel, nacque a Rio de Janeiro il 29 luglio 1846. La sua azione in favore dell’abolizione è considerata un momento chiave nella storia del Brasile e un passo significativo verso la giustizia sociale e i diritti umani.





La principessa Isabel era la seconda figlia femmina di D. Pedro II (1825 – 1891) e di sua moglie, Teresa Cristina di Borbone-Due Sicilie (1822 – 1889). Nonostante fosse la secondogenita, divenne erede al trono all’età di 11 mesi a seguito della morte del primogenito dell’Imperatore, Afonso Pedro de Bragança (1845 – 1847), che morì a due anni. Sebbene fosse l’erede presunta e avesse ricevuto un’eccellente educazione, la principessa Isabel non mostrò mai grande interesse per la politica brasiliana. Gli storici sostengono che preferisse dedicarsi ai lavori domestici piuttosto che impegnarsi in attività politiche. Tuttavia, nel corso della sua vita, assunse il comando del Brasile in tre distinte occasioni. In qualità di erede al trono brasiliano, la principessa Isabel aveva la responsabilità di governare il paese in assenza dell’Imperatore. Le tre volte in cui agì come reggente furono:Nel 1871, quando durante la sua reggenza fu approvata la Legge del Ventre Libero. Tra il 1876 e il 1877, periodo in cui dovette gestire lo scontro tra Massoni e Cattolici. Nel 1888, quando assunse il potere mentre suo padre si trovava in Europa per motivi di salute. Durante questo periodo fu promulgata la “Legge Aurea”. Storicamente, la principessa Isabel è stata lodata come un’importante umanista per aver firmato la legge che abolì la schiavitù in Brasile. Tuttavia, alcuni storici hanno messo in discussione questa visione, evidenziando i limiti del suo contributo al movimento abolizionista. L’abolizione non fu tanto il risultato della sua benevolenza, quanto di un processo di lotta portato avanti dagli abolizionisti e dagli schiavi nel corso degli anni '80 dell’Ottocento. La principessa Isabel ebbe il merito di firmare il documento, un atto che probabilmente D. Pedro II non avrebbe mai compiuto, temendo le reazioni delle élite economiche che lo sostenevano. Alcuni storici rilevano che la principessa preferì mantenere le distanze dalla questione della schiavitù per la maggior parte degli anni '80, intervenendo solo quando l’abolizione divenne inevitabile. Altri resoconti indicano che ospitasse gli schiavi nella sua residenza e che indossasse camelie sui suoi abiti, simbolo del movimento abolizionista. Il 15 novembre 1889, in Brasile fu proclamata la Repubblica, evento che portò all’espulsione della famiglia reale dal paese e all’esilio della principessa Isabel e del marito in Francia. L’istituzione della Repubblica fu il risultato della perdita di sostegno politico da parte della monarchia negli anni '80. L’indebolimento della monarchia fu dovuto principalmente alla scarsa popolarità della principessa come successore al trono, essendo donna. L’impopolarità del marito peggiorò ulteriormente la situazione, rendendoli entrambi vulnerabili alle cospirazioni. Infatti, la proclamazione della Repubblica fu il risultato di un colpo di stato militare. La principessa Isabel morì il 14 novembre 1921, all’età di 75 anni. Morì in esilio e non fece più ritorno in Brasile dopo il 1889. Nel 1920, l’espulsione della famiglia reale fu revocata, ma per motivi di salute, la principessa non poté tornare. Oggi, i suoi resti riposano a Petrópolis, a Rio de Janeiro.









Per 388 anni, l’economia del Brasile fu strettamente legata al lavoro degli schiavi, sia indigeni che africani, impiegati nell’estrazione di oro e pietre preziose, nella coltivazione della canna da zucchero, nell’allevamento di bestiame e nelle piantagioni di caffè. Gli schiavi africani rappresentavano la principale forza lavoro di queste attività economiche. Durante più di tre secoli, circa 4,8 milioni di africani furono deportati in Brasile e venduti come schiavi. Altri 670.000 persero la vita durante il tragico viaggio. Il Brasile fu l’ultimo paese occidentale ad abolire la schiavitù. Questa pagina oscura della storia brasiliana rappresenta una macchia indelebile per il paese, sia per i popoli indigeni che per gli africani deportati. La liberazione degli schiavi avvenne senza fornire loro alcun supporto, lasciando un’intera popolazione senza mezzi né risorse, sia in Brasile che negli Stati Uniti d’America. Dopo l’abolizione della schiavitù in Brasile, il 13 maggio 1888, i rimanenti 700.000 schiavi furono liberati. Tuttavia, la fine legale della schiavitù non portò a cambiamenti significativi per molti afro-brasiliani. Il movimento abolizionista brasiliano era ritenuto timido e distaccato, in parte perché era concentrato nelle aree urbane, mentre la maggior parte degli schiavi lavorava nelle campagne. Gli schiavi erano soggetti a punizioni per vari motivi: mancanza di produttività, ritardi, insubordinazione, fughe e altro. Le punizioni variavano da fustigazioni, torture, mutilazioni, reclusione e vendita a distanza dalla piantagione. La fustigazione era la forma di punizione più comune, con un numero di colpi che poteva variare da 100 a 300, a seconda della gravità dell’infrazione. In alcuni casi, le ferite venivano cosparse di pepe e sale per intensificare il dolore. L’abolizione della schiavitù in Brasile fu un’illusione effimera. Gli schiavi, lasciando le loro “prigioni” e le piantagioni, divennero liberi, ma era una libertà priva di accesso alla terra e ai mezzi materiali e finanziari, che non garantiva loro una vita dignitosa. L’abolizione non fu il frutto della benevolenza imperiale, ma il risultato di un impegno collettivo contro l’istituzione schiavista e della pressione popolare sull’impero, che fu determinante per l’abolizione della schiavitù il 13 maggio 1888. La principale causa della fine della schiavitù in Brasile fu:La resistenza degli schiavi stessi, protrattasi per tutto il XIX secolo. Il sostegno di una parte della società alla causa, tramite associazioni abolizioniste, spinse alla mobilitazione politica i sostenitori dell’abolizionismo.






Chi fu il più grande abolizionista del Brasile? Luís Gonzaga Pinto da Gama, nato a Salvador il 21 giugno 1830 e deceduto a San Paolo il 24 agosto 1882, era figlio di Luíza Mahin, una ex schiava, e di un nobile portoghese bianco, il cui nome non è mai stato rivelato. Si distinse come avvocato, abolizionista, oratore, giornalista e scrittore brasiliano, divenendo il patrono dell’abolizione della schiavitù in Brasile. Riuscì a liberare oltre 500 schiavi in maniera autonoma. Nelle sue argomentazioni legali, Gama evidenziava le illegalità insite nel rapporto padrone-schiavo, sostenendo la necessità della manomissione. Quest’ultima, ovvero l’atto con cui un proprietario di schiavi concedeva loro la libertà, poteva assumere forme diverse a seconda del contesto temporale e geografico della società schiavistica. La parola sumera “Ama-gi”, che significa libertà, è storicamente associata alla liberazione dalla schiavitù per debiti. La lettera di affrancamento, documento firmato dal proprietario che garantiva la libertà allo schiavo, trasformava quest’ultimo in una persona affrancata, libera secondo l’ordinamento giuridico dell’epoca. Tali lettere venivano generalmente redatte di proprio pugno dal detentore, signore o signora, ma in caso di una coppia proprietaria, la concessione avveniva congiuntamente da entrambi. Se il proprietario fosse stato analfabeta, un’altra persona avrebbe provveduto alla stesura del documento. Una lettera di manomissione rappresentava, dunque, un passo fondamentale verso la libertà per la persona schiavizzata.




La prima lettera di affrancamento fu concessa nel marzo 1884, a Pernambuco, prima ancora che fosse sancita la “Legge d’Oro”. Luís Gama diceva sempre: “Il pane per me e per i miei è la Libertà!!”





Chi fu il primo schiavo in Brasile? Le prime persone a essere ridotte in schiavitù nella colonia furono gli indigeni. Quanti indios furono uccisi in Brasile durante la colonizzazione? Secondo una ricerca dell’University College di Londra (UCL), la colonizzazione ha sterminato, in un secolo, quasi il 90% della popolazione. Quanti indios furono uccisi in Brasile nel 1500? Malattie come il vaiolo, il morbillo, la febbre gialla e l’influenza sono tra le cause del declino delle popolazioni indigene nel territorio nazionale, da 3 milioni di indiani nel 1500. Quanti indigeni morirono con l’arrivo dei portoghesi in Brasile? 56 milioni. Secondo i calcoli utilizzati nello studio, morirono tra l’arrivo di Cristoforo Colombo in America, nel 1492, e il 1600, sia in conflitti contro i colonizzatori che a causa di malattie portate dall’Europa. Il periodo dal 1540 al 1570 segnò il culmine della schiavitù indigena nelle piantagioni brasiliane, in particolare quelle situate a Pernambuco e Bahia.






Nei capitaniati, i coloni ottenevano schiavi indigeni sia rubandoli alle tribù che li avevano catturati durante le guerre, sia attaccando direttamente le stesse tribù alleate. Successivamente, gli africani neri venivano catturati nei possedimenti portoghesi come l’Angola e il Mozambico, nonché in regioni come il Regno di Dahomey, e trasportati con la forza in Brasile per essere ridotti in schiavitù. In quale anno morì l’ultimo schiavo del Brasile? I giornali scrissero: “Rio de Janeiro - Sabato 13 settembre 1986. Ex schiavo muore all’età di 121 anni.” Come giustificava la Chiesa la schiavitù? La giustificazione si basava sull’idea che il popolo fosse composto da persone pagane e da esseri spiritualmente inferiori, una visione che era accettabile per il pensiero cristiano, poiché nella tradizione ebraica la schiavitù era vista come qualcosa che il padrone poteva imporre, quasi come una forma di punizione per i peccati commessi da queste persone.






Quale Papa ha autorizzato la schiavitù? Papa Niccolò V (Tommaso Parentucelli, 1397 – 1455) autorizzò la schiavitù dei Saraceni e dei Pagani all’epoca della scoperta dell’America, mantenendo il sostegno alla schiavitù nei territori già stabiliti e promuovendo la schiavitù nei futuri territori da conquistare, prima della scoperta delle Americhe. Il 13 maggio 1888, il Brasile pose ufficialmente fine alla schiavitù nel paese. Tuttavia, questa data non viene celebrata dal Movimento Nero fino ad oggi. La speranza era che, stabilendo un dominio ampio e di successo basato sulla schiavitù, il Sud potesse garantire l’uso della schiavitù a livello nazionale negli USA e nel mondo. Gran parte della missione dei Cavalieri era basata su un’altra vecchia società segreta chiamata “Ordine della Stella Solitaria” (OLS). L’OLS operava come una sorta di esercito non ufficiale, assumendosi la responsabilità di invadere i paesi sudamericani e di prenderne con la forza il controllo per il bene dell’America. C’erano tre diversi tipi di appartenenza al Circolo d’Oro: militare, finanziaria e governativa. Quest’ultimo era un incarico di comando, mentre i primi due erano posizioni destinate ai membri comuni. Il Messico sarebbe stato acquisito e diviso in più stati detentori di schiavi, con un membro del Congresso nominato. Guidato dall’alta borghesia del sud dell’America, questo impero avrebbe creato un monopolio mondiale su tabacco, zucchero e cotone.







Nel 1857, Dred Scott intentò senza successo una causa per la libertà sua e della sua famiglia, poiché vivevano nello stato libero dell’Illinois. Il suo caso galvanizzò gli abolizionisti del Nord. Il Cerchio d’Oro si proponeva di garantire che il sole non tramontasse mai sul sistema di sfruttamento americano. Sfortunatamente per i Cavalieri, le tensioni sulla schiavitù raggiunsero il culmine nel 1861, quando gli Stati Confederati del Sud entrarono in guerra con gli Stati dell’Unione del Nord nella Guerra Civile, rendendo i loro obiettivi irraggiungibili. Membri di spicco: Il gruppo includeva figure importanti come Elkanah Greer (1825 – 1877), colonnello della Terza Cavalleria del Texas, e il futuro governatore del Texas, L. Sullivan Ross (1838 – 1898). Si presume che anche Sam Houston (1793 – 1863), il politico texano da cui prende il nome la città di Houston, fosse un membro nei primi giorni dei Cavalieri, ma se ne distaccò dopo essere rimasto deluso dalla loro prospettiva nei confronti degli Stati dell’Unione. Alcune fonti associano persino l’assassino di Abraham Lincoln, John Wilkes Booth (1838 – 1865), e il famigerato fuorilegge Jesse James (1847 – 1882), alla società segreta. Nel 1858, i Cavalieri del Circolo d’Oro avevano uno statuto, rituali e una costituzione. I capitoli locali erano conosciuti come “castelli”, e nel 1860 Bickley affermò che il gruppo contava oltre 100.000 membri, ma questi numeri sono probabilmente esagerati. È possibile che i Cavalieri fossero più vicini a 50.000 nel 1860, considerando che c’erano 16.000 membri in California, 8.000 sia in Texas che in Kentucky, e “castelli” stabiliti in Alabama, Arkansas, Georgia, Maryland, Missouri, North Carolina, Tennessee, Virginia, oltre ai circa 15.000 uomini che si erano uniti alla KGC dopo lo scioglimento dell’OLS. Spingere per la rappresentanza legislativa: Sebbene i Cavalieri sognassero un impero schiavista, la loro preoccupazione immediata era il Messico. L’obiettivo della società segreta era annettere l’intera penisola agli Stati Uniti e assegnare a ogni emigrante americano 640 acri di terra da coltivare, utilizzando schiavi, naturalmente. Un esercito di 16.000 uomini avrebbe protetto gli emigranti e i termini del trattato con il Messico, assicurando così il dominio americano. Cinquanta stati sarebbero stati creati dal Messico, richiedendo 50 senatori e 60 o più rappresentanti per difendere i loro interessi nel ramo legislativo del governo e garantire che i diritti e i desideri del Sud fossero ascoltati e riconosciuti. Con questo tipo di rappresentanza, gli stati schiavisti avrebbero potuto bloccare qualsiasi politica abolizionista proposta dagli stati liberi del Nord. Piani falliti per l’invasione del Messico: Prima della Guerra Civile Americana, che avrebbe definitivamente posto fine alla schiavitù negli Stati Uniti, i Cavalieri si concentrarono sull’invasione e sull’annessione del Messico. Tuttavia, questo sogno del Circolo d’Oro non si realizzò mai. Bickley non organizzò mai un raid di successo e spesso, mentre era impegnato a raccogliere fondi per il gruppo, i Cavalieri cadevano nell’anarchia. Questo accadde a New Orleans nel 1860, quando un gruppo di Cavalieri, forse 1.000, cadde nel caos mentre Bickley era altrove occupato. Poiché gli uomini di New Orleans si dispersero, non poterono unirsi a un altro contingente di Cavalieri radunati al confine con il Messico più tardi nel marzo 1860. Lì, un’ala militare dei Cavalieri pianificò di marciare sul Rio Grande, il fiume che separa il Messico dagli Stati Uniti, e inizialmente sembrava che la loro missione stesse guadagnando supporto. Un giornalista ha riferito che: “Questa parte del paese è piena di membri di questa misteriosa organizzazione, e i loro fuochi da campo vengono aumentati ogni notte da nuovi gruppi che arrivano durante il giorno. Si dice che 300 di loro siano in queste vicinanze e sulla strada per Goliad. Una compagnia di trenta è arrivata oggi da Baltimora, sotto il tenente Phillips, e un altro gruppo è arrivato sabato.” Tuttavia, un anonimo soldato americano di stanza vicino agli insorti ha scritto in una lettera personale che, sebbene questi uomini si fossero radunati, le loro intenzioni sembravano poco chiare e disorganizzate: “Ci sono tre o quattrocento uomini accampati qui, presumibilmente appartenenti al K.G.C. o ostruzionisti. Non so quali siano i loro progetti. Presumo che presto riceveremo l’ordine di arrestarli per impedire loro di entrare in Messico.” Nonostante le centinaia di Cavalieri del Circolo d’Oro che si radunarono vicino al confine messicano, l’invasione non ebbe mai luogo. A causa della mancanza di fondi e di fiducia nel comando di Bickley, o forse per mancanza di organizzazione come alcuni hanno ipotizzato, il tentativo di annessione dei Cavalieri fallì. La Guerra Civile Americana dissolve il cerchio! Sebbene circolassero voci secondo cui i Cavalieri fossero coinvolti nella famigerata incursione confederata conosciuta come “Morgan’s Raid”, che raccolse circa 2.000 uomini per attirare le truppe dell’Unione in Ohio e Indiana, queste non sono comprovate. Inoltre, il Raid di Morgan, come i tentativi dei Cavalieri, fallì. Naturalmente, il vero campo di battaglia per la schiavitù fu la Guerra Civile, avvenuta tra il 1861 e il 1865. Gli Stati Confederati persero il conflitto a favore degli Stati dell’Unione, cosa che segnò la fine della schiavitù e la fine dei sogni del Circolo d’Oro. Molti Cavalieri del Circolo d’Oro combatterono per la Confederazione, incluso lo stesso Bickley, che partecipò come chirurgo militare prima della sua cattura per spionaggio e successiva morte nel 1867. Con l’abolizione della schiavitù e la reintegrazione degli Stati Uniti meridionali nell’Unione, i Cavalieri del Circolo d’Oro persero tutta la popolarità che avrebbero potuto avere. Tuttavia, ciò non ha impedito ad alcune persone di suggerire che l’organizzazione sia ancora attiva oggi come società clandestina. Tesoro, cospirazioni ed eredità! Forse più allettanti sono le voci secondo cui i Cavalieri del Circolo d’Oro nascondevano tesori ancora da scoprire fino ad oggi. Presumibilmente, il tesoro nascosto avrebbe dovuto finanziare un’altra Guerra Civile, e forse una che si sarebbe rivelata più efficace per il Sud. Uno di questi depositi fu effettivamente scoperto da due ragazzi di Baltimora nel 1934 che trovarono 5.000 monete d’oro del valore di 10 milioni di dollari in dollari odierni. Ma la gente crede che ci siano ancora altri tesori da trovare negli Stati Uniti e potenzialmente in Canada. La leggenda di questo tesoro illecito vive forse in modo più sorprendente in un uomo di nome Bob Brewer, che crede che i suoi antenati possano aver nascosto l’oro in Arkansas e da allora ha dedicato il lavoro della sua vita a trovarlo. Dopo essersi ritirato dalla Marina nel 1977, Brewer partì alla ricerca del tesoro così seriamente da diventare un esperto in materia. Ha anche lavorato come consulente per il film del 2007, “National Treasure: Book of Secrets”, che tocca questa leggenda. Ma Brewer ha trovato prove sufficienti che questa leggenda sia basata su qualche realtà. Nel 1991, trovò un deposito di monete del 1800 per un totale di 400 dollari. La somma di questi tesori è stata calcolata a circa 2 milioni di dollari nel 19° secolo, il che farebbe valere oggi il mitico oro fino a 160 milioni di dollari. Sebbene la teoria sia oscura e le prove siano scarse, si ipotizza anche che il Ku Klux Klan sia nato dai Cavalieri del Circolo d’Oro. Operando come un forte ramo militare della società, è plausibile che il KKK fosse un’emanazione che col tempo è cresciuta fino a diventare una propria organizzazione indipendente. Uno storico ha addirittura affermato: “Il KGC (Knights of the Golden Circle) ha dato origine all’originale KKK (Ku Klux Klan).” Sfortunatamente, questo frammento di storia - come accade per la maggior parte della storia dei Cavalieri - potrebbe rimanere solo una leggenda. Forse ciò era prevedibile, dopotutto, per una società segreta. Purtroppo, le donazioni per la “Causa” furono scarse. Ingram ebbe quindi l’idea di intercettare i soldi che arrivavano tramite diligenza dal Nevada. Durante una missione di spionaggio a Placerville, uno dei membri anonimi della banda tentò di reclutare un uomo del posto mentre era ubriaco. Poiché la missione di quest’uomo era quella di raccogliere informazioni sulle spedizioni d’argento della “Wells & Fargo”, bere e reclutare con il rischio di allertare le autorità federali, militari o locali era motivo di preoccupazione. La Wells Fargo fu fondata da due ricchi uomini d’affari di New York, Henry Wells (1805 – 1878) e William Fargo (1818 – 1881), che videro una grande opportunità nel West dopo la scoperta dell’oro.





La coppia, che aveva contribuito a fondare American Express nel 1850, creò ufficialmente “Wells Fargo & Co.” il 18 marzo 1852, con due obiettivi principali: trasporti e attività bancarie. In California, dove non esistevano ferrovie, la “Wells Fargo & Co Express” si proponeva di fornire servizi “espressi” ai numerosi minatori che affluivano nella zona e servizi di trasporto merci alle imprese. La sua divisione bancaria, “Wells, Fargo & Co. Bank”, offriva servizi finanziari e attività di spedizione generale per posta, consegne di valore e merci. Nel corso dell’anno, Wells Fargo aprì il suo primo ufficio a San Francisco, presto seguito da uffici a Sacramento, Monterey e San Diego e, in breve tempo, in quasi tutti i campi minerari della California. Inizialmente, Wells Fargo non gestiva le proprie diligenze; invece, subappaltava e investiva in quelle già operative. Erano principalmente una compagnia espressa. Ken Wheeling, uno dei massimi esperti di carri, carrozze e diligenze, scrisse nel 2006: “Sebbene Wells, Fargo & Company condividesse i membri del consiglio di amministrazione con diverse società di diligenze, non si trattava principalmente di un’impresa di diligenze. Era, innanzitutto, una compagnia di corriere espresso interessata ad accelerare la spedizione di quasi qualsiasi cosa tra un mittente pagante e un destinatario previsto. A volte era necessario sovvenzionare questa o quella compagnia di scena affinché la propria attività di spedizione non soffrisse per la mancanza di un vettore.” Uno dei suoi primi e più importanti compiti includeva il trasporto dell’oro dalla zecca di Filadelfia, un servizio che Wells Fargo mantenne fino all’apertura di una zecca degli Stati Uniti a San Francisco nell’aprile 1854. Un altro compito essenziale svolto da Wells Fargo era la consegna della posta. Gli uffici postali furono istituiti in California nel 1848, ma il pubblico preferiva le compagnie espresse, in quanto erano più economiche e veloci della posta degli Stati Uniti. Nel 1855, l’attività mineraria in California diminuì e diverse banche fallirono. Tuttavia, Wells Fargo rimase, per diventare presto l’organizzazione espressa e bancaria dominante in tutto il West. A quel tempo, erano l’unica compagnia che effettuava grandi spedizioni di oro e continuavano a servire i minatori consegnando posta e rifornimenti. Nel 1857, Wells Fargo aiutò a sostenere la nuova “Overland Mail Company”, che forniva un servizio postale regolare due volte a settimana tra St. Louis, Missouri, e San Francisco, California.





La Overland Mail Company era organizzata da uomini con ampi interessi in quattro principali compagnie di corriere espresso: “Wells & Fargo”, “American Express”, “United States Express” e “Adams Express”. John Butterfield (1801 – 1869), uno dei fondatori di American Express, fu nominato presidente della nuova società, con Wells Fargo come principale finanziatore. Soprannominata “Butterfield Line” dal nome del suo presidente, la Overland Mail percorreva 2.757 miglia attraverso il Sud-Ovest, passando per El Paso, Tucson e Los Angeles prima di arrivare a San Francisco. Il viaggio attraverso deserti e montagne durava circa 25 giorni, fermandosi solo per cambiare i cavalli o per permettere ai passeggeri di procurarsi il cibo.




John Butterfield fu costretto a lasciare la carica di presidente della “Overland Mail” nel 1860, e Wells Fargo aumentò i propri investimenti nella società. All’inizio degli anni '60 del diciannovesimo secolo, Wells Fargo monopolizzò l’attività di corriere espresso in California, con circa 147 uffici. Quando scoppiò la Guerra Civile, il percorso cambiò, spostandosi verso nord attraverso le Grandi Pianure e le Montagne Rocciose prima di raggiungere la California. Nel 1866, Wells Fargo ampliò nuovamente le sue attività, acquistando quella che allora era la Overland Mail Express di Ben Holladay (1819 – 1887) e consolidando tutte le altre società indipendenti sulla “Central Route” per creare la più grande compagnia di diligenze del mondo. Controllavano praticamente tutte le linee di scena dal Mississippi alla California. Era il 1867 quando Wells Fargo riuscì finalmente a realizzare la corsa totale di una linea di diligenze con il proprio logo sulla fiancata di una diligenza. Effettuarono il loro primo ordine per 30 diligenze Concord alla “Abbot-Downing & Company” il 20 aprile 1867. Durante questi tempi d’oro delle diligenze veloci e furiose, Wells Fargo divenne anche il bersaglio principale di banditi e ladri. Uno dei più famosi fu Charles E. Boles, detto “Black Bart” (1829 – 1889), che derubò 28 diligenze prima di essere arrestato.






Ma Black Bart era solo uno dei tanti uomini che tentarono di fare carriera rapinando diligenze; c'erano anche la “James-Younger Gang”, la “Red Jack Gang”, Richard H. Barter detto “Rattlesnake Dick” (1833 – 1859) e molta altra gente.







“Red Jack” Almer, noto anche come Jack Averill (18?? – 1883), guidò la “Red Jack Gang”, depredando le diligenze dell’Arizona all’inizio degli anni 1880, in particolare lungo il fiume San Pedro. In una di queste occasioni, la banda assaltò un palco vicino a Riverside il 10 agosto 1883. La guardia di Wells Fargo insistette immediatamente sul fatto che il palco non trasportava oro e, quando iniziò a resistere ai banditi, una passeggera saltò dal palco e lo chiamò bugiardo. La donna, però, era in realtà “Red Jack” Almer travestito. Almer, che aveva assistito al posizionamento dell’oro sotto un sedile, aveva segnalato ai suoi uomini di spostarsi sulla diligenza. Quando la guardia andò a prendere la sua pistola, Almer ne tirò fuori una dalle sue lunghe gonne fluenti e subito dopo la guardia giaceva morta a terra. Prendendo quasi $3.000 in valuta e oro, la banda fuggì. Alla fine, lo sceriffo Bob Paul organizzò una squadra per porre fine alla banda di rapine di Almer. Rintracciando la banda una per una, trovarono Almer nascosto vicino a Willcox, in Arizona, il 4 ottobre 1883, e nello scontro a fuoco che ne seguì, “Red Jack” fu abbattuto dallo sceriffo Bob e dalla sua squadra mentre cercava di combattere per uscire. Si dice che la banda avesse seppellito il bottino delle loro numerose rapine nelle aree vicino al nascondiglio di Willcox. La leggenda narra che circa $8.000 in monete d’oro siano sepolti da qualche parte nelle vicinanze di Prescott, in Arizona. Durante gli anni '60 dell’Ottocento, la compagnia subì 313 rapine di diligenze per un totale di 415.000 dollari. Nel frattempo, la ferrovia si era fatta strada attraverso l’Ovest e nel 1869 la Gold Spike unì i binari della “Transcontinental Railroad”. Ciò pose fine a molte delle operazioni di scena via terra di Wells Fargo; tuttavia, continuarono su scala minore, viaggiando nei tanti luoghi che la ferrovia non aveva ancora raggiunto. L’azienda si evolse anche nel settore dei trasporti espressi ferroviari, che divenne il suo obiettivo principale fino all’inizio del XX secolo. Wells Fargo era il bersaglio dei banditi sia sui treni che sulle diligenze. La prima grande rapina al treno avvenne nel 1870 quando il Central Pacific fuori Oakland fu bloccato vicino a Truckee, in California, e sette uomini mascherati riuscirono a farla franca con $42.000 in oro e monete d’oro. Di conseguenza, Wells Fargo assunse James B. Hume (1827 – 1904) come detective capo.






James B. Hume rimase in Wells Fargo per 32 anni, diventando uno dei detective più famosi del paese. Durante il suo mandato, si diceva: “Ci sono due istituzioni pericolose con cui armeggiare per gli uomini malvagi: il Governo degli Stati Uniti e Wells Fargo”. All’inizio del secolo, Wells Fargo aveva oltre 3.000 uffici in quasi tutti gli stati e in Messico. Nel 1904, Wells Fargo & Company trasferì la propria sede a New York City e l’anno successivo separò le operazioni bancarie da quelle espressive. La Wells Fargo Bank si fuse poi con la Nevada National Bank, formando la Wells Fargo Nevada National Bank. A Wells Fargo fu detto di “buttare giù la scatola” da un palco del Concord per l’ultima volta nel 1908. I banditi furono immediatamente inseguiti, questa volta a bordo di veicoli automobilistici. L’ultima tappa trainata da cavalli che trasportava il carico Wells Fargo operò tra Tonopah e Manhattan, Nevada, nel 1909.





Nel corso degli anni, diverse fusioni e acquisizioni hanno cambiato le operazioni bancarie ed espresse. Nel 1918, la compagnia espressa si fuse con la “American Railroad Express Company”, lasciando solo la parte bancaria a detenere il titolo di Wells Fargo. Oggi “Wells Fargo & Co.” fornisce servizi finanziari in circa 6.000 sedi. L’azienda sponsorizza inoltre nove musei in tutto il Paese che espongono la sua ricca storia, vere diligenze, pepite d’oro, mostre rare e autentiche, tour speciali e programmi educativi su prenotazione. Un lapsus e l’intera operazione sarebbe “andata a rotoli”, senza giochi di parole. Ingram temeva che i piani per derubare la spedizione della diligenza fossero stati compromessi, quindi ordinò al gruppo di tornare a San Jose. Tutti i piani per Placerville erano vaghi a questo punto, quindi Ingram decise invece di pianificare un’incursione a San Jose, in stile Lawrence, saccheggiando banche e negozi locali e finanziando la sua operazione militare con il bottino. Ancora una volta, un altro membro dei Rangers “ha ceduto la merce”, esponendo i piani a un agricoltore locale. Per Ingram e i suoi uomini, la seconda volta fu un incantesimo, poiché il contadino, un uomo di nome Hogan, avvertì il sottoseriffo locale, e furono fatti i preparativi per dare ai Partisan Rangers una “calorosa accoglienza” se si fossero trasferiti a San Jose. Tuttavia, la fortuna fu dalla parte dei Confederati e furono avvertiti delle misure adottate per proteggere San Jose. Alla luce di queste rivelazioni, il raid San Jose fu prudentemente annullato. Imperterrito, Ingram riprese l’idea di derubare una diligenza Comstock, una delle carrozze Concord a sei cavalli della “Pioneer Stage Company”, che trasportavano metalli preziosi che finanziarono gran parte dello sforzo bellico dell’Unione. Nelle prime ore del mattino del 31 giugno 1864, Ingram e i suoi Rangers sferrarono il loro primo attacco. Sono stati fortunati, ottenendo oltre $40.000 in lingotti d’argento e d’oro, polvere d’oro e monete da due pullman separati. I Rangers lasciarono i passeggeri illesi e il Capitano Ingram consegnò all’autista del secondo stadio una ricevuta scritta a mano per il lingotto che diceva: “La presente certifica che ho ricevuto da Wells, Fargo, & Co. la somma di $________ in contanti, allo scopo di equipaggiare le reclute in California per l’esercito degli Stati Confederati. R. Henry Ingram, Capitano, Commanding Co., C.S.A.”





Il tesoro fu preso e nascosto dai Rangers e non fu mai recuperato, quindi si presume che tutto, o parte, sia finito nelle mani dei Confederati. La Legge ha risposto rapidamente, rintracciando quella che vedevano come una banda di ladri fuorilegge. Nel giro di un giorno, i Rangers furono rintracciati in una residenza locale dalle forze dell’ordine. Ne è seguita una sparatoria in cui un agente è stato ucciso e un altro ferito. Anche un Ranger Partigiano di nome Tom Poole è stato ferito e lasciato indietro da Ingram e dal resto dei membri della banda in fuga. Catturato, Poole divenne l’unico membro dei Rangers ad essere giustiziato per le sue attività Confederate e fu messo a morte il 29 settembre 1865. Ancora una forza vitale (nonostante avesse solo cinque uomini rimasti), il Capitano Ingram continuò a cercare tesori da “liberare” in nome della Confederazione. Ha trovato il suo segno nelle spedizioni di buste paga delle miniere di New Almaden. Ingram venne a sapere che il prossimo libro paga sarebbe stato ritirato a San Jose nel pomeriggio del 15 luglio 1864. La sera del 14 luglio, la banda si riunì sull’Almaden Road a circa un miglio da San Jose. Ancora una volta, un’osservazione imprudente allertò le autorità del piano dei Rangers Partigiani di rubare il libro paga. Le forze dell’ordine locali hanno immediatamente rintracciato e trovato la banda e hanno ordinato ai Confederati di arrendersi. Alla richiesta fu risposto con una pioggia di proiettili e nella sparatoria che seguì, tre dei cinque Rangers Confederati furono catturati o uccisi. Il Capitano Ingram e George Baker riuscirono a scappare e a svanire. Così fu, i primi due Rangers furono gli ultimi due, a scomparire insieme all’unica unità Militare Confederata riconosciuta ad operare all’interno dei confini della California.



Durante l’inseguimento, il vice sceriffo Staples della contea di El Dorado fu ucciso a colpi di arma da fuoco quando sorprese i fuggitivi in una pensione il giorno successivo. Informazioni arrivarono allo sceriffo Adams secondo cui i Confederati erano nascosti in una baracca vicino ad Almaden. Lo sceriffo Adams e un gruppo di vice circondarono la baracca e chiesero la loro resa. I rapinatori non obbedirono all’ordine e tentarono la fuga. Ne seguì una sparatoria, come in un film western. Tutti i Confederati furono catturati o uccisi nella raffica di colpi. Lo sceriffo Adams rimase ferito quando un proiettile colpì il suo orologio da tasca e poi le costole. Stava prestando servizio come vice maresciallo degli Stati Uniti per il territorio dell’Arizona quando lui e un altro uomo di legge caddero in un’imboscata da parte di cinque banditi messicani. I suoi resti presentavano una ferita da arma da fuoco, ma la causa della morte fu attribuita a un duro pestaggio. I banditi furono catturati in Messico, ma il governo messicano rifiutò l’estradizione e li rilasciò. J. H. morì il 2 settembre 1878 all’età di 58 anni. I suoi resti furono trasportati in California, dove fu sepolto a San Jose, nella contea di Santa Clara.





Wilson Vieira

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