Come avete potutto leggere nelle scorse recensioni pubblicate su Dime Web le ultime avventure dell'inquilino di Craven Road non ci avevano appieno soddisfatti - diciamo così - essenzialmente sul fronte dei testi... Tutt'altro discorso per la tripletta appparsa sul Maxi Dylan Dog n. 18 del febbraio 2013. E' l'edizione invernale (quella che non viene affidata al duo Montanari & Grassani, per intenderci): l'Indagatore dell'Incubo è di nuovo - finalmente - in forma smagliante. Azzarda, e non fugge, non subisce, non viene pestato, non è più vittima, non è più una foglia trascinata via da un uragano. E i suoi avversari sono di nuovo mostri e creature soprannaturali.
Luigi Piccatto |
Effetti speciali, scritto da Andrea Cavaletto, è ambientato nel backstage cinematografico, puntando i riflettori sul mondo degli stuntman. L'atmosfera è degna di un film sul circo. Un film cattivo. Ci viene in mente Freaks di Tod Browning, il capolavoro perverso girato nel 1932 dal maestro di Dracula. Qui i "fenomeni da baraccone" sono tali non tanto per l'aspetto fisico - che è anzi invidiabile! - quanto per l'animo. E', questa delle controfigure, una comunità chiusa e peculiare, proprio come quella circense: quasi vivendo in un mondo parallelo a quello usuale, hanno adottato i loro propri codici di comunicazione, le loro originali leggende, i loro miti ancestrali, un loro stile di vita nomade e ribelle - e si accoppiano anche fra di loro, contribuendo quasi a creare una nuova entità sociale, etnica e persino razziale. La morte è il loro mestiere. E la Morte prende tal cosa sul serio, giocando con le loro vite (insieme alla Vita!). Il rischio fatale, loro pane quoitdiano sul set, è incarnato graficamente e narrativamente dallo spettro infuocato del motociclista Scrambler, che rimanda in maniera nemmeno troppo velata al Ghost Rider della Marvel.
Ghost Rider n. 1: notiamo parecchie analogie con la cover di Stano! |
Cavaletto dimostra di saperci fare davvero con la penna - regalandoci un intreccio, una costruzione impeccabile. L'inizio e la fine - per esempio - coincidono in maniera perfetta: la storia comincia e termina al cinema. La finzione del fumetto si fonde con un livello ancora più basso di finzione, guidando lo spettatore/lettore nei film recitati dai protagonisti, come nella lunga introduzione; giocando addirittura con le inquadrature, grazie al taglio delle quali si può anche far credere che stia per entrare in scena Dylan Dog, con tanto di antiquato revolver (pag. 7, vign. 6).
Giuseppe De Nardo, con Il processo, ha invece optato per un fantahorror, un episodio che ha inoltre una sua solida morale di fondo (per niente fastidiosa, come invece di solito accade nelle opere nate intorno a un "messaggio", per esserne mere portatrici), una riflessione sui limiti e sui confini invalicabili della ricerca e dell'applicazione scientifica. Il clone, l'androide, il replicante. La sindrome di Frankenstein, il mostro che si ribella al suo creatore. La compassione nei confronti della vecchiaia e dell'invalidità. Singolare la scelta del nome del novello golem, Abraham, ovvero il nuovo appellativo dell'originale Abram, dopo il patto con la divinità. Abramo, uomo nuovo dotato di un nuovo spirito, Adamo 2.0, patriarca comune delle tre maggiori religioni monoteiste che - volenti o volenti - scaturiscono tutte dal Libro per eccellenza: l'ebraismo, il cristianesimo e l'islamismo.
Il primo Frankenstein. |
Le scarpe del morto ha un taglio più classico, essendo una divertente storia di possessione diabolica, con parecchi accenni all'archetipo letterario faustiano. A voler leggere fra le righe del gustoso episodio vergato da Giancarlo Marzano troviamo anche una pungente satirà contro l'effimero. La strega rinvivisce e ringiovanisce grazie all'energia succhiata da altre donne... attraverso un bel paio di scarpe! Le fiamme infernali non potevano alimentare un più scottante falò delle vanità di questo: è davvero, la megera antagonista di Dylan, un diavolo che veste (e fa vestire) Prada! E anche qui - come per il racconto precedente - la critica nei confronti della mercificazione e del consumismo a tutti i costi non è per niente pesante e insistita, come - citiamo a caso - in una celluloide di Antonioni (l'esplosione di Zabriskie Point), bensì leggera e - allo stesso tempo - splendidamente subdola. Il diavolo fa le pentole (Aeternum?) ma non i coperchi!
Il diavolo veste Prada (la copertina del libro). |
Copertina del Maxi Dylan Dog n. 18, febbraio 2013. Disegno di Angelo Stano. |
Francesco Manetti
N. B. Trovate le altre recensioni bonelliane sul Giorno del Giudizio!
La cover di Stano cita la miniserie Ruins di Warren Ellis parzialmente dipinta da tali Nielsen ( purtroppo non del tutto ) in cui si rovescia il concept portante di Marvels ( la mini di Busiek /Ross in cui si guarda il fiorire dei supereroi Marvel con l'occhio di un fotografo che è anche lo " street guy " ). In Ruins Capitan America è un soldato propenso al cannibalismo ( che ha insegnato a praticare anche a Nick Fury ), il volo dei Fantastici Quattro è finito in catastrofe, nel cosmo è il cadavere di Galactus ...e Johnny Blaze è un freak da circo gemello diverso di quello di Stano.
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