di
Nazzareno Giorgini
Nazzareno aveva già pubblicato su "Dime Web", nel 2012 e nel 2015: oggi, con questo straordinario pezzo sui primi settant'anni del Ranger, gli diamo, il "bentornato"! (s.c. & f.m.)
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Tex nei primi anni Settanta: il n. 150 dell'aprile 1973. Disegno di Galep |
Introduzione
Parlare
di un fumetto come Tex che si trova in edicola da settanta anni può
sembrare ovvio e normale oppure difficile e complicato; tutto dipende
dal punto di vista da cui si vuole trattare l’argomento e dalla
profondità delle riflessioni che ne scaturiscono. Io mi limiterò a
parlarne seguendo la prospettiva dell’appassionato lettore da lunga
data (conobbi il personaggio intorno ai dieci anni d’età,
all’apice del suo successo, nei primi anni ’70).
Prima
di affrontare le “otto ragioni” di cui parla il titolo
dell’articolo, non si può non riflettere sul contesto sociale e
culturale in cui matura l’eroe e sulla gestione editoriale dello
stesso: due elementi fondamentali e, diciamo così, estrinseci al
personaggio, senza i quali però non si capirebbero fino in fondo le
ragioni della nascita di un mito.
Per
quanto riguarda il contesto sociale e culturale, tutti sappiamo che
negli anni ’60 e ’70 del Novecento il western era un genere
narrativo e cinematografico molto diffuso; anche il fumetto conosceva
una stagione d’oro in quanto intrattenimento per i giovani (e non
solo) dell’epoca, soprattutto in mancanza di altri mass media, al
di fuori del cinema e della televisione, che veicolassero quel genere
di letteratura avventurosa per immagini che potremmo definire
“nazional-popolare” secondo la nota espressione di Antonio
Gramsci. Il radicamento di questo genere narrativo e cinematografico
nel nostro paese (basti pensare al fortunato filone del cosiddetto
western all’italiana, che tanti capolavori ha prodotto negli anni
’60) permise poi quel passaggio generazionale del mito di Tex che
ha rappresentato per molti decenni una delle ragioni basilari del suo
successo.
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Gli indimenticabili spaghetti-western. C'era una volta il West - Sergio Leone, 1968 |
Dicevamo
inoltre della gestione editoriale del personaggio: senza la
“politica” di Sergio Bonelli certamente il padre Gianluigi
avrebbe faticato molto di più a far valere il suo talento di
“romanziere prestato al fumetto”. Non approfondiamo troppo la
questione, che richiederebbe un articolo a sé, ma ricordiamo solo il
passaggio dalle strisce al cosiddetto “formato Bonelli” durante
gli anni ’60 e la gestione degli arretrati di Tex, che ebbero un
picco di vendite negli anni ’70 a tal punto eccezionale da dover
sospendere le spedizioni dal marzo ’74 al dicembre ’76, a causa
dei numerosi furti attribuiti ad ignoti, i quali avrebbero alimentato
un vero e proprio mercato “clandestino” degli albi di Tex che
arriva fino ai nostri giorni.
Le
“otto buone ragioni”
Veniamo
dunque ad esaminare le otto ragioni per le quali, secondo il parere
di chi scrive (ma non solo), il fumetto di Tex avrebbe avuto tutte le
carte in regola per durare settanta anni (e oltre). Sono
caratteristiche intrinseche all’eroe che oggi tutti i critici
texiani riconoscono, ma che ebbero il loro sviluppo completo solo tra
la fine degli anni ’60 e il decennio seguente, un periodo storico
fondamentale per tutta la cosiddetta civiltà occidentale: basti
ricordare la contestazione giovanile studentesca e operaia, la fine
del boom economico in Italia e l’inizio dei primi segni di crisi,
gli “anni di piombo”; anche in ambito culturale e musicale molti
sono i capolavori del filone rock e pop nati in quagli anni. In
definitiva gli anni ’70 sono stati un decennio di cesura e
passaggio basilare in tanti settori della cultura occidentale, in cui
abbiamo assistito alla maturazione di molti elementi prodotti negli
anni ’60 e all’anticipazione di altri che avrebbero trovato
completo sviluppo negli anni ’80; e in tutto questo discorso il
nostro Tex si inserisce perfettamente.
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La musica immortale degli anni Settanta. Animals - Pink Floyd, 1977 |
1
– Carisma del personaggio e senso della giustizia
La
prima caratteristica fondamentale dell’eroe è il suo carisma e il
senso della giustizia innato in lui; quest’ultimo lo si nota fin
dalla nascita del personaggio e quasi sempre ristabilire la giustizia
significa vendicarsi di un torto subito, sostituendosi o anticipando
la volontà divina: forse Dio li perdonerà, ma dopo che gli
uomini li avranno puniti (Tex n. 34, p. 92); quindi
per Tex fare giustizia equivale quasi sempre a vendetta (la storia
più emblematica in questo senso è quella che rievoca la morte della
moglie indiana Lilyth – Tex n. 104, Il
giuramento).
Il suo carisma invece è stato acquisito dall’eroe nel corso di
tante avventure ed è cresciuto man mano che Tex ha sviluppato quelle
che chiameremo le sue tre identità: ranger, Aquila della Notte,
agente indiano dei Navajos. Una frase come questa certamente non
sarebbe stata scritta da G.L. Bonelli nei primi numeri della serie,
ma la troviamo nel n. 46, p. 127: è già da un pezzo che c’è
l’inferno in questo paese. Io non sarò altro che il vento che farà
divampare più alte le fiamme e farà salire di parecchio la
temperatura.
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Tex n. 34, agosto 1963. Disegno di Galep |
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Tex n. 104, giugno 1969 |
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Tex n. 46, agosto 1964. Disegno di Galep |
2
– Le tre identità di Tex
Il
secondo punto di forza dell’eroe è quello legato alle sue tre
identità, capace di sviluppare diversi filoni di storie e creare una
contaminazione tra vari generi letterari. Gli sceneggiatori che si
sono succeduti all’ideatore di Tex hanno certamente preferito
l’identità del ranger, più semplice da gestire e più vicina
anche a tematiche del mondo attuale. La figura di Aquila della Notte,
legata com’è al mondo dei nativi americani e attraverso la quale
G.L. Bonelli riusciva a fare sfoggio del suo linguaggio primitivo ed
elementare e nello stesso tempo mitico ed immaginifico, resta ancora
basilare ma poco capace, nei nuovi sceneggiatori, di creare quei
capolavori che Bonelli padre aveva saputo realizzare. Quasi scomparsa
oggi è l’identità del Tex agente indiano (una piacevole eccezione
è stata l’avventura a colori pubblicata nel Tex n. 695, celebrativa
dei settanta anni del personaggio, scritta da Boselli e disegnata da
Ticci), eppure essa ha saputo nei primi anni ’70 produrre storie di
notevole rilievo; ne citiamo solo due per certi versi emblematiche
nella loro diversità e complementarità: la prima è Gli
sterminatori (in
Tex n. 134), forse la più breve storia di Tex, disegnata da un
meraviglioso Galleppini e uscita nel dicembre ’71 (recentemente
ristampata in un cartonato), in cui l’eroe con nove micidiali pugni
“terapeutici” sistema l’agente indiano degli Utes, Mayer, e
l’affarista Barrow, colpevoli di uno sterminio di bisonti ai danni
degli indiani; la seconda invece è tra le più lunghe storie di Tex,
In
nome della legge (Tex n. 142), uscita nell’agosto ’72 e disegnata da Nicolò, in
cui l’eroe finisce in un penitenziario accusato falsamente di un
omicidio, a causa dell’intrigo di un losco personaggio che vuole
impadronirsi dell’oro della riserva navajo. È l’unico caso, per
quanto mi risulta, in cui Tex è stato sostituito per un breve tempo
da un altro agente indiano, il corrotto Lyman.
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Tex come Aquila della Notte, capo dei Navajo. Disegno di Marcello |
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Tex diventa Ranger! Disegno di Galep |
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Tex come agente indiano. Disegno di Letteri |
3
– Il rapporto tra i quattro pards
Il
terzo elemento da considerare nel lungo successo del personaggio è
il rapporto tra i quattro pards: Tex Willer, Kit Carson, Kit Willer e
il navajo Tiger Jack. È stato già detto che si può cogliere in essi
lo sviluppo della personalità nelle varie fasi della vita: la
giovinezza di Kit Willer (il figlio di Tex avuto dalla sfortunata
indiana navajo Lilyth), la maturità dell’eroe e dell’indiano
Tiger, l’anzianità di Carson. In realtà essi hanno sfumature caratteriali diverse che hanno permesso a G.L. Bonelli di
creare una rete di rapporti tra i quattro molto densa e carica di
stimoli narrativi: l’amicizia virile (spesso nascosta e mascherata
da un linguaggio ironico e canzonatorio) fra Tex e Kit Carson, il
profondo rapporto affettivo che lega il figlio Kit al padre
(anch’esso smorzato dalla volontà di rendere Piccolo Falco quasi
un fratello minore per Tex), la fratellanza tra Aquila della Notte e
Tiger. La cosa più importante è che ognuno dei quattro pards è una
persona “vera”, il cui rapporto con gli altri si è evoluto nel
corso di questi settanta anni: basti pensare al trio Tex, il figlio
Kit e Carson, protagonista di molte avventure degli anni ’50
ambientate durante la Guerra di secessione americana (il riferimento
narrativo è chiaramente a I
tre moschettieri
di A. Dumas, autore molto amato da G.L. Bonelli). Gli sceneggiatori
che si sono succeduti al creatore di Tex hanno privilegiato il
rapporto tra l’eroe e Carson (anche se recentemente c’è la
volontà di utilizzare maggiormente il personaggio di Kit Willer),
lasciando più in secondo piano la figura di Tiger. Tutto ciò
ovviamente dipende dalla sensibilità dell’autore e dagli stimoli
narrativi che ogni personaggio riesce a catalizzare.
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I quattro pards, oggi |
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I quattro pards nella classica interpretazione di Galep (Tex n. 281, marzo 1984) |
4
– Il “Non politicamente corretto”
Per
quanto riguarda la quarta ragione che rappresenta un punto di forza
del fumetto di Tex, essa sta nel fatto che, secondo G.L. Bonelli, la
Storia (ciò che è accaduto nella realtà delle vicende umane) è al
servizio dei personaggi e della visione utopica dell’autore e non
viceversa (visione che affonda comunque le sue radici in una
struttura narrativa e un linguaggio fortemente realistici e
verosimili). Emblema di ciò è la figura del pard di Tex, Kit
Carson, una figura leggendaria del West che nella realtà fu un
grande trapper, scout e cacciatore di indiani, che si distinse nella
campagna contro i Navajos comandati da Manuelito. Lo stesso Tex
Willer fu presentato dalla Casa Editrice Audace, nei primi anni ’50,
come un eroico ranger realmente esistito, per aumentare l’ispirazione
avventurosa e il legame con i lettori. Qui entriamo nel discorso del
“non politicamente corretto” che negli anni ’60 e ’70 non era
stigmatizzato aspramente come lo è oggi. Voglio dire che G.L.
Bonelli poteva tranquillamente affibbiare, tramite Tex, l’appellativo
di “sacco di carbone” a un nero del vudù, mentre oggi non si
potrebbe più evidenziare la malvagità di una persona attraverso il
colore della sua pelle. Ricordiamo inoltre l’epica storia del
secondo grande scontro contro Mefisto (Tex nn. 39 e 40), dove Tex e
i suoi pards si rendono responsabili di un vero e proprio massacro
contro gli indiani Hualpai alleati di Mefisto, tra i quali non
sembrano esserci (poco verosimilmente) individui positivi: essi sono
tutti una razza di indiani selvaggi e primitivi da eliminare
(l’avventura fu pubblicata alla fine degli anni ’50).
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Tex. n. 152, giugno 1973. Disegno di Galep |
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Tex n. 154, agosto 1953. Disegno di Galep |
Mettiamo in
luce comunque che la visione della realtà spirituale e umana si è
evoluta in Tex nel corso degli anni fino a raggiungere quel
capolavoro dei primi anni ’70 con protagonista l’apache Lucero,
vero e proprio eroe tra il Bene e il Male, di cui, dopo una tenace
ricerca, Tex troverà solo la sua tomba in una missione di frati
senza mai averlo incontrato direttamente (Tex nn. 151/154).
Ricordiamo anche un’altra grande avventura, basata su una storia
vera, Apache
Kid
(Tex n. 165), una guida indiana dell’esercito statunitense
ribellatasi ad un’ingiustizia degli uomini bianchi e destinata ad
una tragica fine. A parte poche avventure (ma tutti capolavori), la
visione di G.L. Bonelli in Tex fu quasi sempre quella di una netta
divisione tra il Bene e il Male e ciò, secondo il nostro parere, ha
rappresentato un punto di forza del personaggio, poiché le storie,
con una tale base narrativa e ideologica, si sono impresse in modo
indelebile (grazie anche ad un linguaggio estremamente realistico)
nell’immaginario collettivo. Oggi la situazione è un po’ mutata
con vari personaggi in bilico tra il Bene e il Male, la ricerca del
“passato” di Tex (e anche quello di Carson) e della sua vita da
fuorilegge; ma, come dicevamo sopra, ciò dipende dalla sensibilità
dei nuovi sceneggiatori che, pur non tradendo mai gli archetipi
basilari del personaggio, devono anche dopo settanta anni
necessariamente rinnovarlo e, a proposito del “politicamente
corretto”, fare anche attenzione a quante sigarette fuma Tex nel
corso dell’avventura (sic)!
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Tex e gli Indiani: rapporti all'inizio non facili! Disegno di Galep |
5
– Il linguaggio bonelliano
Si
diceva sopra l’importanza del linguaggio e del lessico utilizzati
da G.L. Bonelli nelle storie di Tex e questo è il quinto elemento
che rappresenta un punto di forza della narrativa bonelliana. Il
linguaggio dell’autore è stato sempre, fin dagli inizi della saga,
molto realistico, duro, a volte ironico ed enfatico, diretto ad un
pubblico adulto più che adolescente. Bonelli era un romanziere e la
qualità di un buon narratore è quella di intrattenere con le parole
e soprattutto nei primi Tex degli anni ’50 le parole sono molte
(grazie anche all’uso delle didascalie esplicative o informative)
ma non annoiano, anzi, c’è sempre la voglia di andare avanti e di
scoprire che cosa nasconde l’altra pagina del fumetto. Bonelli ha
fatto leggere intere generazioni di italiani proprio quando la
televisione si affacciava nelle case e il boom economico era agli
inizi; di ciò gli deve essere dato merito. Anche il linguaggio di
Tex ha subìto un’evoluzione in questi settanta anni: dalle
esclamazioni troppo colorite ed enfatiche degli anni ’50
(ricordiamo il primo proibito “perdio” che venne presto censurato
e mutato nel famoso “peste”) si è passati a quel giusto
equilibrio tra tensione narrativa e semplicità ed essenzialità del
linguaggio, sempre nel rispetto della correttezza morfosintattica.
Un
elemento che colpisce particolarmente, che non si nota nell’edizione
censurata, è il frequente riferimento, nel linguaggio bonelliano dei
“primi” Tex, ai “vermi”, ai cimiteri, e comunque a termini
collegati alla decomposizione del corpo umano (ricordiamo che la
primissima idea di Bonelli era quella di usare “Killer” come
cognome di Tex). Questa caratteristica continuerà anche nei lavori
della maturità, negli anni ’60 e ’70, sia pure in tono minore
man mano che il carisma dell’eroe e le sue tre identità si
maturano e si intrecciano in modo perfetto. Per quanto riguarda le
esclamazioni e le imprecazioni, occorre dire che G.L. Bonelli era
abbastanza ripetitivo, poiché usava prevalentemente “maledizione”
e “dannazione” con tutti i derivati connessi, oltre ad alcuni
termini di più forte impatto emotivo, come “Sangue di Giuda” e
“Signore onnipotente”, che nei moderni sceneggiatori sono quasi
scomparsi, poiché oggi sembra che si preferisca smorzare la durezza
del linguaggio, aumentandone l’elemento pittoresco e canzonatorio
(forse per una nuova idea di “censura” che trapela ai nostri
giorni?).
6
– La libertà strutturale delle storie
Il
sesto elemento alla base del successo di Tex è stato la libertà
strutturale che G.L. Bonelli ha avuto nel costruire le storie. Quando
si ebbe il passaggio dalle strisce al formato “gigante” alla fine
degli anni ’60, per l’autore fu un momento importante, grazie al
quale la creatività avrebbe potuto trovare il massimo sviluppo, e
infatti nacque la stagione dei grandi capolavori della maturità di
Tex. Compiuti i sessanta anni, G.L. Bonelli si trovava a gestire, in
piena libertà, un personaggio che aveva ormai un solido background
alle spalle e lo stesso autore non ebbe mai reticenza a dire che lui
finiva una storia di Tex quando se lo sentiva, senza considerare il
numero di pagine che mancavano alla fine di un albo o che lo
superavano (in tutto ciò giovò certamente il fatto che la Casa
Editrice era gestita dal figlio Sergio Bonelli). Abituati come siamo
oggi a vedere quasi sempre un’avventura iniziare a pag. 5 di un albo
e finire a pag. 114 del successivo, non possiamo dimenticare come
invece le grandi storie degli anni ’70 iniziavano magari a metà
albo per poi concludersi a metà di uno dei successivi ed era per
puro caso che una qualche avventura si concludesse alla fine o
iniziasse a pag. 5. Per i giovani lettori di oggi (abituati spesso a
storie autoconclusive di un albo come accade in molte altre serie
bonelliane) la struttura ordinata delle avventure odierne può essere
un incentivo alla lettura, ma per un autore ispirato come G.L.
Bonelli la “gabbia” delle 110 tavole avrebbe costituito una
forzatura insostenibile, che avrebbe reso impossibile o limitato la
nascita di molti capolavori degli anni ’70.
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Tex n. 135, gennaio 1972. Disegno di Galep |
Un esempio di libertà
strutturale nel costruire le storie da parte di G.L. Bonelli può
essere il capolavoro Diablero
(Tex nn. 135/137): nel primo albo troviamo un villaggio apache in
una notte di plenilunio con un crescendo di suspense che introduce il
“diablero” Guaimas e la bella strega Mitla (magicamente ritratta
da Letteri), poi incontriamo El Morisco che raggiunge lo stregone
apache Mangos, i quali indagano sugli strani fenomeni soprannaturali
alla base della storia, mentre in parallelo Tex e i suoi pards (in
compagnia del capitano Walson, colui che fece incontrare Tex e lo
stregone di Pilares per la prima volta nel n. 77), cercando di
raggiungere El Morisco e il villaggio apache nella Sierra del Hueso,
vivono le loro avventure alle prese con la bella strega, durante le
quali muore in un agguato il capitano Walson (circa a metà albo
n. 136), e Tex si incontra con El Morisco solo alla fine dello stesso
albo, dopo avergli salvato al vita (a lui e al fedele servo Eusebio)
uccidendo il “diablero” Guaimas e avergli comunicato la tragica
fine del capitano. Infine troviamo un lungo discorso di
approfondimento tra El Morisco e lo stregone Mangos sui “diableros”,
la licantropia e tutti gli eventi soprannaturali e magici ad essi
collegati, al quale partecipano anche Tex e i suoi pards che hanno
raggiunto El Morisco, dopo la morte di Mitla nel tempio azteco della
Sierra del Hueso, e gli hanno portato “il fiore nero della morte”,
uno strano fiore che nasce sul fondo della cripta del tempio (il
lungo discorso va da pag. 11 a pag. 24 del n. 137 e la storia è
conclusa).
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Tex n. 136, febbraio 1972 |
7
– La “contaminazione” tra i generi letterari
La
settima “buona ragione” per leggere Tex è che in questo fumetto
troviamo quella che si chiama “contaminazione” tra i generi
letterari. Come si vede dalla storia analizzata sopra, G.L. Bonelli
inseriva sempre qualche variante che si potesse discostare dal genere
western, sia per interessare maggiormente i lettori sia perché egli
credeva nel magico e nel soprannaturale. Questa mescolanza tra i
generi la si nota soprattutto nelle storie a partire dalla fine degli
anni ’50; quando Sergio Bonelli prese la guida della Casa Editrice
sostituendosi alla madre Tea, si concluse la fase delle avventure a
prevalente carattere western e si inserirono sempre più spesso
varianti del magico e soprannaturale con l’inizio della “rinascita”
dell’eroe e della sua maturità con i primi grandi classici: n. 34,
Sinistri
incontri;
n. 39, La
gola della morte;
n. 45, La
voce misteriosa;
n. 47, Le
terre dell’abisso;
n. 50, I
figli della notte;
sono solo alcuni titoli con storie memorabili e che risvegliano nei
più adulti come il sottoscritto ricordi insostituibili alla base del
nostro immaginario avventuroso. Dopo l’ingresso di nuovi
disegnatori ad affiancare Galleppini e il loro fondamentale utilizzo
nelle varie tipologie di storie, abbiamo la seconda fase della
maturità dell’eroe e arriviamo agli anni ’70 con i classici albi
“Tex Gigante” (il formato bonelliano standard dei nostri giorni)
che produssero altri capolavori del genere western e
magico-soprannaturale: n. 79, Il
Drago Rosso;
n. 93, Terrore
sulla savana;
n. 103, Il
signore dell’abisso;
n. 104, Il
giuramento;
n. 110, Chinatown;
n. 115, Tramonto
rosso;
n. 122, Sulle
piste del Nord;
n. 125, Il
figlio di Mefisto;
altri titoli (ma ce ne sarebbero molti altri) che si sono impressi
nella memoria collettiva di noi lettori.
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Tex n. 93, luglio 1968. Disegno di Galep |
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Tex n. 103, maggio 1969. Disegno di galep |
Il fatto che la variante del
soprannaturale in Tex non sia solo un’appendice gradevole al genere
western, ma sia entrata in profondità nel tessuto narrativo
dell’eroe lo dimostra il fatto che il nemico numero uno per il
nostro ranger non è un normale fuorilegge, ma uno stregone che si
chiama Mefisto e il suo degno figlio Yama. Voglio dire che noi
lettori siamo stati abituati da decenni, quando leggiamo Tex, a non
meravigliarci delle intrusioni del soprannaturale (di tutti i tipi,
compreso quello degli indiani d’America), il quale non deve
necessariamente essere spiegato razionalmente, poiché Tex e i suoi
pards credono nel soprannaturale (anche se lo affrontano in modo
razionale, cercando di non lasciarsi coinvolgere da esso), e non
potrebbe essere diversamente dopo tutte le avventure con protagonisti
Mefisto e Yama (prevalentemente disegnate da Galep) e l’amico
“magico” per eccellenza di Tex, El Morisco (le cui avventure
furono invece disegnate soprattutto da Letteri). Negli ultimi tempi
si è sentita la mancanza del “magico” a fianco del nostro eroe,
per la tendenza a prediligere la dimensione del Tex ranger, come
dicevamo sopra (con frequenti incursioni nel genere “giallo”),
anche se negli ultimi sceneggiatori c’è la volontà di ritornare a
questo filone narrativo (pensiamo alla “resurrezione” di Mefisto
e al recente ritorno di Yama).
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Tex n. 101, marzo 1969. Disegno di Galep |
8
– I disegnatori di Tex
Siamo
arrivati all’ultima “ragione” grazie alla quale, secondo il
sottoscritto, Tex è arrivato ai settanta anni; ultima “ragione”
che in un fumetto potrebbe essere messa anche a fianco di tutte le
precedenti, visto che parleremo dei disegnatori. Non è mia
intenzione esaminare le caratteristiche di ognuno di essi, poiché
ciò richiederebbe un saggio a parte, ma mi soffermerò solamente sui
cinque nomi che furono, dalla fine degli anni ’60 agli anni ’70
(l’età d’oro di Tex anche dal punto di vista dei contenuti delle
storie, che avrebbero rappresentato un modello standard basilare nei
decenni seguenti), fondamentali nella divulgazione di una
rappresentazione grafica dell’eroe nell’immaginario collettivo.
Questi cinque nomi sono, oltre naturalmente al creatore grafico e
copertinista fino al n. 400 Aurelio Galleppini, Virgilio Muzzi,
Guglielmo Letteri, Giovanni Ticci ed Erio Nicolò. La mia opinione
(ma non solo), riguardo a questi cinque disegnatori, è che ognuno di
essi abbia rappresentato Tex come un diverso “attore” adatto ad
interpretare un certo genere di storia. Utilizzando un paragone
cinematografico (ricordiamo che G.L. Bonelli, come suo figlio Sergio,
era molto appassionato di cinema) è come se lo stesso sceneggiatore
scrivesse un diverso tipo di trama per uno stesso personaggio che
dovrà essere interpretato da vari attori, i quali risultano adatti
ciascuno per un certo tipo di storia.
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Aurelio "Galep" Galleppini Con Sergio "Guido Nolitta" Bonelli |
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Un celeberrimo autoritratto di Galep. Nel quadro Tex si affaccia sulla costa di Chiavari (una delle perle del Tigullio, dove viveva Galleppini) e pare osservare proprio la Colonia Fara, capolavoro dal Futurismo fascista, recentemente ristrutturata. |
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Galleppini appassionato di modellismo ferroviario |
Le avventure disegnate da Galep
rappresentano il Tex originale e infatti, oltre ai numeri “cento”
a colori, sono state affidate a lui negli anni ’70 storie
emblematiche come Il
giuramento
(Tex nn. 104/106), Tra
due bandiere
(Tex nn. 113/115), Il
figlio di Mefisto (Tex nn. 125/128), in cui troviamo un eroe pieno di grinta e
decisione, ma anche sofferente e provato dalle vicende della vita
(pensiamo alla morte della moglie Lilyth nel n. 104 o alla tragica
fine dell’amico Rod Vergil durante la Guerra di Secessione
americana nel n. 115), splendidamente raffigurato con un volto in cui
iniziano a vedersi le prime rughe e l’espressione degli occhi
risulta memorabile (vedi n. 134, p. 112; è un Galep al vertice della
sua maturità artistica, che si nota anche nelle prime 46 pagine de
Il
figlio di Mefisto,
dove viene rappresentata la morte del diabolico nemico di Tex).
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Un autoritratto di Virgilio Muzzi |
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Fernando Fusco |
A
Virgilio Muzzi furono affidate le prime storie per aiutare il
creatore grafico che, nell’aumento della produzione seriale anche a
strisce, da solo non poteva reggere tutto il peso del personaggio.
Negli anni ’70 di lui ricordiamo molte avventure, prevalentemente
di tipo western classico, in cui G.L. Bonelli, per modo di dire, si
“riposava”, ma sono comunque trame di tutto rispetto in un’epoca
in cui il creatore di Tex sfornava continui capolavori: La
dama di picche
(Tex nn. 116/117), Il
cacciatore di taglie
(Tex nn. 130/131), L’ultimo
poker
(Tex nn. 149/151), e l’ultima storia Una
stella per Tex
(Tex nn.180/183), dopo la quale Muzzi fu sostituito da
Fernando Fusco (la cui prima avventura è L’idolo
di smeraldo,
n.168), che ha rappresentato una nuova giovinezza per Tex, anche
nella rappresentazione grafica; infatti la prima storia scritta da
Sergio Bonelli (con lo pseudonimo di Guido Nolitta) in aiuto del
padre fu proprio disegnata da Fusco (Caccia
all’uomo,
n. 183, a cui seguì la famosa El
Muerto,
n. 190, disegnata da Galep).
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Un famoso autoritratto di Guglielmo Letteri |
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Letteri alla chitarra! |
Guglielmo
Letteri ha rappresentato soprattutto il Tex “magico e
soprannaturale”, a lui si deve la caratterizzazione di El Morisco e
molte memorabili storie come Il
signore dell’abisso
(Tex nn. 101/103), Chinatown
(Tex nn. 109/113), Diablero
(Tex nn. 135/137), Una
campana per Lucero
(Tex nn. 151/154), Il
fiore della morte (Tex nn.160/162), e molte altre. Letteri non è stato solo l’artista
del “magico”, ma anche di scenari western aridi e assolati
indimenticabili, di quartieri cinesi con “facce gialle” pronte ad
accoltellare Tex e i suoi pards; soprattutto la sua caratterizzazione
grafica lineare e pulita ha rappresentato una novità assoluta che ha
introdotto quella espressività dei volti capace di far recitare Tex
e gli altri personaggi in modo unico (in particolare in quelle
sequenze dove l’ironia del linguaggio e l’amicizia tra i pards
trapela maggiormente). Senza i disegni di Galep e Letteri non
sarebbero potute venire alla luce tutte le sfaccettature e le
varianti dell’animo di Tex e delle storie di G.L. Bonelli; essi
sono come le due facce di una stessa medaglia che rappresenta la
complessità dell’eroe bonelliano. Ricordiamo solo che tanti
sceneggiatori hanno scritto per Letteri: Nolitta, Nizzi, Berardi,
Boselli, e che l’ultima storia del creatore di Tex è stata
affidata a lui: Il
medaglione spagnolo,
n. 364.
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Giovanni Ticci con Sergio Bonelli |
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Giovanni Ticci nel 2010 |
Giovanni
Ticci è l’unico dei disegnatori “storici” di Tex ancora
vivente e il suo ingresso, fin dalla prima famosa storia Vendetta
indiana
(Tex n. 91), è stato salutato come una novità insostituibile
nelle storie del Ranger; a chi affidare l’eroe nella sua dimensione
più granitica e inossidabile se non a Ticci? Di lui si ricordano
storie indimenticabili come Massacro!
(Tex nn. 108/109), tratta dal famoso e unico romanzo con Tex Il
massacro di Goldena
del 1951, scritto da G.L. Bonelli; Sulle
piste del Nord
(Tex nn. 121/124), un capolavoro nella rappresentazione della
natura selvaggia e sterminata del paesaggio nordico del continente
americano; Terra
promessa (Tex nn. 146/149), La
notte degli assassini
(Tex nn. 166/168), Assalto
al treno
(Tex nn. 179/180), e tante altre. A Ticci sono state affidate le
storie a colori dei numeri “cento” dopo la scomparsa di Galep;
incarico che divide con il collega Fabio Civitelli, anche lui ormai
uno dei disegnatori “storici” di Tex, con un tratto unico e
particolare che si presta benissimo ad essere riempito dal colore, a
parte ovviamente le splendide copertine di Claudio Villa, che ha
esordito sulla serie nel n. 311 e che è poi diventato l’erede di
Galep a partire dal n. 401.
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Fabio Civitelli |
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Claudio Villa |
Siamo
arrivati all’ultimo disegnatore dell’età d’oro di Tex, Erio
Nicolò. Anche lui ha rappresentato, secondo noi, un eroe
indimenticabile, le cui caratteristiche sono quelle di un personaggio
più “umano”, “normale”, agli antipodi, per intenderci, del
tratto figurativo di Ticci. Senza Nicolò G.L. Bonelli non avrebbe
avuto un disegnatore adatto a raffigurare Tex mentre vive nella sua
riserva indiana dei Navajos, o mentre sbriga le incombenze periodiche
dei rifornimenti da far giungere ai suoi indiani, insomma quello di
Nicolò è un ranger nella sua “normalità” di vita quotidiana e
senza i suoi disegni ci sarebbe mancato questo lato così vicino a
noi e anche un po’ “misterioso” dell’animo di Tex. Ma senza
Nicolò soprattutto ci sarebbe mancato un disegnatore unico a
rappresentare la storia più lunga scritta da G.L. Bonelli (In
nome della legge,
Tex nn. 141/145), quel “calvario” per l’eroe che è stato
il solo tra le avventure del ranger. Chi se non Nicolò avrebbe
potuto disegnare Tex nella “cella della morte”, a un passo dal
patibolo, tradito da quella Legge che aveva sempre servito,
sostituito da un altro corrotto agente indiano, messi a dura prova
gli affetti tra i quattro pards? Una storia indimenticabile,
imprescindibile nella saga di Tex, forse il capolavoro assoluto di
G.L. Bonelli.
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Autoritratto di Erio Nicolò |
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Un'affettuosa caricatura di Nicolò tratteggiata da Bira Dantas |
E qui dobbiamo ricordare un altro disegnatore, un
aiutante di Nicolò, senza il quale il capolavoro di Bonelli citato
sopra forse non avrebbe visto la luce, considerata la sua lunghezza
inusitata (circa quattro albi e mezzo). Parliamo di Francesco Gamba,
il disegnatore principale de Il Piccolo Ranger
e di molti albi speciali di Cico,
il pard di Zagor. Gamba è stato uno di quei illustratori “ombra”,
spesso non accreditati, ma la cui funzione fu essenziale per
permettere a Tex di uscire puntualmente nelle edicole italiane,
grazie al suo tratto lineare, pulito e veloce, in un’epoca in cui
la velocità media dei disegnatori era senz’altro più elevata
rispetto a quelli di oggi. Alcune famose storie di Nicolò, oltre a
quella citata sopra: Gilas!
(Tex nn. 106/108), un indimenticabile e irriconoscibile Tex dalla
doppia identità, in un mondo di fuorilegge, raffigurato con la barba
incolta e una benda nera sull’occhio sinistro; Dugan,
il bandito
(Tex nn. 120/121), Silver
Star
(Tex nn. 128/129), Il
tiranno dell’isola
(Tex nn. 156/158), Lo
sceriffo di Durango
(Tex nn.158/160), Apache
Kid
(Tex nn. 164/166), Sulle
tracce di Tom Foster
(Tex nn.169/171), Fantasmi
nel deserto
(Tex nn. 177/179), e tante altre. Storie spesso con uno scenario
insolito ed esotico o una trama da “giallo”, un Tex inedito e un
finale amaro (queste caratteristiche lo hanno reso un disegnatore
prediletto per Sergio Bonelli, il primo “aiutante” del creatore
di Aquila della Notte).
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Autoritratto di Francesco Gamba |
Giunti
ormai al termine della nostra analisi dei disegnatori “storici”
di Tex, possiamo dire che ancora oggi la Casa Editrice milanese è
sempre attenta ad affidare un certo tipo di storia e di contenuti ad
un illustratore adatto e che sappia rendere al meglio la
sceneggiatura da “interpretare”; certamente, visto il numero di
pagine e di albi che esce in un anno con protagonista il nostro eroe,
cinque disegnatori non possono bastare, ma è importante che non si
perda questo “legame”, essenziale in un fumetto, tra testo e
disegno; facciamo un solo esempio di storia recente in cui, a nostro
parere, il disegnatore ha “interpretato” in modo encomiabile la
sceneggiatura: il Maxi Tex n. 21, Nueces
Valley,
scritto da Mauro Boselli e disegnato da Pasquale Del Vecchio, la
nascita della leggenda di Tex!
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Maxi Tex n. 21, ottobre 2017. Disegno di Villa |
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Il mitico G.L.! |
Conclusione
Questo
lavoro vuole essere un omaggio a Tex e al suo creatore G.L. Bonelli,
ma anche a tutti gli sceneggiatori e disegnatori che hanno permesso
al personaggio di uscire nelle edicole italiane (e non solo) per
settanta anni. Nella lunga storia dell’eroe ci siamo soprattutto
soffermati ad analizzare il periodo d’oro di fine anni ’60 e il
decennio ’70, ma non dobbiamo dimenticare che dopo G.L. Bonelli è
stato il figlio Sergio a continuare il mito texiano, e dopo di lui è
venuto l’aiuto determinante di Claudio Nizzi, che per molti anni
(soprattutto i decenni ’80 e ’90) ha portato l’onore e l’onere
di essere considerato l’erede di G. L. Bonelli; ma l’eredità di
un personaggio come Tex difficilmente può essere gestita da una sola
persona, e infatti anche Nizzi ha avuto bisogno, ad un certo punto,
dell’aiuto di Mauro Boselli, che attualmente tiene le redini
dell’eroe (per un’attenta e approfondita analisi dell’opera di
Boselli, si veda l’interessante saggio scritto da Nicola Magnolia e
Francesco Manetti, Mauro
Boselli. Il boss del fumetto,
recensito su questo stesso sito), il quale, a sua volta, non potrebbe
coprire tutta la produzione texiana senza il supporto di Pasquale
Ruju (e non dimentichiamo l’apporto di autori importanti come
Gianfranco Manfredi e Tito Faraci). Ognuno ha dato il suo contributo,
che deve basarsi sul non sempre facile equilibrio tra rispetto della
tradizione e innovazione nello stesso tempo, per portare avanti un
personaggio che ha la stessa età della Costituzione della Repubblica
italiana.
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Gianluigi Bonelli |
Nazzareno Giorgini
N.B. Trovate i link alle altre novità bonelliane su Interviste & News!
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