a cura di Franco Lana
Continua la serie di interviste che il nostro "inviato speciale", il torinese Franco Lana, sta realizzando per i Quaderni Bonelliani. Mentre due altri incontri sono già in preparazione, eccovi un bel téte a téte con Andrea Cavaletto, sceneggiatore dello staff di Dylan Dog (che vanta "incursioni" anche in Martin Mystère e Tex), del quale leggiamo in Rete (nel suo sito) queste interessanti note autobiografiche: nato nel 1976, mi specializzo in design e illustrazione presso l’Istituto
Europeo di Design di Torino. Lavoro come creativo dal 1998 e
contemporaneamente collaboro con vari editori e produttori italiani e
stranieri come illustratore, disegnatore di fumetti e sceneggiatore. Il
mio stile violento e gotico ben si adatta a creare atmosfere cupe e
horror. Lavoro in modo sperimentale, sciogliendo con solventi del
materiale fotografico su carta e rielaborando il disegno grezzo con
l’ausilio della computergrafica. Vi informiamo che le illustrazioni di corredo sono state selezionate dallo stesso Cavaletto. Buon divertimento! (s.c. & f.m.)
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Andrea Cavaletto |
DIME WEB - Ci
racconti qualcosa sul tuo esordio alla Bonelli?
ANDREA CAVALETTO - Sono
un lettore della prima ora di Dylan Dog. È un personaggio che ha
segnato in qualche modo la mia adolescenza e a cui sono da sempre
legato. Un giorno, dopo anni di gavetta nel settore indipendente, ho
deciso di provare a passare dall'altra parte della barricata perché
volevo a tutti costi scrivere una sua storia. Così ho contattato la
redazione e ho fatto leggere alcune mie storie che avevo pubblicato
per altri editori. Dopo un po' di tempo, con una mia certa sorpresa
sono stato ricontattato. Mi hanno detto che potevo provare a mandare
alcuni soggetti studiati ad hoc per il personaggio, ma di non farmi
grosse speranze perché in quel momento lo staff di autori era già
al completo. Io, ancora incredulo, ho ringraziato e mi sono messo
subito al lavoro con passione e dedizione. E mi è andata bene! Ho
esordito sul Maxi Dylan Dog con l'episodio L'armata di pietra (il n. 13 del giugno 2010 - N.d.r.),
una fatica degna di un parto, visto che per avere l'OK definitivo sul
soggetto ho dovuto aspettare nove lunghissimi mesi, senza mai
perdermi d'animo, scrivendo e riscrivendo fino alla nausea per
cercare di ottenere il risultato. Adesso sto lavorando sulla mia
undicesima storia di Dylan Dog, ho già realizzato due Martin Mystère
e sono addirittura riuscito a scrivere una storia breve per il Color
Tex. Ringrazio sempre la SBE per aver creduto in me e affronto ogni
nuova sceneggiatura come una sfida, cercando di migliorarmi e
superarmi sempre. Che poi ci riesca, beh, questo devono giudicarlo i
lettori!
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Dylan Dog n. 327, del novembre 2013. Testi di Andrea Cavaletto |
DW - Facendo
un passo indietro, com’è nata in te la passione per i comic?
AC - Fin
da piccolo, prima ancora di saper leggere, ero affascinato dai
comic. Guardavo le figure e immaginavo mondi fantastici. Direi che
avevo i fumetti nel sangue! Compravo i supereroi pubblicati dalla
Corno e Tex, di cui mio padre era un accanito lettore. Ricordo che il
primo fumetto che ho comprato con la “paghetta” è stato Zagor, e
poi sono seguiti Martin Mystère e Mister No. Mi affascinavano
soprattutto le storie dalle atmosfere soprannaturali. L'horror è
un'altra delle mie passioni da sempre insieme ai fumetti e ai film.
DW - Per
quanto ti riguarda, come nasce una storia dell’Indagatore
dell’Incubo?
AC - Fondamentalmente,
nasce come ogni mia storia. Se c'è un argomento che mi interessa, e
che io per primo voglio capire, provo a inserirlo in un soggetto.
Una volta che ho lo spunto, cerco di vedere se potrebbe essere
interessante per Dylan Dog e per i suoi lettori. Se sì, lo mando
alla redazione e aspetto la risposta. In caso di risposta positiva,
sviluppo il soggetto in sequenze e poi procedo a scrivere la
sceneggiatura completa. La documentazione è fondamentale per me.
Prima di scrivere qualcosa, vado in biblioteca (ebbene si, il mio
metodo di lavoro è fascinosamente vintage) e mi procuro quanti
più libri posso sull'argomento. Di solito impiego più tempo a
documentarmi e ad “assimilare” le cose di cui voglio parlare, che a scrivere la sceneggiatura stessa.
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Paranoid Boyd: pin-up di Renato Riccio |
DW - Oltre
che un valido scrittore di fumetti, sei anche un apprezzato
sceneggiatore cinematografico. Narraci di questo tuo secondo
percorso.
AC - Ho
sempre adorato il cinema (soprattutto il cinema horror), ma l'ho
sempre visto come un mondo inarrivabile. Da bambino giocavo con i
miei amichetti a fare i film “per finta”. Io facevo il regista,
sceglievo le inquadrature e gestivo gli “attori”. Tutto
ovviamente con una telecamera di pura fantasia. Mai avrei immaginato
che un giorno sarei riuscito a scrivere per il cinema. Per adesso
lavoro nell'ambiente dei low budget indipendenti, sia italiani che
internazionali, e i film che ho sceneggiato hanno avuto un certo
riscontro, vincendo parecchi premi nei festival di genere. Tra questi
voglio ricordare Hidden in the Woods di Patricio Valladares,
che è diventato un piccolo cult cannibale distribuito dalla EPIC, ma
anche Beautiful People dell'esordiente Amerigo Brini, un home
invasion mixato con lo zombie movie che sta ricevendo buone critiche
in giro per il mondo, grazie alla distribuzione della canadese Raven Banner. E che dire poi delle mie collaborazioni con uno dei miei
registi italiani indipendenti preferiti, Domiziano Cristopharo, con
cui ho collaborato a P.O.E. Poetry Of Eerie e al seguito P.O.E.
Project Of Evil, ma anche all'estremo (e muto!) Doll Syndrome e al
giallo old school intitolato The Transparent Woman?
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Paranoid Boyd n. 0: copertina di Simone Delladio |
DW - Per
finire, cosa "bolle in pentola"? Abbiamo sentito voci di una nuova
serie, di prossima pubblicazione...
AC - Si,
sto lavorando duro sulla prima serie horror creata tutta da me. Si
chiama Paranoid Boyd e sarà pubblicata dall'etichetta indipendente
Edizioni Inkiostro di Rossano Piccioni e Stefano Fantelli (i creatori
di The Cannibal Family). È un progetto a cui tengo e spero che il
pubblico lo apprezzi. Ho creato un team di lavoro di cui vado davvero
molto orgoglioso, e comprende disegnatori noti quali Renato Riccio,
Simone Delladio, Francesco Biagini, Matteo Pirocco, Daniele Statella,
Gian Luca Spampinato, Emmanuele Baccinelli e lo stesso Rossano
Piccioni. Debutterà poi sulla serie la giovane promessa Enrico
Carnevale, il cui stile dark mi ha davvero colpito. Le copertine sono
affidate al misterioso e oscurissimo artista inglese Blake Malcerta,
mentre la cover del numero 1 vedrà come special guest il grandissimo
Lucio Parrillo. Ricordo a tutti che il numero 0 uscirà a Rimini
Comix come allegato in omaggio al numero 1 della nuova serie di
Edizioni Inkiostro intitolata La Iena, per disegni e cover di Simone
Delladio. Fatevi stregare anche voi dal mondo paranoico di William
Boyd. Scenderete insieme a lui in un inferno che non potete nemmeno
immaginare, parola di Andrea Cavaletto! Paranoid Boyd è una serie
horror molto drammatica e psicologica, dura e intimista. Potrei dire
che Paranoid Boyd sono io... Ma la mia idea è che Paranoid Boyd
potreste essere anche voi che lo leggerete. Riuscirete a tenere a
bada i vostri demoni? Per
restare aggiornati sulle novità riguardanti la serie, vi invito a
visitare (e se vi va a mettere un like) la pagina facebook ufficiale
di Paranoid Boyd. Saluti da Andrea
Cavaletto!
a cura di Franco Lana
Caro Andrea , io sono un tuo fan e plaudo il desiderio di SBE di iniettare sangue giovane e radioattivo nelle vene del suo mainstream, ma ti consiglio di rivedere il nome del tuo personaggio perchè cacofonico. Ricorda la lezione proprio di Dylan Dog - che come è noto è il nome di lavozione che Tiz Sclavi usa spesso x i suoi personaggi - che è rimasto appiccicato all'Indagatore dell'Incubo e gli ha portato fortuna con quel suono dindondan. In via Buonarroti il magheggio è noto ed infatti da lì sono uscite cose come Zagor e Nat Never che hanno avuto maggior fortuna di Saguaro. Consiglio un musicale Boy Paranoy. Tanto ma tanto pop alla Garbage. Pensa a titoli come " Il Lamento di Paranoy " o " Siamo solo Paranoy " con tante scuse a Phil Roth e Vasco Rossi. Pensaci. Ciao.
RispondiEliminaLa mia perplessità non è il nome ma il fatto che ha un inizio praticamente identico a The Secret di Giuseppe Di Bernardo.
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