di Erik Lucini
Parto da qui, da questa frase che Kyle Barnes dice alla madre, perché la luce è una delle componenti fondamentali di Outcast. Parto da questa frase perché può significare l’inizio di qualcosa di nuovo o, se si vuole, la fine di tutto. Parto da qui per cercare di analizzare e capire la dinamica narrativa di Kirkman.
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| Robert Kirkman | 
Kyle   Barnes   è   il   protagonista   dell’ultima   fatica   di   Robert   Kirkman   chiamata   "Outcast"   e   in   particolare   del primo  volume  di  questa  storia  intitolato  Una  oscurità  lo  circonda.
L’atmosfera  è  quella  della  cittadina  di  provincia  americana  che,  come  si  sa,  dalla  "Twin  Peaks"  di  David  Lynch  in   poi,   ha   sempre   suscitato,   nella   sua   perfetta   regolarità   di   vita   dettata   da   un’etica   solo   formale,   le   più  grandi   paure - a   cominciare   da   quella   di   una   vita   senza   senso   che   si   spalanca   su   un’angoscia   senza   fine.   E  Kyle   Barnes   interpreta   questo,   un’angoscia   fatta   di   dinamiche   familiari   e   sociali   a   tratti   esasperate;   un  bisogno  di  solitudine  che  mostra  tutto  il  peso  che  il  suo  “dono”  sembra  avere  e  un  reverendo,  Anderson,  il  cui  confronto  lo  richiama  alla  realtà  che  lo  circonda  e  al  peso  del  suo  dono.  E  una  sorella  che  sembra  amarlo  e  stargli  vicino  nonostante  tutto.
Kyle Barnes è un protagonista atipico, che si muove e sembra esistere solo in funzione degli eventi e degli incontri, un protagonista continuamente oscillante tra ciò che è e ciò che potrebbe essere; tra luce e buio. E proprio in questo dualismo che è semplicemente straordinaria la tecnica grafica di Azaceta, perché non si limita ai chiaroscuri, ma usa soprattutto un tono medio come il grigio. Un grigio notevolmente più dettagliato e intimista di quello usato in “The Walking Dead”. Il grigio è il colore di Kyle Barnes, del reverendo Anderson, degli ambienti nei quali si muovono. Il grigio è la tonalità perfetta per indicare il continuo oscillare dei personaggi, per dare graficamente vita a quell’anima nascosta, a quei pensieri sepolti nel loro essere, che mostrano di avere i personaggi di Kirkman.
  
Kyle Barnes è un protagonista atipico, che si muove e sembra esistere solo in funzione degli eventi e degli incontri, un protagonista continuamente oscillante tra ciò che è e ciò che potrebbe essere; tra luce e buio. E proprio in questo dualismo che è semplicemente straordinaria la tecnica grafica di Azaceta, perché non si limita ai chiaroscuri, ma usa soprattutto un tono medio come il grigio. Un grigio notevolmente più dettagliato e intimista di quello usato in “The Walking Dead”. Il grigio è il colore di Kyle Barnes, del reverendo Anderson, degli ambienti nei quali si muovono. Il grigio è la tonalità perfetta per indicare il continuo oscillare dei personaggi, per dare graficamente vita a quell’anima nascosta, a quei pensieri sepolti nel loro essere, che mostrano di avere i personaggi di Kirkman.
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| Paul Azaceta | 
Un   dono,   quello   del   protagonista,   che   sembra   renderlo   assolutamente   necessario   sia   al   bene   sia   al   male,  non   più   quindi   una   contrapposizione   tipica   del   canovaccio   horror,   ma   una   sintesi   estrema   che   il  protagonista  e  il  suo  dono  avrebbero.
Menzione   particolare   merita   il   luogo   in   cui   la   vicenda   si   svolge,   quelle   strade   cittadine   fatte   di   luce  accecante  che  si  contrappone  ai  locali  bui  e  chiusi  delle  case.  Case  che  sembrano  minimali  e  anonime,  senza  originalità   e   che   fanno   trapelare   uno   stile   di   vita   e   una   routine   totalmente   impersonali.   Finestre   che,   una  volta   dischiuse,   permettono   l’entrata   a   una   luce   vivissima   che   sembra   fendere   la   stanza   e   le   anime   dei  protagonisti.
Robert   Kirkman   sostiene   che   quello   che   conosciamo   bene   ci   spaventa,   e   credo   per   questo   che   abbia   usato  un   soggetto   caro   al   filone   horror   come   quello   della   possessione,   che   è   stato   sviscerato   in   questo   genere  soprattutto   nel   linguaggio   cinematografico.   L’operazione   che   sta   tentando   è   però   più   raffinata:   prende   la  conosciutissima   possessione   e   cerca   di   vederla,   o   esplorarla,   da   un   nuovo   punto   di   vista   che   è   quello  dell’equilibrio   delle   forze,   della   sintesi.   Kirkman   però   sa   anche   una   cosa,   come   emerge   da   quest’albo,   che  ciò  che  ci  spaventa  di  più  è  quello  che  pensiamo  di  conoscere.
In  un  mercato  fumettistico,  come  quello  italiano,  molto  autoreferenziale, "Outcast  il  reietto"  è  uno  dei  più  bei  regali   che   potessimo   avere.   Una   ventata   di   freschezza   artistica,   specialmente   nel   genere   horror,   di   cui  sentivamo  il  bisogno.  E  una  scommessa  azzardata,  ma  che  può  essere  vincente.
Che dire? saldaPress, bravi… E grazie.
Outcast - Il Reietto 1
Che dire? saldaPress, bravi… E grazie.
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| Outcast n. 1, marzo 2015 | 
Outcast - Il Reietto 1
UN'OSCURITÀ LO CIRCONDA
Marzo 2015 
Pagine  72  €  1  (fino  al  15/05/2015  poi  €  2,30)
Testi:  Robert  Kirkman
Disegni:  Paul  Azaceta
Ed. saldaPress
Erik Lucini
N.B. Trovate i link alle altre incursioni extrabonelliane su Cronologie & Index!
Erik Lucini
N.B. Trovate i link alle altre incursioni extrabonelliane su Cronologie & Index!
 
 
 
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