giovedì 10 aprile 2014

I POPOLI AMERINDI. I SIOUX: GLI UOMINI SERPENTI, I GUERRIERI CAVALIERI! LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA (XI PARTE)

di Wilson Vieira

Eccoci arrivati all'appuntamento di aprile con la Storia del West narrata in esclusiva per i lettori di Dime Web da Wilson Vieira, grande fumettista brasiliano e autore in Italia del Piccolo Ranger. Questa undicesima parte è dedicata ai guerrieri Sioux, i cosiddetti "uomini serpenti"! Le loro usanze, i loro riti, le loro battaglie, il loro onore... Le illustrazioni non bonelliane - oltre cinquanta! - sono state appositamente selezionate e posizionate nel testo dallo stesso Wilson; Dime Web ha contribuito a questo approfondito lavoro soltanto aggiungendo un florilegio di cover tratte dall'epopea Dakota secondo Via Buonarroti. (s.c. & f.m.) 











Tex n. 359, settembre 1990. Disegno di Galep

 

I Sioux chiamavano se stessi Da-cohtah - ovverosia "amico" o "alleato"; però i Chippewa che vivevano nelle foreste del Wisconsin li chiamavano Nado-weis-siw – "serpenti" o "nemici", dopo che ebbero ricevuto le armi da fuoco dai primi esploratori francesi nel 1640. I Francesi storpiarono il nome in: “Nadouessioux” e poi finalmente: “Sioux”. I Chippewas, in possesso di armi da fuoco francesi, più forti dei Sioux, li cacciarono dal Wisconsin Occidentale e per decenni li spinsero sempre più a Ovest, inseguendoli senza tregua. Alla ricerca di nuove terre, i Sioux incontrarono gli Arkansas che vivevano in capanne di terra sulla riva del Missouri, e lì si impossessarono per la prima volta di cavalli. Il cavallo fu il principale compagno degli Indiani - soprattuto di quelli che vivevano nelle pianure e sugli altopiani. Come avrebbero potuto spotarsi - per andare alla ricerca delle mandrie, per cacciare i branchi di bufali - senza quell'animale? Come avrebbero potuto andare in guerra, attaccare i fortini dei Visi Pallidi e gli accampamenti nemici?
Il cavallo esisteva sul Continente Americano già al tempo della preistoria. Viveva in mandrie allo stato selvaggio e i primi abitanti di quel paese gli davano la caccia per cibarsi della sua carne. Cosí decimati, questi cavalli di piccole dimensioni, con la testa grossa e allungata, sono oggi completamente scomparsi. 






Quando gli Spagnoli occuparono il Messico, Hernán Cortés (1485 – 1547) fece venire i cavalli andalusi, per la maggior parte di razza Araba, focosi ed impetuosi. Queste bestie furono messe a pascolare nelle praterie che circondano il Messico e 25 di esse, certamente in cerca di libertà, sfuggirono alla sorveglianza dei guardiani e risalirono verso Nord, attravesarono il Rio Grande del Norte e si sparsero nelle pianure dell’Arizona e del Texas.
Gli Apache li scoprirono per primi e dettero loro il nome di Buffalo Dogs, scambiandoli per grandi cani selvatici. Essi divennero in breve tempo ottimi cavalieri e gli altri Indiani subito imitarono il loro esempio. Gli Indiani delle pianure, principalmente i Sioux, ebbero sempre un vero e proprio attaccamento per loro cavalcature e rimanevano in sella per ore e ore consecutive, percorrendo a volte distanze incredibili.
Con una serie di incroci gli Indiani riuscirono a creare una nuova razza, l’Appaloosa, che divenne il poney di guerra dei Nez Percés prima di essere usato anche dalle altre tribú. 




Il nome deriva dalla Palouse Valley dove scorre il fiume Palouse, negli Stati dell’Oregon e di Washington, culla dei Nez Percés, i quali si dedicarono all’allevamento di questo magnifico animale dal mantello grigio pomellato di scuro. Quando, nel 1887, i Nez Percés si ribellarono al Governo di Washington e furono rinchiusi in una Riserva, molti di questi cavalli vennero uccisi, ma gli allevatori seppero intervenire e salvarono questa razza meravigliosa oggi orgoglio di molti ranch.
Nel giro di 5 decenni gli Sioux diventarono il più grande e il più temuto popolo di cavalcatori di tutte le praterie del Nord. 

Tex n.434, dicembre 1996. Disegno di Villa.





Durante questa evoluzione, tra il 1750 e 1800, le tribú dei Sioux che vivevano nel Sud e nel centro, si divisero dai Sioux del Settentrione, riprendendo la vecchia tradizione della coltivazione della terra, sempre però servendosi del cavallo, che rendeva possibile la vita nelle praterie. Invece i Teton-Dakota, rinnegando la tradizione agraria dei secoli passati, diventarono esclusivamente cacciatori di bufali. Questo è senz’altro stato uno dei motivi per cui le tribú agrarie dei Sioux si rassegnarono abbastanza in fretta all’occupazione del loro territorio da parte dei Bianchi, mentre i Teton-Sioux si batterono fino all’ultimo perché i Bianchi, con le loro carovane transcontinentali, mettevano in pericolo le migrazioni dei bufali. Coloni, cercatori d’oro e la ferrovia furono la causa dello sterminio totale del bufalo e la distruzione della base d’esistenza degli indiani.
Già nel 1804 Meriweather Lewis (1774 – 1809) e William Clark (1770 – 1838) trovarono I Dakota come dominatori assoluti delle regioni a ovest del Missouri. I loro gruppi di cacciatori perlustravano le Black Hills e le praterie steppose del Dakota Settentrionale. Nel Montana conoscevano tutte le valli dei fiumi Powder, Tongue, Big Horn e Yellowstone, e nello Wyoming arrivarono al Sud fino al North Fork del fiume Platte, nell’odierno Arkansas.
Questi uomini in canoa, che si erano dati ad una fuga precipitosa, erano diventati dei guerrieri a cavallo fieri e intrepidi: la migliore cavalleria leggera del mondo, scriveva Washington Irving (1783 – 1859).






I Southern Sioux o Sioux del Sud comprendevano numerose tribú: gli Iowa che, prima di cedere le loro terre, vivevano sulle rive del fiume Platte; gli Oti, loro prossimi vicini, che spesso operavano con essi; i Kiowa, a volte chiamati Kaw, che vivevano sul fiume Kansas; i Missouri stabilitisi sul Grande Fiume nel punto in cui questo si unisce al Missouri; gli Omaha, che avevano demora sulla foce del Missouri fino al giorno in cui i Ponca partirono per l’Ovest. La migrazione portò i Missouri nel Nebraska e i loro compagni sulle Black Hills. Appartenevano inoltre ai Sioux gli Osage che vivevano nel Sud del Missouri ed erano una tribú molto ricca: quando fu scoperto il petrolio nelle loro terre, il Gran Consiglio degli Osages dispose di 8.500.000 di dollari in depositi nelle casse del Tesoro americano. Per quell’epoca si tratava di una somma veramente considerevole.

Era lo pte - il bufalo - che forniva loro tutto ciò che era necessario per vivere: la carne che veniva cucinata ed essicata e preparata come pemmican, il cuoio per il vestiario, pelli pesanti per l’inverno, pelli per il giaciglio e cuoio conciato per coperte o per scarpe e per i vestiti estivi, pelle oleata dei vitelli di bufalo per comodi e leggeri teepee; infine per fare la famosa bullboat, la canoa ricoperta di pelle di bufalo - o meglio ancora della pelle del collo del bufalo, che resisteva a tutte le lance. 





Il teepee veniva sempre montato e smontato dalle donne. Per montarlo legavano insieme, vicino all’estremità piú sottile, tre aste di legno di abete lunghe almeno 8 metri. Poi le aste venivano drizzate in alto come un treppiede - una verso Est, un’altra verso Nord e l’ultima verso Sud; la prima veniva cosí a trovarsi alla sinistra dell’entrata che era sempre rivolta a levante. Altre aste - almeno una quindicina - venivano poi aggiunte, in modo da formare, alla base, un cerchio di circa 5 metri di diametro. Poi la struttura cosí costruita veniva ricoperta con 15-18 pelli di bufalo, tagliate e cucite in modo da formare, quand’erano stese al suolo, un ampio semicerchio. L’ingresso del teepee era chiuso da una pelle generalmente decorata. In cima vi era un’apertura destinata a lasciar uscire il fumo - apertura che poteva essere regolata a seconda del vento grazie a due aste laterali. Il fuoco bruciava al centro del teepee. I letti e le coperte, solitamente costituiti da pellicce, erano stesi per terra tutt’intorno ai lati della porta e in fondo alla tenda. La pelle che ricopriva il teepee era decorata con i simboli di colui che vi abitava; quando un guerriero aveva abbattuto un certo numero di nemici, poteva comunicarlo con le decorazioni del suo teepee. Spesso la pelle dei teepee veniva divorata e lacerata dai cani affamati dell’accampamento. Quando i Visi Pallidi penetrarono a ovest, gli Indiani fecero le loro tende con mezzi di stoffa barattati o vecchi sacchi spesso rubati nei depositi militari. 







Tex n. 261, luglio 1982. Disegno di Galep


 


Quando le donne avevano smontato il teepee le aste venivano attaccate ai fianchi dei cavalli o dei cani e formavano il travois, la lettiga Indiana, fatta con due stanghe, di cui due estremità erano fissate a cavalli o a cani. Delle stuoie univano le due stanghe in modo che sul piano così formato si potevano porre e fissare dei carichi. Sulle grandi pelli ripiegate venivano ammassati i piú disparati oggetti. I cowboy usavano tale mezzo quando dovevano trasportare velocemente un ferito o un ammalato per una lunga distanza.
Gli Indiani fabbricavano scrigni di pelle, borse, cinghie e mille altre cose ancora; con la scapola del bufalo facevano zappe e scuri; dalle costole traevano utensili; dallo zoccolo colla; dalla pelliccia coperte morbide; utilizzavano i tendini per cucire; gli aghi erano fatti dalle ossa, i cucchiai dalle corna e mescolavano il sangue del bufalo con la terra per avere dei colori. Con lo pte e la grande varietà di erbe selvatiche la vita per loro era perfetta. Lo pte era il centro della loro mitologia, era il grande miracolo a cui dedicavano le loro danze sacrali e i riti religiosi. 





La Ghost Dance apparve per la prima volta nel 1888. Un giovane pellerossa dei Paiute, Wowoka (Jack Wilson, 1856 – 1932), che lavorava in un ranch del Nevada, fu un giorno assalito da febbri perniciose. 

Zagor Speciale n. 23, marzo 2011. Disegno di Ferri.







Egli affermò che il Grande Spirito gli era apparso e gli aveva dichiarato che gli Indiani, allora prigionieri nelle Riserve, avrebbero ritrovato la libertà e le loro terre se avessero danzato per invocarlo. Wowoka annunciava, passando da una tribú all’altra, la Pace, ma le tribú della prateria trasformarono la sua dottrina in un appello alla Guerra. Questa profezia si sparse in un batter d’occhio. Sitting Bull, grande capotribú e medicine-man, ne approfittò per creare un vasto movimento al quale si unirono tutti I Sioux Dakota.

I guerrieri e le squaw, formando grandi cerchi, danzavano fino a quando entravano in trance, e cadevano per terra inerti, sconvolti dalla fatica - in un furore frenetico perdevano ogni senso della realtà; a distanza di mesi erano ancora così pieni dei loro vaneggiamenti che spesso si lasciavano trascinare verso inimicizie cruente, come quelle che condussero all’uccisione di Sitting Bull e al massacro di Wounded Knee.
Le interminabili danze in cerchio stimolavano nei danzatori visioni di mandrie di bufali e di vittoriose battaglie. Un vero e proprio vento di rivolta soffiò quando, il 15 dicembre 1890, Sitting Bull fu ucciso e quando i soldati, in seguito a un deprecabile errore, massacrarono a Wounded Knee, nei pressi della Riserva di Pineridge, gli indiani pacificamente venuti a arrendersi. In seguito a questi due atroci drammi, la Ghost Dance fu proibita, ma, per un certo periodo, alcune tribú continuarono a celebrarla segretamente.
Fra le piú celebri danze eseguite dalle tribú Indiane vanno inoltre ricordate la Buffalo Dance, la Calumet Dance, la Green Corn Dance, la Medicine Dance, la Scalp Dance. E poi la Sun Dance, durante la quale gli Indiani si attaccavano al petto, facendoli penetrare nella carne, dei ganci di ferro e rimanevano sospesi da terra per parecchie ore, sostenuti da questi ganci. Questa danza, ricostruita in modo perfetto dal film Un uomo chiamato Cavallo, fu anch’essa proibita.
È curioso osservare come alcune credenze Indiane rassomigliano a certe storie di casa nostra. Questa per esempio: Un Indiano navigava sulla sua piroga, quando lo sorprese la pioggia. Essa durò per tante lune quante formano 40 giorni. Il quarantunesimo giorno, finalmente, apparve il sole; allora egli depose la pagaia, prese una lontra che stava sul fondo dell’imbarcazione e le rese la libertà. L’animale si allontanò, giunse la riva e ritornò da lui tenendo in bocca un lichene.
Si poteva chiamare l’aquila “fratello”, ma soltanto il bufalo era “zio e padre” allo stesso tempo. L’esortazione non gettare mai via le ossa di tuo padre, si riferiva sia al padre vero che al bufalo ucciso.
Sprovvisto del concetto di proprietà personale - salvo che per le loro armi, il loro cavallo e la loro tenda - il pensiero dei Sioux aveva contemporaneamente come oggetto sia la realtà attuale, sia quella sovrasensibile - passando dall’una all’altra in un moto circolare e nella convinzione che la vita avesse un senso di per se stessa e non contenesse uno scopo da raggiungere. Da qui deriva quella incomprensione di fondo da parte dei Sioux dell’inquietudine dei Bianchi che consideravano il possesso come unico scopo della loro vita. Per i Sioux la libertà della natura, della terra e del cielo era intoccabile; per tal motivo consideravano i contratti che avevano come oggetto la proprietà fondiaria vuote parole senza senso. 


Martin Mystère n. 125, agosto 1992. Disegno di Alessandrini.






Ha detto Red Cloud: Come posso dichiarare proprietà personale l’aria intorno a me, la terra sulla quale io passo a cavallo, le foglie di un albero che si muovono nel vento; come può una parte del vento, una parte delle nuvole o una parte della terra essere solo mia? 

L’avidità smisurata dei Bianchi, la macchina burocratica di una goffa e pesante amministrazione, la brutalità efferata della strategia militare, l’ipocrisia dei politici e la viltà dei cristiani furono gli elementi che accecarono la coscienza dei Sioux, così come la superiorità di un freddo e spietato ragionamento fu il peso che li schiacciò fino a distruggerli. 





Di fronte a tutto questo nulla potevano le leggende degli Iktomi, i piccoli uomini ragno che nottetempo fabbricavano in segreto le punte delle frecce dei loro amici Indiani, o la leggenda del gigante del Nord Wasiya, il cui respiro gelido copriva le praterie di brina, o il volo dell’Uccello-Tuono che viveva nelle grotte fra la terra e il cielo, o ancora la leggenda del Mostro in fondo alle acque del Missouri che faceva fondere il ghiaccio col suo respiro di fuoco. L’Indiano credeva di essere stato creato per ultimo, ma di dover comunque essere considerato come la prima delle creature. 






Speciale Cico n. 3, giugno 1981. Disegno di Ferri.


 

Egli venerava il Sole, non in quanto dio, ma come manifestazione del Grande Spirito, cioè Wakan Tonka, che in questo modo dispensava una sorgente di vita. Wakan Tonka non era soltanto un dio, cioè Signore e Creatore, ma era anche l’Essenza Impersonale. L’uomo era sacro, cioè wakan, quando la sua anima esprimeva ildDivino attraverso tutte le forme della natura - come gli elementi, le montagne, l’aquila, il bufalo o le stelle. 





Di notte gli Indiani non si stancavano mai di osservare il cielo e sapevano quindi guidarsi benissimo basandosi sulle stelle che conoscevano perfettamente. Come gli alberi e le rocce, che venivano considerati manifestazione dell’Essere Supremo, anche le stelle avevano una simbolica importanza. I Sioux Dakota sostentavano che l’Orsa Maggiore, rapresentava un gruppo di volpi e che il Re delle Volpi era stato ucciso nel Teepee degli Orsi, rappresentato dal gruppo di stelle che si trova a sinistra dell’Orsa Maggiore. Le quattro stelle Alfa, Beta, Gamma e Delta formavano la coperta in cui veniva trasportato il corpo del Re delle Volpi. I Sioux chiamavano la stella Alioth dell’Orsa Maggiore Medicine-Man e la stella che si trova in mezzo al timone “La Donna che porta un bambino fra le braccia”, mentre la stella Mizar rappresentava la Donna e la piccola stella Alcor, - appena visibile ad occhio nudo ma che gli Indiani vedevano perfettamente - il suo bambino. 


Tex n. 491, settembre 2001. Disegno di Villa




 
Un grande capo Sioux, Hebeaka Sapra, cioè Black Elk, uomo molto colto, ha cercato di far conoscere ai Visi Pallidi le credenze e riti della sua gente. Egli ha cosí definito il Grande Spirito: Io sono cieco e non vedo le cose di questo mondo, ma quando la Luce mi viene dall’Alto, essa illumina il mio cuore e il mio cuore vede, l’occhio del mio cuore vede allora ogni cosa.
Il nome dei neonati era scelto in rapporto all’avvenimento che aveva caratterizzato il preciso momento della loro nascita. Uno dei piú grandi capi degli Oglala-Teton - Red Cloud - era stato cosí chiamato perché, al momento in cui era venuto al mondo, una meteora aveva attraversato il cielo. Crazy Horse dovette il suo nome a un puledro che attraversò la piazza principale dell’accampamento quando sua madre lo diede alla luce. Alcuni capi cambiarono nome durante la loro vita. Per esempio, Sitting Bull si chiamava Jumping Badger, prima di assumere il nome con cui divenne famoso.
Gli innumerevoli trattati di Pace stipulati tra gli Indiani e gli USA non furono nient’altro, per i Sioux, che dadi in un gioco che non conoscevano; non avevano i mezzi per capire tali documenti; in realtà erano fine a se stessi e sanzionavano come sviluppo futuro situazioni già esistenti o legalizzavano atti di violenza - come l’invasione dei Bianchi nel territorio dei Sioux e l’occupazione delle loro terre. Solo il primo trattato non fu redatto in questo stile; quello del 1815 parlava soltanto di amicizia e simpatia reciproca. Però già nel 1830 i Sioux erano posti di fronte a trucchi giuridici, a essi sconosciuti come un paesaggio lunare: quattro “sotto-tribú” si dovevano impegnare a cedere agli USA dei territori, che per di più erano zona di caccia di altre tribù completamente ignare di questo; inoltre dovevano procurare l’accordo ulteriore con queste altre tribù. 





In realtà si trattava solo di questo: della futura e inevitabile politica di sterminio, con tutte le piaghe e le violenze ad essa connesse. Di fronte agli occhi del mondo tutto doveva mostrarsi in armonia - perlomeno al livello del Diritto Internazionale - con la dichiarazione dei Diritti dell’Uomo enunciata dagli Americani, in quanto consapevoli di una loro missione da compiere; dichiarazione, che fin dagli albori degli USA, già trovava un proprio corollario nel concetto secondo cui gli Americani erano uomini migliori. Da allora in poi - di Pace in Pace, di sommossa in sommossa - si continuò ad usare la ricetta efficace, quanto semplicistica e brutale, della politica Americana nei confronti degli Indiani; i Bianchi garantivano agli Indiani l’inviolabilità dei loro territori nonché il risarcimento per le terre da essi cedute; intanto, i Bianchi avanzavano, non pagavano o pagavano poco per risarcire gli Indiani; gli Indiani allora protestavano, però non trovavano nessuno che li escoltasse; i Bianchi continuavano la loro avanzata; gli Indiani li combattevano e scorreva il sangue. Allora interveniva l’Esercito, perché non si poteva tollerare che dei Bianchi venissero massacrati. Seguiva, infine, un nuovo trattato di Pace, e poi la ripetizione di questi identici fatti.
La prima grande insurrezione dopo una serie di questi “Trattati di Pace”, che non erano altro che armistizi di una Guerra Permanente di Conquista, ebbe luogo a New Ulm. 


Magico Vento n. 89, ottobre 2004. Disegno di Mastantuono






Il massacro di New Ulm (18 agosto 1862), nel Minnesota, è uno dei primi tragici episodi conseguenti alla difficile convivenza fra Bianchi e Indiani. I soldati del fortino di New Ulm erano partiti il 17 agosto 1862 per il fronte dell’Est.

Scrive un giovane pioniere, la cui famiglia si era stabilita nella zona: Il mattino del 18 agosto un amico passò a casa nostra per avvisarci di fuggire subito perché gli Indiani stavano uccidendo tutti quelli che incontravano e incendiavano le loro case. Noi eravamo abituati a vedere gli Indiani ogni giorno, e nessuno aveva paura di loro. Venivano anche a casa nostra e ci portavano pesce e selvaggina in segno di riconoscenza per il cibo e i vestiti che la mamma regalava loro. Ma nei mesi di giugno e luglio 1862, si era notata una certa inquietutine fra gli Indiani; ogni tanto li si vedeva nel costume di guerra eseguire danze di guerra. Ci si domandava cosa avessero in mente. Si diceva che non erano soddisfatti per come erano trattati dai Funzionari Federali, che le loro entrate erano state ridotte e che erano in miseria. Inoltre, il cibo a loro destinato era proprio cattivo: avevano avuto farina coi vermi e carne andata a male. 
Alla notizia dell’assalto tutti gli abitanti della tranquilla citadina di New Ulm fuggono verso Fort Ridgely, a pochi chilometri dal paese, inseguiti dai Sioux. Molti vengono uccisi sulla via del fortino. Quelli che riuscirono a salvarsi devono sostenere per nove giorni l’assedio degli Indiani guidati dal capo Little Crow (1815 - 1863). Il 27 agosto arrivano truppe di rinforzo.


Tex n. 482, dicembre 2000. Disegno di Villa.





Al cader dell’inverno Little Crow e i suoi guerrieri si ritirano, portandosi dietro alcuni ostaggi Bianchi. All’inizio del ’63, organizzata una spedizione punitiva, le truppe Federali fanno 392 prigionieri che vennero posti sotto acusa: 307 di essi subirono la condanna a morte e fra questi 39 Sioux furono giustiziati pubblicamente. Little Crow è tra gli impiccati e il suo scalpo viene inchiodato all’ingresso del forte. Più di 1.000 Bianchi trovarono la morte durante quella sommossa: fu il più grande massacro delle Guerre Indiane. Si fecero nuovi trattati di Pace, coi quali si promisero novamente delle terre ai Sioux.
Nello stesso tempo, tuttavia, i cacciatori cominciarono le loro stragi di bufali nelle praterie e si iniziò la costruzione della ferrovia Union Pacific attraverso quegli stessi territori; migliaia di coloni si riversarono sulle terre garantite agli Indiani. Si progettava intanto anche la Northern Pacific. La Società di Navigazione a Vapore sul Missouri prese possesso del fiume e delle sue rive, ma i risarcimenti promessi agli Indiani non arrivarono mai. Sorse una serie ininterrotta di fortini nel bel mezzo del territorio sioux, le truppe venero rafforzate e si aprì la via Transcontinentale, detta Bozeman. 


 
Allora i Dakota si resero conto che l’America lasciava loro due sole alternative: diventare miseri agricoltori su un terreno sterile e ricevere l’elemosina dal Governo degli USA oppure battersi fino all'ultimo sangue.
Decisero allora di morire degnamente, combattendo.










I loro capi Red Cloud (1822 – 1909, Oglalla-Teton-Sioux), Crazy Horse (1840? – 1877, Oglalla), Spotted Tail (1823 – 1881, Brulé), Gall (1840? – 1894, Hunkpapa), Sitting Bull (1831? – 1890, Hunkpapa) e tanti altri condussero una guerra totale, interrotta soltanto da brevi intervalli. Tanto numerose furono le battaglie, le scaramucce, gli assalti e i massacri, che solo i più spettacolari vengono ricordati. Nel 1863 White Stone Hill, Fort Abercrombie, Stoney Lake Dead, Buffalo Lake e Big Mound. Nel 1864 Killdeer Mountains e Little Missouri. Con la Pace di Laramie (1865) si garantirono di nuovo e per l’eternità dei territori ai Sioux, ma nello stesso anno l’Esercito Americano occupava quegli stessi territori costruendo una catena di fortificazioni. I risultati furono nel 1866 il massacro di Fatterman vicino a Fort Phil Kearney, nel 1867 gli scontri di Wagon Box e di Hayfield, nel 1868 le battaglie di Beecher Island e del Tongue River, oltre allo scontro di Crazy Woman.

Tra il 1869 e il 1872 Red Cloud cercò di ottenere la Pace in un’altra maniera: partì per Washington, parlò apertamente in pubbliche riunioni e denunciò la rottura dei trattati da parte degli USA. L’opinione pubblica era dalla sua parte, il Governo e l’Esercito si trovavano in imbarazzo. Red Cloud, capo supremo e leggendario diplomatico degli Oglalla-Teton-Sioux, capeggiò negli anni 1865-1868 la Grande Guerra della Nazione Sioux contro la presa di possesso dei territori da parte dei Bianchi. Con questa guerra impedì che si aprisse una strada di transito per i carri attraverso il Montana - percorso che partiva da Fort Laramie, nel Wyoming, in direzione dei giacimenti d’oro della regione di Bonanza, nel territorio del Montana. Vedendo che i Visi Pallidi si installavano nelle praterie piú fertili, dove pascolavano grosse mandrie di bufali, egli riuní 2.000 guerrieri e annientò un distaccamento di 80 militari davanti a Fort Phil Kaerny, nel dicembre del 1866.


Magico Vento n. 98, luglio 2005. Disegno di Mastantuono







L'affare William Judd Fetterman (21 dicembre 1866)

Il cononnello Henry Beebee Carrington (1824 – 1912), dopo esser stato di guarnigione a Fort Connor e a Fort Reno sulla Bonanza Trail (la pista dei cercatori d’oro del Montana), ricevette l’ordine di costruire un avamposto militare sulla Big Piney Creek, nel Wyoming del Nord. Era l’autunno dell’anno 1866. Quella regione era particolarmente pericolosa: molte tribù Indiane, agli ordini di Red Cloud, di Crazy Horse e di Man-afraid-of-his-horse (1800 – 1889), manifestavano una vera e propria ostilità. Il nuovo bastione, una volta terminato, ricevette il nome di Fort Phil Kearny. Fra gli ufficiali della nuova guarnigione si trovava il capitano William Fettermen (1833? – 1866), appena uscito da West Point, ma già distintosi in combattimento durante la Guerra di Secessione. Questo giovane ufficiale nutriva per gli Indiani un odio feroce e soleva dire che con una quarantina di soldati avrebbe facilmente avuto la meglio sull’intera Nazione Sioux. Il 16 dicembre un esploratore di sangue misto segnalò al colonnello Henry Carrington che indiani ostili si stavano raggruppando sulle colline vicine e che i due capi, Red Cloud e Crazy Horse, avevano deciso di scatenare un attacco al Forte. Per terminare la costruzione del Forte, il colonnello Carrington mandava ogni mattina dei turni di soldati nelle foreste vicine a prendere la legna necessaria. La mattina del 21 dicembre, una bella giornata, gli uomini di turno andarono come al solito al lavoro. Verso le 11 una sentinella appostata a Pilot Hill segnalò la presenza di un folto gruppo di indiani visibilmente ostili. Immediatamente avvisato, il colonnello Carrington scelse un distaccamento che andasse subito ad affrontarli e li disperdesse. Il capitano James W. Powel ne ebbe il comando. Il capitano William Fetterman, desideroso di distinguersi, domandò il permesso di prendere il suo posto - e l’ottenne insieme alla raccomandazione di non superare per nessun motivo il luogo chiamato Lodge Trail Ridge. Fetterman lasciò il Forte alla testa di 50 fanti, comandati da due ufficiali, e di 70 cavalieri, agli ordini di un ufficiale. Era inoltre accompagnato da due civili. Col suo cannocchiale il colonnello Carrington seguiva l’avanzata del drappello e con sua grande sorpresa vide che, raggiunto il punto limite, esso si divideva all’improvviso per avvicinarsi agli indiani e attaccare la loro avanguardia. Nel medesimo istante Fetterman vide apparire da dietro al bosco ceduo una dozzina di cavalieri di Crazy Horse che batterono precipitosamente in ritirata. Si tratava di una trappola facilmente intuibile da qualunque guida, ma l’ufficiale, nuovo del posto, vi si gettò a capofitto e ordinò l’avanzata. 




Magico Vento n. 97, agosto 2005. Disegno di Mastantuono




La Cavalleria, con le sciabole sguainate, si spinse all’attacco - agli ordini del tenente George Drummond - e galoppò in direzione di un’altura che in seguito sarebbe stata chiamata "la collina del massacro”. I fanti, meno veloci, seguirono la stessa pista. Superarono anch’essi Lodge Trail Ridge. Nascosti dietro rocce e cespugli, sulle colline e nelle foreste vicine, gli uomini di Red Cloud e di Crazy Horse aspettavano gli ordini dei loro capi. 







Nel frattempo alcuni Minniconjoux, guidati da Thunder Hawk (1834 – 1906), dei Cheyenne e degli Oglala agli ordini di He Dog (1840? – 1936) e di Lone Bear (18..? – 1919) scivolavano ai fianchi dei Visi Pallidi, decisi a stringerli in una morsa e a tagliare qualunque possibilità di ritirata. All’improvviso i guerrieri pellerossa, in numero superiore a 2.000, apparvero urlando come forsennati. Il tenente Drummond comprese all’istante di essere ormai perso; i nemici avevano delle carabine mentre i suoi soldati usavano fucili ad avancarica. Gli Indiani lanciarono un nuovo attacco: vi fu una mischia selvaggia, il cui risultato non era ignoto a nessuno. Dopo qualche istante non un militare viveva ancora; i corpi insanguinati del capitano William Fetterman e dei suoi 91 soldati giacevano al suolo. Anche i due civili erano morti. Quando intese i colpi di arma da fuoco, il colonnello Carrington mandò dei soccorsi, guidati dal capitano Tom Eyck. Quando costui raggiunse il luogo della strage vide sparire gli ultimi indiani. Il tenente Drummond e dieci dei suoi soldati erano stati scotennati. Fetterman e Brown avevano ciascuno una pallottola nella tempia; i due ufficiali avevano tenuto per sé le loro ultime pallottole. Da allora in poi Red Cloud e Crazy Horse non dettero tregua al Forte, dove la situazione diventava sempre piú critica. Temendo il peggio, il colonnello Carrington aveva riunito nel deposito delle munizioni le donne e i bambini, con l’intenzione di far saltare tutto in aria se gli Indiani si fossero impadroniti del Forte. Il 31 dicembre i Sioux e i Cheyennes avevano ucciso, nei dintorni del Forte, 154 persone, ne avevano ferite 20 e avevano catturato 700 cavalli; in cinque mesi avevano effettuato 51 attacchi contro la postazione. Il colonnello Carrington fu distituito dal comando e inviato a Fort Machpherson in residenza vigilata; fu poi processato da un Tribunale di Guerra e accusato di negligenza e di incapacità. La sanzione era severa: egli pagava per i suoi errori personali e per l’orgoglio del capitano Fetterman. Mentre il colonnello Carrington veniva processato, Red Cloud e Crazy Horse, nel Wyoming, continuavano a non dar tregua ai distaccamenti militari della zona fra Fort C. F. Smith e Fort Phil Kearny. 


Magico Vento n. 108, gennaio 2007. Disegno di Mastantuono







La Battaglia di Wagon Box (31 luglio 1867)


Nella primavera e nell’estate del 1867 i lavori proseguivano a Fort Phil Kearny, comandato dal 7 gennaio di quell’anno dal generale H. W. Wessler, che aveva ai suoi ordini quattro Compagnie del XVIII Fanteria e un Distaccamento di Cavalleria. Red Cloud e Crazy Horse, incoraggiati dagli ultimi successi, dimostrarono una folle temerità continuando ad attaccare le postazioni sulla Bonanza Trail. Fu cosí che i rifornimenti divennero sempre piú difficili, i viveri furono razionati e il vettovagliamento fu affidato a due civili, Gilmore e Proctor, che incaricarono un certo G. R. Porter di svolgere il lavoro. G. R. Porter, una volta giunto a Fort Phil Kearny, ebbe il compito di assicurare i turni per la legna che erano stati all’origine della triste vicenda di Fetterman.

Il 31 luglio, all’alba, 16 carri pesanti lasciarono il Forte per le vicine foreste. Il maggiore James W. Powell, uomo rotto alla dura disciplina dell’Ovest, che non avrebbe mai esposto i suoi soldati a inutili rischi, comandava le truppe di protezione composte da 51 uomini del XXVII Fanteria. Erano armati dei nuovi fucili Springfield 50 a retrocarica che assicuravano un tiro rapido. 


Tex n. 361, novembre 1990. Disegno di Galep.






Fort Phil Kearny aveva appena ricevuto 700 esemplari di quest’arma e una provvista di 100.000 cartucce. Una volta lasciato il forte, il convoglio si divise in due tronconi che avanzarono parallelamente. Senza difficoltà si raggiunse l’altopiano vicino a Big Pine Creek, a 5 miglia dal Forte, a Ovest di Sullivan Hill. La truppa doveva rimanere in quella posizione per diversi giorni, per coprire il lavoro dei taglialegna. Il maggiore fece ribaltare sul fianco 14 carri, formando cosí una stretta barricata ovale con una piccola apertura alle due estremità. Nessun carro, contrariamente a ciò che alcuni affermano, era blindato. Come il maggiore Powell aveva immaginato, gli Indiani attaccarono. Erano 3.000. 32 erano invece gli uomini che si trovavano al centro del bastione improvvisato, quando 500 cavalieri dettero loro l’assalto. Gli assaliti risposero con un fuoco rapidissimo e violento. Gli assalitori si ritirarono e si concentrarono a distanza. Red Cloud, in assetto di guerra, apparve sulla cima di una vicina collina. Una seconda volta gli Indiani si lanciarono all’assalto, e una seconda volta furono ricacciati indietro. Red Cloud, furioso, ordinò a un centinaio di cavalieri, che avevano partecipato al primo assalto, di attaccare le barricate divenute silenziose. Dopo una breve avanzata, questa truppa si concentrò in una forra nei pressi della Big Pine Valley; poi metà dei cavalieri si scagliò in avanti e riuscí a raggiungere la barricata. Scoppiarono alcuni incendi e alcune casse di munizioni saltarono in aria. Nel frattempo gli uomini del maggiore continuarono a scaricare le loro armi. Molti morirono, fra cui il tenente John G. Jennes. Il terzo attacco non si fece attendere a lungo: a dispetto dei consigli di prudenza di Crazy Horse, Red Cloud lanciò i guerrieri all’attacco. 


Magico Vento n. 86, luglio 2004. Disegno di Mastantuono





 
Ancora una volta essi subirono numerose perdite e ripiegarono disordinatamente. Mentre alcuni soldati restavano in agguato, altri spengevano il fuoco utilizzando le riserve d’acqua. Non ci fu piú alcun attacco. La battaglia era durata 6 ore, durante le quali gli uomini del maggiore James W. Powell - tenendo testa ai Sioux, ai Cheyenne e agli Arapaho - avevano messo fuori combattimento 800 nemici. Le loro perdite erano invece insignificanti: tre morti e due feriti. Per qualche tempo la calma, grazie al loro gesto risoluto, tornò a regnare sulla Bonanza Trail. 


Lo scontro di Hayfield (1 agosto 1867)


Il 1° agosto 1867, proprio il giorno successivo alla battaglia di Wagon Box, un gruppo di coloni intenti alla fienagione fu attaccato da 800 Cheyenne. Essi risposero con il fuoco sostenuto dei loro fucili agli assalti lanciati contro le loro capanne fortificate. Un Distaccamento agli ordini del tenente Sigismund Stemberg, che avrebbe trovato la morte in questo attacco, fu inviato in loro soccorso con un cannone. Gli Indiani furono respinti, persero 8 di loro ed ebbero 13 feriti. Vi furono altri scontri lungo la Bonanza Trail, poi la diplomazia prese il posto delle armi. 









Poiché Red Cloud si rifiutava di prendere parte a trattative di Pace se non venivano ritirate tutte le truppe USA e contemporaneamente viaggiava nell’Est con una Delegazione di Capi delle varie tribù indiane, tenendo conferenze per richiamare l’attenzione del mondo sui problemi della sua Razza, vinse alla fine una grande battaglia diplomatica. Nel marzo del 1868, Ulysse S. Grant (1822 – 1885), ordinò l’evacuazione dei forti Phil Kearny, C. F. Smith e Reno. Del resto la messa in funzione delle linee ferroviarie aveva ridotto l’importanza della Bonanza Trail. Dopo un’estate di negoziati, Red Cloud accettò di firmare un trattato, il 6 novembre, e da allora i Sioux dovettero vivere in una Riserva del Sud Dakota, a Ovest del Missouri. Alla fine del 1868 le decimate tribú dei Sioux e dei Cheyenne, guidate da Sitting Bull e da Crazy Horse, si erano ritirate oltre la valle del Big Horn, fra il Montana e il Dakota. Il centro della regione è costituito dalle Colline Nere del Dakota che i Sioux considerano sacre.






Fin dai primi mesi del 1870 fu una vera e propria corsa folle all’oro. Nel 1873 e ‘74 Custer veniva mandato sulle Black Hills per studiarne le risorse; trova l’oro e i cercatori arrivarono a sciami nel territorio Sioux. Ma i Sioux insistevano perché venissero rispettati i contratti e non combattevano. Ciononostante l’Esercito marciò contro di loro per risolvere il cosiddetto maledetto "problema Sioux". 


Tex n. 480, gennaio 2004. Disegno di Villa






Nel 1876 nella prima battaglia presso Rosebud la sconfitta del generale Crook non fu importante, ma pochi mesi dopo, sul Little Big Horn, il 22 giugno 1876 il generale Custer con tutto il suo Settimo Regimento di Cavalleria venne completamente annientato. Circondati da ogni lato, Custer e i suoi uomini soccombono al termine di una terribile lotta corpo a corpo. Pochi sono i sopravvissuti; 256 i soldati morti e 54 feriti. Il cadavere di Custer non viene identificato; alcuni affermano che il giorno precedente si fosse fatto tagliare i lunghi capelli biondi, dopo che gli Indiani avevano solennemente promesso di farne il loro più glorioso trofeo di Guerra.

Tex n. 492, ottobre 2001. Disegno di Villa








Magico Vento n. 99, settembre 2005. Disegno di Mastantuono





Custer è tuttora una delle figure più discusse della Storia del West; molti lo accusano di temerità e di essersi gettato nella battaglia con leggerezza. L’anno finì con una rivincita degli USA a Slim Buttes, dove trovò la morte American Horse (1840 – 1908), un capo Minneconjou. Nel 1877 Sitting Bull si rifugiò in Canada. Crazy Horse si arrese e venne fucilato a Fort Robinson. Solo nel 1891 Sitting Bull ritornò negli USA con il resto dei suoi guerrieri Sioux affamati. L’Esercito degli USA li aspettò al Wounded Knee River e li massacrò tutti. In questo esatto momento, il grosso e maledetto problema Americano detto “Sioux” era stato risolto una volta per sempre... facile e semplice... così!







Wilson Vieira 

N.B. Trovate i link alle altre puntate della Storia del West di Vieira andando sulla pagina delle Cronologie!

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