di Giampiero Belardinelli
Dopo alcuni anni torna a scrivere su "Dime Web" un vecchio, carissimo nostro amico, oltreché antico collaboratore di "Dime Press". E lo fa revisionando un suo articolo pubblicato nel 2009 nel fascicolo allegato al disco di Graziano Romani, "Zagor King of Darkwood". Buona lettura! (s.c. & f.m.)
Nolitta il paroliere
Nell’ideazione delle canzoni di Cico, Guido Nolitta (nome d’arte dell’editore Sergio Bonelli) si è rifatto alla tradizione dei personaggi del "Corriere dei Piccoli" e delle numerose riviste per ragazzi pubblicate prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le canzoncine sono in genere versi di ottonari in rima baciata (AA) e alternata (ABAB). Nel "Grande dizionario Garzanti della lingua italiana" la voce "ottonario" viene così descritta: Nella metrica italiana, si dice di verso di otto sillabe nella sua forma piana, che ha l’ultimo accento ritmico sulla settima sillaba. Un buon esempio è quello della tradizione di Sor Pampurio e del Signor Bonaventura: Sor Pampurio arcicontento/del suo nuovo appartamento e Qui comincia l’avventura/del signor Bonaventura.
Iniziamo con una composizione semplice, presa dall’albo Iron Man (ZG n. 15). La canzoncina è un invito a navigare privi di inutili zavorre: il capo dei Cayuga Na-Pawa, alleato di Iron Man, viene infatti gettato in acqua a meditare sui propri errori. E l’arguto Cico recita:
Tira su l’ancora bel marinar
volgi la prua e comincia a navigar.
Nell’albo I cacciatori di uomini (ZG n. 29) troviamo invece l’elogio dello scassinatore. I versi sono opera di Cesare Melloncelli, uno dei collaboratori di Nolitta negli anni Sessanta. Poiché l’intervento di Nolitta sui dialoghi è stato significativo, si può senz’altro inserirlo in questo elenco nolittiano. E non è da escludere, poi, l’apporto di Nolitta anche sulla lirica di Cico. Da notare come la composizione inizi con due distici a rima alternata, seguiti da altri due a rima baciata e poi di nuovo due a rima alternata.
Troverai lucchetti rotti,
casseforti senza porta
e soltanto poliziotti
dalla mira molto storta.
Nella cella l’inferriata
sarà debole e segata.
E poi chi ti tiene al freno?
Darai pur l’assalto al treno!
Tralasciata la prudenza
dei passati tempi neri
fermerai la diligenza
borseggiando i passeggeri.
Una delle idee fisse di Cico è il cibo: intorno a questo tema si potrebbe scrivere un saggio. A differenza di quanto fatto da Angelo Palumbo nel suo articolo Un cantautore di nome Cico, pubblicato nel 1995 sul decimo numero della rivista "Dime Press", ci limiteremo qui a segnalare alcune significative canzoni sulle prelibatezze della cucina. In un buon pranzo, tra l’altro, l’etichetta non è meno importante del cibo servito in tavola. E, nell’albo Seminoles (ZG n. 43), Cico intona:
Se non manca l’appetito
il mangiare è un vero rito
che compiuto sempre va
con estrema serietà.
Sia disposta ogni pietanza
con buon gusto ed eleganza,
si rispetti l’etichetta
adoprando la salvietta
e, infine, ricordate,
si usin sempre le posate.
Se alla fin del fervorino
tu rammenti quel che ho detto
il più misero spuntino
si trasforma in un banchetto.
Nell’albo Terrore (ZG n. 2) e, nello specifico, nel racconto L’uomo volante, scritto e disegnato da Gallieno Ferri con la revisione dei dialoghi di Guido Nolitta, viene presentata un’ispirata canzone del Messicano. Se Foscolo e Alceo, come osserva Angelo Palumbo nell’articolo sopracitato, cantavano l’amore per le belle donne l’uno e per il vino l’altro, Cico invece ama poetare su qualcosa di più caldo e fragrante.
Ho percorso mille miglia
sono stanco di remare
or lo stomaco consiglia
che è il momento di mangiare.
Or mi scelgo un bel cosciotto
dal sapore prelibato,
che mi sbaferò ben cotto
sotto forma di stufato.
Come sanno i lettori zagoriani, Cico non è molto abile nella caccia. Quindi, per riempire la dispensa, occorre l’abilità dello Spirito con la Scure. Molto peggio quando il pancione si trova nelle cittadine della Frontiera. Lì servono i soldi: e le tasche di Cico, il più delle volte, sono al verde. Nonostante i pochi quattrini, quando gli capita di averne Cico non bada a spese.
Aprite i negozi, imbandite le mense,
voglio svuotarvi cantine e dispense.
Io posso spendere senza badare
e mezzo paese voglio comprare!
Che l’oste e il trattore
si facciano avanti,
c’è un vero signore
che paga in contanti,
che ha un solo problema:
riempire la pancia,
che al conto non trema
e dà pure la mancia!
La canzone è apparsa nell’albo Satko! (ZG n. 45). Nel suo già più volte citato articolo, Palumbo (con la complicità del non accreditato Moreno Burattini) scrive: Sotto certi aspetti, gli ideali di Cico ricordano quelli di poeti come Cecco Angiolieri (1260-1313) e, nella loro prosaica materialità, fanno da contraltare alla spiritualità di Zagor. Da notare, in quest’ultima composizione, come dopo due distici a rima baciata (uno dodecasillabo, uno endecasillabo) il ritmo si fa più veloce con due quartine finali di senari a rime alternate.
La presenza di Cico accanto a Zagor ha fatto sorgere a qualcuno un dubbio: in alcune circostanze, come se la sarebbe cavata l’eroe senza l’aiuto del Messicano? D’altronde, come ha affermato Mauro Boselli, Cico è molto più in gamba di tutti noi. È vero: a volte combina dei guai, ma ha seguito Zagor in viaggi pericolosi, lunghi migliaia di chilometri. Il pancione è consapevole di ciò e, nell’albo Territorio indiano (ZG n. 19), intona un’autocelebrazione.
In un giorno assai lontano
il mio Messico ho lasciato
e in aiuto al bravo Zagor
come un angiol son volato.
Sono forte e coraggioso
come un cavaliere antico,
se qualcun non mi conosce
mi presento, sono Cico!
E a proposito di viaggi e di notti trascorse all’addiaccio, Cico è ormai temprato a ogni inconveniente. Però, permettiamogli almeno di lamentarsi cantando. La canzoncina che segue viene definita da Zagor uno strazio: l’eroe nolittiano ha tanti meriti ma qui sbaglia di grosso. Il brano, nell’albo La strada di ferro (ZG n. 82), è di un’ironia quasi britannica.
Brilla il fuoco del bivacco
sotto un cielo senza stelle,
ho condito col tabacco
le mie ultime frittelle.
Ho bevuto un po’ di whisky
con la polvere da sparo
e a dormire sotto un cactus
questa notte mi preparo.
Un coyote da lontano
sta ululando a squarciagola,
anche lui, quel poveraccio,
dorme senza le lenzuola!
Per fortuna, dopo il freddo e la pioggia ai Nostri capita di potersi ritirare al caldo tra delle solide mura. Nell’albo Zagor contro il vampiro (ZG n. 86), Cico intona un inno alle comodità di un’abitazione. Il padrone di casa, però, è più gelido della morte: il vampiro Bela Rakosi.
Si mangia del pollo
si dorme all’asciutto
ormai ben satollo
nel letto mi butto.
Voi venti invernali
crudeli soffiate,
ma sotto le coltri
è già piena estate!
Casa dolce casa. Purtroppo, più volte la capanna dalla palude è stata distrutta: come nell’avventura Ora zero! (ZG nn. 107-109), colpita dai missili del geniale professor Hellingen. Nell’albo Tre uomini in pericolo (ZG n. 110), fischiettando una canzone, il Messicano è intento a ricostruirla. Con risultati disastrosi, però.
Ogni tempio dell’Egitto
messo su mill’anni fa,
può vedere sempre dritto
di sfidar l’eternità.
Per aver quel risultato
uno storico ha narrato
che trent’anni in mezzi ai guai
lavoraron gli operai.
Anch’io son costruttore
ma la casa, in fede mia,
la completo in poche ore
lavorando in allegria!
Una casa accogliente deve essere pulita: anche se modesta come quella della palude. Mentre Zagor è impegnato nella caccia, tocca a Cico utilizzare gli attrezzi del mestiere. Ma il buonumore e l’ironia alleggeriscono il suo lavoro.
Posso dir senza vantarmi
d’esser prode uomo d’armi,
ma la vita può esser gaia
pur facendo la massaia.
Quando l’ombra della guerra
non minaccia la mia terra,
lascio l’elmo e la corazza
e impugno la ramazza.
Provo gran divertimento
nel pulire il pavimento
e sovente mi compiaccio
pur d’usar lo strofinaccio.
Quello della massaia non è certo il lavoro più amato da Cico. Nelle sue avventure – o disavventure – lo abbiamo visto fare i lavori più disparati come il Paperino di Carl Barks, secondo l’acuta osservazione del critico e romanziere Leonardo Gori (cfr. "Dime Press" n. 3; di questo parallelismo Paperino / Cico ne ha parlato in più sedi anche Francesco Manetti: vedi per es.
Giornale Pop). Ma il mestiere più insolito è quello tentato nell’albo
La stella di latta (ZG n. 74).
Molte volte è capitato
di cambiare il mio mestiere,
io però mi sento nato
sol per far il giustiziere.
Amo il cappio e la mannaia,
per la forca ho la passione,
la giornata sembra gaia
quando c’è un’esecuzione!
Oggidì, molti anni dopo,
ho raggiunto il vecchio scopo
e con vera grande gioia
posso alfine fare il boia.
Io rivelo un grande estro
se preparo un bel capestro
e il nodo è di tal fatta
da sembrare una cravatta!
Anche nella propensione al viaggio Cico ricorda il Paperino di Carl Barks. Però l’aspirazione del pancione sono una casetta e un pranzetto. Nell’albo Il segno del coraggio (ZG n. 150) canticchia:
Sono un vecchio vagabondo
che mi aggiro senza pace
e di tutto quanto il mondo
vi dirò quel che mi piace.
La mia dolce casettina
con le tende rosse e blu,
ma più ancora la cucina
dove cuoce un buon ragù.
Da notare ancora l’ingenerosità di Zagor: definisce la composizione un’atroce canzoncina.
Quando Cico lascia i luoghi abituali il suo cuore si rattrista. Il tono è quello di un addio senza ritorno, quasi elegiaco. Nell’albo La freccia mortale (ZG n. 62), Cico annuncia cantando:
Io ti lascio mia foresta,
vi abbandono verdi pini,
altra scelta non mi resta
devo viver coi pinguini.
Al volere di un tipaccio
non c’è mezzo per opporsi,
devo andare in mezzo al ghiaccio
con trichechi, foche e orsi.
Indovinate chi è il tipaccio del quinto verso?
E in tema di tipacci: dall’Antica Roma è giunta a noi la triste fama dell’imperatore Nerone. Anche se il famoso incendio di Roma non è da attribuire a lui, almeno secondo le ricostruzione degli storici moderni. Nell’albo Zagor attacca (ZG n. 27), Cico intona un’ironica composizione di cui abbiamo addirittura il titolo: Scandalo al Colosseo.
Ride il sadico Nerone
e la folla è già eccitata,
nella fossa del leone
una vittima è calata.
Ecco il re della foresta
gli mordicchia un po’ la mano,
ma poi subito si arresta
è un leon vegetariano.
Il palio di Marcello Toninelli
Nel 1980, con l’avventura Hellingen! (ZG nn. 178-182), Guido Nolitta lascia i testi dello Spirito con la Scure per dedicarsi a Mister No, a Tex e soprattutto ai suoi impegni di editore. Dopo un periodo di interregno, Marcello Toninelli si propone come soggettista zagoriano e, con impegno e talento, reggerà il timone della serie per un decennio (1982-1993). Cercando di adeguarsi alla lezione nolittiana, anche Toninelli ha introdotto nuove composizioni cichiane.
In anticipo sui tempi, Cico si rende conto che nella foresta di Darkwood c’è bisogno di un libero giornale. Il Messicano fonda così il Darkwood Monitor, un foglio destinato all’immortalità. O quasi. Nell’albo La voce che uccide (ZG n. 271), il direttore e tipografo Cico intona a squarciagola:
Forza, gira, macchinetta!
Stampa e pressa, mia diletta,
per recare informazioni
sia ai trapper sia ai coloni!
Darkwood è un concentrato di ambienti diversi: dalla palude di tipo tropicale alla foresta di conifere e latifoglie. In questa frizzante canzone – tratta dall’albo La missione abbandonata (ZG n. 288) – Cico fa un ritratto veritiero della sua Darkwood. Una curiosità: nella pagina finale dell’albo, Cico lancia a Zagor la scure come fa Groucho con la pistola di Dylan Dog. Un divertito omaggio di Toninelli al personaggio di Tiziano Sclavi.
Quando in cielo il sol dardeggia
e pel caldo l’aria ondeggia,
il calor scioglie le menti,
strema il corpo, lega i denti.
Ma io no, non mi sgomento
e percorro passi cento,
superando il bosco e il piano,
la collina e il pantano.
Già sicuro di trovare
sotto il pino secolare
l’aria fresca e l’ombra scura
che il riposo mi assicura.
È diritto di ogni umano,
dopo un pasto luculliano,
adagiare il corpo lasso
sopra un molle materasso.
Ma Cico viene stordito da un cheyenne e non può terminare la sua composizione. Uno dei due pellerossa afferma: È stato l’agguato più angoscioso della mia vita! Tra gli abitanti di Darkwood, poveracci, c’è un’evidente sottostima delle doti compositive di Cico.
A Port Washia, una cittadina fluviale nei pressi di Darkwood, Cico è in attesa di Zagor. Un tormentone della saga. Per un fine dicitore come Cico è l’ennesimo soggetto per una canzoncina. La composizione è tratta da Caccia al lupo (ZG n. 316), albo in cui, a pagina 53, inizia il racconto Il battello maledetto, di Toninelli e Donatelli.
Se l’attesa si fa lunga
e l’amico non ritorna,
aspettando che lui giunga
io intaglio cervi e corna.
E se poi più del dovuto
resta via il compagno ingrato,
io intaglierò un imbuto
nella quercia in fondo al prato!
Arriva pian piano il prode Tiziano
Anche Tiziano Sclavi si è occupato di scrivere Zagor (debutta sulla serie nel novembre del 1980). Le sue storie iniziali sono abbastanza in linea con lo stile originario. La sua ultima fatica zagoriana, pubblicata nel 1988, è invece un’opera innovativa e che molto ha fatto discutere: Incubi (ZG nn. 275-280). E da uno degli albi di questa avventura, Il demone della follia (ZG n. 276), è presa la canzone di Cico. Il tema? Le sfacchinate a piedi e il conseguente appetito.
Cammin cammina
la meta ad ogni passo è più vicina,
e se ci assisterà la buona sorte
arriveremo presto presto al forte!
Zagor invita l’amico a non lamentarsi e Cico replica così:
Non mi lamento
i piedi mi fan male e sono stanco,
ma mi sostiene sempre la speranza
di giungere a riempire la panza!
Zagor definisce i versi uno strazio e almeno in quest’occasione si rivela un buon critico. Questi ultimi versi hanno un metrica sbilenca e non sono certo memorabili. Sclavi, chissà, ha voluto ironizzare sulle composizioni cichiane e su sé stesso.
La fiera dei Burattini
Moreno Burattini è un valente umorista. Lo ha dimostrato scrivendo commedie in vernacolo fiorentino: il suo Il vedovo allegro ha per esempio riscosso un buon successo ed è tuttora replicata in varie regioni d’Italia. E ne ha dato ulteriore prova con l’umorismo cichiano. E ancora di più con le composizioni di Cico. Dal 1991 l’autore ha scritto numerose storie di Zagor e di Cico. Inoltre, dal 2007, è subentrato a Mauro Boselli nella cura editoriale della testata di Zagor.
Nella sua seconda avventura zagoriana – all’interno dell’albo Il segreto del capitano (ZG n. 318) – Burattini introduce una filosofica composizione di Cico. Il pezzo è arguto e vivace e mostra l’attenzione dell’autore verso il personaggio. Al termine della canzone, Zagor commenta scherzosamente il brano.
Fin dall’epoca più antica
per cercarsi da mangiare
l’uomo a caccia con fatica
è dovuto sempre andare.
Ma un bel giorno, riposando
presso un lago d’acqua fresca,
uno disse: – Mi domando,
non è meglio andare a pesca? –
Con la canna, sulla sponda
è una gioia dormicchiare,
sono i pesci sotto l’onda
che verranno ad abboccare.
Senza sforzi, senza spese,
carpe e trote quasi a frotte,
saltan sopra all’amo appese
pronte per esser cotte.
In passato Zagor mal sopportava le canzoni di Cico. Nelle storie di Burattini il rapporto tra i due amici diventa finalmente paritetico. E lo si nota da come l’eroe sia divertito dalle intelligenti metriche del Messicano. Nell’albo L’uomo con il fucile (ZG n. 336), scrive Angelo Palumbo, Zagor viene bonariamente preso in giro, indizio della componente ironica e dissacratoria del carattere del pancione.
Se gelati sono i venti
e il ghiaccio è cristallino,
anche Zagor batte i denti
e si mette il cappottino.
Se la fiamma del camino
per il freddo sembra poca,
anche a Zagor poverino
viene già la pelle d’oca!
Conducendo una vita avventurosa, Cico apprezza ancor di più la comodità di un morbido letto. Nessuno, però, ha mai pensato di comporre una Ode a un genio sconosciuto! La divertente canzoncina è stata pubblicata nell’albo Il diabolico Mortimer (ZG n. 395):
Chissà mai chi fu quel tale
dal cervello eccezionale
pien d’ingegno e d’intelletto
che un bel giorno inventò il letto!
Benedetta la memoria
(che il Signore l’abbia in gloria)
di quel tipo misterioso
dal talento portentoso,
che chissà in quale landa
costruì la prima branda!
Vadan lodi, vada onore
al magnifico inventore,
e chissà come si stava
se nessuno la inventava!
Sai che male, sai che duro
dormir ritti accanto al muro,
oppur stesi sopra un sasso
senza avere il materasso!
È un peccato, ed è un tormento
che neppure un monumento
mai si sia a lui innalzato:
ma chissà chi sarà stato!
Sconosciuto è il poveretto,
quel grand’uom che inventò il letto!
Cico canta mentre si rade. E Zagor, divertito, ride.
Non pago di aver cantato un’ode all’inventore del letto, Cico compone un inno ai popoli naviganti. E, per quanto appaia incredibile, ogni epoca ha avuto il suo Cico.
Nell’albo Il Sudario Verde (ZG n. 449) si conclude un’avventura di Burattini e Chiarolla da cui è tratta la seguente canzone:
Ho avuto fra i miei avi
sia guerrieri sia inventori,
ma pur anche sulle navi
prodi gran navigatori.
Un parente ebbi fenicio
poi un altro fu vichingo,
io con grande sacrificio
la pagaia oggi sospingo.
Sopra il mare è un’altra vita
è viaggiar tutto in pianura,
ma sul fiume che è in salita
il remare è cosa dura.
Meglio qui che camminare,
non lo nego certamente,
ma è fatica pagaiare
risalendo la corrente.
A volte Cico pecca di troppa fantasia. Nella canzone precedente afferma di aver avuto antenati addirittura tra i vichinghi e i fenici. Nel brano seguente, invece, mostra del puro buon senso, per dirla con Tex Willer. Nell’albo Terre inesplorate (ZG n. 507) il viaggio verso il monte Leigh ispira a Cico pacate riflessioni:
Vada a caccia sol chi crede
e ritorni con le prede,
io tranquillo voglio stare
a me basta cucinare.
Io non rischio morsi e graffi
io mi lecco solo i baffi.
Io non sfido cervi ed orsi
ma li mangio cotti a morsi.
Niente zuffe, niente pugne
io raccolgo pere e prugne,
e se frutta non si trova
mi accontento delle uova.
I trapper non possono certo accontentarsi di uova e frutta; uomini abituati a cacciare, si vantano spesso di aver compiuto imprese leggendarie. Fedele alla sua indole dissacratoria, Cico recita versi irriverenti: è lui "il Vernacoliere" di Darkwood. La verità, però, fa arrabbiare cacciatori bianchi e pellerossa, come si intuisce dai versi finali del pezzo, tratto da Cico trapper (SC n. 7).
Nel Kentucky i cacciatori
son negati per cacciare,
le marmotte ed i castori
se li devono allevare.
Nel Nevada chi va a caccia
è una frana e son sincero,
se colpisce una beccaccia
è un miracolo davvero.
Vanno a caccia anche gli indiani
con la tinta sulle guance,
ma con l’arco tra le mani
sempre vuote hanno le pance!
Il concerto è terminato
dice fine il chitarrista,
mi hanno troppo malmenato
e la cosa mi rattrista.
Mi dovete perdonare
proseguir mi fa paura,
ma stanotte per cantare
ci vorrebbe un’armatura.
Per chiudere la carrellata sulle composizioni cichiane ideate da Moreno Burattini, voglio segnalare l’omaggio dello sceneggiatore alla canzone Cico Felipe Cayetano Lopez Y Martinez Y Gonzales contenuta nell’album Zagor King of Darkwood (2009, Coniglio Editore) di Graziano Romani. Nel "Maxi Zagor" n. 22 (volume pubblicato nel 2014), disegnato dagli Esposito Bros, Il varco tra i millenni, a pagina 27 il pancione intona alla chitarra alcuni versi della canzone del rocker emiliano, compiendo un intelligente crossover tra musica e fumetto.
L’innovator Boselli
Mauro Boselli è entrato in Bonelli nei primi anni Ottanta; ha collaborato alla realizzazione della rivista "Pilot", diretta da Tiziano Sclavi, e scritto i testi dei libretti allegati agli Speciali. Ma la sua esuberanza creativa non poteva limitarsi al pur ottimo lavoro redazionale: il suo apporto di sceneggiatore e in seguito di supervisore (dal 1994) ha rilanciato in maniera decisa la serie di Zagor. Senza dimenticare le innovative storie scritte per Tex – a partire da Il passato di Carson (nn. 407-409) – e l’ideazione insieme a Maurizio Colombo di Dampyr (2000).
Nella stesura delle sceneggiature per il personaggio di Nolitta e Ferri, Boselli non ha dimenticato l’umorismo e le canzoncine di Cico, costruite a volte con una metrica desueta. Nell’albo La fiamma nera (SZ n. 4) il pancione è intento a comporre, davanti a un pubblico di pellerossa Contrari, un poemetto sulla fame; a conferma della sua lontananza dai già citati poeti Foscolo e Alceo. L’avventura è del 1991 ed è la sua prima opera di Zagor.
No, non è favola, leggenda o mito,
son dotato di sano appetito
e non mi basta un panino al salame
quando ho fame!
Se non mi sbafo un maiale o un pollo
non posso dire d’esser satollo,
tanto fameliche sono le mie brame
quando ho fame!
La notte sogno ancor di mangiare
e quando mangio mi par di sognare.
Non penso a dollari, onore e dame
quando ho fame!
Palumbo (e Burattini) nell’articolo menzionato sottolineano: In questa canzoncina scritta da Boselli i versi sono endecasillabi alternati, ogni tre, con un quinario.
La canzone tratta dall’albo Il terrore dal mare (ZG n. 386) rientra nella classicità della rima baciata. Cico imbraccia di nuovo una chitarra – come nel già citato Speciale La fiamma nera – e la canzone concilia il sonno; in Boselli è spesso il prologo di avvenimenti magici o misteriosi. Di lì a poco, in sogno, Ramath invia un messaggio a Cico: Port Whale è in pericolo!
Tanto bella è l’avventura
però a volte fa paura!
Molto meglio stare qua
in pace e in tranquillità!
Col Mignacco e con il Rauch
Dopo il Duemila, con il diradarsi dell’impegno di Boselli su Zagor, si rende necessario l’arrivo di altri sceneggiatori. Il primo a presentarsi è il giovane Jacopo Rauch: autore di sceneggiatore briose e di dialoghi ironici e grintosi. In seguito, arriva Luigi Mignacco, una delle colonne di Mister No e autore di non poche sceneggiature per Dylan Dog. L’autore su Zagor ha realizzato storie robuste e ricche di inventiva (in particolare alcune avventure della trasferta sudamericana): nelle sue sceneggiature spiccano inoltre gli arguti dialoghi tra l’eroe il pancione.
Ne Il vagone blindato (ZG n. 494), Rauch fa l’elogio dell’uomo in ammollo, come nella nota pubblicità. Un bel bagno caldo ti toglie la spossatezza e Cico, accanto a Zagor, di stanchezza ne accumula non poca. L’autore mostra di destreggiarsi molto bene con le canzoncine di Cico; qui in una composizione di sei distici in rima baciata:
Se dal forte mal di schiena
puoi star ritto a malapena
e hai i piedi pien di calli
dal viaggiare tra le valli,
acqua calda, sali e schiuma
e ogni acciacco presto sfuma.
Quando il mondo ti fa torto
o il lavoro ti va storto,
resta calmo e stai tranquillo
c’è un rimedio e torni arzillo,
basta starsene un po’ a mollo
con la schiuma fino al collo.
Nell’albo I sette vichinghi (ZG 668), Jacopo Rauch scrive di nuovo una canzoncina di Cico in sei distici in rima baciata. Il Messicano si aggira nei pressi della palude di Mo-Hi-La e, per procurarsi del cibo, utilizza gli stessi metodi degli uomini raccoglitori che sono vissuti nel Paleolitico, circa 1,8 milioni di anni fa.
More, ribes e lamponi
sono dolci e sono buoni!
Col gelato e col limone
c’è da fare un’indigestione!
Con la panna e il Pan di Spagna
sono poi una cuccagna!
Ma la vera e propria pacchia
è che crescono alla macchia!
Non li devi coltivare
ma ti basta passeggiare
per raccoglierne un paniere
come fossi dal droghiere!
Nell’albo La scorta mohawk (ZG n. 451), dove inizia la prima opera zagoriana di Mignacco, Cico celebra con ironia l’amico Zagor. D’altronde, quale migliore composizione per chiudere questa rassegna cichiana? Mignacco scrive per Cico dei versi dedicati al Re di Darkwood.
Nelle terre d’oltremare
vive un re con doti rare,
non ha sudditi né regno
ma governa in modo degno.
Lo rispetta ogni persona
anche senza la corona.
Come scettro usa una scure
per scacciar mali e paure.
Talismano contro i guai
è un gran re Za-Gor-Te-Nay.
Giunti alla fine qualche lettore potrebbe chiedersi: e Ade Capone? Dopo le sue prime storie pubblicate negli anni Ottanta, Capone tornò a scrivere Zagor su invito del curatore Moreno Burattini. Capone aveva uno stile che richiamava spesso le atmosfere nolittiane e la sua malinconica poetica, ma l'umorismo - e soprattutto le canzoncine cichiane - non erano nelle sue corde narrative; per questo non avete trovate sue composizioni di Cico nell'articolo.
Giampiero Belardinelli