giovedì 8 novembre 2012

IL MASSACRO DI GOLDENA: TEX DAL ROMANZO AL FUMETTO

di Nazzareno Giorgini


Questo articolo di Nazzareno Giorgini è stato già pubblicato in Dime Press Duemila Nuova Serie n. 8 (marzo 2004) nel periodo successivo alla diaspora di Francesco Manetti e Saverio Ceri dall’editore Antonio Vianovi. Quel numero della rivista (insieme al successivo n. 9) è stato coordinato e diretto da chi scrive queste note; e ho fortemente voluto che Nazzareno Giorgini mi consegnasse l’articolo, nonostante le pressioni ricevute dal Nostro da parte della redazione di Fumo di China. Era già allora comprensibile l’importanza della scoperta ufficiale dell’autentica data di pubblicazione de Il massacro di Goldena; ed è immaginabile la mia soddisfazione di aver avuto la possibilità di battezzare questo scoop. Tra l’altro, già prima dell’acquisizione della striscia originale che ne certifica la data, con piglio filologico Nazzareno Giorgini (a cui mi lega una solida amicizia) mi sottolineava come il linguaggio del romanzo (del 1951) fosse molto vicino a quello dell’esordio texiano del 1948 che non a quello, ormai indirizzato verso la maturità, del Tex del 1956, la data erroneamente attribuita nelle cronologie ufficiose. A certificare la rilevanza della scoperta, già pochi mesi dopo, sul sito della Casa editrice, il romanzo veniva indicato con la data corretta. E inoltre, nella riedizione in allegato a Tex 575 (l’albo a colori del sessantennale uscito nel settembre 2008) del Massacro di Goldena, nell’introduzione Graziano Frediani aveva ancora una volta ribadito la giusta data del romanzo. Buona lettura. (Giampiero Belardinelli)



Le tigri dell'Atlantico, romanzo di Gianluigi (Giovanni) Bonelli.


Antefatto

Nel 1940 Gianluigi Bonelli aveva già pubblicato tre romanzi: Il crociato nero di ambiente storico; Le tigri dell’Atlantico, una specie di giallo, e I fratelli del silenzio, una trama storico-esotica. Enzo Linari, in occasione della mostra tenutasi a Certaldo nel ’91 all’insegna del titolo Gianluigi Bonelli dal romanzo a Tex, produce un saggio in cui analizza l’attività di scrittore del creatore di Tex, soffermandosi in particolare sui tre romanzi scritti prima della nascita del personaggio (il saggio è stato riproposto in Dime Press Duemila n.3 del febbraio 2001, all’interno del Dossier Gianluigi Bonelli pubblicato dopo la scomparsa dell’autore avvenuta il 12 gennaio 2001).




I fratelli del silenzio, romanzo di Gianluigi (Giovanni) Bonelli



Ciò che secondo noi manca, invece, è un’accurata analisi del quarto romanzo di G. L. Bonelli che, come tutti sanno, ha come protagonista l’eroico Ranger creato alcuni anni prima dall’autore. E qui sorge un problema legato alla data di pubblicazione del romanzo: nel volume Tutto Bonelli a cura di Mauro Giordani e Gisello Puddu edito in occasione di Padova Fumetto (5/19 ottobre ’97) si legge che Il massacro di Goldena fu pubblicato per la prima volta nel ’56 dalla Casa Editrice Audace e poi ristampato anastaticamente nel ’77 dall’A.N.A.F.; a noi risulta invece che la pubblicità del romanzo comparve già in seconda di copertina nella terza serie della collana del Tex a striscia dal n.16 del 4 settembre ’51 al n.21 del 9 ottobre ’51. Quindi il problema è: 1951 o 1956?
Il romanzo è stato poi trasformato in fumetto (disegnato da G. Ticci) e pubblicato , come tutti sapranno, nei numeri 108 e 109 della collana “Tex Gigante” (ottobre e novembre 1969), dove tra l’altro compare la grafia “Goldeena” invece che quella del titolo del romanzo. Va comunque detto che il problema delle due diverse grafie risale alla pubblicazione originale del romanzo, in cui il “Goldena” della copertina diventa, all’interno della narrazione, “Goldeena” (con due “e”).


La copertina della Collana del Tex n. 16 del 4 settembre 1951.



Pubblicità apparsa all'interno della Collana del Tex n. 16 del 4 settembre 1951 nella quale si propaganda Il Massacro di Goldeena (con due "e"), ovvero "il numero unico contenente un episodio inedito della vita di Tex Willer".



Le caratteristiche del romanzo

Ciò che colpisce un lettore attento del romanzo riguarda soprattutto due aspetti, uno legato alla forma e uno al contenuto. Non può infatti non attirare l’attenzione l’uso predominante del discorso indiretto libero, in cui il narratore riporta le parole o i pensieri di un personaggio sempre utilizzando la terza persona verbale, ma eliminando il verbo introduttivo del normale discorso indiretto. Un esempio è il seguente, tratto dal 6° capitolo del romanzo, pag. 36 (chiamo capitolo ogni inizio di pagina messo in rilievo dal carattere maiuscolo della lettera iniziale; nel complesso il romanzo è composto da 13 capitoli): “La fronte di Fraser era imperlata di sudore freddo: l’azione immediata gli sembrava mille volte preferibile a quella snervante attesa, eppure…Sì! Quei dannati Apaches avevano ragione di attendere. Cento, mille volte ragione, ma però, perdio, che nervi dovevano avere!”. Qui si nota inoltre la capacità del narratore di passare da una descrizione fisica ed esteriore ad una interiore, mettendo in luce i pensieri e le riflessioni di un personaggio, utilizzando il suo linguaggio e stile propri, che è la caratteristica principale del discorso indiretto libero, in cui fu maestro il più grande narratore del Verismo italiano, Giovanni Verga. Nel complesso le 77 pagine del romanzo contengono in massima parte sequenze descrittive e dialogiche con l’uso del discorso diretto e indiretto libero, che si alternano in maniera equilibrata, creando un interessante affresco narrativo con una notevole introspezione psicologica, soprattutto nel personaggio di Fraser.


Il massacro di Goldena, romanzo di Gianluigi Bonelli con protagonista Tex. Copertina di Galep



Per quanto riguarda il contenuto, il romanzo rappresenta un esempio peculiare del primo Tex; quello, per intenderci, della prima serie a striscia che coincide con i primi quattro numeri della serie Gigante; prima, quindi, del matrimonio con Lilyth che cambierà la vita del Ranger. Troviamo infatti, nel linguaggio bonelliano, molte di quelle imprecazioni ed esclamazioni che verranno poi censurate nelle edizioni successive dei Tex degli anni seguenti. Anche l’aggressività e i toni sanguinolenti sono molto evidenti nel romanzo e non mancherebbero gli esempi da fare. Eccone alcuni: “Un colpo secco echeggiò, e la pistola di Fraser descrisse una corta parabola in aria, mentre un getto di sangue sgorgava dalla mano alla quale l’indice era stato portato via di netto” (cap.1°, pag.3); “Presso il margine del marciapiede, quattro uomini giacevano in pose grottesche: dalle gole orrendamente squarciate e dalle sommità delle teste scalpate il sangue fluiva ancora in numerosi rigagnoli verso la polvere della strada, e lì si riuniva in una larga pozza rosso-scura”(cap.6°, pag.36). I toni enfatici e le frasi ad effetto sono anch’essi molto numerosi nel romanzo: “Nell’invisibile clessidra del Tempo, silenziosi secondi precipitarono nella voragine del Nulla, poi un urlo agghiacciante lacerò il silenzio della notte, e l’Angelo della Morte sogghignò. Il massacro di Goldeena era cominciato!” (cap.6°, pag.37); “– Non spaventarti troppo, Fraser! La Morte ti sta seguendo, ma non ha fretta. Quando scenderanno le tenebre, allora, solo allora essa ti ghermirà alla gola, ma sino a quel momento avrai tutto il tempo necessario per tentare la tua ultima carta! Ricordalo, Fraser, cane rinnegato! Puoi ancora contare le ore che ti restano. Contale, Fraser, contale. Ah! Ah! (cap.12°, pagg.70-71).
Da questi esempi traspare senz’altro quell’amore per il realismo e la verosimiglianza, sia nei dialoghi sia nelle situazioni narrative, che furono sempre fondamentali nell’opera di G. L. Bonelli, come lui stesso ebbe a dire; non sfugga inoltre l’anticipazione di certi toni e situazioni del western all’italiana degli anni ’60, che fu in modo evidente influenzato dalla narrativa bonelliana. A conclusione di questa parte vorrei ritornare al problema cronologico della pubblicazione del romanzo: a me pare evidente che esso vada situato agli inizi delle storie di Tex (considerati gli elementi stilistici e contenutistici), piuttosto che in una fase ormai profondamente diversa come quella delle avventure pubblicate intorno al 1956. Inoltre non risulta che quest’ultima data sia documentata e provata in alcun modo, a differenza del 1951 come da me sopra indicato.








Dal romanzo al fumetto

La trama del romanzo è sicuramente nota a tutti i fedeli lettori texiani, anche perché, come già detto, fu riproposta nella storia a fumetti pubblicata nel 1969 e quindi ristampata nelle varie edizioni successive delle avventure di Tex. Fraser, rinnegato e baro, viene colto con le mani nel sacco in un saloon di Goldena e quindi frustato dagli abitanti del paese, che però se lo lasciano sfuggire. Egli, in combutta con la banda apache di Wa-ha-tah, giura di vendicarsi dell’affronto subito assaltando il villaggio e massacrandone tutti gli abitanti. Il piano gli riesce, ma gli indiani vengono braccati da Tex, Carson e un gruppo di ranger che al passo di Cedar Creek li bloccano in attesa dell’arrivo delle forze della cavalleria americana. In breve la banda di Apache ribelli viene eliminata, ma Fraser riesce ad addentrarsi in una foresta credendosi in salvo. Egli è però inseguito da un Tex più che mai deciso a porre fine alla carriera del rinnegato, e in un crescendo finale sempre più drammatico e coinvolgente, Fraser si troverà a dover lottare, prima di morire, “col suo tremendo bagaglio di ricordi, rimorsi e angosce”.
È interessante notare che i primi sei capitoli del romanzo trovano una corrispondenza abbastanza precisa nella storia a fumetti, tuttavia con delle varianti che sarà importante evidenziare. Il capitolo 1° corrisponde alle pagine 45-64 del numero 108 (la storia incomincia con il titolo Territorio apache), con un inizio diverso nel fumetto che rappresenta Tex che segue una pista prima di entrare in Goldena, mentre nel romanzo l’incipit riguarda la partita a carte che si sta giocando nel saloon, durante la quale Fraser viene smascherato come baro. La prima frase che leggiamo è veramente indicativa dello stile diretto ed immediato di G. L. Bonelli: “Perdio, Fraser. Ti ho preso con le mani nel sacco!”; anche il primo scontro verbale tra Tex e Fraser è di quelli che lasciano il segno ed è infatti stato riproposto quasi uguale nel fumetto: “– Dev’essere ben pieno l’inferno, se non vi si è ancora fatto un posto libero per te! – Al contrario, Fraser. Messer Satanasso mi ha lasciato l’ingresso libero da quando ha visto con quanta frequenza gli spedisco per via diretta dei bastardi vigliacchi come te” (nel fumetto il termine “bastardi vigliacchi” è sostituito dal meno forte “ladroni”).



Copertina di Galep per Tex Gigante n. 108 (ottobre 1969), sul quale appare la versione a fumetti (disegnata da Ticci) dei primi sei capitoli del romanzo bonelliano Il Massacro di Goldena.



Il capitolo 2° trova una corrispondenza nelle pagine 65-76 del fumetto dove Tex riesce a disarmare Fraser, rispondendo al suo agguato tra le rocce, mentre nel romanzo il ranger si trova in maggiore difficoltà nel tentativo di sfuggire ai colpi del rinnegato. Il capitolo 3° riguarda le pagine 77-83 e qui troviamo una variante interessante: nel fumetto è Tex che propone il punto di incontro tra il suo gruppo di ranger e quello del capitano Hebert, mentre nel romanzo è quest’ultimo che prende l’iniziativa.
Il capitolo 4° corrisponde alle pagine 83-95 e nel fumetto troviamo una sequenza con Tex e Carson che cadono nella trappola delle false tracce lasciate dagli indiani (ma il ranger è poco convinto da esse e pur seguendole sospetta l’inganno), mentre nel romanzo l’azione ha sempre al centro Fraser e gli indiani con lunghe sequenze del discorso indiretto libero (Tex e Carson vengono osservati solo tramite il binocolo del rinnegato che, tra l’altro, ha avuto dagli indiani il nomignolo di Fraser Quattro-Dita, poiché ha perso l’indice della mano destra durante il primo scontro a fuoco con il ranger nel saloon di Goldena).
Il capitolo 5° corrisponde alle pagine 95-105 e narra l’incontro tra Fraser e i trafficanti di armi. Il capitolo 6° riguarda le pagine 105-13 (quindi va dalla fine dell’albo n.108 all’inizio dell’albo n.109) e troviamo nel fumetto sequenze molto più ampie dell’episodio del massacro che nel romanzo viene narrato solo nel suo inizio e lasciato intuire ai lettori (siamo di fronte a quella tecnica narrativa che si chiama “ellissi”).
Per quanto concerne i capitoli dal 7° all’11° non abbiamo più una corrispondenza precisa con le pagine del fumetto e quindi ci limitiamo a segnalare le varianti più significative. Innanzi tutto Tex e Carson non si separano nel tentativo di fermare la fuga degli Apache (come accade nel romanzo), fino al momento in cui il ranger inseguirà da solo nella foresta il rinnegato. Inoltre nel fumetto il capo indiano dà l’assalto a un ranch distruggendolo (i cui uomini si salvano in fondo a un pozzo), prima di continuare la ritirata verso il Messico. Occorre anche dire che nella storia disegnata da G. Ticci le sequenze cambiano rapidamente prospettiva: ora è il punto di vista di Tex e Carson che viene analizzato, ora quello degli indiani in fuga o della cavalleria che li insegue. Una variante interessante da considerare è che le donne di Goldena fatte prigioniere dagli indiani si presuppone che si salvino (anche se non è detto esplicitamente) e comunque non si parla del loro massacro, come invece avviene nel romanzo (cap.10°, pag.60). Infine una somiglianza tra la storia scritta e quella disegnata è data dal fatto che in entrambe Tex afferma che “Fraser non merita una morte rapida” (n.109, pag.66), anche se poi dice a Carson di non far capire le sue intenzioni, nei riguardi del rinnegato, agli altri (n.109, pag.73).


Copertina di Galep per il n.109 di Tex Gigante (novembre 1969), sul quale continuava e terminava la versione a fumetti, disegnata da Ticci, del romanzo bonelliano Il massacro di Goldena (capitoli da 6 a 13).


I due ultimi capitoli del romanzo corrispondono alle sequenze finali del fumetto da pag.74 del n.109 (intitolate “Il cacciatore e la preda”). Nel capitolo 12° Fraser fugge nella foresta, sentendosi ormai al sicuro, verso la libertà, ma una risata che echeggia alle sue spalle lo fa sobbalzare: era Tex che lo inseguiva. Il rinnegato si mette al riparo, ma viene ferito da un colpo di fucile alla spalla sinistra e capisce che deve uccidere il ranger se vuole salvarsi. In questo capitolo G. L. Bonelli analizza attentamente le sensazioni interiori e i pensieri di Fraser attraverso l’uso del discorso indiretto libero e ciò dà a queste pagine un fascino innegabile: “L’idea della morte non lo aveva mai soverchiamente preoccupato, ma ora, mentre se ne stava letteralmente incollato contro la corteccia rugosa dell’albero protettore, ora sentiva un senso di nausea salirgli alla bocca al pensiero che il suo corpo ancora forte e palpitante di selvaggia vita avrebbe potuto rapidamente tramutarsi in una immobile carogna qualora avesse osato sporgersi di un sol palmo oltre i margini del tronco che lo riparava…Il sudore gli usciva ora copioso da tutto il corpo, e gli incollava alla pelle il vestito a brandelli. Dio! Ora capiva che cosa volesse dire essere braccati senza pietà” (cap.12°, pagg.71-72).
Nell’ultimo capitolo Tex, mentre ribadisce dentro di sé che Fraser non merita una morte rapida, per poco non viene colpito da una pallottola sparata per fortuna con troppa fretta. Il ranger vede la mano del rinnegato e fa fuoco, fracassandogli il polso destro. Quando se lo trova davanti, ha quasi pietà di quell’uomo disperato, poi pensando alle prigioniere massacrate dagli indiani e a tutti i morti di Goldena, spara ad una gamba di Fraser che cade a terra. Infine se ne va, lasciando l’uomo in attesa della morte. In questo capitolo si raggiunge ormai il culmine della suspense e occorre soltanto leggerselo per rendersi conto della capacità narrativa dell’autore, il quale non dimentica neppure di rappresentare a suo modo la natura che fa da sfondo al dramma: “Il silenzio della foresta aveva qualcosa di sinistro, di irreale: sembrava che la natura stessa trattenesse il suo immenso respiro in attesa di vedere quale dei due uomini in lotta avrebbe scritto col proprio sangue, la parola fine sull’ultima pagina del proprio Destino” (cap.13°, pag.75).
Nella storia a fumetti certamente l’aggressività, i toni cruenti ed enfatici risultano minori: Tex colpisce Fraser ad una spalla, alla mano e a tutte e due le gambe mentre è ancora in fuga e non quindi a sangue freddo come nel romanzo; inoltre da parte del rinnegato sono due i tentativi di uccidere il ranger (l’ultimo con una Derringer); alla fine Tex lascia a Fraser una pistola con un colpo solo, dandogli quindi la possibilità di scegliere tra una morte lenta e una rapida.





Nelle due foto come poteva essere Lilyth nella realtà. Ragazze navajo ritratte agli inizi del XX secolo.



Considerazioni finali

A questo punto della nostra analisi non resta che tirare le somme di ciò che abbiamo evidenziato. Innanzi tutto dobbiamo dire che sono di due tipi le considerazioni che possiamo trarre dal confronto tra Il massacro di Goldena e il fumetto che ne deriva: le prime riguardano la differenza tra il Tex Willer della narrativa scritta e quello della storia disegnata, poiché è chiaro che l’eroe dei primi anni ’50 non è più lo stesso della fine degli anni ’60. In questi quasi venti anni abbiamo la maturazione del personaggio, che ha conosciuto l’amore di Lilyth ed è diventato Aquila della Notte, si è trovato nella necessità di seguire l’educazione e la crescita del figlio Kit, si è rafforzata l’amicizia con Carson attraverso le tante avventure vissute insieme. In quasi venti anni abbiamo quindi assistito alla nascita di un mito, che è diventato tale soprattutto grazie al confronto e alla lotta serrata tra il Bene e il Male davanti alla quale ci siamo trovati leggendo le sue storie, il tutto rappresentato con un linguaggio di grande incisività, immediatezza e scioltezza narrativa. È evidente allora che Gianluigi Bonelli, se avesse dovuto scrivere lo stesso romanzo alla fine degli anni ’60, lo avrebbe scritto in modo diverso, tenendo conto della crescita del personaggio e della maturazione dello stile narrativo dell’autore.





E uno di questi poteva forse essere Tiger Jack! Guerrieri navajo, primi anni del '900.


  
La prima cosa che salta subito agli occhi è il fatto che Tex risulta essere una figura molto più centrale nel fumetto, che infatti si apre con la presentazione dell’eroe, dove invece nel romanzo è Fraser che viene raffigurato mentre sta giocando a carte, e la figura del rinnegato è senz’altro molto più approfondita a livello psicologico e caratteriale nel romanzo, attraverso l’uso del discorso indiretto libero. Tex che reagisce all’agguato di Fraser tra le rocce in modo più diretto ed efficace; l’eroe che propone il punto di incontro tra il suo gruppo di ranger e quello del capitano Hebert; Tex che è poco convinto dalle tracce lasciate dagli Apache e sospetta l’inganno: che cosa stanno ad indicare queste varianti che abbiamo esaminato rispetto al romanzo, se non che ormai l’eroe degli anni ’60 è più capace, è diventato un leader, non si fa facilmente ingannare; è nato insomma il mito che noi conosciamo e che agli inizi degli anni ’50 ancora non c’era. Anche il fatto che Tex e Carson non si separano nella storia a fumetti, se non quando l’eroe dovrà inseguire Fraser nella foresta, significa che ormai l’amicizia è maturata e Kit è diventato un interlocutore necessario per Tex, quasi un alter ego di cui l’autore sente fortemente il bisogno per creare i suoi dialoghi (anche se alla fine la vendetta spetta naturalmente solo all’eroe). Abbiamo inoltre già visto che gli elementi cruenti e i toni fortemente aggressivi del romanzo scompaiono nel fumetto, soprattutto nella parte conclusiva della storia, ed è facile capirne il perché: il narratore non ha più bisogno di stupire e “provocare” il lettore con le situazioni raccapriccianti del suo “primo” Tex; ora che l’eroe si è formato ed è cresciuto, è più sicuro di sé, e non vi è la necessità di caricare la sua vendetta di enfasi e di toni aggressivi, poiché essa è diventata il simbolo di una Giustizia trascendente che si incarna nell’eroe. Di pari passo con la maturazione del nostro ranger, anche il linguaggio bonelliano si è evoluto ed è diventato più asciutto, essenziale e scorrevole, senza le tante ridondanze presenti nel romanzo, e l’eccessivo numero di termini provocatori ed aggressivi (anche se, occorre ribadirlo, fortemente realistici) risulterebbe controproducente nel rappresentare un eroe ormai maturo e sicuro di sé e delle sue potenzialità.


Il vero Kit Carson (foto scattata intorno al 1860/65): guida, esploratore, cacciatore, agente indiano e soldato. Incarnò lo spirito stesso della Frontiera.


Il secondo tipo di considerazioni che possiamo fare dal confronto tra romanzo e fumetto riguarda il fatto che ci troviamo di fronte a due mezzi di comunicazione diversi; leggere il fumetto è come assistere ad un film tratto da un’opera letteraria, con tutti i limiti e i pregi del medium fumetto rispetto ad un lavoro cinematografico (quali siano questi limiti e pregi lo lascio immaginare ai lettori, poiché non è questa la sede per inoltrarci in ulteriori approfondimenti, tenendo conto che tra i mass media che ci circondano nella attuale società va sempre stabilito un rapporto di confronto più che gerarchico). Non è un caso infatti che la storia disegnata sia stata affidata ad un artista del calibro di Giovanni Ticci (alla sua seconda prova per Tex dopo l’albo unico n.91, Vendetta indiana), forse il più adatto a rendere i selvaggi paesaggi del West in tutta la loro bellezza e i personaggi (in primis l’eroe) al meglio della loro potenza e solennità statuaria. Quel giusto equilibrio tra la meticolosità nel riprodurre i particolari e l’essenzialità del disegno che traspare nelle sue tavole (non a caso è stato un allievo del grande Alberto Giolitti) lo rende capace, più di ogni altro disegnatore, di creare uno stile “filmico” che ben si adatta alla storia.
Abbiamo già visto che nel fumetto le sequenze del massacro risultano essere più ampie e sviluppate rispetto al romanzo; vi è l’assalto ad un ranch da parte degli indiani che nell’opera letteraria manca completamente; le sequenze cambiano rapidamente punto di vista in base ai protagonisti della storia, e quelle dinamiche sono senz’altro maggiori nel fumetto rispetto alla predominanza di quelle introspettive, che troviamo nel romanzo, rese attraverso l’uso del discorso indiretto libero: tutte queste varianti risultano essere funzionali al passaggio da un’opera scritta ad una disegnata ed è ciò che naturalmente deve fare qualsiasi sceneggiatore che si appresti a ridurre un romanzo per un film, privilegiando le sequenze spettacolari e di azione rispetto a quelle introspettive, in modo da interessare maggiormente lo spettatore, considerando soprattutto il genere filmico che ne dovrebbe derivare (nel nostro caso siamo a metà strada tra un western psicologico e d’azione).
Vorrei concludere con questo auspicio: certamente potrebbe uscire un bel film da questo romanzo di G. L. Bonelli, scegliendo in maniera opportuna la produzione, il regista e gli attori; sarebbe senz’altro un omaggio ben meritato per un autore che si è autodefinito “un romanziere prestato al fumetto e mai più restituito”, e di ciò gli dobbiamo essere tutti immensamente grati.

Nazzareno Giorgini

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