di Massimo Capalbo
Il nostro infaticabile Max The Magician (già conosciuto e apprezzato su Dime Web e in Rete grazie ai suoi tre dizionari bonelliani dedicati a Tex, Zagor e Mister No - opere in fieri che arrichiscono da anni i Quaderni Bonelliani) ne ha estratta un'altra dal suo cilindro! Ha selezionato le 50 migliori avventure del BVZM e per ciascuna ha stilato un'esauriente e illustratissima scheda (a proposito di immagini, tutte quelle iniziali sono state scelte dalla Redazione). Martin Mystère è da sempre un nostro beniamino - non fosse altro per il fatto che apparve sulla copertina dello storico numero 1 di Dime Press! A noi non resta dunque che augurarvi buona lettura, affidandovi all'introduzione di Capalbo e alla prima puntata di questa nuova avventura, dedicata alla prima parte di un classico: Il teschio del destino! (s.c. & f.m.)
Il teschio del destino diventa, nelle mani del geniale Alex Dante, un capolavoro cinematografico! |
Introduzione
Oltre
trent'anni fa, nell’aprile del 1992,
cadeva il decennale di Martin
Mystère, l’archeologo e scrittore newyorkese nato dalla
vulcanica fantasia di Alfredo Castelli. Un mese dopo, usciva - per i
tipi della fiorentina Glamour - il primo numero di Dime Press, il
magazzino bonelliano che, come tutti sapete, è l'antenato
diretto di Dime Web. Il suddetto numero, oltre a fregiarsi di una
bella copertina di Giancarlo Alessandrini (il creatore grafico del
professor Mystère), che raffigurava proprio il Detective
dell'Impossibile intento a festeggiare i suoi dieci anni di vita
editoriale assieme all'assistente neanderthaliano Java, all'amata
Diana e ad altri suoi comprimari (in mezzo ai quali Alessandrini
aveva ritratto anche se stesso), ospitava un lungo e interessante
dossier sul personaggio. Tale dossier comprendeva, tra le altre cose,
un articolo intitolato Quella splendida dozzina: si trattava
di una selezione delle dodici storie mysteriane più belle, scelte e
commentate dai collaboratori di Dime Press. Prendendo spunto proprio
da questo articolo, abbiamo pensato di realizzare qualcosa di simile,
senza però limitarci a una dozzina di storie, ma ampliandone il
numero a cinquanta.
Un classico intramontabile: Martin Mystère, in un'altra interpretazione del bravissimo Alex Dante |
Cinquanta come gli anni di carriera di Castelli
(che si definisce da sempre l'umile biografo di Martin Mystère),
come gli anni che dimostra il Detective dell'Impossibile (il quale ne
ha in realtà oltre settanta, essendo nato nel 1942), come gli anni
di permanenza nelle edicole che ci auguriamo il personaggio riesca a
raggiungere e, se possibile, superare. A parte ciò, la scelta di
analizzare più del quadruplo delle storie selezionate all'epoca
dallo staff di Dime Press nasce, anche e soprattutto, da un semplice
fatto: la maggiore quantità di materiale mysteriano che abbiamo oggi
a disposizione. Se, infatti, nel maggio 1992 le storie di Martin
Mystère ammontavano circa – tra serie regolare, Speciali e
Almanacchi (Giganti, Maxi, Zona X e One-Shot erano a quel tempo
ancora di là da venire) – a cento; nel momento in cui scriviamo,
invece, esse hanno quasi raggiunto quota quattrocento. C'è,
pertanto, molto più materiale da selezionare e, sebbene metà delle
storie analizzate siano comprese nel decennio 1982-'92 (che è stato
indubbiamente il periodo d'oro della testata) e siano tutte
sceneggiate da Castelli, non potevamo certo ignorare le storie
successive, in particolare quelle scritte dal compianto Paolo
Morales, a nostro avviso il miglior autore mysteriano dopo il Buon
Vecchio Zio Alfy.
Quale
criterio abbiamo seguito nella suddetta cernita?
Il BVZA (Buon Vecchio Zio Alfy, ovvero Alfredo Castelli) con il BVZM (Buon Vecchio Zio Marty, cioè Martin Mystère)! |
Anzitutto,
un criterio soggettivo: in poche parole, abbiamo scelto quelle che,
secondo i nostri gusti personali, sono le storie più riuscite.
Tuttavia, siamo altresì convinti di aver fornito, attraverso questa
selezione, una panoramica ampia e minuziosa – quindi, soddisfacente
- del vasto universo mysteriano. Una panoramica che include, oltre
ovviamente a Martin e ai due co-protagonisti della saga (Diana e
Java, per l'appunto), i personaggi più importanti (da Sergej Orloff
all'ispettore Travis, da Mister Jinx a Chris Tower, dagli Uomini in
Nero a Mister Mind, da Angie a Kunanjun ecc.), le tematiche
ricorrenti (Atlantide e Mu, il mito di Re Artù ecc.), le tante
creature fantastiche nelle quali il Detective dell'Impossibile si è
imbattuto di volta in volta (vampiri, licantropi, automi, alieni
ecc.), le numerose citazioni (letterarie, cinematografiche,
fumettistiche ecc.) inserite da Castelli e dai suoi collaboratori.
A
ciascuna delle cinquanta avventure selezionate abbiamo dedicato una
scheda che comprende: un dettagliato riassunto della trama; l'analisi
dei personaggi; l'analisi dei temi principali e, naturalmente, quella
dei disegni. Il tutto corredato da un imponente apparato
iconografico. Vi auguriamo pertanto buona lettura, scusandoci sin da
ora per eventuali nostre distrazioni o imprecisioni.
Martin Mystère n. 11, febbraio 1983. Disegno di Alessandrini |
1. IL TESCHIO DEL DESTINO (I parte)
Soggetto
e sceneggiatura
Alfredo
Castelli
Disegni
Claudio
Villa
192
tavole
Martin
Mystère nn. 11-12
Febbraio-Marzo
1983
Martin Mystère n. 12, marzo 1983. Disegno di Alessandrini |
Trama
Guardando alcune diapositive, acquistate in un mercatino dell'usato, il Detective dell'Impossibile si accorge che su una di esse è visibile la scritta Socorro Martin Mystère (Aiuto Martin Mystère). Incuriosito da ciò, Martin decide d'indagare e riesce a scoprire che a scattare le foto sono stati due coniugi turisti, i Morgan, durante una recente vacanza in Messico. Sia i Morgan che il Nostro sono tenuti d'occhio da alcuni malavitosi messicani, uno dei quali narcotizza Diana – rimasta sola a casa Mystère – e ruba le diapositive, per poi distruggerle. Intenzionato a risolvere l'enigma, Martin si reca a Città del Messico assieme a Java e Diana. Grazie all'amico messicano Lopez, l'archeologo scopre che quella vista nella diapositiva non era in realtà una richiesta d'aiuto, bensì l'annuncio pubblicitario dell'edizione in lingua spagnola del suo libro SOS planet Earth: Socorro para el planeta Tierra por Martin Mystère. Nella foto scattata dai Morgan, il suddetto annuncio, scritto su un muro della capitale messicana, si vedeva solo parzialmente: ecco spiegato l'equivoco. Sempre grazie a Lopez, il Nostro viene a sapere che i malavitosi interessati alle diapositive (i quali continuano a tenerlo d'occhio) agiscono al servizio di Gutierrez, un temuto boss locale che si occupa, tra le altre cose, di contrabbando di reperti archeologici.
Guardando alcune diapositive, acquistate in un mercatino dell'usato, il Detective dell'Impossibile si accorge che su una di esse è visibile la scritta Socorro Martin Mystère (Aiuto Martin Mystère). Incuriosito da ciò, Martin decide d'indagare e riesce a scoprire che a scattare le foto sono stati due coniugi turisti, i Morgan, durante una recente vacanza in Messico. Sia i Morgan che il Nostro sono tenuti d'occhio da alcuni malavitosi messicani, uno dei quali narcotizza Diana – rimasta sola a casa Mystère – e ruba le diapositive, per poi distruggerle. Intenzionato a risolvere l'enigma, Martin si reca a Città del Messico assieme a Java e Diana. Grazie all'amico messicano Lopez, l'archeologo scopre che quella vista nella diapositiva non era in realtà una richiesta d'aiuto, bensì l'annuncio pubblicitario dell'edizione in lingua spagnola del suo libro SOS planet Earth: Socorro para el planeta Tierra por Martin Mystère. Nella foto scattata dai Morgan, il suddetto annuncio, scritto su un muro della capitale messicana, si vedeva solo parzialmente: ecco spiegato l'equivoco. Sempre grazie a Lopez, il Nostro viene a sapere che i malavitosi interessati alle diapositive (i quali continuano a tenerlo d'occhio) agiscono al servizio di Gutierrez, un temuto boss locale che si occupa, tra le altre cose, di contrabbando di reperti archeologici.
Il
sinistro Teschio
di cristallo conservato
al Museum of Mankind
di Londra
|
In
visita al Museum of Mankind
con il fidanzato Alfonso Vilar, la messicana Zulma Cifuentes non
resiste all'arcano richiamo del Teschio
di cristallo – MM 11, p. 7
|
Pochi mesi prima, Gutierrez
ha trovato - nella piana di Teotihuacan, in una galleria
sotterranea - un favoloso tesoro, dopodiché ha fatto uccidere il suo
socio Alfonso Vilar. Sospettando che l'incontro tra Lopez
e Martin non sia casuale, il boss ordina ai suoi uomini di
eliminare il messicano (che in precedenza aveva lavorato per lui) e
di rapire Diana. Martin e Java si gettano
all'inseguimento dei rapitori e fanno irruzione nella casa del
malavitoso, cadendo così nella sua trappola. Il destino ha voluto
che, tra le diapositive dei Morgan, ve ne fosse una - scattata
appunto nella piana di Teotihuacan - che ritraeva Gutierrez
mentre usciva dalla galleria sotterranea con il tesoro. A condurre il
boss sul posto è stata l'ex ragazza del già citato Vilar, la
folle Zulma Cifuentes, che Gutierrez tiene reclusa in
una stanza arredata come un tempio azteco. Il criminale messicano
racconta a Martin che Zulma e Alfonso avevano
visitato, durante una vacanza a Londra, il Museum of
Mankind, che ha tra i suoi reperti più famosi un teschio di
quarzo attribuito alla civiltà azteca.
Dopo aver guardato a lungo il teschio, Zulma aveva tentato il
suicidio e, benché salvata dai medici, essa aveva ormai perso la
ragione: affermava infatti di essere lo spirito di Teotihuacan
e parlava di un misterioso tesoro, quello trovato appunto da
Gutierrez (il quale si era poi sbarazzato di Vilar
perché questi minacciava di raccontare tutto alla polizia).
Il
sinistro manufatto invia nella mente di Zulma antiche immagini di
morte – MM 11, p. 9
|
Sconvolta
dalla visione, Zulma tenta il suicidio – MM 11, p. 12
|
Poiché
Martin è giunto in Messico dopo aver guardato le
diapositive e ha anche visitato Teotihuacan, avvicinandosi per
giunta al punto in cui si trova l'entrata della galleria segreta, il
boss si è erroneamente convinto che il Nostro sia a conoscenza del
tesoro e del suo ruolo nella vicenda. Martin dice a Gutierrez
di non essersi nemmeno accorto della diapositiva che lo ritraeva, ma
il malavitoso, per essere sicuro, gli fa somministrare – da un
medico tedesco, Hans Kruger – il siero della verità. Il
boss scopre così che l'archeologo non gli ha mentito; tuttavia, il
Nostro sa ormai troppe cose e Gutierrez pensa quindi di
eliminarlo, facendolo sacrificare da Zulma. Non ha però fatto
i conti con Lopez (che lo stesso Martin credeva morto),
il quale, dopo aver sorpreso i suoi scagnozzi, uccide Kruger e
libera il Detective dell'Impossibile, che a sua volta libera
Diana. Il giorno seguente, Martin, Java e Diana
ritornano a New York; Zulma, invece, viene portata
all'Ospedale Centrale di Città del Messico, ma non vi
resta per molto: infatti, uccisi in modo brutale il medico che l'ha
in cura e uno degli agenti di guardia, essa scappa - travestita da
infermiera – e raggiunge la piana di Teotihuacan. Entrata
nella galleria sotterranea, Zulma percorre un lungo cunicolo
che conduce alla cella grande, una cripta dove, seduto
su un trono, c'è uno scheletro di cristallo privo di testa. La
ragazza percepisce nella sua mente una voce che la maledice perché
essa non ha riportato ciò che lo scheletro attende da molto tempo:
il teschio custodito nel Museum of Mankind. Qui,
un'altra ragazza resta vittima del teschio e, come aveva fatto Zulma,
tenta il suicidio per evitare un destino ancora più terribile.
Accompagnato
dal neanderthaliano Java, Martin Mystère rientra nel suo
appartamento al n. 3 di Washington Mews – MM 11, p. 14
|
Diana,
la bella fidanzata di Martin, non riesce a capire perché costui si
riempia la casa di cianfrusaglie - MM 11, p. 21
|
I
giochi del destino 1
E' qui solo per una serie di combinazioni… talmente singolari da sembrare incredibili. Queste parole, che il professor Kruger dice a Gutierrez dopo aver somministrato il pentothal a Martin, riassumono perfettamente ciò che accade in quest'appassionante storia, la quale ha come vero protagonista il fato. A innescare la rocambolesca vicenda è quanto di più banale ci possa essere: un mucchio di diapositive (circa cinquemila) – costituite da semplici foto turistiche e foto di famiglia (quella dei Morgan, per l'appunto) - che Martin ha acquistato senza un motivo vero e proprio, ma solo perché spinto dalla sua insaziabile curiosità e dalla sua mania quasi patologica di collezionare gli oggetti più disparati. Qualunque oggetto, anche il più inutile, può stimolare un'idea, una riflessione…, dice il Nostro, per giustificarsi, alla fidanzata Diana, senza sospettare quanto gli accadrà di lì a poco. La cosa buffa è che, tra le due diapositive al centro dell'avventura, l'unica davvero importante (quella che ritrae appunto Gutierrez mentre esce dal passaggio segreto), viene vista per prima da Martin e Java, ma nessuno dei due vi fa caso. D'altra parte, siamo certi che, tra gli stessi lettori, ben pochi avranno notato il suddetto particolare; la maggior parte di essi avrà invece creduto, al pari dei protagonisti, che la diapositiva raffigurante l'innocente scritta Socorro Martin Mystère celasse chissà quale enigma.
E' qui solo per una serie di combinazioni… talmente singolari da sembrare incredibili. Queste parole, che il professor Kruger dice a Gutierrez dopo aver somministrato il pentothal a Martin, riassumono perfettamente ciò che accade in quest'appassionante storia, la quale ha come vero protagonista il fato. A innescare la rocambolesca vicenda è quanto di più banale ci possa essere: un mucchio di diapositive (circa cinquemila) – costituite da semplici foto turistiche e foto di famiglia (quella dei Morgan, per l'appunto) - che Martin ha acquistato senza un motivo vero e proprio, ma solo perché spinto dalla sua insaziabile curiosità e dalla sua mania quasi patologica di collezionare gli oggetti più disparati. Qualunque oggetto, anche il più inutile, può stimolare un'idea, una riflessione…, dice il Nostro, per giustificarsi, alla fidanzata Diana, senza sospettare quanto gli accadrà di lì a poco. La cosa buffa è che, tra le due diapositive al centro dell'avventura, l'unica davvero importante (quella che ritrae appunto Gutierrez mentre esce dal passaggio segreto), viene vista per prima da Martin e Java, ma nessuno dei due vi fa caso. D'altra parte, siamo certi che, tra gli stessi lettori, ben pochi avranno notato il suddetto particolare; la maggior parte di essi avrà invece creduto, al pari dei protagonisti, che la diapositiva raffigurante l'innocente scritta Socorro Martin Mystère celasse chissà quale enigma.
Martin
mostra a Diana le diapositive
del destino – MM 11, p.
22
|
Scorrendo
le diapositive assieme a Java, Martin nota, sbalordito, la scritta
Socorro Martin Mystère
(Aiuto Martin Mystère)
- MM 11, p. 40
|
In realtà, ci troviamo di fronte a un classico esempio di MacGuffin
hitchcockiano, cioè a un abile espediente con il quale Castelli
mette in moto la vera storia, che, come sappiamo, non ha nulla a che
vedere con la scritta in questione. Per ironia della sorte (è
proprio il caso di dirlo), Martin parte per Città del
Messico proprio grazie al denaro dei diritti d'autore per
l'America Latina del suo S.O.S. Pianeta Terra,
che – come dice lui stesso, dopo aver aperto la busta con l'assegno
– in Messico ha venduto particolarmente bene.
I
giochi del destino 2
Oltre che con Martin, il fato si diverte a giocare anche con Gutierrez, il quale non solo ha la sfortuna di sbucare dal passaggio segreto nel momento sbagliato, ma - ingannato dalle incredibili coincidenze che hanno portato in Messico il Detective dell'Impossibile e mosso da un'eccessiva prudenza - finisce per rovinarsi con le proprie mani. La decisione di rapire Diana per far cadere in trappola Martin e costringere questi a rivelare ciò che sa (ma il Nostro non sa appunto nulla), è il suo errore più grande, quello fatale.
Oltre che con Martin, il fato si diverte a giocare anche con Gutierrez, il quale non solo ha la sfortuna di sbucare dal passaggio segreto nel momento sbagliato, ma - ingannato dalle incredibili coincidenze che hanno portato in Messico il Detective dell'Impossibile e mosso da un'eccessiva prudenza - finisce per rovinarsi con le proprie mani. La decisione di rapire Diana per far cadere in trappola Martin e costringere questi a rivelare ciò che sa (ma il Nostro non sa appunto nulla), è il suo errore più grande, quello fatale.
Un
boss sfortunato: il destino ha voluto che Gutierrez uscisse dalla
cripta di Teotihuacan proprio mentre gli ignari coniugi Morgan
scattavano una foto - MM 12, p. 39
|
L'esatta
sorte di Gutierrez
non ci è nota, ma è probabile che venga arrestato, assieme ai suoi
uomini, dalle autorità messicane grazie alla testimonianza di
Martin,
Java
e Diana,
nonché dello stesso Lopez.
Sempre a proposito di giochi del destino, uno degli aspetti più
curiosi della storia è che, alla fine, né i Nostri né il boss
messicano verranno a conoscenza del terribile segreto nascosto
da secoli nella Cella Grande, la cripta collocata sotto
la Piramide del Sole, a Teotihuacan.
La
citta mysteriosa
Il complesso di Teotihuacan rappresenta uno dei più affascinanti enigmi dell'archeologia precolombiana. Come scrive lo stesso Castelli ne L'Enciclopedia dei Misteri (Arnoldo Mondadori Editore, 1993), per molto tempo Teotihuacan fu ritenuta opera degli Aztechi: azteco è infatti il suo nome (significa "Il posto di quelli che conoscono la via degli Dèi") e azteche sono le denominazioni dei suoi principali monumenti. Solo dopo studi recenti si è appreso che gli Aztechi l'avevano trovata già bell'e pronta, abbandonata da almeno due secoli e vi si erano insediati. I suoi veri costruttori sono ancora sconosciuti: si trattava di un popolo dotato di notevoli conoscenze architettoniche (l'edificazione della piramide del Sole impiegò almeno tremila uomini per trent'anni), astronomiche (l'asse della piramide è orientato esattamente lungo il percorso del Sole) e di una scrittura a tutt'oggi non decifrata.
Il complesso di Teotihuacan rappresenta uno dei più affascinanti enigmi dell'archeologia precolombiana. Come scrive lo stesso Castelli ne L'Enciclopedia dei Misteri (Arnoldo Mondadori Editore, 1993), per molto tempo Teotihuacan fu ritenuta opera degli Aztechi: azteco è infatti il suo nome (significa "Il posto di quelli che conoscono la via degli Dèi") e azteche sono le denominazioni dei suoi principali monumenti. Solo dopo studi recenti si è appreso che gli Aztechi l'avevano trovata già bell'e pronta, abbandonata da almeno due secoli e vi si erano insediati. I suoi veri costruttori sono ancora sconosciuti: si trattava di un popolo dotato di notevoli conoscenze architettoniche (l'edificazione della piramide del Sole impiegò almeno tremila uomini per trent'anni), astronomiche (l'asse della piramide è orientato esattamente lungo il percorso del Sole) e di una scrittura a tutt'oggi non decifrata.
Gutierrez
racconta a Martin come è riuscito a scoprire, grazie a Zulma, il
favoloso tesoro nascosto nel sottosuolo di Teotihuacan - MM 12, p. 70
|
Il
rapimento di Diana è un errore che costerà molto caro a Gutierrez –
MM 12, p. 63
|
Dopo aver abitato per molti secoli nel
pianoro e avere realizzato il colossale complesso verso il VI secolo
d.C., per ragioni ignote (un'invasione? Una pestilenza? Una
carestia?) i "Teotihuacani" se ne andarono abbandonandolo
quasi intatto.
La
misteriosa città messicana – che all'epoca del suo massimo
splendore doveva contare ben duecentomila abitanti - continua a
riservare sorprese. Come riporta infatti un articolo pubblicato sul
sito Focus.it nel maggio 2015, grandi quantità di mercurio
liquido sono state rinvenute all'estremità di un tunnel sotterraneo,
nel cuore delle rovine precolombiane di Teotihuacan […]. È
quanto annunciato la scorsa settimana dal ricercatore e archeologo
messicano Sergio Gómez, che ha lavorato agli scavi del tunnel negli
ultimi 6 anni. Il condotto sotterraneo è stato riaperto nel 2003,
dopo 1.800 anni dalla sua costruzione. Gómez
e colleghi hanno scoperto la presenza di tre camere sotterranee alla
sua estremità più remota, insieme a un tesoro di decine di migliaia
di oggetti artigianali come sculture in pietra, gioielli, conchiglie
giganti e palle di gomma. Gli archeologi si sono detti
"sorpresi" per la scoperta. Nessuno può sapere di preciso
come e per quale motivo il mercurio sia finito lì, ma l'ipotesi è
che potesse simboleggiare, con i suoi riflessi argentei e brillanti,
un lago o un fiume infernale al pari dello Stige, ed essere
considerato una sorta di via di accesso privilegiata per l'Aldilà.
Difficile da estrarre, tossico e costoso, il metallo è già stato
trovato in diversi siti Maya più a sud, e potrebbe aver avuto una
valenza sacra per le civiltà precolombiane. La scia di mercurio
potrebbe condurre gli archeologi sulle tracce dei resti di un
sovrano, e aiutare a far luce sul misterioso governo di Teotihuacan
[…].
L'imponente
Piramide del Sole di Teotihuacan
|
Sacrificio
umano azteco raffigurato all'interno del Codice Magliabechiano (1550
– Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze)
|
L'enigma
dei teschi
Se l'origine di Teotihuacan costituisce un autentico mistero archeologico, quello del Teschio di cristallo è invece un caso assai più controverso. In realtà, sarebbe più corretto parlare di teschi di cristallo, giacché il teschio conservato nel Museum of Mankind, che nella storia fa impazzire la povera Zulma Cifuentes, non è l'unico manufatto di questo genere esistente al mondo. Ve ne sono infatti altri dodici, tra i quali il più celebre è senza dubbio lo Skull of Doom, il Teschio del Destino, appartenuto ad Anna Mitchell-Hedges (1907-2007), figlia adottiva dell'esploratore e scrittore inglese Frederick Albert Mike Mitchell-Hedges (1882-1959). Come si legge nella summenzionata Enciclopedia dei Misteri, quest'oggetto - venuto alla luce nel 1927 a Lubantuun, nell'attuale Belize (all'epoca Honduras Britannico) – avrebbe, secondo Mitchell-Hedges padre, tremilaseicento anni e sarebbe stato utilizzato dai Grandi Sacerdoti Maya per celebrare particolari riti magici. Ma l'origine "ufficiale" del popolo Maya – scrive Castelli – è stimata intorno al 290 d.C. (anche se alcuni archeologi ritengono che sia molto precedente) e questa affermazione è dunque ritenuta improbabile. Gli esperti del British Museum fanno risalire il teschio alla civiltà azteca, datandone l'origine (con moltissimi dubbi) intorno al 1300-1400 dopo Cristo.
Se l'origine di Teotihuacan costituisce un autentico mistero archeologico, quello del Teschio di cristallo è invece un caso assai più controverso. In realtà, sarebbe più corretto parlare di teschi di cristallo, giacché il teschio conservato nel Museum of Mankind, che nella storia fa impazzire la povera Zulma Cifuentes, non è l'unico manufatto di questo genere esistente al mondo. Ve ne sono infatti altri dodici, tra i quali il più celebre è senza dubbio lo Skull of Doom, il Teschio del Destino, appartenuto ad Anna Mitchell-Hedges (1907-2007), figlia adottiva dell'esploratore e scrittore inglese Frederick Albert Mike Mitchell-Hedges (1882-1959). Come si legge nella summenzionata Enciclopedia dei Misteri, quest'oggetto - venuto alla luce nel 1927 a Lubantuun, nell'attuale Belize (all'epoca Honduras Britannico) – avrebbe, secondo Mitchell-Hedges padre, tremilaseicento anni e sarebbe stato utilizzato dai Grandi Sacerdoti Maya per celebrare particolari riti magici. Ma l'origine "ufficiale" del popolo Maya – scrive Castelli – è stimata intorno al 290 d.C. (anche se alcuni archeologi ritengono che sia molto precedente) e questa affermazione è dunque ritenuta improbabile. Gli esperti del British Museum fanno risalire il teschio alla civiltà azteca, datandone l'origine (con moltissimi dubbi) intorno al 1300-1400 dopo Cristo.
Martin,
Diana e Java visitano le rovine della misteriosa città precolombiana
– MM 12, p. 32
|
Lo
scopritore del Teschio del Destino (gemello del teschio conservato al
Museum of
Mankind):
l'esploratore inglese Frederick Albert Mike
Mitchell-Hedges (1882-1959)
|
Ma cosa ci faceva un manufatto azteco in una città Maya
dislocata molte centinaia di chilometri più a sud? Non si sa neppure
con quali strumenti il teschio fu costruito: è stata rilevata
soltanto la probabile traccia di un acuminato scalpello. In tal caso,
per costruirlo, sarebbero stati necessari almeno centocinquant'anni
di lavoro ininterrotto. A complicare questo già complicato mistero,
esposto al Museum of Mankind di Barrington Gardens, a Londra,
si trova un teschio "gemello", identico a quello di cui
abbiamo parlato fino ad ora salvo che per un particolare. Il teschio
dei Mitchell-Hedges, infatti, ha la mascella articolata, come in un
cranio vero; quello esposto al museo ha la mascella fissa. I
ricercatori sono concordi nell'affermare che i due oggetti sono stati
fabbricati dalle stesse "mani": il cranio di Londra
potrebbe dunque fornire qui lumi sulla loro comune origine che la
caparbia signora Mitchell-Hedges si ostina a negare. "Potrebbe";
solo che anche di questo secondo, prezioso oggetto si conosce poco o
nulla. Il Museum of Mankind (che, come si legge nella storia, è
una "dependance" del British Museum, nda)
lo acquistò da Tiffany's, il celebre gioielliere di New York, nel
1898, per la somma di centoventi sterline. I dirigenti di Tiffany's
non furono in grado (o non vollero) dare spiegazioni sulla sua
provenienza. Corse voce che facesse parte del bottino ammassato in
Messico da uno sconosciuto mercenario in un'epoca imprecisa.
Un'anziana
Anna Mitchell-Hedges (1907-2007) posa accanto al Teschio del Destino
|
L'altro
teschio di cristallo conservato alla Smithsonian
Institution di Washington
|
Un
mistero risolto
A distanza di oltre vent'anni dalla pubblicazione della sopracitata enciclopedia, il mistero dei teschi di cristallo pare non essere più tale. Alcune recenti scoperte, infatti, hanno messo seriamente in dubbio l'autenticità di questi manufatti. In un articolo pubblicato sul quarto numero di Query (Inverno 2010), la rivista ufficiale del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), l'ingegnere meccanico Andrea Ferrero scrive che il teschio dei Mitchell-Hedges è molto probabilmente di fattura ottocentesca e tutta la storia dei Maya è un’invenzione dello scrittore inglese. […] Qual è la “pistola fumante” che può permetterci di scegliere tra l’ipotesi di un antico manufatto Maya e quella di un oggetto moderno? Il quarzo è un minerale duro e abbastanza fragile, piuttosto difficile da lavorare anche con le attrezzature di oggi: un artigiano che alla fine dell’Ottocento avesse voluto scolpire un oggetto complesso come un teschio non si sarebbe complicato la vita con strumenti primitivi, ma avrebbe usato attrezzature moderne, che lasciano segni differenti. Questa è stata l’idea dell’antropologa statunitense Jane MacLaren Walsh. La levigatura a mano lascia tracce irregolari e ondulate, come quelle presenti sulle statue precolombiane. Al contrario, l’uso di strumenti moderni come le mole rotative diamantate lascia segni ordinati e paralleli, perché gli abrasivi hanno grana omogenea e durezza elevata.
A distanza di oltre vent'anni dalla pubblicazione della sopracitata enciclopedia, il mistero dei teschi di cristallo pare non essere più tale. Alcune recenti scoperte, infatti, hanno messo seriamente in dubbio l'autenticità di questi manufatti. In un articolo pubblicato sul quarto numero di Query (Inverno 2010), la rivista ufficiale del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), l'ingegnere meccanico Andrea Ferrero scrive che il teschio dei Mitchell-Hedges è molto probabilmente di fattura ottocentesca e tutta la storia dei Maya è un’invenzione dello scrittore inglese. […] Qual è la “pistola fumante” che può permetterci di scegliere tra l’ipotesi di un antico manufatto Maya e quella di un oggetto moderno? Il quarzo è un minerale duro e abbastanza fragile, piuttosto difficile da lavorare anche con le attrezzature di oggi: un artigiano che alla fine dell’Ottocento avesse voluto scolpire un oggetto complesso come un teschio non si sarebbe complicato la vita con strumenti primitivi, ma avrebbe usato attrezzature moderne, che lasciano segni differenti. Questa è stata l’idea dell’antropologa statunitense Jane MacLaren Walsh. La levigatura a mano lascia tracce irregolari e ondulate, come quelle presenti sulle statue precolombiane. Al contrario, l’uso di strumenti moderni come le mole rotative diamantate lascia segni ordinati e paralleli, perché gli abrasivi hanno grana omogenea e durezza elevata.
La
folle Zulma nelle vesti di sacerdotessa azteca – MM 12, p. 65
|
Nel 2008 l’antropologa ha
potuto finalmente esaminare il teschio e ha fatto alcuni calchi in
silicone nelle zone meno accessibili del teschio, dove è difficile
ottenere una levigatura perfetta ed è più probabile trovare tracce
degli strumenti usati. Le fotografie al microscopio dei calchi
mostrano tracce parallele e regolari, chiari indizi dell’uso di
strumenti rotativi. Ecco la pistola fumante: il Teschio del Destino è
un oggetto moderno e molto probabilmente di origine europea, così
come altri due famosi teschi di cristallo custoditi al British Museum
(quello appunto del Museum of Mankind, che, secondo uno
studioso gallese - il professor Ian Freestone – è stato
fabbricato con un tipo di mola comunemente usata dai gioiellieri
europei dell'Ottocento, nda) e alla Smithsonian Institution
di Washington.
Sinistre
leggende
Se dunque il Teschio di cristallo e lo Skull of Doom sono falsi manufatti precolombiani, cosa dire dei tenebrosi racconti che circolano intorno a essi?
Se dunque il Teschio di cristallo e lo Skull of Doom sono falsi manufatti precolombiani, cosa dire dei tenebrosi racconti che circolano intorno a essi?
C'è
chi afferma di aver visto paurose immagini materializzarsi
all'interno dei teschi; - scrive sempre Castelli
nell'Enciclopedia dei Misteri - chi assicura
di averli sentiti gridare; chi ha perso la ragione "dopo aver
fissato le loro orbite ipnotiche e vuote".
Posseduta
dallo Spirito di
Teotihuacan, Zulma pugnala
brutalmente il medico che l'ha in cura - MM 12, p. 87
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Zulma
uccide una delle guardie e fugge dall'ospedale - MM 12, p. 88
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Mitchell-Hedges
asserì che, quando il teschio venne ritrovato, i lavoranti indigeni
s'inchinarono ad adorarlo, e spiegarono che esso era un loro dio, e
poteva indifferentemente guarire da ogni male e causare una morte
spaventosa. Verità o leggenda? Suggestioni originate dal macabro
aspetto delle sculture e dal mistero che circonda le loro
origini? Oppure i teschi fanno davvero parte degli "oggetti
maledetti" di cui pullulano le cronache di storia "minore"
del mondo? Nello stesso paragrafo dell'Enciclopedia, il
papà di Martin Mystère fa la seguente precisazione:
Doom è una parola inglese che viene comunemente tradotta con
"destino", ma in un'accezione malvagia, negativa, sinistra.
In
realtà, nessuno dei due teschi merita questa oscura fama. Quello
esposto al Museum of Mankind, infatti,
non ha certo portato sfortuna a quest'ultimo, anzi: ha attirato e
continua ad attirare molti visitatori, facendo affluire nelle casse
del museo londinese un bel po' di denaro. Lo stesso discorso vale per
il Teschio del Destino: Mitchell-Hedges padre morì -
ricco e famoso – per un banale infarto all'età di settantasette
anni; mentre sua figlia Anna è stata ancora più longeva,
visto che quando è deceduta aveva già compiuto cento anni. Un
destino, il loro, ben poco sinistro. Ad
ogni modo, una cosa è innegabile: il tenebroso alone di mistero che,
malgrado tutto, ancora circonda il Teschio di cristallo è
stato sfruttato in maniera assai efficace da Castelli. Basti
pensare alla sequenza iniziale della storia e all'inquietante figura
di Zulma Cifuentes, vittima e carnefice allo stesso tempo.
Travestita
da infermiera, Zulma raggiunge la Cella
Grande di Teotihuacan - MM
12, p. 96
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Lo
scheletro di cristallo reclama il suo teschio - MM 12, p. 97
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Davvero memorabile la sequenza della sua fuga dall'ospedale,
preceduta dal cruento omicidio del dottore e di una delle guardie;
come pure la scena in cui essa, travestita da infermiera, giunge
nella Cella Grande, dinanzi allo scheletro di
cristallo, il quale non le riserva affatto una buona accoglienza.
"Maledetta! Maledetta! Non hai capito! Dovevi riportarlo!
Riportarlo! – dice a Zulma la voce che risuona nella sua
mente – Ora dovrò cominciare tutto da capo e attendere…
attendere… attendere il mio teschio!". La sequenza
successiva, che chiude l'episodio e vede ripetersi quanto accaduto a
Zulma all'inizio (stavolta però non sappiamo se la nuova
vittima del teschio sopravviverà al salto dalla finestra) si fa
anch'essa ricordare, sebbene, al pari di quella iniziale, contenga un
errore: il Museum of Mankind, infatti, non ha finestre,
per non danneggiare – scrive Castelli nella posta di
Tutto Martin Mystère n. 12 (aprile 1990) – con
luce o umidità i preziosi oggetti che contiene. Il suddetto
errore, che è in fondo poco grave e non incrina assolutamente
l'efficacia delle scene in questione, è stato corretto nella
succitata ristampa, dove vediamo Zulma e l'altra ragazza
gettarsi non più dall'inesistente finestra, ma da
una rampa di scale. Al pari della sorte delle due sventurate
donne, il BVZA non ha ancora svelato ai lettori mysteriani
l'enigma dello scheletro di cristallo.
Il
Teschio di cristallo fa un'altra vittima - MM 12, p. 98
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La
versione corretta del tentato suicidio di Zulma: al posto della
finestra, la ragazza viene fatta precipitare da una rampa di scale -
Tutto MM 11, p. 12
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La
versione corretta dell'epilogo: anche in questo caso, la finestra è
stata sostituita dalle scale - Tutto MM 12, p. 98
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Tuttavia, nelle
parte introduttiva di Martin Mystère
Gigante n. 12 (Le
dieci piaghe, marzo 2007),
intitolata Storia di storie in
attesa di un finale, lo stesso
Castelli,
rivolgendosi ai lettori, ha scritto a tal proposito: Cos'era
il corpo di cristallo a cui apparteneva il "Teschio del
destino"? Ebbene, abbiamo
tenuto questo interrogativo per ultimo in quanto saprete presto la
risposta nella prima di molte storie che dedicheremo alla ricerca dei
"finali perduti". La
storia di cui parla Castelli
non è ancora stata pubblicata, ma è probabile che il soggetto sia
già pronto, ragion per cui bisogna solo attendere…
attendere… attendere… .
Massimo Capalbo
N.B. Trovate tutti i link alle puntate di The Best of Martin Mystère su Cronologie & Index!