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venerdì 10 maggio 2024

IL DESTINO DELLA MANO ROSSA

Parallelo (semiserio) tra le versioni del 1948 e del 2024 de La Mano Rossa

di Saverio Ceri

Mi sono divertito a leggere in parallelo i primissimi numeri di Tex a striscia scritti da Gianluigi Bonelli e la versione delle stesse vicende realizzata recentemente da Mauro Boselli all'interno della collana Tex Willer. E' interessante vedere vignetta dopo vignetta, striscia dopo striscia, scena dopo scena, il confronto tra il Maestro e l'allievo, scoprendo cosa c'è di bonelliano e cosa di boselliano nei tre albi di Tex Willer che hanno ospitato il remake de La Mano Rossa


Il primo parallelo, però non riguarda gli sceneggiatori, ma i disegnatori della copertina. Per presentare in edicola Tex Willer 64, Maurizio Dotti immortala uno dei momenti più spettacolari dell'albo, Tex che, per sfuggire ai soldati, sceglie volontariamente di gettarsi in un canyon insieme al fedele Dinamite. La stessa scena della copertina del numero 4 della prima serie a striscia della Collana del Tex, ma decisamente con un altro impatto. Il vertiginoso salto di cavallo e cavaliere, inquadrati di spalle da Dotti, ispiratosi a una vignetta interna di Marco Ghion, è molto più attraente del piccolo Tex che si getta da una rupe in lontananza.


Si potrebbe sostenere che l'illustrazione di Galep fosse penalizzata dall'ingombrante grafica che caratterizzava la neonata collana dedicata a Tex, con quell'enorme ritaglio rosso ad invadere quasi tutto lo spazio da dedicare all'illustrazione. In quel piccolo trapezio seghettato Galleppini scelse di mettere anche gli inseguitori del ranger, con la conseguenza che il protagonista divenne troppo piccolo all'orizzonte. La scusa della grafica è parzialmente vera, dato che si poteva anche pensare una soluzione come quella di Dotti per esempio. Come si vede dal fotomontaggio qui sotto, sarebbe stato fattibile, assecondando da direzione da sinistra a destra imposta dalla grafica.


Ad onor del vero, il motivo del limitato impegno nel trovare soluzioni grafiche alternative in quel lontano 1948, va ricercato nel fatto che semplicemente il tempo per farlo non c'era. Come narra la leggenda, infatti, Galleppini si dedicava a Tex quasi a tempo perso, la notte; di giorno gli sforzi di Aurelio in quel primissimo periodo di vita editoriale del ranger, erano dedicati a un altro eroe su cui la Casa Editrice Audace, contava molto, Occhio Cupo. Sappiamo tutti, poi, com'è andata a finire: il vero purosangue su cui puntare era il nostro Tex. E forse all'epoca neppure si pensava a curare bene la copertina come si fa al giorno d'oggi, quando, per fortuna, la redazione ha tutto il tempo per scegliere l'illustrazione che ritiene migliore. La copertina viene scelta da Boselli & C. tra le molte, in questo caso sette, idee proposte dal disegnatore (le potete vedere tutte qui). Tra le opzioni disegnate a matita da Dotti per questo primo capitolo dedicato alla Mano Rossa, ce n'era una che in qualche modo ricordava proprio la copertina di Galep; si intravedono addirittura i soldati inseguitori di Tex, giunti quasi a catturarlo.

Attenzione Spoiler! (non leggete oltre se ancora non avete letto l'avventura - se di spoiler si può parlare per  un'avventura uscita nel 1948)

Passiamo ad analizzare la storia firmata da Mauro Boselli come sceneggiatura, ma attribuita come soggetto a G.L. Bonelli. In effetti il plot è quello del creatore del personaggio, con alcune piccole eccezioni da attribuire a Boselli, che vedremo via via. Innanzitutto notiamo che il tempo e lo spazio, rispetto alla versione storica, oggi sono dilatati. La versione di G.L. Bonelli uscì in meno di un mese tra il 21 ottobre e il 18 novembre del 1948, mentre per leggere la stessa storia ai giorni nostri abbiamo dovuto attendere il doppio, dal 17 febbraio al 18 aprile del 2024, la realizzazione grafica credo sia stata ancor più spalmata nel tempo: se verosimilmente potremmo stabilire che Galep abbia illustrato le 157 strisce che compongono la storia originale nel giro di un mesetto, poco sappiamo del tempo impiegato da Ghion per disegnare le 186 tavole odierne, anche se presumendo un ritmo, plausibile, di una tavola al dì, gli sarebbero serviti circa otto mesi.
Per quanto riguarda lo "spazio", ovvero la quantità di pagine che sono occorse ai due autori per narrare la stessa vicenda, la stesura di oggi supera del 255% quella di allora: poco più di 52 tavole bonelliane per il Maestro, contro, appunto, le 186 dell'allievo. 

In questo grafico a sinistra, in azzurro, le tavole dedicare a ogni singola scena nel 1948; e a destra, in giallo, quelle dedicate alla stessa sequenza nel 2024. Decisamente il giallo è preponderante. 

Tra le scene più dilatate troviamo proprio quella iniziale dell'agguato a Joe Scott, se Bonelli padre ce lo racconta nelle prime cinque strisce, a Boselli necessitano ben 10 pagine, nelle quali scopriamo un Joe Scott pensieroso che riflette sulle tensioni tra i bianchi e i pellerossa della regione, prima di essere attaccato, rapinato e ucciso dai membri della Mano Rossa. Un personaggio un po' più tridimensionale rispetto a quello velocemente tratteggiato da G.L.Bonelli che fa proferire a Scott  una sola frase, prima dell'agguato; quella nella seconda vignetta della storia che vedete qui sotto.
Tra l'altro in questa prima striscia, troviamo ben tre errori, se prendiamo in esame la versione originale, riproposta anastaticamente da RCS di recente: la data degli avvenimenti, che non può essere 1898, ma almeno quarant'anni prima; il cognome della vittima designata, presentato come Scotte, ma poi sempre chiamato Scott nel corso della storia; e, forse, il nome del cavallo che Bonelli cita solo qui come Blackster, ma che Boselli fa chiamare da Scott con l'appellativo di Blackstar, ben quattro volte in poche pagine. 4 a 1 per Boselli: vince in nome  Blackstar! 
Da notare, grazie alla costruzione della prima tavola (vedi sotto), come Boselli riesce ad adattare la storia ai ritmi dei giorni nostri, con  due frasi efficaci e due vignette azzeccate, riassume la lunga didascalia che fa da incipit alla versione del 1948 (vedi sopra).


Colpito a morte il povero Joe Scott, i cinque temibili banditi fuggono per l'arrivo di un cavaliere sulla stessa pista: purtroppo, per loro, si tratta di Tex. E' il futuro ranger a raccogliere le ultime parole dell'esploratore del forte, ancora vivo nonostante due pallottole nella schiena, di cui una, nella versione boselliana, sparata da vicino per assicurarsi il trapasso di Scott, ma anche per avvalorare i dialoghi di Bonelli padre che nel 1948 parla di "due buchi nella schiena" nonostante ci sia stato un solo sparo in direzione della vittima. Il morituro, in un momento di estrema lucidità, si finge cadavere prima del tempo, e scopre, dai discorsi degli assassini, il nome di due componenti della banda e del loro informatore. La scoperta sarebbe stata inutile se prima di morire non avesse potuto condividerla con nessuno. Conscio della cosa, il povero Scott, almeno nella versione del 2024, prova a scrivere i nomi sulla sabbia; nomi destinati molto probabilmente a essere spazzati via dal vento, o cancellati dal calpestio di eventuali soccorritori in men che non si dica. Idea geniale, ma pressoché inutile. 

Immaginate quanto sarebbe durata la scritta al passare della pattuglia a cavallo...

Destino vuole, però, che arrivi Tex e che il morente Scott possa rivelare a lui quello che sa, nonostante il suo interlocutore sia conosciuto a sua volta come fuorilegge. "Destino" in questo caso è sinonimo di soggettista; lo stesso destino stabilisce, poi, che quella pista è trafficatissima in quella giornata, e che, poco dopo Tex, arrivi una pattuglia di soldati al galoppo, che, come nel più classico dei qui pro quo, stabilisce che il vile assassino dell'esploratore è quel manigoldo di Tex Willer, riconosciuto a distanza da uno dei soldati, per averlo visto in volto (Bonelli,1948) o per come cavalca (Boselli, 2024), a seconda dello sceneggiatore. Da qui parte la fuga che porterà Tex a gettarsi nel Blue River, incoscientemente nel 1948, secondo una calcolo ragionato nel 2024: "se non sbaglio l'altra notte c'è stato un temporale, sulla sierra", pensa mentre corre verso il dirupo. Per sua fortuna non sbagliava; o meglio il "destino" ha stabilito che non si stava sbagliando.  


Sfuggito ai soldati, Tex fugge verso l'Arizona, ma le taglie sulla sua testa lo precedono, e raddoppiano ora che gli viene accreditato anche l'omicidio di Scott. L'eroe non può tollerare un'accusa così infamante, inoltre conosce in parte i nomi dei veri assassini: è il momento di ribellarsi all'ineluttabile fato, rifiutare la vita da fuorilegge, e provare a scagionarsi.  
Grazie a una semplice barba finta, integrata da una pesante pelliccia nella versione di Boselli, Tex arriva a parlare col Colonnello Hogart, comandante del forte. Nella stesura odierna il giovane della Nuaces Valley insiste per un paio di pagine prima di riuscire a farsi ricevere: i soldati si rivelano meno ingenui rispetto all'edizione del '48, quando nel giro di una vignetta Tex è già nell'ufficio di Hogart. Dopo aver incassato la fiducia dell'ufficiale sulla propria innocenza, Willer stabilisce un accordo col graduato: lui tenterà di sgominare la banda della Mano Rossa, in cambio Hogart cercherà di riabilitarlo agli occhi della legge. Il primo della lista è Bannion, l'informatore della banda, nel frattempo divenuto vicedirettore della Overland Bank da cui erano partiti i soldi  rubati a Scott.
Spacciatosi per un cliente che vuole depositare dell'oro secondo Bonelli, o dei contanti per la vendita del ranch, secondo Boselli, il giovane Tex non ha difficoltà a farsi ricevere da Bannion nel primo caso (l'oro apre tutte le porte), e deve superare solo una timida resistenza, nel secondo: "...riceve solo su appuntamento", "Voi non avete un conto da noi vero?".
Una volta soli nell'ufficio del vicedirettore Tex scopre le carte e, colt alla mano, estorce facilmente i tre nomi mancanti: oltre a Stone e Burke rivelati dal morente Scott, il tremante Bannion fa i nomi di Velles, Topler e Randall, prima di tentare di sorprendere il nostro eroe sparandogli, e mancandolo, con la classica pistola nascosta nel cassetto. Ovviamente Tex risponde al fuoco seccando Bannion al primo colpo... almeno nella versione boselliana; nel 1948, evidentemente ancora insicuro dei propri mezzi, servirono ben tre spari al giovane personaggio per assicurarsi della dipartita dell'infido vicedirettore, prima di fuggire.

Se al giovane Tex del 1948 servivano tre colpi per eliminare un'avversario, oggi, dopo 76 anni di esperienza ne basta solo uno!

Le due visite di Tex, al forte e alla banca sono state arricchite di sfumature da Boselli tanto che le 4 tavole originali sono diventate 18, nella riscrittura boselliana. Lo scopo di Mauro è quello di integrare le agili sceneggiature di Bonelli padre con quei passaggi sottintesi all'epoca, ma che devono essere esplicitati ai lettori di oggi, sempre più attenti ai particolari. Scopriamo per esempio che Tex nella mossa successiva si reca al Paradise Saloon perché prima di morire è lo stesso Bannion a indicargli il locale dove trovare Stone, che lì ha un tavolo da poker. Del resto G.L.Bonelli doveva essere essenziale, il primo albetto da 32 strisce volgeva al termine e il creatore del personaggio voleva far vedere la nuova mossa del suo neonato personaggio in maniera da creare l'attesa per il numero successivo. E' così che, improvvisamente, nell'ultima vignetta, Tex è già in grado di minacciare l'intera banda riunita al Paradise. "Destino" vuole che i cinque siano tutti seduti a un tavolo di fronte a una finestra; infisso dal fragile vetro, che si può frantumane con la lama di un coltello lanciato chissà da dove. Il foglio, che una volta aperto non presenta i tagli del coltello usato per recapitarlo, reca la lista degli obiettivi di Tex: Bannion, già eliminato, Stone, Burke, Velles corretto in Welles, Topler e, un tale Randell, al posto di Randall, che a quel punto avrà tirato un sospiro di sollievo probabilmente.  

Questo passaggio della storia, che occupa l'ultima striscia del numero 4 e la prima del 5 della prima serie di Tex, è assente nella versione del 2024; la Mano Rossa ancora non sa di essere nel mirino del futuro ranger. 
Mauro invece ci racconta, ancora una volta, quanto dato per scontato da Bonelli padre: Tex grazie allo stesso travestimento usato per entrare nel forte, si reca al Paradise per farsi un idea dei suoi avversari, vederli in faccia e studiare un piano d'azione; solo dopo questo essenziale integrazione si ricollega al soggetto originale.  
La nuova mossa di Tex è quella di scagionarsi anche agli occhi dello sceriffo della città, ma per farlo deve entrare nella sua camera al Paradise, catturarlo, imbavagliarlo, raccontargli la sua versione, e farla confermare da una dei cinque banditi, nascondendo lo sceriffo in maniera che possa ascoltarla anche lui. Tex segue l'ordine della lista e fa chiamare nella camera dello sceriffo, Stone. Tenendolo sotto tiro con improbabile arco e frecce, nella versione originale, e con una più plausibile pistola, nella versione odierna, riesce a far confessare il manigoldo, in maniera che lo sceriffo senta tutto. Rispetto alla versione del 1948, nella stesura boselliana, Stone accusa Topler dell'assassinio di Scott e non genericamente "gli altri". In entrambe le versioni Stone, dopo aver "confessato", tenta disperatamente di liberarsi di Tex, che nel difendersi, inevitabilmente, lo uccide. Il nostro eroe prima di fuggire dal saloon, semina un po' di terrore sparando alle luci del locale, e, nella versione boselliana, solo in questo momento fa recapitare a Burke, l'unico altro elemento della banda presente al Paradise con Stone, il famoso biglietto con i nomi del gruppo di malviventi. Esattamente nell'ultima vignetta del primo albo come aveva fatto all'epoca G.L. Bonelli.

Le liste di Tex a confronto. Disegni di Galleppini (1948), e Ghion (2024) 

Stavolta la lista non contiene errori, e in più scopriamo che il nostro amato giustiziere è anche bravo a disegnare. Non è da tutti riuscire a concepire e disegnare una mano stilizzata; magari sarà anche rossa, ma essendo l'albo in bianco e nero non lo sapremo mai. L'idea in realtà non è di Ghion, ma è farina del sacco di Galleppini, dato che pure nella versione del 1948, poco più avanti nell'episodio, il nostro eroe userà lo stesso escamotage per far capire ai banditi che lui sa che sono la Mano Rossa.  
Proprio la famigerata lista vergata a mano dal futuro Aquila della Notte, appare in copertina e da il titolo al secondo albo di Tex Willer dedicato al remake de La Mano Rossa. Chissà perché, per Dotti, come per Galep, la lista della vendetta è in corsivo, mentre per Ghion è stampatello?


Morto Stone, gli altri quattro membri della banda, che secondo Bonelli padre erano tutti al Paradise, si ritirano nel loro rifugio segreto in una valle tra le alture fuori dal paese, per organizzare le prossime mosse, ed è qui che trovano una seconda lista affissa col coltello alla porta della loro capanna, con l'impronta della mano. 
L'unico che può stare relativamente più tranquillo è Randall; Tex non ha ancora imparato il suo nome: ora è Randel, con una sola "L".
Boselli rende plausibile per il lettore odierno questa e la successiva scena dell'episodio proprio con l'assenza del resto della banda al Paradise. E' infatti Burke, in fuga, a portare involontariamente Tex al covo della Mano Rossa. Il protagonista altrimenti non avrebbe potuto sapere dove cercarli, e far trovare loro, anticipandoli, il minaccioso elenco conficcato sulla porta. Nella versione boselliana, comunque la seconda lista non è necessaria; è Burke che porta con se la prima, dal Paradise, ai suoi complici, che lo accusano di non aver fatto nulla per salvare Stone. La piccola frattura nel gruppo, creata ad arte da Boselli per spiegare gli avvenimenti seguenti, porta lo stesso Burke a fuggire nottetempo, non prima però di aver recuperato la sua parte di malloppo. Nella stesura originale Tex si aspetta che proprio Burke, e non uno degli altri delinquenti, lasci la capanna di notte; non si capisce esattamente perché punti proprio su di lui, forse per rispettare l'ordine stabilito dalla lista della vendetta. Fatto sta che è proprio Burke a recarsi presso un tronco d'albero colpito da un fulmine, per recuperare il bottino in una cavità ben mimetizzata. E qui si vede la mano di Bonelli padre, che ci regala un'altra delle sue trovate, che caratterizzano molte delle prime avventure del suo personaggio più famoso. Ovviamente Tex lo segue e lo affronta; nel 1948, lo uccide, ancora una volta, con una freccia per non far rumore, crediamo; nel 2024 lo ferisce con la pistola, ma nel tentativo di fuga lo sfortunato bandito cade da un dirupo, passando, anche in questo caso, a miglior vita. Non poteva essere altrimenti; il suo destino era già scritto: dal '48. Tex in questo secondo caso è costretto anche a fare lo straordinario per recuperare il corpo di Burke, utile per portare avanti il suo piano di riscatto. 

Tex arciere: lo troviamo in azione con arco e frecce in molti frangenti dell'episodio del 1948 

Boselli non può far utilizzare l'arco e le frecce a Tex perché non li ha mai utilizzati prima d'ora, sia nei primi tre albetti a striscia, sia negli oltre sessanta albi della sua più recente collana, nella quale abbiamo letto, finora, le avventure vissute dal futuro ranger che vanno a inserirsi tra i numeri 3 e 4 della prima serie a striscia. Pur riservandogli il "destino" il ruolo di rispettato capo indiano, almeno nei primi tempi Tex non ha mai usato arco e frecce. Sarebbe sembrato poco credibile che iniziasse così, di punto in bianco a tirare frecciate a destra e a manca, e con ottimi risultati, tra l'altro.
All'alba Tex fa ritrovare il corpo di Burke e la sua parte di refurtiva davanti al forte. Il colonello Hogart interpreta bene il messaggio: Il giovane Tex è innocente e sta facendo la sua parte nello sgominare la Mano Rossa, e lui, d'accordo con lo sceriffo, farà in modo che sia l'esercito che gli altri sceriffi della regione lo lascino in pace.

Boselli prende due piccioni con una fava: quando Tex recapita il corpo di Burke al forte è presente anche lo sceriffo 

I tre superstiti della Mano Rossa hanno però capito chi li sta braccando. Nella stesura boselliana, i sopravvissuti ci arrivano da soli: l'unico ce può volerli morti o in prigione, è colui che è stato ingiustamente accusato della morte di Scott. Nel 1948, invece, si rese necessaria l'introduzione di un altro personaggio, amico dei banditi: l'indiano Alce Nero, che, ritrovando una freccia nei pressi di un bivacco di Tex, fa due più due e, ricollegandola alle frecce usate per le prime due vittime, avverte la banda: il loro nemico è Tex Willer! ... o Tex Killer?.... o Tex Miller? Il letterista di quei primissimi episodi ancora non aveva le idee chiare di come si dovesse chiamare il personaggio, e nel giro di poche vignette, sul finire del quinto albetto a striscia, lo chiama con tre differenti cognomi.
I tre nomi di Tex, tutti presi in esame prima della pubblicazione, ma poi non tutti corretti, evidentemente, al momento di mandare in stampa le strisce.

Il secondo albetto a striscia si chiude con le ombre minacciose delle tre "dita" rimaste, che stanno per sorprendere Tex dal barbiere, in questo caso cinese, di Calumet City, la città in cui si è svolta finora la vicenda. Nel remake odierno Boselli cambia location, e sposta lo scontro a Arenas, un paese al confine col Messico, senza sceriffo, nessuno può impedire ai tre la vendetta. Nessuno tranne Tex che in questa stesura sceglie di proposito il locale del barbiere, ispanico, perché munito di ampio specchio, allo scopo di farsi "sorprendere" dai nemici, in realtà attirandoli in trappola. E' Alce Nero, introdotto solo ora da Boselli, a tenere sott'occhio il barber shop e a confermarne la presenza di Tex all'interno, ai tre della Mano Rossa. Nello scontro a fuoco che si scatena è Randall ad avere la peggio; l'unico che poteva ancora salvarsi..., e che era pure l'ultimo della lista!..., ma sparando nel mucchio, Tex non poteva andare troppo per il sottile, ovvero proseguire in ordine. Si vede che era "destino".
Welles e Topler fuggono dalla città, qualunque essa fosse, e trovano rifugio in una miniera abbandonata, anche perché lo stesso Welles è rimasto ferito nello scontro dal barbiere, almeno nella variante boselliana. Tex già provetto cercatore di tracce, nonostante il vento le abbia spazzate via, intuisce dove si trovino i fuggitivi, ma appena li sorprende intorno al fuoco, viene a sua volta colto di sorpresa da Alce Nero che colpendolo alla testa col suo tomahawk lo mette fuori combattimento.
Tex colpito da Alce Nero nella versione di Galep e di Ghion

A questo punto invece che liberarsi del loro giustiziere, uccidendolo, i due lo gettano in un profondo pozzo all'interno della miniera, un pozzo da cui nessuno è mai tornato. Nella versione del 1948 è Welles a fermare Topler che stava per freddare Tex: "sarebbe una morte troppo comoda per un cane come Tex!". Noi lettori bonelliani ringraziamo per la scelta che il "destino" ha fatto fare a Welles, altrimenti ci saremmo persi 76 anni e quasi 120.000 tavole di avventure del futuro capo dei Navajos, per non parlare delle centinaia di migliaia di pagine degli altri eroi che sono potuti nascere e prosperare all'interno della casa editrice grazie al successo di Tex. Neppure Boselli riesce a concepire un motivo logico per gettare nel "buco del diavolo" il nostro eroe ancora vivo. Il Topler del 2024, nel momento in cui viene fermato, infatti domanda: "che può esserci di meglio che piantargli un proiettile nella zucca?", pur non ricevendo risposte convincenti, decidono di seppellirlo vivo, gettandolo nel pozzo e facendo saltare l'ingresso della miniera, secondo quanto previsto dal soggetto originale. 
Ancora un confronto tra le due versioni: anche i dialoghi in questo frangente sono molto simili  

Il risveglio in fondo al pozzo, il tentativo di risalita e la scoperta di un provvidenziale fiume sotterraneo che sfocia con una spettacolare cascata all'aperto, sono la parte della storia più simile come ritmo rispetto a quella del 1948. Quello che Bonelli padre racconta in 4 pagine, Boselli lo narra in 5. 
Nel racconto c'è a questo punto un salto temporale di alcune settimane, utilizzate dai due banditi sopravvissuti per tornare alla loro redditizia attività, reclutando brutti ceffi per la nuova Mano Rossa, e a Tex per rimettersi in sesto, recuperare un arma, e un cavallo, dato che Dinamite è stato preso dai malviventi fuggiti dalla miniera.
Boselli, al contrario delle scene precedenti qui dilata enormemente la parte dedicata alle imprese della rediviva Mano Rossa; a fronte delle 5 strisce dedicategli da G.L.Bonelli, l'attuale editor di Tex impiega ben 11 tavole per descrivere le malefatte e al ferocia della nuova banda.

Le malefatte della Nuova Mano Rossa si guadagnano anche la cover del settimo albetto a striscia

Dal fronte texiano in questo interludio Boselli si stacca nettamente dal soggetto originale, facendo percorrere a Tex un percorso alternativo rispetto a quello del '48.
Nella versione originale Tex viene soccorso e rimesso in sesto in un accampamento dei Texas Rangers, ma allo stesso tempo viene tenuto praticamente agli arresti visto che, per il momento, è ancora un fuorilegge. Non tutti i ranger concordano, però: nel west c'è bisogno di giustizieri alla Tex che, se serve, possono anche ignorare alcune regole per fermare i delinquenti. Il ranger Larry, per esempio, apprezza il lavoro fatto finora da Tex, lo libera e gli fornisce cavallo o pistola per completare l'opera.
Il Tex di Mauro Boselli invece non ha bisogno di "rubare" un cavallo. Senza più niente e sperduto nel Texas meridionale, il giovane viene accolto nel ranch dei Powell, dove si guadagna il cavallo, e l'arma, lavorando per gli anziani proprietari. Si reca poi nei pressi di St. Thomas, in New Mexico cittadina già  frequentata dal futuro ranger nel corso della seconda storia pubblicata sulla collana Tex Willer. Qui si ferma  presso la famiglia Sanderson, conosciuta in occasione di quella avventura del 2019. La nuova mano Rossa, secondo Tex, infatti, si nasconde non molto lontano da lì, visto che St. Thomas è il centro geografico dell'area in cui i banditi hanno effettuato le loro più recenti e sanguinose azioni. Nella versione del 1948 Tex approda a St.Thomas, apparentemente senza una logica, ed è qui che fortuitamente ritrova Dinamite, legato a una staccionata fuori da un saloon. Il ricongiungimento col fido destriero, rappresenta anche il punto in cui le due sceneggiature, momentaneamente parallele, si riuniscono.
 
La voce di Topler che sorprende Tex alle spalle mentre si sta riappropriando di Dinamite, è un'ottima chiusura per il secondo albo della versione 2024.
Il bandito sorpreso nel vedere ancora in vita Tex, esita quell'attimo di troppo, che gli sarà fatale nel rapido duello col giovane fuorilegge, che si consumerà subito dopo. Eliminato il penultimo ricercato della lista, Tex balza in groppa a Dinamite e si dilegua nella notte, e non di giorno come nel racconto originale. Di notte ci si dilegua decisamente meglio. Topler prima di tirare le cuoia fa in tempo a dire al resto della banda che ha visto un... fantasma. Dire di aver visto Tex era troppo difficile evidentemente... non ricordava se era Miller, Killer o Willer. Tex dal canto suo approfitta del nuovo status di fantasma, per spaventare l'unico sopravvissuto della Mano Rossa e la sua nuova banda: fa trovare sulla porta del rifugio una nuova lista, tramite una freccia scoccata con l'arco che utilizza, con una certa disinvoltura, fin dall'inizio della storia di Bonelli, o, se preferite, piantata con un coltello, esattamente come nella cover del numero precedente, nel rifacimento di Boselli. La cover di Tex Willer 65 sarebbe potuta benissimo essere quella del 66, dato che fa riferimento a questo passaggio dell'episodio. 

Nella terza e ultima lista (o seconda nel caso della ricostruzione boselliana), Tex inizia a scrivere in stampatello e ripropone l'elenco dei destinatari della sua vendetta nello stesso ordine iniziale, come se stesse scrivendo sempre sul solito foglio, andando a fare una croce sopra ai nominativi dei banditi eliminati. Da notare che Welles e scritto nuovamente male, ma che finalmente, al terzo tentativo, Randall è scritto bene; peccato che l'ultimo della lista non possa apprezzare il fatto che il suo avversario abbia finalmente capito come si chiama, perché ormai defunto da settimane. Nella versione disegnata da Ghion invece Tex riscrive la lista, elencando i nemici in base all'ordine di uccisione. 
Appena scoperta la lista, per rincarare la dose -altra trovata del grande G.L-, Tex simula l'apparizione di uno spettro tra gli alberi che circondano il covo della banda. Lo spavento, però, dura poco e Welles e compagni scaricano le colt crivellano di colpi il lenzuolo appeso a un albero. 

Due fantasmi a confronto: quello di Galep del 1948  e quello di Ghion del 2024

Tex sta per entrare in azione quando viene sorpreso ancora una volta alle spalle da Alce Nero, forse il più temibile dei nemici in quest'episodio, pur non apparendo mai su nessuna lista dei cattivi; lo stesso Willer, fa un pensiero simile, nella versione boselliana. Nella colluttazione il pellerossa rimane ucciso col suo stesso coltello. Il protagonista è costretto a cambiare programmi; prima di fuggire però scopre le prossime mosse della banda. Nella stesura originale Tex ritorna sui suoi passi e, origliando dalla finestra, scopre che l'obiettivo dei malviventi è l'oro della miniera, che sta per essere trasferito alla banca cittadina con la corriera. Nell'interpretazione boselliana, inevitabilmente più complessa, l'eroe desume dal sudore del cavallo di Alce Nero, che l'indiano, appena trapassato, doveva essere tornato da lontano, almeno da St.Thomas, e frugando nella bisaccia ne scopre il motivo: in un foglietto ripiegato l'informatore della Mano Rossa, spiega quando e come partirà l'oro. Tex lascia il biglietto dove l'aveva trovato per poter sorprendere gli avversari durante l'assalto alla diligenza, ovvero l'ultimo atto di quest'avventura, come recita il titolo del terzo albo della collana Tex Willer dedicato al remake.
   

Per portare a termine il suo piano Tex ha bisogno dell'aiuto dello sceriffo di St. Thomas e, svegliatolo in piena notte lo convince, tutto sommato facilmente, di essere dalla parte della giustizia, e della bontà del suo piano per sgominare, una volta per tutte, la Mano Rossa. Questo accadeva ovviamente nell'ingenuo, fumettisticamente parlando, 1948. In questo smaliziato 2024 invece, per giungere a parlare con lo sceriffo e farsi credere Tex ha bisogno dell'aiuto dei Sanderson e degli abitanti di St. Thomas, ancora in debito col giovane "fuorilegge", e in particolare di Murray proprietario dell'emporio che organizza per lui, nel retrobottega, un incontro informale col tutore dell'ordine del paese. Grazie al sostegno dei tre cittadini e avendo ricevuto un dispaccio che informava della crociata di Tex contro la banda che sta seminando il panico nella regione, lo sceriffo accetta di ascoltare i piani del giovane Willer. Il piano è ovviamente di far viaggiare l'oro su una diligenza diversa da quella prevista e far attaccare dalla Mano Rossa un convoglio, con a bordo Tex e lo sceriffo, pronti a sorprenderli. L'informatore però, un tecnico della miniera, scopre il piano e corre ad avvertire Welles e compagni. Tex pur avendolo scoperto lo lascia fare, per essere ancora una volta un passo avanti agli avversari. La vicenda boselliana è un po' più complessa di quella bonelliana, ma il risultato, seguendo il plot originale del 1948, è ovviamente lo stesso. La banda attacca la diligenza, ignara che Tex e lo sceriffo li stanno aspettando, e nella sparatoria finale non può che avere ragione il giovane Willer, che decreta, come lui stesso proclama nel momento in cui uccide Welles, la fine della Mano Rossa. 

L'ultima pallottola, che decreta la fine della Mano Rossa, nel 1948 (Galep), riassunta in una sola vignetta; e nel 2024 (Ghion), diluita su due riquadri. 

La vignetta in cui Tex conclude la sua vendetta uccidendo Welles ispirò la copertina del numero 8 della prima serie di Tex, che però porta già il titolo dell'avventura successiva: El Diablo, che prende il via  dalla terz'ultima pagina dell'albetto a striscia. El Diablo è anche il titolo del prossimo Tex Willer, albo che dunque proseguirà l'aggiornamento delle avventure di fine anni Quaranta di Tex. 


Personaggi e interpreti

Concludiamo con una carrellata sul cast di questo storico episodio, confrontando gli "attori" di ieri e di oggi. Disegnati, ovviamente, da Galep nella versione del 1948; e da Ghion in quella del 2024.

Scott
La vittima da cui scaturisce tutta la vicenda disegnata da Ghion è ispirata alle fattezze dello Scott originale, sembra un po' più vecchio, ma sicuramente cura meglio il pizzo, rispetto al se stesso del 1948.


Tex
Il soccorritore è invece il nostro Tex, che al contrario di Scott dimostra molti meno anni oggi che nel 1948. Forse perché essendo, bene o male, il fumetto uno specchio della realtà, rifletteva su carta i ventenni dell'epoca, appena usciti dalla guerra, che erano molto più maturi, anche esteriormente, rispetto ai giovani d'oggi. 


Il colonnello Hogart
Il primo a fidarsi di Tex è il colonello Hogart che, oggi come allora, parrebbe un uomo di esperienza. Anche in questo caso Ghion si appoggia al personaggio originale dipinto da Galep nel 1948.


Bannion
Ben vestito e con basette e baffi ben curati, il banchiere informatore della Mano Rossa, è il primo della lista della vendetta di Tex. Nella versione originale ha un taglio di capelli che ricorda l'epoca in cui si svolge l'avventura. 


Lo Sceriffo Wilson di Calumet City
Ghion comincia a distanziarsi graficamente dal cast originale. Il veterano sceriffo Wilson diventa un po' più giovane e decisamente più biondo nella stesura boselliana.


Stone
I cinque della Mano Rossa nella stesura originale non sono molto caratterizzati, tutti mori, con baffi o barba più o meno incolta; Ghion cerca di differenziarli, il più simile alla versione di Galep rimane Stone, anche se con i baffetti decisamente più curati.


Burke
Burke, il secondo dei cinque banditi, risulta un po' più corpulento del suo alter ego del 1948; si caratterizza oggi come allora per la camicia a quadretti.  


Randall
Il povero Randall, sconosciuto a Tex ma anche ai lettori, vince il premio di miglior attore assolutamente non protagonista. Si riconosceva all'epoca per avere la barba più folta degli altri; Ghion oggi ne aumenta la corpulenza e gli fornisce un bel gilet peloso.


Alce Nero
Il nemico più in gamba di questa avventura, ancor più del protagonista è specchio del tempo in cui è stato disegnato. Nell'immaginario collettivo del 1948, il pellerossa aveva pressoché i nostri tratti somatici, ma, per farsi riconoscere, non poteva rinunciare al suo copricapo piumato. Oggi inevitabilmente l'aspetto è quello di un vero nativo americano e le piume in testa sono solo lontano un ricordo.  


Topler
Il quarto elemento della banda a perdere la vita è completamente differente dal suo omonimo (secondo me non sono nemmeno parenti!) del 1948. All'epoca sembrava il gemello di Stone, oggi è un robusto biondo dai folti baffi.


Lo sceriffo Newton di St. Thomas
Un po' più vicino alla versione di Galep è il secondo sceriffo coinvolto nell'avventura, quello di St.Thomas. Nella versione di Ghion è un po' più paffuto rispetto al 1948. Probabilmente anche il fatto che i vari personaggi sono tutti un po' più robusti rispetto alla versione di 76 anni or sono, riflette inevitabilmente l'attuale società. 


Welles
Anche l'ultimo della lista non sembra neppure parente del personaggio disegnato da Galleppini. Il biondo, coi baffi affusolati e col pizzo alla Kit Carson, niente ha a che vedere, camicia a parte, col ceffo moro dalla barba incolta tratteggiato dal creatore del personaggio. 
 

Siamo giunti alla fine del nostro parallelo tra le due versioni de La mano Rossa; vi aspettiamo ai prossimi post legati a Tex o ai personaggi Bonelli, e forse, a un a pezzo simile a questo legato alla prossima avventura  del giovane Tex Willer.

Saverio Ceri

venerdì 3 maggio 2024

SECRET ORIGINS: TEX CLASSIC 187

di Saverio Ceri
con la collaborazione di Francesco Bosco e Mauro Scremin

Bentornati a Secret Origins l'appuntamento quattordicinale che ci conduce alla scoperta delle origini delle copertine di Tex Classic e di eventuali altre cover ispirate alle pagine a fumetti dell'albo in edicola.


Su Tex Classic 187 troviamo ristampate a colori 192 strisce, pubblicate in origine tra i numeri 46 e 49 della Serie Cobra, la 35a di Tex nel formato originale, usciti nell'ottobre del 1966. Le stesse pagine sono state ristampate per la prima volta nel formato bonelliano a cavallo tra i numeri 88 e 89 dell'attuale serie principale di Tex, del febbraio e marzo 1968. 
Il titolo del Classic, Il profeta rosso, è quello del quarantasettesimo albo della Serie Cobra, dove comincia una nuova avventura disegnata da Letteri. La copertina, che, come ormai da prassi consolidata, non è legata a questo episodio, ma stavolta ha comunque una certa affinità con le vicende interne; e stata realizzata da Claudio Villa; e nasce come mini-poster allegato a Tex Nuova Ristampa 175 del gennaio 2007. L'illustrazione del copertinista erede di Galep fa riferimento in realtà all'episodio I Predoni Rossi scritto da G.L.Bonelli per i pennelli dell'accoppiata Monti-Ticci, pubblicato sulla serie regolare nei numeri dal 262 al 265 tra l'agosto e il novembre del 1982.


Che io sappia, questa illustrazione di Villa è la prima volta che viene utilizzata come copertina.
Scoperta l'origine della cover ufficiale di questo 187° albo della più recente ristampa bonelliana di Tex, dovremmo passare a parlare della cover dei primi albi in formato bonelliano a ristampare le pagine contenute in questo Classic, ma lo abbiamo in parte già fatto nella puntata 133 quando parlammo della cover del numero 88, usata in quell'occasione come copertina del Classic, e lo faremo nella prossima puntata per quella del numero 89. Stavolta recuperiamo quindi una storica copertina di Galep di cui non abbiamo finora parlato, in attesa che fosse scelta per il Classic, ma che a questo punto non verrà più utilizzata, data la scelta redazionale di virare sulle copertine disegnate da Villa. Stavolta scopriamo le origini segrete della copertina di Tex 74: Sangue sulla pista.
 

Francesco Bosco e Mauro Scremin, col decisivo aiuto di un certo Claudio Villa, ci segnalarono l'origine di questa copertina di Galleppini nel secondo volume del loro Western all'italiana. Il cavallo ad accudire il proprio cavaliere, gravemente ferito a terra, proviene da una foto di scena del 1956, del film Lone Ranger; e anche il nostro ranger a terra, braccia a parte, giace nella stessa posizione del cinematografico ranger solitario.


Nelle due ristampe italiane storiche, non si segnalano modifiche rilevanti all'illustrazione di Galep.


Nelle prime edizioni della Williams, datate 1973, da segnalare la chiazza di sangue sulla camicia del ranger, aggiunta rispetto all'edizione italiana. Qui sotto vediamo prima e seconda edizione finlandese e norvegese. In entrambe le seconde pubblicazioni della medesima cover, datate 1985, il sangue è scomparso. Inoltre, altro parallelo che accomuna queste edizioni scandinave è il cielo che da azzurro nella prima stesura diviene un verde sfumato nel giallo nella seconda. Da notare infine il cambio dei logo nel corso degli anni: Il Finlandese delle origini si è trasformato nel lineare marchio che ha ispirato anche la più recente serie regolare bonelliana dedicata al giovane Tex; mentre l'elegante logo iniziale norvegese col tempo è stato sostituito da quello utilizzato in origine dai cugini finnici.


La cover di Tex 74 è apparsa anche in Olanda, sempre per Williams e sempre col sangue; in Jugoslavia su Zlatna Strip Serija 566; in Francia su Rodeo 199; e più recentemente nella serie di ristampe dedicate a Tex in Turchia con la stessa foliazione degli albi italiani.


Fuori dall'Europa segnaliamo l'utilizzo di questa cover per il numero 110 della ristampa brasiliana Tex Colleçào della Editora Globo. Quella brasiliana è l'unica stesura con un cavallo baio (marrone); quasi tutte le altre presentano un cavallo albino (bianco), in linea col cavallo originale di Lone Ranger, ad esclusione delle edizioni del '73 della Williams, che presentano un cavallo leardo (grigio).  


Saverio Ceri

N.B. Vi invitiamo a scoprire anche le precedenti puntate di Secret Origins in Cronologie & Index. 

venerdì 19 aprile 2024

SECRET ORIGINS: TEX CLASSIC 186

di Saverio Ceri
con la collaborazione di Francesco Bosco e Mauro Scremin

Bentornati a Secret Origins l'appuntamento quattordicinale che ci conduce alla scoperta delle origini delle copertine di Tex Classic e di eventuali altre cover ispirate alle pagine a fumetti dell'albo in edicola.


Su Tex Classic 186 troviamo ristampate a colori 192 strisce, pubblicate in origine tra i numeri 44 e 46 della Serie Cobra, la 35a di Tex nel formato originale, usciti nel settembre e ottobre del 1966. Le stesse pagine sono state ristampate per la prima volta nel formato bonelliano sul numero 88 dell'attuale serie principale di Tex, del febbraio 1968. 
Il titolo del Classic, Fino all'ultima cartuccia, è quello del quarantaseiesimo albo della Serie Cobra; mentre la copertina, che, come ormai da prassi consolidata, non c'entra nulla con le vicende interne, e stata realizzata da Claudio Villa e nasce come mini-poster allegato a Tex Nuova Ristampa 385 dell'ottobre 2015. L'illustrazione del copertinista erede di Galep fa riferimento probabilmente a un episodio  pubblicato sul quarto maxi di Tex
L'illustrazione di Villa, infatti, divenne una copertina già  nell'agosto dell'anno successivo, in Brasile, sul numero 3 di Tex Platinum edito dalla Mythos, un volume che ripubblicava, appunto, i due episodi contenuti nel quarto maxi di Aquila della Notte (datato 2000).



Scoperta l'origine della cover ufficiale di questo 186° albo della più recente ristampa bonelliana di Tex, dovremmo passare a parlare della cover del primo albo in formato bonelliano a ristampare le pagine contenute in questo Classic, ma lo abbiamo già fatto nella puntata 133 quando quella copertina venne usata per questa collana. Recuperiamo quindi una storica copertina di Galep di cui non abbiamo finora parlato, in attesa che fosse scelta per il Classic, ma che a questo punto non verrà più utilizzata, data la recente scelta redazionale di virare sulle copertine disegnate da Villa. Stavolta scopriamo le origini segrete della copertina di Tex 72: New Orleans.


Francesco Bosco e Mauro Scremin ci svelano che per questa copertina Galleppini si ispirò a quella del romanzo western Går på, tredicesimo volume danese della saga Bill og Ben di Marshall Grover.  Il volume, pubblicato da Winther Forlag, è stato poi stampato anche in altri paesi limitrofi con la stessa copertina. Qui sotto la versione svedese.


Ovviamente l'illustrazione di Galep è poi stata usata svariate volte a giro per il mondo dall'ottobre del 1966, quando uscì in edicola, a oggi. Nelle due ristampe italiane tutt'oggi in edicola, lo sfondo color magenta, vira su toni arancio del tramonto, e TEx si appoggia a un edificio e non a un palo. Da notare inoltre nella versione di Tutto Tex, in quel periodo ancora supervisionata da Galep per le cover, che appare in basso sullo sfondo di Tex, un piccolo casottino in legno, che ricorda un po' l'edificio che appare in prospettiva sullo sfondo nella cover di Bill og Ben. Riguardando al cover originale di Galep parrebbe in effetti che questi elementi fossero già presenti, e che il colorista del 1966, li avesse trasformati involontariamente, sia l'edificio su cui si appoggia Tex che quello sullo sfondo, in due pali a sostegno del pergolato in legno. 
Nella nuova ristampa, sparisce il casottino sullo sfondo portandosi via anche il palo che reggeva la copertura in cannicciato.


Nelle tre versioni brasiliane di questa copertina, due targate Vecchi e una Globo, abbiamo tre diversi cieli, due diversi colori di camicie e una specchiatura dell'immagine. Nella seconda edizione di Vecchi, il colorista brasiliano già interpreta correttamente le pennellate di Galep, sullo sfondo e alle spalle di Tex,  come edifici e non come pali.


Versioni multicolori anche in Europa, dalla fedele edizione francese su Rodeo, alla norvegese con cielo sfumato, passando per la spagnola dai colori come sempre originali, ma con la giusta interpretazione dei segni galleppiniani.



Saverio Ceri

N.B. Vi invitiamo a scoprire anche le precedenti puntate di Secret Origins in Cronologie & Index.