di Andrea Cantucci
“Ammucchiate
alti i cadaveri a Austerlitz e a Waterloo.
Copriteli
di terra e lasciatemi fare il mio lavoro.
Sono
l’erba, ricopro tutto.”
Dalla
poesia Grass
(Erba),
di Carl Sandburg
Fra
le tante proposte in formato bonellide dell’Editoriale Cosmo, i
mesi di settembre e ottobre 2014 vedono la comparsa nelle edicole
italiane di un paio di saghe francesi ambientate durante il periodo
napoleonico, Empire e I Dieci. Queste erano state
precedute mesi prima da un’altra serie che si svolge più o meno
nello stesso periodo, I Pirati di Barataria, la cui più
variegata ambientazione spazia però dalla Louisiana all’Egitto.
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Napoleone durante l'assedio di Tolone (dipinto di Eduard Detaille) |
L’epopea
napoleonica, che bene o male diffuse in Europa gli ideali di
uguaglianza e democrazia della Rivoluzione Francese, per poi tradursi
purtroppo in un ennesimo impero espansionista non molto dissimile dai
precedenti, è stata forse troppo breve perché i mass media
potessero impadronirsene trasformandola in un vero e proprio genere a
sé. Di fatto anche i fumetti ambientati in quel periodo, durato
appena venti anni, non sono poi moltissimi e la maggior parte di essi
sono naturalmente di produzione francese.
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Il
Napoleone generale della più romantica e ingenua leggenda francese |
L’epoca
napoleonica
Possiamo
intendere come periodo napoleonico quello che va dal 1793 al 1815. Fu
infatti nel dicembre 1793 che l’allora capitano corso di
ventiquattro anni Napoleone Buonaparte conquistò i gradi di generale
di brigata battendo gli Inglesi nell’assedio di Tolone. Nella prima
Campagna d’Italia contribuì poi alla vittoria contro gli Austriaci
del giugno 1794, ma nonostante ciò per un attimo cadde in disgrazia,
sia per aver sostenuto Robespierre, che il mese dopo fu
ghigliottinato, sia per aver rifiutato di combattere contro i ribelli
realisti della Vandea. Per questo fu addirittura radiato dai ranghi e
messo a mezza paga, quindi poco ci mancò che non sentissimo più
parlare di lui. A dargli una seconda occasione fu il capo del
Direttorio Barras, ovvero colui che aveva fatto eliminare
Robespierre. Probabilmente intendeva usare il giovane Buonaparte come
braccio armato, pensando di poterlo controllare facilmente. Su ordine
quindi di Barras, nel 1795 Napoleone sventò un colpo di stato
reazionario e fu nominato comandante in capo dell’esercito
nazionale, a soli ventisei anni.
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L'assedio di Tolone (1793) |
Francesizzato
il suo nome in Napoléon Bonaparte, si coprì poi di gloria agli
occhi del popolo comandando nei due anni seguenti la seconda Campagna
d’Italia contro Austriaci e Piemontesi, con buona parte della
nostra penisola che divenne di fatto una colonia francese, suddivisa
in cosiddette “repubbliche sorelle” a cui furono imposti tributi
da versare alla Francia. Bonaparte gestiva le condizioni da imporre
ai vinti e la creazione di nuovi stati, senza neanche interpellare il
Direttorio. In Italia, il piccolo generale era già dittatore di
fatto.
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Napoleone da giovane |
Le
tante leggende che circolavano su Napoleone, di cui si diceva per
esempio che in una battaglia avesse guidato le truppe personalmente
portando la bandiera, per lo più erano false. In realtà si teneva
ben lontano dalla mischia, ma ciò che soprattutto i Francesi non
sapevano era che, nella Campagna d’Italia, il loro “eroe” si
era intascato di nascosto un paio di milioni in oro come bottino di
guerra personale, pur mantenendo un tenore di vita modesto per
salvare le apparenze. Del resto, le ruberie di opere d’arte e di
denari operate regolarmente dalle truppe francesi, in Italia e
altrove, furono scrupolosamente annotate nei suoi diari.
Altri
successi bellici arrisero al piccolo grande corso, nonostante la
pesante sconfitta navale inflittagli dagli inglesi, nella Campagna
d’Egitto, paese che, strappato all’impero turco, divenne a sua
volta colonia francese.
L’ironia
della sorte volle poi che proprio chi aveva sventato il colpo di
stato monarchico del 1795, fosse a sua volta artefice del colpo di
stato autoritario del 1799. Anzitutto Napoleone costrinse ad andare
in pensione il suo benefattore Barras, poi cercò un consenso unanime
nel parlamento alla sua elezione. Non trovandolo, ricorse alle truppe
a lui fedeli, mentre quelle fedeli al parlamento furono portate dalla
sua parte dalla subdola e ingannevole dialettica del fratello Luciano
Buonaparte, allora presidente del Consiglio dei Cinquecento.
Con
la scusa di un inesistente attentato contro di lui, Napoleone
calpestò così la costituzione rivoluzionaria che diceva di voler
difendere dai Giacobini e pose fine alle assemblee legislative a lui
ostili, scacciando con la forza la maggior parte dei deputati e
costringendo gli altri a riscrivere delle leggi a suo uso e consumo.
Ciò gli permise di salire al potere prima come console e poi, nel
1804, come Imperatore dei Francesi.
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Napoleone proclamato Primo Console |
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Un
Napoleone imperatore assai poco rivoluzionario |
Attraverso
una serie di guerre contro le coalizioni delle altre potenze,
Napoleone ottenne la graduale espansione a buona parte dell’Europa
di un impero che raggiunse la sua massima estensione nel 1812. Di
vittoria in vittoria, il sedicente eroe di Francia si abbandonava
intanto al più sfacciato nepotismo, dividendo i troni dei vari paesi
conquistati, oltre che tra i suoi ufficiali, anche tra i suoi
fratelli e sorelle. Comunque l’unificazione, sia pure forzata, di
ampi territori come la Germania e l’Italia, fino ad allora
suddivisi in molti piccoli stati, contribuì a farvi nascere una
coscienza nazionale che prima era quasi inesistente.
Inoltre
l’occupazione napoleonica, imponendo le leggi francesi
post-rivoluzionarie, produsse anche effetti positivi, come la
liberazione dei contadini dalle servitù feudali o il riconoscimento
di diritti civili per chi prima ne era privo, come gli Ebrei. Col
Codice napoleonico promulgato nel 1804, si affermarono in tutto
l’impero dei principi progressisti validi ancora oggi: la libertà
individuale, l’uguaglianza di fronte alla legge, l’abolizione
delle discriminazioni religiose, la laicità dello Stato, il diritto
di ogni figlio a una parte dell’eredità familiare.
Insomma
si affermava che tutti erano uguali, ma intanto alcuni risultavano
molto più uguali degli altri, con l’imperatore in testa, visto che
allo stesso tempo Napoleone creò una nuova aristocrazia, conferendo
a militari, notabili, funzionari e ricchi borghesi, a lui fedeli, dei
titoli più o meno elevati in base al loro reddito.
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L'incendio di Mosca all'ingresso delle truppe francesi |
L’inversione
delle fortune di Napoleone avvenne nel 1812 con la disfatta della
Grande Armata di seicentomila uomini con cui invase la Russia, la cui
disastrosa ritirata ne vide ritornare meno di ventimila. La
sollevazione della Prussia alleatasi con Russia, Austria, Inghilterra
e Svezia portò quindi nel 1813 al crollo dell’impero e, l’anno
dopo, all’invasione della Francia, alla cacciata di Napoleone e
alla restaurazione della monarchia.
L’esilio
di Napoleone, come “principe” dell’Isola d’Elba, ebbe
comunque breve durata. Nel 1815 tentò di ricostruire il suo impero
tornando alla testa dell’esercito francese e promettendo al suo
popolo più democrazia, finché cento giorni dopo fu fermato
definitivamente dagli eserciti inglese e austriaco a Waterloo.
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Napoleone in una vignetta inglese dell'800 |
È
difficile dire se la sua sconfitta abbia frenato il progresso che un
Napoleone più democratico avrebbe forse potuto favorire, o se la
Restaurazione delle monarchie che tentarono di riportare l’Europa a
prima della Rivoluzione Francese come se niente fosse accaduto, non
abbia provocato indirettamente i successivi moti rivoluzionari e
indipendentisti che sono stati alla base degli attuali stati
nazionali. Ciò che è sicuro è che fu nel fermento politico e
sociale che seguì al periodo napoleonico, e precisamente dal 1830,
che nacquero i primi giornali satirici e poi umoristici, come La
Caricature e lo Charivari in Francia, il Punch in
Inghilterra o L’Asino in Italia, e che le loro graffianti
vignette, accompagnate anche da scenette comiche disegnate in
sequenza, furono alla base di quello che sarebbe poi diventato
l’attuale linguaggio del fumetto.
Nel
1830, la memoria dell’epopea napoleonica non si era naturalmente
ancora sopita. “Bisogna che abbiate ancora un celebre colpo di
testa…” è la sarcastica frase, detta da un sottufficiale
francese a un Napoleone in ritirata, che si trova in calce a un
disegno di Bellangé sul secondo numero de La Caricature.
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Disegno di Bellangé, da La Caricature n. 2 (1830) |
Napoleone
in Italia
Curiosamente
un personaggio autoritario e opportunista come Napoleone, anche dopo
il crollo delle dittature fasciste del ‘900 (che in buona parte
avevano preso esempio dalla sua politica dispotica, basata sul
consenso populista e sulla forza militare), ha continuato a lungo a
essere visto sotto una luce ingenuamente positiva, perfino in
quell’Italia da lui conquistata e di cui aveva tradito le
aspettative di indipendenza e democrazia che i patrioti dell’epoca
speravano potessero essere soddisfatte da un figlio della Rivoluzione
Francese.
Nei
fumetti pubblicati in Italia sotto il regime fascista, se capitava di
citare Napoleone (come nella storia I Ragazzi di Portoria
pubblicata da Nerbini nel 1938), era descritto come un uomo della
provvidenza, essendo per di più “un italiano di Corsica”,
che quindi si poteva portare a esempio di quel genio italico che
nell’editoria controllata dal Minculpop era costantemente celebrato
per alimentare il più becero nazionalismo.
Allo
stesso tempo lo si voleva vedere come un precursore di quel
cosiddetto duce che in comune con Napoleone aveva l’aver costruito
il suo mito di uomo forte su tutta una serie di evidenti
falsificazioni e puerili atteggiamenti teatrali, che allora come oggi
facevano però molta presa sul popolino più ingenuo e illetterato.
In
realtà Napoleone era un uomo piccolo e gracile, dai modi bruschi e
trasandato nel vestire, che non sapeva parlare alle donne e mangiava
poco perché soffriva di disturbi digestivi (il gesto con cui teneva
una mano sempre appoggiata sulla pancia lo aiutava forse a sopportare
il mal di stomaco). Alla fine le sue principali qualità erano le
indubbie capacità strategiche in battaglia, che non gli furono di
aiuto quando le condizioni avverse o le forze nemiche divennero
troppo preponderanti, e un notevole coraggio e forza di carattere nel
ricevere anche le peggiori notizie senza perdersi d’animo e nel
prendere decisioni rischiose e portarle avanti a ogni costo fino in
fondo, benché prima di decidere che cosa fare a volte tentennasse
per un po’ di tempo. Quindi anche da questo punto di vista, non era
proprio quel grande genio che si vuole credere...
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Il Corsaro del Mediterraneo di Dino Battaglia. Quaderni del Fumetto n. 4. Fratelli Spada, 1973 |
Nonostante
ciò, anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, il mito di Napoleone
sopravviveva, almeno nei fumetti pubblicati su giornali italiani come
Il
Vittorioso,
su cui uscì nel 1948 la storia Il
Nemico nell’Ombra,
scritta da Salvatico e disegnata da Gianni de Luca, in cui il
dittatore francese è rappresentato come un eroe quasi messianico, la
cui sconfitta è dovuta a un singolo traditore. Ciò che è più
delirante è che il traditore è smascherato e duramente accusato di
aver “cambiato bandiera” proprio dal ministro di polizia Fouché,
che storicamente è stato un politico tra i più opportunisti e senza
scrupoli, sempre pronto a tradire i vecchi alleati e a schierarsi
dalla parte di chiunque salisse al potere, compreso il reinsediato re
di Francia dopo Napoleone.
Un
altro esempio, un po’ meno sfacciato, della faziosità degli autori
de Il
Vittorioso,
è la
storia del 1958 Il
Corsaro del Mediterraneo,
scritta da Danilo Forina e disegnata da Dino Battaglia. Il protagonista, di cui viene raccontata la vita dal 1773
al 1830, è il genovese Giuseppe Bavastro, prima marinaio, poi
comandante di una nave che combatte vittoriosamente contro i pirati,
per diventare infine corsaro al servizio della Francia contro le navi
inglesi. Che tutto corrisponda o meno a fatti storici, il personaggio
ha un discreto fascino, ricordando solo molto vagamente i ben più
ingenui eroi italiani celebrati dai fumetti di propaganda durante il
Fascismo.
Capitan
Bavastro è un alto pezzo d’uomo, dotato di grande forza e
iniziativa e capace di coraggiose imprese, ma pur essendo il solo
comandante della flotta napoleonica ad aver vinto le navi inglesi,
non può diventare ufficiale della marina francese perché
analfabeta, un punto debole che ce lo rende più umano e simpatico.
Ma
Il Vittorioso era un periodico cattolico e quindi in quel
racconto la Rivoluzione Francese, che giustamente abbatté non solo
il potere nobiliare ma anche quello ecclesiastico, è vista soltanto
sotto la luce peggiore. Napoleone invece, anche se nel 1809 si era
annesso lo Stato Pontificio e aveva fatto imprigionare il papa, sia
prima che dopo strinse anche accordi con la Chiesa Cattolica,
restaurandone lo status di religione di stato e anticipando anche in
questo le altrettanto discutibili decisioni del suo successivo emulo
italiano.
Ecco
quindi che nelle scene in cui Bavastro lo incontra, l’Imperatore è
visto ancora una volta sotto un alone di grandezza. Anziché piccolo
com’era, Battaglia lo disegna quasi alto come l’altissimo
Bavastro e nei testi di Forina il carattere brusco e scostante di
Napoleone diventa l’aver concesso a pochi l’onore della sua
parola. Pur essendo la rivista migliorata molto nella
verosimiglianza storica e nella qualità dei disegni, il Vittorioso
continuava a mantenere una linea ideologica non lontana da quella del
periodo autarchico sotto il Fascismo.
Il
Corsaro del Mediterraneo fu edito in albo nel 1973 dai Fratelli
Spada, sul n°4 de I Quaderni del Fumetto.
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Uomini coraggiosi. Fabbri, 1980. Il volume raccoglie, tra le altre storie, Il coraggio di Edward Jenner |
Altre
belle storie ambientate durante il periodo napoleonico furono
disegnate da Dino Battaglia negli anni ’70, sulle pagine del
Corriere dei Piccoli e del Corriere dei Ragazzi, di
solito su testi di Mino Milani.
Tra
queste si può citare Il Coraggio di Edward Jenner, in cui
Napoleone fa liberare un prigioniero inglese per dimostrare la sua
gratitudine all’inventore del primo vaccino contro il vaiolo, i cui
effetti erano preziosi anche per la salute delle sue truppe. La
Presa del Fortino è invece un episodio bellico sulla guerra
franco-russa del 1812, che ha per tema il coraggio, non tanto da un
punto di vista militaresco quanto soprattutto umano.
Ne
Il Piccolo Re, l’abitudine di Napoleone di distribuire i
vari regni conquistati tra i suoi ufficiali fa sì che, quando uno di
loro cade in battaglia, debba salire al trono di un granducato
tedesco il suo figlio dodicenne. L’argomento riguarda quindi la
crescita prematura di un ragazzo che, pur essendo impreparato a
governare, deve dimostrarsi degno di essere un sovrano, affrontando
nemici e traditori che minacciano il suo regno.
La
Battaglia di Waterloo infine, riporta meticolosamente lo
svolgimento dell’ultima battaglia di Napoleone, compresi gli
spostamenti delle truppe e ogni singola svolta nell’evoluzione del
combattimento.
Tre
di queste storie furono incluse nel volume Caricaaa!,
pubblicato dalla Fabbri nel 1979, che raccoglieva episodi bellici di
varie epoche disegnati da Battaglia, disposti nell’ordine
cronologico degli eventi narrati.
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Caricaaa! di Dino Battaglia. Fabbri, 1979 |
Molto
meno idealizzato rispetto a tutte le ricostruzioni storiche, ma
paradossalmente forse un po’ più fedele al vero personaggio
storico, è il subdolo e ambiguo Napoleone che apparve nel 1974 sul
n. 57 di Alan Ford, scritto da Max Bunker e disegnato da Magnus - in una delle tante
storie narrate dal Numero Uno agli altri membri del Gruppo TNT.
L’efficacia
della feroce satira fu favorita dal fatto che Luciano Secchi, alias
Max Bunker, era ed è un esperto del periodo della Rivoluzione
Francese e poté quindi tracciare un ritratto perfetto del piccolo Corso e dei principali testimoni e artefici della sua fortuna. Ecco
così che in diciannove pagine a due vignette, illustrate ottimamente
da Magnus - con chine di Romanini - scorrono rapidamente Robespierre, la cui morte
prematura lascia un vuoto di potere, il cittadino direttore Barras,
che incarica Napoleone di sventare la congiura realista e gli
affibbia come moglie la sua ex-amante Giuseppina (cosa anche questa
storicamente vera), o il ministro di polizia Fouché, sempre pronto a
servire chiunque detenga il potere nel proprio esclusivo interesse.
Mancano altri personaggi importanti meno noti al grande pubblico,
certo per non appesantire la breve narrazione.
È
esilarante la trovata di Napoleone che mangia poco per carenza di
viveri e i cui mal di pancia sono dovuti alla fame, ma che si abbuffa
a dismisura appena ne ha la possibilità, vedendo crescere sempre più
il proprio giro-vita di pari passo con l’aumento del proprio
potere, o quella di una delle vittorie del generale ottenuta
giocandosela ai dadi col nemico, perché entrambi gli eserciti
ridotti alla fame vogliono essere fatti prigionieri per poter avere
il vitto assicurato. Il colpo di stato che diede il potere a
Napoleone invece, qui è attribuito agli intrighi del solo Fouché,
ministro senza scrupoli che ebbe davvero un ruolo determinante nella
vicenda, rendendo possibile la salita al potere di Napoleone
semplicemente non opponendosi (ma tenendo pronti due tipi di
manifesti da far affiggere a Parigi, pro e contro Bonaparte, a
seconda che il golpe riuscisse o meno).
Tutta
la gloria e l’enfasi attribuite a Napoleone sono così spazzate
via, lasciando al loro posto il ritratto di un piccolo uomo di nome e
di fatto, condotto dall’ambizione a incappare negli ingranaggi
inesorabili di una Storia più grande di lui, che lo eleva verso
grandi fortune per poi precipitarlo repentinamente nella polvere.
|
Magnus visto da Romanini |
Tornando
a fumetti storici più seriosi, nel 1977 l’editrice francese
Larousse pubblicò il diciassettesimo album della Histoire de
France en Bandes Dessinées (Storia di Francia a Fumetti),
che fu intitolato a Napoleone. Era ovvio che in tale opera, in
seguito anche allegata a Le Monde, si desse ampio spazio
all’epopea napoleonica.
Dall’anno
successivo, seguendo l’esempio francese, la Mondadori pubblicò
invece la Storia d’Italia a Fumetti attribuita al grande
giornalista Enzo Biagi. Dato il ruolo avuto da Napoleone nella
Storia italiana, anche in quest’opera gli fu dedicato un certo
spazio e fu ritratto da autori come Carlo Ambrosini e Paolo
Piffarerio.
Ma
il legittimo dubbio che sorge, nella parte su Napoleone come nelle
altre, è che Biagi possa essersi limitato a scrivere le introduzioni
ai vari capitoli. A ogni modo, chiunque ne sia l’autore, le
sceneggiature sono deludenti per l’eccessiva concentrazione di
un’enorme periodo di tempo in tre soli volumi e per la presenza di
troppi brevi aneddoti e curiosità che cercano la simpatia del
lettore superficiale, ma tolgono spazio ai fatti salienti
fondamentali che avrebbero avuto bisogno di essere narrati più
diffusamente. Nonostante gli ottimi artisti coinvolti, ciò rende
questa forse troppo ambiziosa opera troppo dispersiva e non del tutto
riuscita.
In
seguito anche altri editori francesi minori avrebbero seguito
l’esempio della Larousse e della Mondadori, dedicando in
particolare proprio a Napoleone vari volumi a fumetti biografici, dal
taglio più o meno didattico.
|
Histoire de France en Bandes Dessinées n. 11. Ed. Le Monde |
Ma
il fumetto che in Francia diede il via alla locale produzione
d’ambientazione napoleonica, vincendo infine le riserve che forse
molti avevano nell’osare rapportarsi a un tale personaggio, fu la
serie Arno sceneggiata da Jacques Martin, disegnata da André
Juillard (nei primi tre episodi) e da Jacques Denoël (negli ultimi
tre) e edita dalla Glénat dal 1984 al 1997, sia in album che sulla
rivista Vecu. Il protagonista è il giovane pianista veneziano
Arno Firenze (un nome di cui, da fiorentino, non so se sentirmi più
lusingato o più imbarazzato).
Il
primo episodio, La Pique Rouge (La Picche Rossa), è
appunto ambientato a Venezia nel 1797 durante la seconda Campagna
d’Italia. Come si vede all’inizio, il governo della Repubblica
Veneta accolse Bonaparte aprendogli le porte, sottomettendosi e
accettando l’occupazione senza reagire (da allora Giacomo Casanova
rifiutò di rimettere piede nella propria città). Di certo non
fecero un grande affare, poiché prima della fine di quell’anno
Napoleone avrebbe letteralmente “venduto” il Veneto all’Austria
in cambio della Renania.
Comunque,
nella serie di Arno, Martin si sofferma poco a
raccontare la Storia. La riproduce accuratamente, ma la usa
soprattutto come sfondo, narrando da subito le avventure del suo
eroe. Nelle prime pagine infatti, il generale Bonaparte incontra
Arno, ne apprezza la musica e lo invita a suonare per lui. Ciò fa sì
che il giovane musicista sia coinvolto in una serie di attentati
contro Napoleone ma anche contro lui stesso, ormai noto come amico
del generale, da parte di una misteriosa organizzazione il cui
simbolo è una picche rossa. Scoperti alcuni congiurati e raggiunto
Napoleone per avvertirlo, Arno finisce per diventare un suo agente.
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Arno n. 1. Glénat, 1984 |
Gli
autori umanizzano molto Bonaparte, senza esaltarlo né demonizzarlo,
ma senza nascondere nulla dei suoi ladrocini, o delle carenze
logistiche delle sue spedizioni, in cui il suo genio tattico suppliva
agli scarsi mezzi.
Il
secondo episodio di Arno, lo vede accompagnare Napoleone nella
Campagna d’Egitto, nel 1798, fin dalla partenza dal porto di
Tolone. Assistiamo così anche all’attacco di Napoleone all’isola
di Malta, che come al solito si traduce nel furto delle locali
ricchezze. Anche sulle navi e in terra egiziana riappare poi il
simbolo della Picche Rossa, che mette in atto un complotto per
sostituire Napoleone con un sosia. Arno si impegna di nuovo a
sventare i loro piani tra le antiche rovine egizie, aiutato da un
giovane e misterioso sceicco beduino.
Il
fatto che l’esercito francese, come si vede qui, si alleasse con
gruppi nemici dei Mamelucchi e dei Turchi che all’epoca dominavano
l’Egitto è del tutto plausibile. Bonaparte contava anzi su una
rivolta egiziana che in realtà non ci fu e in seguito continuò a
tentare di accattivarsi il favore delle popolazioni locali,
partecipando coi suoi soldati anche a cerimonie musulmane. Non
sarebbe stato neppure impossibile che facesse portare in Egitto un
pianoforte, come quello qui suonato da Arno. Infatti si preoccupava
di tenere le truppe occupate con delle distrazioni, per distoglierle
dalla nostalgia ed evitare che insistessero per tornare in patria.
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Arno n. 2. Glénat, 1985 |
Dopo
la storia ambientata in Egitto che prosegue nel terzo album, il
quarto episodio di Arno, intitolato 18 Brumaire (18
Brumaio), è dedicato al colpo di stato che portò Napoleone al
potere in Francia. Il titolo indica la data di quel giorno fatidico
secondo il calendario rivoluzionario, corrispondente al 9 Novembre
1799.
Il
quinto album vede Arno sbarcare in Louisiana, territorio un tempo
occupato dalla Francia, poi ceduto alla Spagna e che Napoleone nel
1800 stava per ottenere indietro dando in cambio a un re borbonico la
Toscana.
L’opera
di Martin e Juillard è stata senz’altro uno dei più importanti
punti di riferimento e fonti di ispirazione per i successivi fumetti
francesi ambientati nel periodo napoleonico, sia per il fatto di non
avere direttamente Napoleone come protagonista principale, sia per la
meticolosità della ricostruzione storica, dalle divise dell’epoca
agli scenari dei teatri di guerra in cui agisce l’esercito
francese. È giusta anche la non alta statura del generale corso, che
è raffigurato un po’ più basso del giovane Arno. Rispetto ai
disegni di Juillard, quelli di Denoël sono poi ancora più simili
allo stile delle illustrazioni dell’epoca, fin dalla composizione
soltanto apparentemente ingenua ma in realtà squisitamente
ottocentesca delle sue raffinate copertine.
Subito
dopo la loro apparizione in Francia, i primi tre album di Arno
sono stati pubblicati in italiano dalla Glénat Italia, in tre
numeri nella collana Le Avventure della Storia usciti tra il
1986 e il 1988.
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Arno n. 4. Glénat, 1994 |
Storie
dell’Impero Francese
A
un solo anno dall’esordio di Arno, il suo esempio fu seguito
dallo sceneggiatore Daniel Vaxelaire e dal disegnatore Michel Faure,
che nel 1985 crearono un’altra serie ambientata nel periodo
napoleonico intitolata Les Fils de l’Aigle (I Figli
dell’Aquila), pubblicata dall’editrice Hachette. Ne
realizzarono insieme cinque album, a cui ne seguirono altri cinque a
opera del solo Michel Faure, fino alla conclusione della serie nel
1996.
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Les Fils de l'Aigle n. 1. Hachette, 1985 |
Il
titolo si riferisce all’effige dell’aquila che nel 1804 fu scelta
come simbolo dell’impero francese, a imitazione di quello di Roma.
I protagonisti sono il giovane conte Morvan d’Andigny, che diventa
tenente dell’esercito di Napoleone, e la sua innamorata di un tempo
Capucine, da cui gli eventi storici lo dividono per poi fargliela
incontrare di nuovo successivamente, secondo le più elementari
regole del feuilleton ottocentesco.
Nel
1990 le Editions Du Lombard pubblicarono invece l’album Les
Perdus de l’Empire (I Dispersi dell’Impero), a opera
di Fréderic Delzant (in arte Éric) e Franz Drappier, che rimase
però un volume singolo.
|
Les Perdus de l'Empire. Lombard, 1990 |
Fu
agli inizi del terzo millennio, dal bicentenario dell’incoronazione
di Napoleone a imperatore, che in Francia cominciarono a
moltiplicarsi i fumetti ambientati in epoca napoleonica, come i sei
album della serie Double Masque (Maschera Doppia)
scritti da Jean Dufaux, disegnati da Martin Jamar e editi dalla
Dargaud dal 2004.
|
Double Masque n. 1. Dargaud, 2004 |
Sempre
nel 2004, uscì anche il primo dei due album della serie Shandy,
un Anglais dans l’Empire (Shandy, un Inglese nell’Impero)
scritti da Matz, disegnati splendidamente da Dominique Bertail e
editi dalla Delcourt.
L’azione
inizia a Parigi nel 1803, quando Shandy Ratcliffe, un giovane inglese
in cerca d’avventure e sincero ammiratore di Napoleone, accompagna
un gruppo di curiosi tra delle rovine che dicono siano abitate da un
fantasma a guardia di un tesoro, assistendo con loro alle esibizioni
di un seducente fantasma femminile.
Presto
però Shandy si trova accusato di aver preso parte a un complotto
contro Bonaparte. Inseguito prima dalla polizia rivoluzionaria,
rischia poi di cadere vittima dei riti sanguinari di una setta di
monaci fanatici, due fazioni che non potranno fare a meno di
scontrarsi tra loro. Nel secondo album ambientato nel 1805, Shandy si
arruola nell’esercito napoleonico, nel corpo dei dragoni, svolge
con successo una pericolosa missione per l’imperatore e prende
parte alla battaglia di Austerlitz, restando sconvolto dalla
carneficina a cui assiste.
|
Shandy n. 2. Delcourt, 2006 |
Napoleone
si vede di rado e quasi sempre di spalle, come un piccolo e ambiguo
deus ex-machina infagottato nel suo famoso cappotto, i cui giochi
strategici decidono del destino di migliaia di uomini. La sua statura
risulta giustamente bassa, anche quando Shandy si inginocchia davanti
a lui per ricevere la Legion d’Onore.
L’aspetto
più pregevole della serie di Shandy sta nei disegni, dato che
Bertail non si limita a trarre ispirazioni dai precedenti fumetti
franco-belgi o europei, ma sembra rielaborare sapientemente anche la
lezione grafica di maestri del fumetto statunitense come Richard
Corben o Frank Miller, aggiungendo alla loro espressività
chiaroscurale un più preciso realismo e una maggiore grazia,
soprattutto nei brillanti e delicati colori.
Sono
eccezionali le scene di battaglia del secondo volume, che ritraggono
masse di soldati e cavalieri in movimento. Da notare anche le belle
illustrazioni che occupano il retro-copertina dei due volumi, di cui
in particolare la seconda riprende la posa del soldato napoleonico di
un celebre quadro di Géricault del 1814.
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Marbot n. 1. Theloma, 2006 |
Tra
il 2006 e il 2013 seguirono i sette album della serie Marbot,
realizzati da Stéphane Pétre con uno stile umoristico
approssimativo e naif, ma anche molto dettagliato negli scenari e dai
gradevoli colori acquerellati. Il
protagonista è Marbot Marcellin, giovane ussaro dell’esercito di
Napoleone, durante la Campagna d’Italia.
Una
delle saghe napoleoniche più originali però è certamente Empire,
scritta da Jean-Pierre Pécau, disegnata da Igor Kordey e pubblicata
dalla Delcourt a partire dal 2006. Non è esattamente una serie
storica, poiché pur essendo ambientata nel passato si svolge in un
mondo parallelo che rientra nel genere steam-punk, una variante della
fantascienza caratterizzata da elaborate macchine a vapore al posto
di quelle elettriche.
La
principale differenza rispetto alla storia reale, è che qui
Napoleone non è mai tornato in Francia dall’Egitto per mettersi
alla testa del colpo di stato del 1799 e prendere il potere, ma è
invece rimasto in Medio Oriente molto più a lungo, al comando del
suo esercito d’invasione, proseguendo nelle sue conquiste verso
Est.
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Empire n. 1, pag. 1. Delcourt, 2006 |
Come
un emulo di Alessandro Magno, il generale Bonaparte ha così
distrutto l’impero turco, si è alleato con la Persia e si è
spinto fino a strappare all’Inghilterra il dominio dell’India. Il
suo impero è nato quindi sui campi di battaglia, dai territori di
cui ha preso possesso direttamente, mentre la relativa pace in Europa
e le ricchezze inviate alla madrepatria hanno permesso di avviare la
Rivoluzione Industriale in Francia prima ancora che in Inghilterra,
sviluppando già agli inizi dell’ottocento delle invenzioni
tecnologiche degne dei romanzi di Verne. Il risultato è che nel
1815, anno in cui è ambientata la serie, Napoleone, lungi
dall’essere sconfitto a Waterloo, è ancora imperatore, regnando su
un territorio ancora più vasto dell’Impero Romano.
I
protagonisti della serie sono il capitano Alexandre Saint Elme e lo
studioso dell’occulto Charles Nodier, rispettivamente agenti del
generale Savary e del ministro Fouché, incaricati di indagare sui
misteriosi mezzi che hanno permesso agli inglesi di battere per la
prima volta l’esercito di Napoleone in uno scontro terrestre.
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Empire n. 1 |
Il
viaggio di Saint Elme e Nodier attraverso l’India li porta a
incontrare anche dei personaggi storici, le cui vite però in questo
mondo alternativo hanno preso pieghe diverse, come il capitano Robert
Surcouf, che nella realtà fu un pirata attivo nell’Oceano Indiano
e qui diventa invece un ufficiale della marina francese.
Al
contrario Mary Shelley, la scrittrice autrice di Frankenstein, qui è
un’agente inglese addetta all’arma segreta su cui i due stanno
indagando, un’arma creata per l’appunto da un certo dottor
Frankenstein. Le vere idee progressiste di Lady Shelley sono inoltre
portate alle estreme conseguenze, rappresentandola come una donna se
possibile ancora più decisa, libera e disinibita di quanto fosse
nella realtà.
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Empire n. 1. Delcourt, 2006 |
La
fusione di elementi storici e letterari rende la serie interessante e
particolare, ricordando il disinvolto uso di personaggi tratti da
fonti e contesti diversi tipico della serie La Lega degli
Straordinari Gentlemen degli inglesi Alan Moore e Kevin O’Neil.
Qui però le citazioni sono più misurate e, anche se certi mezzi
meccanici sono stravaganti, le storie si mantengono tutto sommato
entro una relativa verosimiglianza, accentuata dai disegni di Kordey
che, grazie all’uso di sapienti ombre e sfumature uniti a una
parziale sintesi grafica, crea fisionomie plastiche e grottesche a un
tempo, in un ideale e ben riuscito ibrido tra espressività e
realismo. Anche Napoleone, rappresentato basso, grasso e severo, è
qui più ambiguo e inquietante del solito.
In
Italia, nel settembre 2014, i primi tre episodi di Empire sono
stati pubblicati dall’Editoriale Cosmo in un numero unico in
formato bonellide in bianco e nero intitolato Il Generale
Fantasma. L’eliminazione dei bei colori dell’edizione
originale non costituisce esattamente un miglioramento, ma in fondo
il semplice disegno al tratto permette di apprezzare di più il segno
delle accurate pennellate di Kordey, che crea sfumature di vari toni
di grigio attraverso tratteggi e campiture a mano, prima ancora
dell’aggiunta dei colori al computer.
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Empire n. 2, pag. 2. Delcourt, 2007 |
Tra
il 2007 e il 2012 è ancora la Delcourt a pubblicare i quattro album
della serie Souvenirs de la Grande Armée (Memorie della
Grande Armata) di Michel Dufranne e Alexis Alexander. Ambientati
dal 1807 al 1812, seguono le vicende dell’armata napoleonica che
attraversa l’Europa, in cui una compagnia di cacciatori a cavallo è
resa inquieta da strani eventi giudicati di cattivo auspicio, fino ai
giorni della disfatta di Russia.
Quest’opera
è uscita a colori anche in Italia, raccolta nel terzo volume della
collana cartonata Historica, curata dalla Magic Press e
pubblicata nel 2013 dalla Mondadori come allegato a Panorama e
a Focus Storia.
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Souvenirs de la Grande Armée n. 3. Delcourt, 2010 |
Più
avventurosa e varia nell’ambientazione è la serie Les Pirates
de Barataria (I Pirati di Barataria), scritta da Marc
Bourgne, disegnata da Franck Bonnet e pubblicata dalle Editions
Glénat a partire dal 2009.
Pur
svolgendosi al di fuori dell’Europa si ricollega all’epopea
napoleonica, sia perché l’epoca è il 1812 ed è in corso la
guerra tra l’Impero Francese e la VI Coalizione, sia per il legame
tra Napoleone e la giovane e misteriosa protagonista, Artemis
Delambre, che diverrà sempre più chiaro nel corso della serie.
Il
primo episodio inizia con l’imbarco su una nave diretta nelle
Americhe della bella Artemis e del suo accompagnatore Roustam, membro
della casta guerriera islamica dei Mamelucchi, che sconfitta in
Egitto da Napoleone fornì uomini alla sua scorta. Va notato che
Roustan era il nome del mamelucco che era la guardia del corpo
personale di Napoleone, citato anche da Balzac. Per un equivoco, la
nave su cui viaggiano Artemis e Roustam è assalita dai corsari della
Louisiana agli ordini dei famosi fratelli Pierre e Jean Laffite, che
dimostrandosi pirati di buon cuore finiscono per prendere i due sotto
la loro protezione. Dopo un attentato alla vita di Artemis da parte
di agenti prussiani e inglesi, i Laffite accolgono anzi lei e Roustam
nel loro covo, nella baia di Barataria, dove la bella francese
dimostra di maneggiare una spada meglio di molti uomini.
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I Pirati di Barataria n. 3 (Serie Rossa n. 20). Cosmo, 2014 |
È
storicamente vero, come detto nel fumetto, che Barataria fosse una
specie di piccola repubblica ispirata alle antiche regole della
Filibusta, in cui ogni guadagno era ripartito fra tutti su base
egualitaria. Jean Laffite era stato eletto capo liberamente dagli
altri pirati di Barataria, nel 1807. Ma in quella repubblica non
c’era parità di diritti tra bianchi e neri. Come si vede anche nel
fumetto, i Laffite univano all’attività di corsari quella di
mercanti di schiavi. Questi erano venduti, di contrabbando o
legalmente, nella fucina da fabbro dei Laffite a Nouvelle Orléans,
dove a differenza di ciò che appare nel fumetto, lavoravano solo gli
schiavi neri.
Insomma
i Laffite erano sì dei corsari dalle idee abbastanza liberali, ma
anche dei razzisti, in sintonia con la triste epoca in cui vivevano.
Artemis invece, venendo dalla Francia post-rivoluzionaria in cui
erano stati affermati i Diritti dell’Uomo, nel terzo episodio li
rimprovera aspramente per la loro attività di mercanti di esseri
umani e riesce infine a convincerli a liberare almeno una schiava,
che prende sotto la sua protezione.
C’è
chi sostiene che in vecchiaia Jean Laffite, ormai convinto che tutti
i perseguitati dovessero unirsi contro il Capitalismo, avesse
abbracciato la causa marxista e forse perfino finanziato la
pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista. Si dice anche che
possa aver portato tale scritto a conoscenza del presidente Abramo
Lincoln, colui che poi scatenò una guerra civile pur di affermare il
diritto di tutti gli uomini alla libertà.
Se
tali fatti fossero veri, sembrerebbe che quei rimproveri inventati
nelle pagine di un fumetto abbiano avuto degli enormi effetti. Ma in
realtà l’attività di negrieri dei Laffite continuò per anni
anche dopo il 1812.
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Les Pirates de Barataria n. 3. Glénat, 2010 |
I
flashback all’inizio di ogni episodio de I Pirati di Barataria
chiariscono un po’ per volta il passato e le origini di
Artemis, mentre nelle pagine ambientate nel 1812 la giovane francese
fa le sue prime esperienze in campo amoroso e bellico, sempre
minacciata dalle spie che la inseguono per terra e per mare.
Le
storie sembrano versioni senza censure e meno maschiliste dei
feuilleton ottocenteschi pieni di minacce, rovesci di fortuna, colpi
di scena e nemici pittoreschi, come la sadica e disinibita prussiana
Miss Schott.
Alla
fine del terzo album, i Laffite, per mettere al sicuro Artemis, la
inviano indietro su una loro nave. Così nell’episodio seguente,
che conclude la prima stagione, l’ambientazione cambia, seguendo le
vicissitudini della protagonista nella traversata dell’Oceano
Atlantico, anche se il titolo I Pirati di Barataria resta
invariato.
Nella
seconda stagione, che va dal quinto al settimo episodio ed è
ambientata nel 1813, la bella Artemis, dopo essere tornata a Parigi,
intraprende una missione segreta in Egitto, accompagnata stavolta dal
capitano Jean François. Anche qui l’azzimato agente inglese Nigel
Fitzpatrick e la perfida inviata prussiana Miss Schott continuano a
perseguitarla, mentre Artemis è costretta a difendersi anche dalle
aggressioni concupiscenti di sultani o aspiranti tali, che la
vorrebbero nel loro harem o come consorte, ricordando molto anche in
questo le eroine dei feuilleton antichi o recenti, come l’Angelica
creata negli anni ’50 del ‘900 dai coniugi Golon.
Nei
tre episodi ambientati in Egitto, la serie si ricollega maggiormente
alle vicissitudini storiche che stanno ormai per travolgere l’impero
di Napoleone. Alla fine dell’ultimo episodio per ora uscito,
pubblicato nel 2014, Artemis sta nuovamente rientrando in Francia e
si preannuncia una sua futura partecipazione alla battaglia di
Nouvelle Orléans del 1814-1815. Ciò significa che nei prossimi
episodi tornerà in Lousiana riunendosi ai fratelli Laffite, che in
cambio dell’amnistia per tutti i pirati di Barataria, parteciparono
realmente a quello scontro dalla parte degli Stati Uniti e
contribuirono in modo determinante a respingere l’attacco inglese.
Le
prime due stagioni de I Pirati di Barataria sono state
pubblicate in Italia dall’Editoriale Cosmo nel 2014, in tre albi in
formato bonellide in bianco e nero, di cui il terzo contenente i tre
episodi della seconda stagione.
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I Dieci n. 1 (Serie Rossa n. 24). Cosmo, 2014 |
Vittorie
e disfatte di Napoleone
Sempre
nel 2009, la Glénat iniziò un’altra serie ambientata nello stesso
periodo, scritta e disegnata da Éric Stalner, il cui titolo
originale Ils Étaient Dix (Erano in Dieci) è stato
tradotto in italiano come I Dieci.
La
vicenda inizia a Mosca nell’ottobre 1812, quando gli ultimi
superstiti della Grande Armata francese sconfitta, lasciati indietro
perché in parte non trasportabili, abbandonano a loro volta la città
per tentare di raggiungere il grosso dell’esercito in ritirata e
tornare in patria. Tra gli ultimi gruppi di militari ad andarsene c’è
quello, particolarmente esiguo, guidato dal medico Jean-Baptiste
Grassien, il protagonista della serie.
Il
titolo Erano in Dieci è effettivamente preciso, perché dopo
la metà del primo episodio il gruppo comincia a calare rapidamente
di numero. Grassien e i suoi compagni vengono infatti traditi da
alcuni soldati francesi al seguito di un misterioso personaggio,
Clément Morlay De Guérigny, che erano stati costretti a unirsi a
loro. Per ignoti motivi i dieci sono quindi abbandonati legati tra le
nevi della foresta, senza mezzi né viveri. Vengono attaccati da lupi
affamati e devono affrontare Cosacchi e Russi, per tentare di aprirsi
la strada.
Da
dieci, presto rimangono in nove e alla fine del primo episodio sono
ormai solo in sei. Nel secondo episodio ne muoiono altri. Gli ultimi
tre superstiti, tra cui Grassien, sono fatti prigionieri e ceduti
come schiavi a una famiglia di contadini russi. La loro dura
prigionia si protrae per anni, ma di nascosto ricevono l’aiuto
della giovane figlia del loro nuovo padrone. Grazie a lei, dopo molti
tentativi di fuga falliti, solo Grassien riuscirà a sopravvivere e a
fuggire, giurando di ritrovare Morlay De Guérigny per vendicare i
suoi compagni.
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Ils étaient Dix n. 2. Glénat, 2010 |
Dal
terzo episodio in poi, I Dieci diventa quindi la storia di una
vendetta, ma anche della ricerca dei motivi per cui dei francesi
avessero tradito altri francesi, abbandonandoli inermi in balia dei
Russi e degli elementi.
La
Francia che Jean-Baptiste Grassien troverà al suo ritorno in patria,
nel 1820, sarà inoltre ben diversa da quella che aveva lasciato,
essendo tornate al potere con la Restaurazione tutte quelle famiglie
regnanti e nobiliari che erano state spazzate via dalla Rivoluzione e
dalle conquiste di Napoleone e che, per quanto facciano, non potranno
più riportare indietro la coscienza sociale che si è formata nei
popoli europei.
Nella
concezione la trama è quella di un tipico romanzo dell’ottocento,
sul tipo de Il Conte di Montecristo, col protagonista che
riesce a superare ogni ostacolo attraverso la sua forza di volontà e
la sua perseveranza, pur di punire i colpevoli delle spietate
ingiustizie a cui ha assistito e di cui è stato lui stesso vittima.
Di particolare interesse è sicuramente il sesto episodio, uscito nel
2013 e intitolato Il Vecchio Imperatore, in cui si vede un
Napoleone precocemente invecchiato in esilio a Sant’Elena, poco
prima della sua morte a cinquantadue anni.
Il
maggior pregio è però la raffinatezza grafica dei disegni, che
migliorano sempre più nel corso della serie. Anche i colori
dell’edizione originale sono scelti con buon gusto qualitativamente
crescente nel tempo, e con toni diversi a seconda degli ambienti,
delle stagioni e delle ore del giorno in cui si svolgono le varie
scene.
Il
primo ciclo de I Dieci, in Italia, è pubblicato
dall’Editoriale Cosmo in una miniserie di tre numeri in formato
bonellide, che a differenza di altri albi della stessa casa editrice,
ha la particolarità di essere stampata in toni di grigio, ottenuti
semplicemente trasportando in bianco e nero i colori dell’edizione
originale. La buona qualità della stampa rende in generale le pagine
così ottenute pienamente leggibili e con gradevoli effetti di
contrasto. Qualche scena notturna o buia può risultare un po’
scura, ma le immagini restano comprensibili. Il risultato insomma per
un’edizione economica in bianco e nero è buono, ma appena la si
confronta con gli album originali, soprattutto gli ultimi, non si può
fare a meno di rimpiangere la mancanza del colore.
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Ils étaient Dix n. 4. Glénat, 2011 |
Nel
2009 uscì anche il primo album del forse fin troppo ambizioso
Napoléon di André Osi, edito da Joker Editions, che si
concentra nel narrare la storia delle varie battaglie combattute da
Napoleone, a partire da quella di Tolone. Le copertine, con l’ombra
di Bonaparte che incombe sui vari scenari in cui si svolgono gli
eventi storici, sottolineano una versione abbastanza aderente alla
storia pubblica e ufficiale del personaggio.
Il
disegnatore ha uno stile un po’ piatto, anche perché tende a
disporre i personaggi in assonometria anziché in prospettiva, come
uno stratega su una mappa, più che un artista alle prese con delle
composizioni.
Comunque,
nel suo realismo, Osi è preciso fin nei minimi dettagli della
ricostruzione storica, rispettando scrupolosamente le divise di ogni
singolo corpo o reggimento, anche grazie alla consulenza di vari
esperti dell’epoca. Eppure usa erroneamente nella storia una
bandiera tricolore francese, che ancora non esisteva.
L’assedio
di Tolone del 1793, narrato nel primo album della serie, in cui il
giovane capitano Buonaparte diede prova per la prima volta del suo
talento tattico, dipese dal fatto che la città si era ribellata a
opera della fazione dei Girondini, che difendevano la proprietà
privata dei ricchi possidenti, contro le leggi votate dalla fazione
dei Montagnardi a favore dell’acquisto dei beni nazionali da parte
dei contadini. Pur trattandosi di una lotta interna per motivi
politici, una flotta inglese occupò il porto con la scusa di
appoggiare i ribelli.
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Napoléon di André Osi, vol. 1. Joker Editions, 2010 |
Per
riconquistare la città, come qui mostrato in dettaglio, Napoleone
applicò un proprio piano nonostante l’opinione contraria dei
superiori. Occupò i forti che chiudevano il porto e usò
l’artiglieria per prendere le navi nemiche sotto un tiro
incrociato, risolvendo la battaglia e guadagnandosi la nomina a
generale di brigata.
Nel
2011 è uscito il secondo album, dedicato alla vittoria di Napoleone
contro il colpo di stato reazionario del 1795. Il titolo, Le
Général Vendémiaire (Il Generale Vendemmiaio), si
riferisce al fatto che quel tentativo di golpe avvenne nel mese che
nel calendario rivoluzionario era detto appunto Vendemmiaio.
Nelle
intenzioni dell’autore, dovrebbero poi seguire altri volumi, fino a
coprire l’intera epopea napoleonica.
Intanto,
nel 2010 hanno esordito in Francia altre due serie dedicate alla vita
di Napoleone.
Il
Napoléon di Nicolas Dandois, pubblicato in due volumi in
bianco e nero nel giro di due anni, si potrebbe anche considerare
contrapposto e complementare a quello di Osi. È disegnato con uno
stile semi-umoristico, a tratti un po’ rozzo e approssimativo ma
efficace nei suoi toni grotteschi, ed è caratterizzato dal
predominio, a tratti, di una narrazione letteraria che lo rende quasi
più simile a un libro illustrato che a un fumetto.
Nel
primo volume, intitolato Été 1815 (Estate 1815), la
vita di Bonaparte è rievocata dall’ex-moglie Joséphine (o
Giuseppina) Beauharnais, che dovrebbe essere uno spettro visto che
morì prima di lui nel 1814. Questa ne narra la storia a ritroso, a
partire dall’esilio sull’isola di Sant’Elena, che ebbe inizio
appunto nel 1815.
Sul
secondo volume, La Corse (La Corsica), come dice il
titolo si narra invece l’infanzia e la giovinezza di Napoleone su
un’altra isola, quella in cui era nato nel 1769, da una famiglia
della piccola nobiltà locale.
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Napoléon di Nicolas Dandois, vol. 1. Des ronds dans l'O, 2010 |
Le
scene qui rappresentate vanno dal trauma per la morte di una
sorellina alla rigorosa educazione ricevuta, dal sostegno della sua
famiglia alla lotta per l’autonomia della Corsica fino alla
partenza del piccolo Napoleone per la Francia, alla tenera età di
dieci anni, e agli studi nella scuola di artiglieria di Brienne.
È
una biografia che si limita a due frammenti della vita di Napoleone,
forse meno noti, ma anche per questo tutto sommato più interessanti
per indagare gli aspetti più umani del carattere del famoso generale
e imperatore, per scoprire come questo si è formato in gioventù e
come abbia poi vissuto il proprio esilio.
Del
resto le sue inquietudini e ambizioni, il suo desiderio di rivalsa e
di controllo sul mondo, possono essere stati alimentati da disagi
giovanili, come una rigida educazione imposta, o il dolore del
distacco forzato dalla madre e dai giochi spensierati dell’infanzia.
Forse concedendo a un bimbo di dieci anni il diritto all’affetto di
una famiglia, si potrebbe evitargli di doversi trasformare da adulto
in dittatore per illudersi di essere amato.
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Napoléone Bonaparte n. 2. Casterman, 2013 |
Tra
il 2010 e il 2014, l’editrice Casterman ha invece pubblicato tre
album della serie Napoléon Bonaparte, realizzati su
ispirazione di Jacques Martin, con le sceneggiature di Pascal Davoz e
i disegni di Jean Torton.
Il
primo volume si apre nel maggio 1779, quando un Napoleone di dieci
anni entra alla scuola militare di Brienne, per poi diventare pian
piano un giovane uomo, fino a essere nominato capitano della
Convenzione.
Come
nelle opere di Martin, la storia è basata su una documentazione
rigorosa, per ricostruire una probabile verità storica, senza farsi
sviare da biografie ufficiali e agiografie successive. Davoz e Torton
cercano il più possibile di raccontare il Napoleone reale e non
quello leggendario. Il suo percorso umano può così apparire anche
lontano da quello che ci si potrebbe aspettare, pensando a come
Napoleone è sempre stato descritto.
Il
secondo album comincia nel 1794, quando il venticinquenne generale di
brigata Napoleone, prende parte alla prima Campagna d’Italia,
contribuendo alla vittoria delle armate francesi contro gli
Austriaci. Poi lo vediamo a Parigi, assumere i pieni poteri su
mandato del Direttore Barras, per difendere la capitale e la
Convenzione dal colpo di stato realista del 1795. Nonostante i
rivoltosi siano superiori ai suoi soldati di dieci a uno, strategia e
cannoni gli fanno vincere la battaglia, guadagnando così prestigio e
influenza politica.
Nel
terzo volume assistiamo invece all’improvviso ritorno di Napoleone
dall’Egitto, nel 1799, essendo stato informato della difficile e
traballante situazione politica che, dopo le ultime sconfitte
dell’esercito francese in Europa, si stava determinando in patria,
tra tentativi di colpi di stato e rischi di nuove insurrezioni. Tra
l’altro è corretto il fatto che sbarchi con pochissimi uomini e
mezzi, avendo lasciato la sua armata al di là del mare, così come
ci furono davvero le manifestazioni di gioia che si vedono qui, lungo
la strada per la capitale, anche perché da tempo i suoi nemici
avevano diffuso delle notizie infondate di una sua disfatta.
Poco
dopo, assistiamo al colpo di stato con cui Napoleone diventa prima
console e poi imperatore. Il libro si conclude nel 1811, anno in cui
gli nasce il figlio ed erede a cui diede il titolo simbolico di Re di
Roma.
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Napoléon Bonaparte vol. 3. casterman, 2014 |
Nel
Napoléon Bonaparte della Casterman la qualità dei disegni e
delle composizioni di Torton è senza dubbio superiore a quelle di
Osi o di Dandois e, anche dal punto di vista della documentazione, la
serie presentata da Jacques Martin non teme confronti. Nella
copertina del secondo volume, così come all’interno, gli autori
non commettono l’errore di usare un tricolore anacronistico, ma
mettono in bella mostra l’originale bandiera rivoluzionaria della
Convenzione, che del resto era già stata inserita da Martin e
Juillard anche negli albi di Arno. Lo stesso Jacques Martin aveva
inoltre curato tra il 2007 e il 2008, sempre per Casterman, tre
volumi di illustrazioni sulle divise e i costumi dell’epoca
napoleonica (Le Uniformi dell’Armata Francese a Waterloo, I
Costumi sotto la Rivoluzione e l’Impero, La Campagna d’Egitto di
Bonaparte), come avesse voluto preparare dei modelli da mettere a
disposizione di Jean Torton, per permettergli di realizzare al meglio
quest’opera.
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Bonaparte - La campagne d'Égypte. Casterman, 2008 |
Oltre
al fatto di vedere Napoleone da un lato umano, il ché rischia però
di rendere il dittatore francese fin troppo simpatico, un pregio
della serie è l’essersi concentrati in modo dettagliato sui
passaggi chiave della sua carriera senza aver tentato di raccontarne
necessariamente ogni singola battaglia, cosa che, dati i lunghi tempi
di realizzazione degli album francesi, avrebbe richiesto un periodo
enorme per completare la storia.
La
vita di Napoleone è invece stata qui suddivisa, in modo logico e
sintetico, nelle sue parti essenziali: la giovinezza e gli studi
militari, la carriera da generale e le prime conquiste, la presa del
potere e l’espansione dell’impero. A queste tre potrebbe in
teoria seguire una quarta parte, sul Napoleone sconfitto e in
disgrazia.
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La Bataille n. 1. Dupuis, 2012 |
Un’operazione
contraria è quella di dedicare un ciclo di albi a una singola
battaglia, come accade in una delle ultime serie su Napoleone e il
suo esercito, La Bataille (La Battaglia), edita dalla
Dupuis in tre album usciti dal 2012 al 2014, con i testi di Frédéric
Richaud e i disegni di Ivàn Gil. La storia è tratta da un romanzo
di Patrick Rambaud, ispirato a un progetto incompiuto di Balzac e
vincitore in Francia di alcuni premi letterari.
Tutti
e tre i volumi sono dedicati alla battaglia di Asperne e Essling,
combattuta dalla Grande Armata di Napoleone contro gli Austriaci nel
1809, che viene qui narrata in modo dettagliato, sia nei retroscena e
nelle tattiche dello stato maggiore di Bonaparte che nello scontro
fisico vero e proprio tra le truppe.
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Napoleone, da La Bataille n. 3. Dupuis, 2014 |
Nel
raccontarla, gli autori mettono in scena tutte le loro capacità
narrative e grafiche, unendo al rigore storico anche un po’
d’umorismo grottesco. Il disegnatore Gil fa un ottimo lavoro,
rispettando con precisione le caratteristiche dei personaggi reali e
i costumi delle masse di soldati che muove sul campo di battaglia.
In
questi casi, il vantaggio del fumetto sul cinema è di non avere
problemi di budget. Infatti gli scenari e le forze coinvolte in
quest’avvenimento storico furono abbastanza imponenti e
ricostruirlo non è stato facile.
Per
permettere all’esercito napoleonico di attaccare gli Austriaci
prima che ricevessero rinforzi, fu necessario costruire sul fiume
Danubio un ponte galleggiante lungo ottocento metri, il ché per
l’epoca fu una notevole impresa dei genieri francesi. La battaglia,
che lasciò sul terreno oltre quarantamila morti in due giorni, ebbe
poi il macabro primato di essere considerata la prima grande
carneficina nella Storia delle guerre moderne.
Tale
bagno di sangue, insensato come ogni conflitto, fu ulteriormente
inutile per il fatto che dopo trenta ore di combattimento non ci
furono vincitori né vinti. Probabilmente Balzac scelse proprio
questa battaglia anche per questo. Non si tratta qui di mostrare la
vittoria di qualcuno, ma la guerra in tutta la sua assurda follia.
I
tre episodi de La Battaglia in Italia sono stati raccolti in
un unico volume cartonato a colori, uscito nel 2014 come n°17 della
collana Historica curata dalla Magic Press e allegata alle
riviste Panorama e Focus Storia.
Polemiche
napoleoniche
In
definitiva abbiamo visto, da questo nostro excursus, come alcuni
fumettisti francesi che si sono occupati di Napoleone abbiano
dimostrato qualche indulgenza verso le azioni del loro vecchio
dittatore, probabilmente per quello stesso acritico amor di patria di
chi oggi vuole vedere vincere a ogni costo la propria nazionale.
Lo
stesso capostipite Arno, dal punto di vista italiano, può apparire
come un collaborazionista che dimostra una totale indifferenza
all’occupazione della propria patria e alla svendita ad altri re
stranieri di regioni italiane come il Veneto e la Toscana, proprio
quelle a cui dovrebbe sentirsi più legato, in quanto veneziano che
di cognome fa Firenze. Ma sembra che queste considerazioni non
sfiorino proprio gli autori francesi.
Se
in una serie come I
Dieci
vengono mostrate la prigionia in terra straniera e le privazioni a
cui sono stati sottoposti i prigionieri francesi, è infatti più
raro che si mostrino le angherie e i soprusi compiuti nelle terre
conquistate dall’armata francese, come da qualsiasi altro esercito
d’occupazione in qualunque paese.
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Le Decalogue, vol. 9. Glénat, 2003 |
Ci
sono però anche fumettisti francesi che hanno dato, delle guerre di
conquista scatenate da Napoleone, un’interpretazione più critica.
Lo si può vedere nelle scene finali del già citato secondo volume
della serie Shandy,
chiaramente ispirate a sentimenti pacifisti di condanna verso
qualunque guerra, o anche nel nono volume della serie Il
Decalogo,
pubblicato dalla Glénat nel 2003, scritto da Frank Giroud e non a
caso affidato per i disegni a Michel Faure (autore de I
Figli dell’Aquila
e quindi esperto dei costumi dell’epoca).
Alla
fine dell’episodio, ambientato in Egitto nel 1798, assistiamo a una
sollevazione popolare di uomini e bambini armati di sassi e bastoni
contro gli occupanti, che è soffocata nel sangue senza pietà da
quegli stessi soldati e cavalleggeri francesi che sostenevano
d’essere venuti a liberare il paese dal dominio turco.
Comunque,
sembra che nessuno abbia ancora dedicato un fumetto a quelle che
furono forse le peggiori atrocità commesse dalle truppe di
Napoleone: le repressioni delle indomabili rivolte del popolo
spagnolo durante gli anni tra il 1808 e il 1814, dopo una guerra che
l’imperatore sosteneva d’aver combattuto per liberare la Spagna
dalla pur terribile dittatura dell’Inquisizione, ma che in realtà
finì come al solito per portare all’insediamento come nuovo re di
uno dei suoi fratelli - il sedicente pacifista Giuseppe Buonaparte.
All’epoca quelle esasperate violenze, ritorsioni e fucilazioni di
massa, furono registrate fedelmente nelle incisioni di Francisco Goya
della serie intitolata I
Disastri della Guerra e
in almeno un paio di suoi celebri dipinti.
Albi
citati nell’articolo pubblicati in Italia in formato bonellide:
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I Pirati di Barataria n. 1 (Serie Rossa n. 18). Cosmo, 2014 |
I
PIRATI DI BARATARIA
Testi:
Marc Bourgne
Disegni:
Franck Bonnet
Prima
e seconda stagione
Miniserie
di tre numeri
Collana:
Cosmo Serie Rossa dal n°18 al n°20
Formato:
96 pag. i primi due – 144 pag. il terzo – in bianco e nero
Editore:
Cosmo
Date
di uscita: dall’Aprile al Giugno 2014
Prezzo:
€ 3,00 i primi due - € 4,50 il terzo
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Empire n. 1 (Serie Nera n. 10). Cosmo, 2014 |
EMPIRE
Testi:
Jean-Pierre Pécau
Disegni:
Igor Kordey
Prima
stagione in un numero unico
Titolo:
Il Generale Fantasma
Collana:
Cosmo Serie Nera n°10
Formato:
160 pag. in bianco e nero
Editore:
Cosmo
Data
di uscita: Settembre 2014
Prezzo:
€ 5,00
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I Dieci n. 2 (Serie Rossa n. 25). Cosmo, 2014 |
I
DIECI
Testi
e disegni: Éric Stalner
Miniserie
di tre numeri
Collana:
Cosmo Serie Rossa dal n°24 al 26
Formato:
112 pag. in bianco e nero
Editore:
Cosmo
Date
di uscita: dall’Ottobre al Dicembre 2014
Prezzo:
€ 3,40 l’uno
Andrea Cantucci
N.B. trovate i link alle altre parti dell'Angolo del Bonellide sulla pagina delle Cronologie & Index!
I testi della Storia d'Italia a fumetti "di Biagi" uscita in tre volumi a partire dal 1978 sono in realtà di Giuseppe Pardieri, stretto collaboratore di Enzo, che nel redigerli si fece aiutare dalla moglie. I coniugi Pardieri, da me conosciuti, mi rivelarono che la scelta degli argomenti si basò non su testi di Biagi ma su uno spoglio degli articoli più stimolanti di "Storia Illustrata" dal primo numero (1957) in poi. Infatti nella Storia "di Biagi" ci sono episodi come "la crociata dei fanciulli" che, con la storia d'Italia intesa in senso manualistico, c'entra davvero poco ma che invece compare tra gli articoli di Storia Illustrata degli anni Sessanta.
RispondiEliminaCordialità,
Matteo Mattei.