di
Giampiero Belardinelli
Dopo un periodo sabbatico, con questa recensione dampyriana torna sulle colonne di Dime Web un vecchio amico e nostro sodale, fin dai tempi di Dime Press; il suo pezzo sulle citazioni di Mister No nell'avventura brasiliana di Zagor è ancora oggi - a oltre due anni di distanza dalla pubblicazione - uno dei post più cliccati dei Quaderni Bonelliani. Bentornato Giampiero! (s.c. & f.m.)
Schema dei "cartelli" di narcos messicani |
Nell’avventura
bonelliana il Messico ha sempre avuto un fascino particolare sin dal
1948 quando, negli albi a striscia di Tex Willer, Gianluigi Bonelli e
Aurelio Galleppini sfornarono un capolavoro come L’eroe del
Messico (Tex nn. 3 e 4). In quel lontano racconto erano mescolati
molti elementi che ritroveremo nei film hollywoodiani ambientati in
Messico: militari alleati con politicanti ambiziosi di potere,
poveracci costretti a subire le peggiori angherie, ribelli e bandidos
i cui ruoli, a volte, si sovrapponevano. L’attrazione del pubblico
– almeno quello cresciuto nei Cinquanta, Sessanta e Settanta –
per i racconti messicani è probabilmente dovuto a quelle atmosfere
immobili, oppresse da un caldo soffocante, che improvvisamente
lasciavano spazio a un’energia violenta dove la pietà si perdeva
tra i fischi delle pallottole e le esplosioni dinamitarde. Quel
miscuglio tra avventura, riferimenti sociali e storici, personaggi
istrionici e picareschi ha senza dubbio lasciato un segno indelebile
nell’immaginario collettivo dei ragazzi cresciuti nei decenni
sopraccitati. Un fascino a cui non è insensibile Mauro Boselli
(ideatore insieme a Maurizio Colombo di Dampyr), come dimostrano
alcune sue avventure scritte per Tex e per Zagor. L’editoriale
boselliano di questo Speciale, del resto, trasuda di passione per il
Messico e la Revolución e, essendo impegnato con Tex e le
principali saghe del mensile dampyriano, ha nell’occasione lasciato
la macchina per scrivere ad Antonio Zamberletti, autore di romanzi
editi da Todaro e personaggio avventuroso, essendo stato oltre tutto
un agente di polizia. Lo scrittore, tra l’altro, ha già debuttato
come narratore bonelliano nello Speciale Zagor del 2013, recensito
qui dal soprascritto.
Frida Kahlo, I Quattro Abitanti del Messico |
Antonio
Zamberletti si dimostra conscio del
patrimonio immaginifico del Messico rivoluzionario e, pur spostando
l’azione nella contemporaneità dampyriana, non dimentica di
agganciarsi alla Storia andando a ripescare un episodio marginale
della Rivoluzione. L’episodio narrato nel prologo, in cui si
intravedono gli elementi risolutivi dell’avventura, è fondamentale
per creare quel parallelo tra l’eternità dei Maestri della
Notte e la mortalità di noi piccoli esseri umani. Dampyr è una
serie che, grazie soprattutto a Mauro Boselli, è una godibile
miscellanea tra il passato e la quotidianità, in bilico su varchi
dimensionali e metafisici dove anche i nostri eroi a volte rischiano
di perdersi. In El Lobo la formula viene rispettata con
abilità da Zamberletti: lo spunto fantastico è infatti il collante
che permette allo sceneggiatore una ricostruzione credibile della
sanguinaria attività dei narcos. Lo smercio della
droga porta ingenti guadagni ai narcotrafficanti e la torta è così
grande che ogni tipo di squalo sociale è disposto a qualsiasi
nefandezza pur di accaparrarsene un’ampia fetta. Tutto si svolge
nella regione nei pressi della Frontiera con gli States,
luogo ideale per invadere con fiumi di droga la terra dei ricchi
americani.
Seguendo
il racconto, si nota come Zamberletti conosca il modo di agire e di
pensare delle squadre speciali, merito senza dubbio di una forte
documentazione sull’argomento e forse dei suoi trascorsi di agente
di polizia. La figura di Anita Montoya ne è un esempio peculiare: Mi
risulta che sia da molto tempo la vostra spina nel fianco e che
abbiate provato a sistemarla ben tre volte, con il risultato di
riempire l’obitorio di vostri uomini! dice
il cattivo della
storia. Un poliziotto in gamba,
questa Anita Montoya… afferma
Harlan poche pagine dopo.
Confine fra Messico e USA presso El Paso |
Confine fra Messico e USA presso Nogales |
L’agente
Montoya è una figura che, grazie al disegno di Santucci e
Piazzalunga, mostra una spiccata sensualità, mai però esibita in
maniera gratuita. Infatti, il ritratto caratteriale è costantemente
in primo piano e la sua bellezza ispanica lascia trasparire orgoglio,
tenacia e un coraggio sconosciuti ad alcuni coprotagonisti maschili.
Anita vive in una realtà in cui l’azione criminale dei Narcos
rende a dir poco invivibile quella
regione del Messico, eppure non sembra rassegnata e pessimista. La
giovane donna, aggiungo, è forse una sorta di alter ego di
Zamberletti, il punto di vista con cui l’autore dice la sua sulla
saga di Dampyr. Non a caso, quando conosce Harlan e soci, non si
contrappone con scetticismo dinanzi alle informazioni sulla presenza
di vampiri e diavolerie varie poiché lei stessa convive con le
leggende del folclore locale. La Frontiera – secondo Anita – non
è solo quella tra gli Stati ma un luogo indefinibile in cui
l’inconoscibile è qualcosa di palpabile e non soltanto degli
incubi alimentati dalla superstizione.
I
protagonisti della testata, Harlan, Tesla e Kurjak, vengono
utilizzati con fluidità nelle sequenze d’azione e soprattutto nei
dialoghi, frizzanti e rivelatori della solida amicizia tra i tre. Il
finale, come accennavo sopra, è il giusto corollario del prologo e
la sua logica narrativa, fatta di azione ragionata e di
contrapposizione tra umanità e ferocia infernale, rende solida
l’architettura ideata da Zamberletti. Da una parte l’azione
cronometrata dei Nostri, dall’altra l’incontro senza tempo tra un
giovane padre
(Eduardo, reso suo malgrado immortale da un Maestro
nel lontano 1914) e un vecchio figlio
pervade di struggente poesia il racconto… Eduardo rifiuta infine la
sua natura bestiale di vampiro e ritrova l’armonia interrotta in
quel mondo sì conflittuale in cui però gli esseri umani potevano
scegliere liberamente da che parte stare.
I
disegni realizzati dal duo composto da Marco Santucci e Patrick
Piazzalunga danno una forte connotazione al racconto. Le inquadrature
sempre originali, i primi piani intensi, il suggestivo chiaroscuro
rendono le pagine un susseguirsi movimentato di tecnica messa però
al servizio della narrazione. Un fumetto deve raccontare delle
emozioni, e anteporre questo concetto a qualsiasi altro è solo un
artificio retorico.
Dampyr Speciale n. 10, novembre 2014. Disegno di Riboldi |
Speciale
Dampyr 10
EL
LOBO
Novembre
2014
pag.
160, € 5,50
Testi:
Antonio Zamberletti
Disegni:
Marco Santucci e Patrick Piazzalunga
Copertina:
Enea Riboldi
Introduzione:
Mauro Boselli
Giampiero Belardinelli
N.B. Trovate i link alle altre recensioni bonelliane sul Giorno del Giudizio!
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