mercoledì 7 febbraio 2024

UN MIO PERSONALE RICORDO DI ALFREDO CASTELLI (1947 - 2024): UN VUOTO INCOLMABILE...

di Francesco Manetti

Il 7 febbraio 2024, in tarda mattinata, mentre attendevo a Firenze l'arrivo del tram per tornare a casa dal lavoro, leggo un tristissimo messaggio Whatsapp di Moreno Burattini:

È morto Alfredo Castelli. Sapevamo tutti che sarebbe successo, ma è difficile farsene una ragione.

Era successo da poche ore, nella notte, e per me è stato davvero un brutto colpo. Un colpo al cuore personale. Alle Medie avevo leggiucchiato qualcosa di Bonelli, perché un mio amico mi prestava certi albi di Mister No, ma io ero sempre stato disneyano, marvelliano e maxbunkeriano. Nelle mie letture fumettistiche da ragazzino c'erano infatti essenzialmente gli albi della Disney, quelli della Marvel e quelli di Max Bunker (soprattutto "Alan Ford", "Kriminal" e "Satanik", realizzati in coppia con Magnus), ai quali si aggiungevano le strisce giornaliere americane e inglesi che compulsavo su "Eureka", "Il mago", "Linus", etc. Poi, iniziato il Liceo, aggiunsi al mio Pantheon l'underground italiano (ovviamente "Frigidaire" con Ranxerox e gli altri personaggi dannati).
In quegli anni, pecora nera della mia famiglia nella quale tutti i maschi adoravano il calcio (che a me ha sempre fatto schifo), ero anche un incredibile divoratore di saggistica "misteriosa": Peter Kolosimo, Roberto Pinotti, Josef A. Hynek, Charles Berlitz, Luciano Gianfranceschi, Erich von Däniken, Louis Pauwels & Jacques Bergier, le annate del "Giornale dei Misteri", etc. Per me film come Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e Indiana Jones (Spielberg, 1977 e 1981) furono come una rivelazione divina, proprio perché la narrazione (soprattutto nel primo dei due) era sospesa tra immaginazione e realtà (intendendo realtà possibile).


1990: Alfredo Castelli è a pranzo con le redazioni di "Collezionare" (rappresentata dal sottoscritto, da Alessandro Monti e da Marco Baggiossi) e di "Exploit Comics" (Mauro Bruni ed Enrica Bettazzi).



Non credetti dunque ai miei occhi quando, nell'aprile del 1982, la Sergio Bonelli Editore lanciò nelle edicole la serie mensile di "Martin Mystère", personaggio creato da Alfredo Castelli e Giancarlo Alessandrini, che si sarebbe mosso proprio in quel campo dell'archeologia misteriosa, dell'ufologia, del realismo magico che io adoravo! (Qualche decennio dopo, impegnatomi nella difficile lettura di Rivolta contro il mondo moderno che Julius Evola aveva scritto nel 1934, mi sarei accorto che in MM c'erano un po' anche di quelle "suggestioni tradizionaliste", forse inconsce, sicuramente molto "filtrate").
Con Martin Mystère entrai entusiasta nel mondo di Bonelli e negli anni andai a ricercarmi le collezioni di "Mister No", di "Zagor", di "Ken Parker" e infine di "Tex"; "Dylan Dog" fu la seconda collana bonelliana che seguii in edicola fin dall'inizio. Nel 1988 entrai nel gruppo di "Collezionare", fanzine della provincia fiorentina - animata da Burattini e Monti - che all'universo bonelliano, e dunque anche a Castelli, riservava moltissimo spazio. Quando nel 1990 lo staff di "Collezionare" e del Club del Collezionista entrò nel GAF e nella redazione di "Exploit Comics", uno dei primi risultati fu un numero monografico della prestigiosa rivista fiorentina dedicato a Martin Mystère. Poi, nel 1992, Martin Mystère, apparendo sulla copertina del n. 1, inaugurò la nostra rivista bonelliana "Dime Press", pubblicata da Glamour. Castelli era un grandissimo amico di Antonio Vianovi, era un grandissimo amico di Moreno Burattini ed era un grandissimo amico di tutti noi critici fumettisti toscani; del resto Castelli era stato uno dei primissimi "fanzinari" italiani!
Ripropongo qui l'articolo che scrissi nel 1992 su "Dime Press", come introduzione al Dossier Martin Mystère, il cui pezzo forte erano le foto e le descrizioni che Burattini fece del piccolo ma incredibilmente strapieno appartamento milanese di Castelli; l'articolo, vecchio di 32 anni, giace nel mio computer dopo essere stato trasferito più volte, dal mio primo PC (un Olidata del 1991), fino all'ultimo (quello attuale, un HP del 2021); era ancora scritto in Wordstar (!!!) e per renderlo velocemente leggibile l'ho fatto "ripulire" dall'intelligenza artificiale (che almeno a qualcosa è servita):



DIECI ANNI FA QUALCOSA DI NUOVO

All’inizio dello scorso decennio la maggior parte del comicdom italiano era pronta a giurare sulla prossima fine del cosiddetto “fumetto popolare”; la casa editrice della famiglia Bonelli, del resto, era ferma con le novità al 1977, data di uscita del primo Ken Parker. Certo, c’era stata la meteora di Judas fra il settembre 1979 e il dicembre 1980, ma il cowboy dal volto di Charles Bronson realizzato dai fratelli Missaglia e da Ivo Pavone fu soltanto un “incidente di percorso”: dopo il trapper/scout di Berardi e Milazzo si può parlare a ragion veduta di cinque lunghi anni di silenzio.

Le cose cambiano nell’aprile 1982, quando arriva in edicola “Gli Uomini in Nero”, numero uno di Martin Mystère. Gli autori sono Alfredo Castelli per i testi e Giancarlo Alessandrini per i disegni.

Il nuovo personaggio si presenta come “anomalo” rispetto ai vecchi eroi della Daim Press e della Cepim: vive ai giorni nostri e non nel passato, più o meno lontano, che si spingeva fino al '700 del Comandante Mark; si presenta con una dettagliata biografia fin dall’inizio, e qualche lettore pensò che si ispirasse a una persona reale; veste bene e cambia abito (è il primo “bonelliano” a non indossare una divisa, anche se nelle prime pubblicità e su diverse copertine lo vediamo con una sorta di giubbotto smanicato…); il suo mezzo di locomozione è una Ferrari e non il cavallo o l’aereo come Tex e Mister No; ha una fidanzata fissa, Diana, con cui ha instaurato un moderno rapporto di coppia, non platonico (le amichette di Mark e del Piccolo Ranger), né occasionale (le “scappatelle” di Jerry Drake e di Ken Parker); non ha un luogo d’azione definito (anche Zagor e gli altri talvolta si sono spostati, anche in lunghe trasferte, ma si è trattato sempre di un momento speciale), essendo un vero e proprio “cittadino del mondo”; ha una notevole preparazione culturale, mentre i personaggi di casa Bonelli della vecchia generazione frequentavano poco -o nulla- libri e accademie; ha un’età più matura, ultraquarantenne, contro gli apparenti 30/35 anni degli altri eroi; vive in città, in un lussuoso alloggio a Manhattan, e non in foreste, praterie, fortini e giungle varie.

Martin Mystère, grazie all’instancabile instancabilità di Castelli, ha fatto da apripista nella sperimentazione di iniziative collaterali alla serie regolare: gli speciali estivi con volumetti allegati, gli almanacchi invernali, i “Bis”, i racconti brevi e gli “educationals” destinati a periodici non pubblicati dalla Sergio Bonelli Editore. E da bravo “recordman” qual è, Martin è stato il primo a usare il colore in maniera funzionale per il n. 100.




1992: Prova di stampa della copertina di "Dime Press" n. 1, con il Martin Mystère di Alessandrini che festeggia i primi 10 anni della serie castelliana



Dopo un lungo periodo di stasi, durante il quale mi ero allontanato per questioni economiche e di lavoro dall'editoria fumettistica, una delle prime cose che feci quando tornai a scrivere fu proprio un articolo per il libro Castelli di carta di AMys (2012), che qui vi ripropongo per intero (con alcune minime correzioni).


VA PIU' FORTE LUI

Genealogia, vita e istituzioni di Martin Mystère


In illo tempore...

“Ci sono delle cose che non possono essere spiegate. Per esempio: io ho la Ferrari e Dylan Dog il Maggiolone Cabrio... Eppure va più forte lui!” E' lo stesso Martin Mystère a pronunciare queste amare parole in uno sketch umoristico disegnato da Silver per “L'ultima parola”, la rubrica grafica finale di Dime Press. Si trattava del n. 1 del Magazzino Bonelliano pubblicato dalla Glamour di Vianovi, ed era il maggio 1992. Il festeggiato, con allora appena dieci candeline da spegnere sulla torta, era lo Zio Marty, la più celebre delle creature partorite dalla fantasia di Alfredo Castelli. Fra le tante cose difficili da spiegare, in un ambito dove persino la lama di Occam avrebbe bisogno di una bella affilata, vi è proprio quella delle origini di Mystère. L'uomo di Washington Mews non nasce ex nihilo. Come raccontato con dovizia di particolari nel volume Lo strano caso del professor Martin Mystère e del dottor Allan Quatermain e altre storie segrete di Martin Mystère, pubblicato dall'ANAF nel 1990, e decenni dopo sul n. 320 del mensile uscito nel 2012, il personaggio ha una gestazione piuttosto lunga e travagliata. La sua avventura editoriale inizia addirittura nel 1885! E' in quell'anno che esce la prima storia di Allan Quatermain dello scrittore britannico Rider Haggard, “Le miniere di re Salomone”. E se osserviamo da vicino le illustrazioni di Thure De Thulstrup per uno dei racconti successivi, e magari togliamo la barba al segaligno Allan, ritroviamo un bel po' di DNA grafico di quello che sarebbe stato il Mystère di Alessandrini.


1993: Alessandro Monti a Pratilia (sede della mostra fumettistica pratese che si teneva proprio nel periodo di Carnevale) travestito da Dylan Dog sta per essere assassinato da Alfred Castelli!

 

Di Doc in Doc in Doc

Quatermain, dunque. Un Indiana Jones ante litteram. Oppure un anticipo del Donald Duck spericolato e giramondo di Barks. Ma soprattutto, per quel che interessa a noi, un Martin Mystère prima del tempo. Come spiegava Alessandro Monti, oggi storico di chiara fama, su Exploit Comics n. 49 dell'ottobre 1990, nel 1978 Alfredo Castelli “per il settimanale Super Gulp della Mondadori scrive le avventure di Allan Quatermain, un esploratore specializzato in archeologia misteriosa, già scartato dal Giornalino; piano piano Quatermain si modifica e nel 1980, con il nome di Martin Mystère e i disegni di Giancarlo Alessandrini, viene proposto a Sergio Bonelli, che lo accetta: nel 1982 il personaggio viene pubblicato nell'ormai tradizionale formato quaderno”. Il Doc Quatermain castelliano è il nipote del Quatermain originale ottocentesco, celebrato fumettisticamente anche da Alan Moore nel suo “The League of Extraordinary Gentlemen”, ma c'è un altro Doc fra lui e la sua progenie. Nel 1981, in occasione di celebri mostre dedicate alle nuvole parlanti, l'appellativo del futuro personaggio bonelliano in procinto di pubblicazione, venne cambiato in Doc Robinson, e solo all'ultimo momento riprese il vecchio nome di lavorazione, per il debutto nel 1982. Ma la saga dei Doc non finisce qua. Nel 1996, sull'albo n. 174 della collana, “Affari di famiglia”, Alfredo Castelli mischia mirabilmente reminiscenze classiche e nuova immaginazione, introducendo un nuovo Doc... il Docteur Mystère!


1993: la redazione di "Dime Press" (Alessandro Monti, Saverio Ceri, Francesco Manetti e Moreno Burattini) è a Certaldo in occasione di una mostra su Martin Mystère il cui catalogo era stato curato da Glamour



Un pizzico di Verne, una spolverata di Salgari e un milligrammo d'Argento

Rama Rundjee nasce in India nel 1807, figlio di un'inglese e di un indiano. Nel 1840 è a Le Havre: qui conosce un orfano, il piccolo Cigale, e lo conduce al suo fianco in fantastiche scorribande, degne della migliore letteratura classica d'appendice e del ben più moderno filone steampunk. Il mezzo di locomozione è un avveniristico Hotel Elettrico semovente! Il biondo ragazzino, del tutto simile al giovane studente di Harvard protagonista di alcuni speciali del Duemila, affibbia a Rama il soprannome di Docteur Mystère. Successivamente Cigale viene adottato da Rama, assume il nome di Jacques Mystère e si sposa, dando inizio alla dinastia familiare che porterà fino al Martin Jacques Mystère attuale. L'aspetto giovanile del BVZM potrebbe addirittura essere spiegato con l'esistenza di un farmaco custodito dal clan, sorta di enzima Matusalemme capace di rallentare l'invecchiamento. Altri due diretti antenati letterari di Martin Mystère bussano con sempre maggior violenza alla porta. Facciamoli dunque entrare. Il primo a irrompere sulla scena è Franco Ferretti, un investigatore del Ministero dei Beni Culturali incaricato di contrastare la piaga dei tombaroli: è il protagonista di una serie televisiva ideata da Castelli negli anni Sessanta. Ecco poi “I misteri di Mystère”, un libro del 1975 scritto da Francesco Argento per la casa editrice Bietti. La star della serie di racconti compresi nel volume è il detective Jacques Mystère. Ah! Il nome dell'autore non è altro che uno pseudonimo usato da... Tiziano Sclavi!


Il passato eterno

E così arriviamo agli anni subito successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Alfredo Castelli dona natali americani a Martin Mystère e fin da piccolo lo dota di un interesse maniacale per le notizie che esulano la norma. Brillante e curioso studente universitario risolve, spalleggiato da un giovane e atletico Chris Tower, futuro direttore della base super-segreta di Altrove, i suoi primi “mysteri” con la ipsilon. Diventa adulto, professore, archeologo, avventuriero e benestante scrittore di successo. Stringe un patto di inossidabile amicizia con un neanderthaliano sfuggito al tritacarne temporale, il poliedrico Java. Infine (con qualche rimpianto per le tante gonnelle conosciute nei decenni) si sposa, rompendo la maledizione fumettistica dell'eterna fidanzata. E accumula anni su anni con invidiabile leggerezza... Quella del tempo congelato, del passato che non vuol passare e degli effetti sul presente dei millenni andati è la costante universale delle avventure di Martin Mystère. E' “l'Amor che move il Sole e l'altre stelle”. E' il perno centrale, il motore immobile dell'intera catena di vicende.

 


1996 (circa): la redazione di "Dime Press", che stavolta coincide per tre quarti con gli animatori della fumetteria pratese "Mondi Paralleli", è riunita intorno ad Alfredo Castelli nel ristorante "Il Focolare", sulle colline pistoiesi. In questa foto, oltre ad Alfredo, ci sono altri due nostri grandi amici scomparsi: Lorenzo Bartoli e Antonio Vianovi...




“Innanzi a quella foce stretta che si chiama Colonne d'Ercole c'era un'isola...” (Platone, ca. 360 a.C.)

Pur con l'occhio sempre ben fisso ai millenni andati, in un trentennio di pubblicazioni il Castelli dell'Impossibile ha affrontato ogni possibile minaccia dall'impossibile. Dalla miriade di copie dei Bronzi di Riace rinvenuti nel primo numero della serie datato 1982, fino all'arcaica astronave sepolta sotto il territorio degli Stati Uniti, dentro la quale fa capolino un giovane Martin in uno speciale estivo del 2011, Atlantide occupa un posto di rilievo nella mitologia della collana. L'idea è quella di una o più civiltà millenarie preesistenti ai nostri più antichi documenti storici. Queste ancestrali culture, le rivali Atlantide e Mu, avrebbero raggiunto un elevatissimo grado di sviluppo tecnologico, e insieme al progresso erano arrivate a un climax di conflittualità tale da causare un'apocalisse termonucleare che aveva praticamente sterminato l'umanità, costringendola a riemergere faticosamente attraverso una seconda preistoria. Dall'epopea del continente scomparso discendono tutti i miti, le religioni e le credenze odierne.


“Pertanto dobbiamo capire che esistono altri mondi in altre parti dell'Universo, con tipi differenti di uomini e di animali” (Lucrezio, ca. 70 a.C.)

Con un padre membro esterno degli Uomini in Nero, Martin Mystère era destinato a incontrare gli “omini verdi”, a partire dai Kundingas della mitologia aborigena australiana. Alfredo Castelli rinnova e amplifica l'ipotesi extraterrestre. L'idea che gli alieni provenienti da altri mondi avessero visitato la Terra in epoche remote (addirittura “inseminandovi” la vita...) prende campo a partire dall'immediato dopoguerra, quando, nei dintorni di Roswell qualcosa di allogeno si schianta al suolo, cospargendo la polvere del New Mexico di strani cadaveri... E.T. buoni, cattivi, pericolosi, polimorfi, umanoidi... E poi esseri ultradimensionali, razze parallele, discendenti dei maghi, delle fate e dei folletti del folklore occidentale. L'Uomo non è solo nel multiverso!


Una delle ultime foto pubbliche di Alfredo Castelli. Siamo a Bologna, il 25 novembre 2023, e il grande sceneggiatore - già molto provato dalla malattia - appare insieme all'amico Red Ronnie, grande appassionato di fumetti e di "mysteri".



“Questa nube elettrica è chiamata dal popolo di Agharta come la residenza del Dio Fumoso” (Willis George Emerson, 1908)

Un altro elemento sempre presente nella narrativa a strisce castelliana è quello della spiritualità. Non stiamo parlando di religioni rivelate, né di superstizioni, né di culti esotici, né di sette, né di strambe dottrine new age, con tutti i relativi parafernalia. Niente di tutto questo. Lo spirituale, in Martin Mystère, è puro esoterismo. Agarthi (o Agharti) è il centro spirituale di un mondo intessuto di serenità, posto “nel” mondo e “fuori dal” mondo allo stesso momento. L'immagine preponderante che viene proiettata all'esterno è quella di un tipico monastero tibetano, forse buddhista, sicuramente ur-buddhista. Ma anche quella è un'illusione. Agarthi è l'omphalos della realtà, materiale e immateriale. Siccome nell'infinito ogni punto è il centro, da quel preciso punto di partenza spirituale è possibile accedere in ogni dove, in ogni tempo, in ogni dimensione, in ogni probabilità. E' la Biblioteca di Babele di borgesiana memoria, seppur non cartacea. Martin Mystère e il suo nemico-amico Orloff ricevono ad Agarthi saggezza e conoscenza, poteri e responsabilità, munizioni e ammonizioni.
E ricevono, cosa più importante, il libero arbitrio.


La prematura scomparsa di Alfredo Castelli (solo 77 anni), che il 7 febbraio 2024 riempie i siti d'informazione in Internet e tutti i social, rende il fumetto italiano molto più povero - di idee e di stile.

Francesco Manetti

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