C’è sempre stato nelle storie di Tex Willer il binomio tra la legge ufficiale e quella dell’eroe, fin dagli albori bonelliani, con il Nostro nelle scomode vesti di fuorilegge. Magari non erano tanto le leggi a essere sbagliate, ma a volte era l’interpretazione assoggettata ai propri interessi di tanti mascalzoni in guanti bianchi, come li definiva nel suo colorito linguaggio il grande G.L. Quando Tex ha utilizzato scorciatoie per arrivare alla giustizia non ha mai peccato di arroganza perché il suo proverbiale fiuto gli ha permesso di identificare con sicurezza le carogne che si nascondono dietro i modi gentili e gli abiti eleganti. Tex sa sempre identificare la personalità di chi gli sta davanti, e anche se di recente gli sceneggiatori hanno a volte inserito certe figure in grigio la missione originaria del Ranger non è mai venuta meno. Mauro Boselli questa lezione l’ha sempre ricordata nelle sue storie, e gli aggiornamenti fatti costituiscono una robusta dose di energia per questo personaggio che è da tempo una leggenda del fumetto internazionale.
La vecchia Tombstone
Tex e i suoi pard tornano a Tombstone, una delle città mitiche della saga, e lì trovano la cittadina in mano all’arroganza dei Damon. Il figlio di Charles Damon, Jared, è l’autentica bestia nera della congrega e la sua violenza cieca sembra non avere freno. Chiunque voglia ripristinare la legalità viene messo a tacere: è la sporca legge delle organizzazioni mafiose!
Il Tombstone Epitaph
I giusti vengono intimiditi, la libera stampa messa in condizioni di non informare sui delitti: questo argomento, come sanno i lettori, è uno dei punti di forza di tante classiche storie di Tex... La classicità texiana è rivisitata da Boselli grazie al suo gusto per i personaggi sfaccettati e per le figure femminili. Nel racconto troviamo qua e là gustosi ritratti quotidiani che evidenziano l’umanità dei personaggi di contorno. Ma anche i Nostri si mostrano capaci di rilassarsi e di ironizzare senza per questo perdere il focus sull’obbiettivo di giustizia.
Gli uomini chiamati da Charles Damon per eliminare la resistenza dei Nostri sono professionisti dell’omicidio, ancor più pericolosi perché agiscono in gruppo e in maniera strategica. Da qui in poi la tensione sale in maniera esponenziale e lo scontro con gli avversari mette a dura prova i quattro pard, bravi a ribaltare l’inferiorità numerica grazie a una superiore strategia. Ma soprattutto Tex e i suoi trionfano perché possiedono una superiore statura eroica e, dinanzi all’inganno di Nick Favor (il capo dei Professionisti), mostrano tutta la loro leggendaria compattezza.
L'odierna sede del Tombstone Epitaph, il più antico giornale dell'Arizona
Il finale, con Charles Damon che si immola con il cadavere del figlio tra le fiamme della sua villa, ha la solennità di una tragedia shakespeariana e chiude in maniera eccellente questo nuovo classico texiano.
Ad accompagnare Mauro Boselli per le strade di Tombstone c’è l’esordiente texiano Gianluca Acciarino. La sua prova centra subito il bersaglio e con il suo segno morbido e pieno realizza un ottimo affresco western. Il lavoro di Acciarino non tradisce la caratterizzazione dei nostri pard e ne restituisce una versione magari leggermente più giovanile ma di sicura efficacia. E inoltre, in conclusione, non è da meno l’attenzione all’espressività dei personaggi, tutti ben delineati e caratterizzati.
Capita spesso di leggere - sui forum o sui social network - commenti su fumetti come Tex o Zagor in cui si afferma che una determinata storia, pur essendo bella, sarebbe stata scritta in maniera totalmente diversa dal creatore del personaggio. Secondo noi questi commenti sono fuori luogo perché non tengono conto, banalmente, di un fattore: i tempi sono cambiati.
Negli "anni d’oro" del fumetto italiano c’era un certo tipo di linguaggio e oggi ce n’è, inevitabilmente, un altro. Le storie di Zagor di oggi, per esempio, non possono più iniziare con gag di Cico che durano anche metà albo come ai tempi di Nolitta - nonostante Burattini, che di speciali di Cico ne ha scritti 19, potrebbe benissimo farlo.
Luigi Siniscalchi visto dal bravissimo Bira Dantas per il portoghese Tex Willer Blog, grandi amici di DW.
Tutto questo per dire che Bruno Enna scrive con mano davvero felice il suo personaggio, perfettamente calato - come tempi narrativi - ai giorni nostri, anche se la serie è ambientata negli anni Settanta. Saguaro cambia e muta esattamente come fa una persona reale nella sua vita. Non gli si può chiedere di rimanere sempre uguale a se stessa come accadeva appunto ai fumetti di una volta. Le cose cambiano velocemente e noi con loro.
Nell’albo di agosto 2013, disegnato da Siniscalchi, Thorn è stato rintegrato nell’FBI, ma deve fare obbligatoriamente alcune sedute dalla psicologa. Qui ci narra, di nuovo, il suo rapporto con Cobra Ray. E speriamo non faccia come Nathan Never che per anni ci ha raccontato un’infinità di volte di com’era morta sua moglie Laura Lorring per mano del pazzo Nad Mace, che gli aveva poi rapito la figlia Ann...
Il fenomeno delle "radio libere" in Italia: Alice negli anni Settanta.
Nell'episodio Enna affronta la questione della talpa all’interno del Bureau. Lionel Scott, l’agente che stava indagando sul caso, finisce all’ospedale in gravi condizioni e sulla scena del crimine viene visto fuggire un nativo americano. Per questo l’FBI fa un’azione di forza al campo indiano in cerca di indizi nella casa del sospettato. I due agenti incaricati usano le maniere forti perché considerano queste persone spazzatura.
Thorn si comporta "alla Tex" arrivando sul posto e prendendo a pugni gli agenti senza pensarci troppo. Così facendo conquista la fiducia del Popolo Rosso e in particolare della famiglia del sospettato.
Grazie alle loro informazioni scoprirà che suo fratello di sangue Nastas è vivo e lavora a Radio Aquila Libera, una voce clandestina che trasmette in sovramodulazione (ovvero il loro segnale sovrasta quello delle radio che trasmettono sulla stessa frequenza) e che si occupa di denunciare i continui soprusi verso gli indiani. Alla fine dell’albo la talpa verrà catturata e Nastas lancia attraverso l'etere un messaggio all’uomo con le spine, dicendogli che un giorno dovrà abbandonare l’ambiguità in cui si trova adesso e scegliere da che parte stare.
Da notare che il rapporto tra Kai e Thorn sembra aver fatto dei passi avanti; a pag. 12 vediamo la bella agente a letto nella camera del nostro eroe.
Saguaro n. 16, settembre 2013. Copertina di Furnò.
Che Nolitta (accogliendo comunque altre suggestioni della letteratura di ambientazione marinara) avesse modellato l'equipaggio del Golden Baby reinterpretando la ciurma del Pequod - la baleniera protagonista del capolavoro di Melville - non è una novità. Ismaele, il testimone vagabondo; l'indigeno delle isole del pacifico Queequeg; il primo ufficiale Starbuck, di Nantucket; il secondo ufficiale Stubb, proveniente da Cape Cod; Flask, il terzo ufficiale, che arriva da Tisbury; il secondo ramponiere Tashtego, indiano pellerossa; il terzo ramponiere Dagoo, un enorme uomo di colore di dirette origini africane; il piccolo marinaio nero Pippin, suonatore di tamburello; e Fedallah, un Parsi con i capelli sistemati a foggia di turbante. Anche nella versione bonelliana è presente tale melting pot di chiara impronta statunitense: ci sono il musulmano, l'indiano, l'amerindo, il bianco, il nero...
Un'interpretazione fumettistica (anni '50) del Pequod.
E infine lui, il capitano Achab (o Ahab, o Acab, a seconda delle edizioni e delle traduzioni), indemoniato, posseduto, ossessionato dalla caccia a Moby Dick, la diabolica Balena Bianca. Achab - come Fishleg - è menomato di una gamba, e usa una protesi artificiale per tenersi in piedi. L'arto gli è stato strappato e divorato dal mostro degli oceani.
Gregory Peck nelle vesti di Achab, in un momento del film Moby Dick, diretto nel 1956 da John Houston su sceneggiatura di Ray Bradbury.
Le analogie fra Moby Dick e I fantasmi del capitano Fishleg sono numerose. Alcune sono sottotraccia.
La gamba fasulla fatta d'avorio accomuna i due comandanti. La barbarica gamba bianca di Achab sta inserita in un foro sul ponte appositamente fatto col succhiello: la gamba d'osso infilata in quel buco, il capitano Achab stava eretto, con un braccio levato e aggrappato a una sartia, lo sguardo fisso oltre la prora della nave, che di continuo s'immergeva (cap. XXVIII). L'arto finto di Fishleg è intagliato nell'osso di un capodoglio, e poi istoriato, con incisioni che narrano - tramite rapidi e immediati simboli - i fatti salienti della sua vita.
La pipa di Fishleg è scarica; il capitano è oltremodo agitato perché la notte di tregenda gli rammenta un dramma accaduto decenni prima; ha bisogno di fumare un po' di tabacco per calmarsi; l'emporio di Rochester su lago Ontario è chiuso e sfornito; una buona presa di trinciato gli viene offerta da qualcuno che potrebbe essere uno spettro del passato. La pipa di Achab, invece, non lo consola più; non ne sente più la dolcezza... Che cosa ho a che fare con questa pipa? Con questo oggetto che è fatto per la serenità, per far salire tranquilli bianchi vapori fra tranquilli bianchi capelli, non fra lacere ciocche grigio-ferro come le mie? Non fumerò più... E lanciò in mare la pipa ancora accesa (cap. XXX).
I barili d'olio di balena che l'equipaggio della Golden Baby scarica in porto; il salvataggio di Fishleg - reduce dal naufragio della Red Mermaid - durante l'arpionamento di un cetaceo da parte degli uomini della Harponeer... Molti sono i momenti didascalici nella storia di Burattini/Rauch/Venturi. Allo stesso modo, parecchi sono i brani di pura informazione in Moby Dick: interi capitoli sono dedicatio alla classificazione delle balene, alla descrizione della loro anatomia, alla spiegazione dei procedimenti di raffinazione del grasso dell'animale, all'importanza e alla preziosità dello spermaceti, alle operazioni tecniche e di carpenteria sull'imbarcazione...
Pregiato olio di balena.
Nell'avventura zagoriana la Balena Bianca non c'è. Non c'è il Leviatano che mutila Achab e che poi vince definitivamente il suo persecutore, affondando il Pequod nelle acque del Pacifico. Il suo corrispettivo narrativo/figurativo è l'iceberg - bianco anch'esso, e anch'esso mostruoso - che appare d'un tratto davanti agli occhi del giovane secondo ufficiale Humboldt e che in un primo tempo pare, con i suoi ghiacci frastagliati e duri come granito, squarciare lo scafo del veliero provocandone l'innabissamento. La gamba di Fishleg viene tranciata dal legno di un pennone che si schianta e precipita e non dai denti del titano: l'attimo cruciale viene reso con rara efficacia grafica da una singolare gabbia della tavola, dove i contorni delle vignette sono incerti e frammentati, a voler rappresentare visivamente il disastro, la rottura dei fasciami (e il passato del flashback viene separato dal presente grazie al fumo della pipa). Fishleg non muore: sopravvive all'incidente. Lo spirito, l'essenza di Achab, con tutte le sue follie, la rintracciamo nel Color Zagor piuttosto nello spietato e piratesco criminale Nicholas Damon - il vero mostro.
Fishleg ricorda la sua tragedia nel momento clou dell'albo.
L'incipit misterioso dell'episodio, con lo sfaldarsi progressivo di una possibile soluzione soprannaturale dell'intreccio, si stempera in una vivace avventura di taglio classico: il fortino da espugnare, gli sgherri, il riccone che si sente padrone del mondo... Il cerchio infine si chiude: la prima fase della nuova vita di Fishleg, tormentata dai rimorsi, era iniziata con un arpione e un arpione compie il ciclo, liberando il capitano della Golden Baby dai trentennali fantasmi che ingiustamente lo angosciavano.
Ottima prova, dunque, per il primo numero della nuova collana annuale di Zagor, che va con successo ad affiancarsi al mensile, all'Almanacco dell'Avventura, al Maxi, all'Albo Gigante e allo Speciale.
La Balena Bianca.
La copertina del Color Zagor n. 1, agosto 2013. Disegno di Ferri.
La prima cosa è la copertina. Sarà un'impressione, ma la straordinaria composizione pittorica di Simone Bianchi mi ha subito fatto venire in mente San Michele Arcangelo che schiaccia col piede il Male. Certo... il santo stringe una lancia nella mano destra - e non una rivoltella - e sotto il suo calzare non c'è uno zombie, bensì un demonio. E le ali? Beh, la luna piena (ma forse è un'aureola), che crea come un vuoto alle spalle di Dylan e le vele del galeone danno graficamente l'idea anche di quelle...
La classica posa di San Michele nell'iconografia religiosa rimanda alla posa di Dylan sulla copertina del Dylan Dog Color Fest n. 11
La morte è la vera protagonista dell'albo, il Dylan Dog Color Fest n. 11 uscito nell'agosto 2013.
Per il verso sbagliato di Astori & Cossu si apre con un incidente che potrebbe essere fatale. Poteri paranormali, fantasmi e strizzate d'occhio - come abbiamo rilevato altre volte nella collana - all'opera di King. In questo caso viene in mente La zona morta - romanzo del 1979 nel quale il protagonista ha il dono/dannazione di vedere squarci di futuro.
Anche Ouroboros, disegnato da Rinaldi (su testi di un gruppo di studenti selezionato dopo aver frequentato un corso di Gualdoni alla scuola del giallista Lucarelli), si apre con un decesso, quello di Dylan Dog, seppur soltanto su un doppio livello onirico. La Morte - come personificazione e come comprimario della collana (un tempo associata a didascalie in rima) - appare alla fine.
Dipartite e cadaveri pure in I morti non ballano di Gualdoni e Catacchio. Un giovane Dylan poliziotto è a guardia dell'obitorio più vivace del creato (o dell'annientato, per fare un po' d'umorismo alla Groucho).
La Lincoln Continental modificata protagonista del film The Car (1977).
La Nera di Recchioni e Raffaele, infine, paga ancora una volta dazio al Re del Maine. Innanzitutto alla saga fantasy The Dark Tower e poi al romanzo horror Christine, anche se qui, al posto di una Plymouth Fury del '58 è una bicicletta a essere indemoniata. Attinenze possono essere trovate pure con il film La macchina nera (in originale The Car), ottima pellicola del terrore diretta nel 1977 da Elliot Silverstein, nel quale vediamo il diavolo incarnarsi in una Lincoln Continental assassina.
Collegamenti - più o meno voluti: in tre episodi su quattro scorgiamo incidenti stradali dove vengono investite persone con o senza bici; inoltre Dylan appare nel passato non solo nell'episodio sulla morgue, ma parimenti nell'avventura della due-ruote infernale.
Collegamenti sotterranei. La splash page dell'albo, con la ciclista investita, rimanda...
...al "vignettone" di pag. 48 (con Dylan investito) e...
...alla bici che sfiora l'incidente a pag. 105 (quasi lo investivo)!
Il Dylan San Michele sulla copertina del Dylan Dog Color Fest n. 11, agosto 2013. Disegno di Bianchi.
Dylan Dog Color Fest 11
PER IL VERSO SBAGLIATO
OUROBOROS
I MORTI NON BALLANO
LA NERA
Agosto 2013
pagg. 132 a colori - € 5,20
Testi: Cristina Astori, Francesco Tedeschi, Veronica Tinnirello, Mariano Rose, Giovanni Gualdoni, Roberto Recchioni
E così siamo arrivati a trenta... Sarebbe un discreto traguardo anche per un mensile (due anni e mezzo di uscite), figuriamoci per un annual come lo Speciale di Martin Mystère! Pubblicazione che, tra le altre cose positive, è rimasta quella più fedele a se stessa, continuando a offrire ai lettori e ai collezionisti i simpatici e gustosi allegati (quelli che prima erano gli indimenticati libretti "in sedicesimo" del Dizionario dei Misteri, ventuno uscite dal n. 1 del luglio 1984 al n. 21 del settembre 2004).
Gadget e storia principale sono
accomunati da un simile espediente narrativo: i personaggi vengono in qualche
modo "rapiti" dal loro continuum e inseriti in un mondo parallelo.
Nell'episodio Il segno di Venere,
di Recagno & Torti, Martin e Java si trovano bloccati (come in un
programma televisivo delle serie televisive Ai confini della realtà, Star Trek,
X-Files o Doctor Who) in un paesotto di provincia, Basking Ridge nel New
Jersey (che esiste per davvero, e non è nemmeno tanto lontano dalla
Manhattan di Martin). Nell'inquietante cittadina i protagonisti usuali degli
"special estivi" sono trasfigurati, quasi vivessero in un luogo "oltre
lo specchio".
La Quercia di Washington e la Brick Academy di Basking Ridge come appaiono sullo speciale n. 30 di Martin Mystère (disegni di Torti).
La Quercia di Washington come appare oggi.
La Brick Academy come appariva nel XIX secolo (è a questa incisione che si è ispirato Torti)...
...e come appare oggi (le scalinate d'accesso ora sono in pietra e la ringhiera in legno è dipinta di bianco).
Nei consueti flashback storici - gli antefatti che, nella quasi totalità dei casi sulle collane di Castelli, reggono l'intreccio - spicca la figura di Benjamin Franklin.
Considerato uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti, Franklin firmò
sia la Dichiarazione d'Indipendenza dalla Corona britannica, sia la
Costituzione. Massone, politico, scienziato, inventore, ambasciatore,
patriota, rivoluzionario: Franklin fu tutto questo e anche di più. Il
suo volto campeggia sulla banconota da 100 dollari (massoneria e quattrini stanno alle fondamenta degli USA come arte e cultura a quelle dell'Europa).
Il massone Franklin sulle banconote da 100 dollari...
...e simbolismi massonici sul retro della banconota da un dollaro!
L'aspetto di Franklin che più salta all'occhio nella storia di Recagno è quello... libertino! In Inghilterra e in Irlanda sorgeva nel XVIII una rete di circoli esclusivi, gli Hellfire Club, il primo dei quali fu fondato nel 1719 dal Duca di Wharton. Nel sud della Gran Bretagna importantissimo e frequentatissimo ad alti livelli era il Club di Sir Francis Dashwood, la cui prima riunione serale si tenne il 30 aprile 1752, nella fantasmatica Notte di Valpurga. I partecipanti si erano scherzosamente definiti Brotherhood of St. Francis of Wycombe, oppure The Order of the Friars of St Francis of Wycombe (scherzando sulla religione), o anche Order of Knights of West Wycombe (dal nome della cittadina del Buckinghamshire dove sorgeva la villa di Dashwood). I meeting finivano spesso in grandi mangiate e in momenti orgiastici, in una convivialità tipica della jet society dell'epoca (in Francia il filosofo e scrittore D. A. F. De Sade fantasticò nei suoi romanzi simili incontri proibiti, portando le perversioni sessuali degli ospiti alle estreme conseguenze).
Sir Dashwood ritratto da William Hogarth in stile rinascimentale nelle vesti di... San Francesco d'Assisi! (XVIII sec.)
Benjamin Franklin partecipò alle sedute (e alle sdraiate) del Club Infernale nel 1758, durante una sua trasferta inglese - qualcuno dice nelle vesti di spia per le Colonie. Ne parla diffusamente anche lo scrittore americano Glenn Cooper nel volume I custodi della biblioteca (in originale The Librarians), uscito per i tipi della Nord nel 2012, ultima parte di una fortunata e godibile trilogia che ha come protagonista una misteriosa raccolta di libri dove è vergata la data di nascita e quella di morte di tutti i membri dell'umanità - passata, presente e futura.
Eccovi dunque - anche come invito a leggere l'intera saga dei Bibliotecari (ne vale la pena, soprattutto per il "martinmystèriano" DOC) - i passi salienti con Franklin all'Hellfire Club:
La stupenda copertina di Alessandrini merita alcune osservazioni a parte. E' - non occorerebbe nemmeno dirlo - una parodia del capolavoro di Sandro Botticelli, uno dei quadri più noti al mondo. La Nascita di Venere è un dipinto a olio di quasi due metri per tre realizzato intorno al 1485 e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. A sinistra vediamo il vento fecondatore Zefiro, abbracciato alla sua sposa, la ninfa Clori, nota anche come Flora, la dea dei fiori; al centro sta la dea Venere, nella posa della Venus Pudica (che cioè si copre seno e ventre) e di Anadiomene (venuta dalla schiuma del mare), che nasce da una conchiglia (una capasanta, simbolo di fecondità e vita); a destra ecco infine una delle Ore, le addette ai portali dell'Olimpo: è la Primavera , con il suo manto decorato a motivi floreali di stagione.
Nella caricatura di Alessandrini, al posto di Zefiro e Clori ci sono Dee e Kelly, amorevolmente abbracciati (gulp!); Martin prende il posto della Primavera; Angie è la Venere nascente (ancor più pudica). E Java, aggrappato al guscio del mollusco, fa da quinto incomodo (anche se la sua visuale sulle grazie veneree, come sottolineato graficamente dal ghigno e dal pugno chiuso, è certamente la migliore)!
La Nascita di Venere del Botticelli...
...e la Nascita di Angie dell'Alessandrini!
L'allegato è se possibile ancor più divertente dello speciale stesso. La fine della civiltà come noi la conosciamo (il cui titolo ricorda quello di una celebre canzone dei R.E.M., It's the End of the World as We Know It And I Feel Fine, licenziata nel 1987 e usata come parte della colonna sonora del film di fantascienza Independence Day diretto nel 1996 da Roland Emmerich).
Viene in mente la matrioska russa. Gli autori, guidati nelle danze da Alfredo Castelli, partoriscono una serie di realtà alternative, di sogni e di incubi, tutto stipato all'interno di... un'altra realtà alternativa. C'è davvero da perderci la testa...!
A chi non ha ancora letto l'albetto le seguenti parole di commento potrebbero rovinare la sorpresa: bonelliani avvisati, mezzi salvati!
L'avventura disegnata da Filippucci che fa da "contenitore" e da trait d'union per le altre (che nell'economia dell'episodio sarebbero racconti fantastici scritti dallo stesso Martin Mystère, a voler ancora una volta sottolineare l'identità perfetta fra il personaggio e il suo creatore) mette in scena un mondo dove il denaro non è mai esistito, dopo la rovina di Atlantide, per volere degli Uomini in Nero. Per una volta la loro azione è positiva. I soldi (e soprattutto la loro più demoniaca incarnazione, ovvero la carta-moneta), anche se parrebbero insostituibili nelle transazioni in virtù della loro immediata convertibilità in merci, sono in effetti alle origini dei peggiori guai dell'umanità, in particolar modo da quando esistono le movimentazioni automatiche ed elettroniche in Borsa. Pensando alle speculazioni e alle crisi che ci stanno rovinando la vita ormai da quasi un quindicennio (dalla bolla di Internet del 1999/2000), non possiamo davvero che stare dalla parte di Castelli e metaforicamente applaudire all'esplosione nucleare che chiude il fascicolo.
Il gigantesco interruttore salvavita preistorico in Martin Mystère (disegno di Orlandi)...
...e il suo fratellino italiano (ENEL, anni '60)!
Da sbellicarsi dalle risate è poi La danza dell'oscurità dove in una grotta indiana scatta un antichissimo interruttore salvavita in pietra per sovraccarico energetico sul pianeta, dovuto allo spreco di energia elettrica. La sindrome di Babele è la vicenda di un'alessìa globale, con evidenti riferimenti - in chiusura - al celebre e sopravvalutato romanzo Guida galattica per gli autostoppisti scritto nel 1979 da Douglas Adams, basato su una sua serie radiofonica inglese, e all'omonimo film che ne è stato tratto da Garth Jennings nel 2005. Infine, un what if risorgimentale per Il naviglio battagliero, con l'Austria ancora padrona del Nord Italia: e infatti è tutto pulito, in ordine e i giornali sono alla portata di tutti, in quei distributori a cassetta che si aprono anche SENZA mettere la moneta! La sequenza finale del raccontino ricorda quella del bel libro Garibaldi a Gettysburg scritto da Pierfrancesco Prosperi (sceneggiatore mysteriano, tra l'altro) nel 1993, con un'analoga distopia misoviennese; il finalissimo dell'avventura milanese (trattandosi di un sogno) è invece riconducibile a Winsor McCay e alla serie a fumetti Dream of the Rarebit Fiend pubblicata sui giornali americani dal 1904 in poi.
Una precisazione ultima: Recagno ha parlato a lungo dello speciale in un'intervista pubblicata sul sito della SBE; noi, per non creare sovrapposizioni di contenuti e idee per questo post, l'abbiamo volutamente letta solo DOPO la pubblicazione del medesimo!
Martin Mystère Speciale n. 30, luglio 2013. Copertina di Alessandrini.
Martin Mystère Speciale 30
IL SEGNO DI VENERE Luglio 2013 pagg. 132 - € 6,20 Testi: Carlo Recagno Disegni: Rodolfo Torti Introduzione: Alfredo Castelli & Carlo Recagno Copertina: Giancarlo Alessandrini
Allegato a Martin Mystère Speciale n. 30, luglio 2013. Copertina di Alessandrini
Albetto allegato a Martin Mystère Speciale 30
LA FINE DELLA CIVILTÀ COME NOI LA CONOSCIAMO
LA DANZA DELL'OSCURITÀ
LA SINDROME DI BABELE
IL NAVIGLIO BATTAGLIERO Luglio 2013 pagg. 52 Testi: Alfredo Castelli, Luigi Mignacco Disegni: Lucio Filippucci, Alfredo Orlandi, Esposito Bros.
Abbiamo visto tutti la segnalazione sul sito della Sergio Bonelli Editore dell'interessante iniziativa di Critical Comics, il "Piccolo incontro internazionale sulla critica del fumetto in Europa" svoltosi a Roma dal 20 al 22 settembre 2013.
Quando di dice, seguendo Vico, i corsi e i ricorsi della storia...
Quasi un quarto di secolo prima di Critical Comics (e con intenti e obiettivi in parte diversi), nell'estate del 1989, un gruppo di appassionati del fumetto riuniti nel Club del Collezionista (l'editore di Collezionare) organizzò a Signa, in provincia di Firenze, il 1° INCONTRO DEI FANZINERS ITALIANI.
Qui sotto vi presentiamo una parte della documentazione dell'epoca. La qualità delle scansioni è buona, ma non lo è quella degli originali... C'è una spiegazione. Mentre Collezionare era passata già dal n. 14 all'impaginazione elettronica, i documenti dell'incontro preparati dai ragazzi del Club (essenzialmente Burattini, Ceri, Manetti e Monti) erano ancora tutti dattiloscritti e fotocopiati: i primi loro PC (IBM-compatibili da 20 o 40 Mega di hard disk, processore 286 o 386, con stampanti ad aghi e senza mouse, niente Windows e nemmeno Office - al massimo con il Norton Commander per gestire i file e con il WordStar per scrivere!) sarebbero infatti arrivati solo nel 1990/1991!
La spartana cartellina che venne distribuita ai partecipanti all'incontro.
Locandina dell'incontro, con il possente Hulk di Dante Bastianoni come "mascotte" dell'evento.
La fanzine convention: come e perché, articolo di Alessandro Monti (ideatore dell'iniziativa) che svicerava il significato dell'incontro. Notare, in basso a destra, Battista il Collezionista. Il personaggio, creato da Moreno Burattini, è presente sui documenti dell'incontro nella versione di Francesco Bastianoni.
Una cascata di fanzines,
articolo di Francesco Manetti che analizzava il fenomeno del fiorire
di riviste specializzate in critica fumettistica nella seconda metà
degli anni '80.
Prima pagina della presentazione dell'incontro: motivi e caratteritiche
Seconda pagina della presentazione dell'incontro: punti di discussione, programma e sede logistica. Notare la precisazione con pagamento alla romana riguardo al pranzo in pizzeria: le finanze del Club del Collezionista erano quelle che erano!
Il modulo riservato ai dati delle fanzine intervenute all'incontro.
Collezionare n. 15, ottobre 1989. Fanziners di tutto il mondo unitevi, articolo di Saverio Ceri nel quale si faceva il punto e si tiravano le somme sull'iniziativa del Club del Collezionista.
NOTA:
Tutto il materiale illustrativo pubblicato in questo post è di
proprietà della WALT DISNEY PRODUCTIONS e degli altri aventi diritto ed è
qui riprodotto ai soli fini di studio, documentazione e
identificazione.
di Francesco Manetti
L'artista Franco Bignotti nasce nel 1929 in provincia di Brescia. Dopo aver frequentato la prestigiosa Accademia di Belle Arti di Brera inizia la sua carriera professionale come grafico pubblicitario e come illustratore per libri di fiabe destinati al pubblico più giovane. Importanti sono i suoi lavori per l'Editrice Carroccio di Milano, presso la quale esce anche il suo primo fumetto, Piccolo Centauro (1951). Dello stesso decennio sono le collaborazioni con l'editore Torelli (El Bravo di Dalmasso). Nel 1956 comincia il sodalizio fra Bignotti e la famiglia Bonelli, con le serie di Hondo (scritta da G. L. Bonelli) e di Un Ragazzo nel Far West (di S. Bonelli), entrambe sotto l'egida delle Ezioni Araldo. Disegna alcune storie del nuovo Furio Almirante e si impegna anche all'estero, per la Lug lionese e per la Fleetway londinese. A metà degli anni Sessanta firma avventure di Miki e Blek. Con il 1970 lo vediamo contribuire alle serie Il Piccolo Ranger e Zagor. A partire dal 1975 è una delle colonne deegli eroi della new wave bonelliana: Mister No e Martin Mystère. Bignotti si spegne a Milano nel febbraio del 1991.
Il celebre autoritratto di Bignotti.
Nel 1951 esce per le Carroccio Edizioni Milano un albo illustrato per bambini con la riduzione della celebre fiaba dei Fratelli Grimm Schneewittchen und die Sieben Zwerge (ovvero Biancaneve e i Sette nani) risalente al 1812.
Tra le fonti di ispirazione grafica di Bignotti, per le straordinarie e pittoriche planches che costituiscono il fascicolo, c'è sicuramente anche Snow White and the Seven Dwarf, il celeberrimo lungometraggio d'animazione prodotto dalla Disney e dalla RKO nel 1937 e realizzato da un team impressionante di artisti, sceneggiatori e supervisori: Dorothy Ann Blank, Richard Creedon, Merrill De Maris, Otto Englander, Earl Hurd, Dick Rickard,Ted Sears, Webb Smith, David Hand, William Cottrell, Wilfred Jackson, Larry Morey, Perce Pearce, Ben Sharpsteen...
Ci è sembrato interessante mettere a confronto alcune illsutrazioni di Bignotti con analoghe frame della pellicola disneyana.
Copertina del fascicolo delle Edizioni Carroccio. La Biancaneve di Bignotti si sveglia nella casetta dei Sette Nani.
Fermo immagine del film Biancaneve della Disney con l'identica scena.
Biancaneve sul letto di morte secondo Bignotti...
...e secondo lo staff disneyano.
Il cacciatore che doveva uccidere Biancaneve si inginocchia davanti a lei e la lascia andare. Versione di Bignotti
Stessa scena nella versione della Disney.
La strega, la mela avvelenata e Biancaneva secondo Bignotti.
Mela, strega e Biancaneve in Disney.
Il risveglio nella bara di cristallo dopo il bacio (anzi, dopo l'esame faringeo) del Principe Azzurro in Bignotti...
...e secondo la Disney.
Francesco Manetti
N.B. trovate i link agli altri articoli extrabonelli su Cronologie e Index!