di Massimo Capalbo
L'Atlante di Mister No - che ancora troneggia come link sulla homepage di Jerry Drake
nel sito della Sergio Bonelli Editore - arriva alla seconda parte della lettera M, dove potete leggere una delle voci più approfondite e importanti del nostro dizionario, quella dedciata alla città adottiva del nostro eroe, la brasiliana Manaus! Massimo "Max" Capalbo ha deciso di dividere in più parti la gigantesca lettera M dell'Atlante, portando avanti nel contempo l'altro nostro grande porogetto bonelliano, gli Zagor Monsters, l'enciclopedia delle creature fantastiche nel cosmo dello Spirito con la Scure: ecco dunque spiegata la cadenza mensile dell'Atlante, pubblicato inizialmente ogni 15 giorni. E in pentola bolle anche qualcos'altro... ssssst! Godetevi dunque le informazioni e le curiosità sulla capitale amazzonica e le altre sei interessantissime voci di questo nuovo appuntamento con il pilota del Piper! (s. c. & f. m.)
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Mister No appare sulla copertina del Dylan Dog Horror Fest n. 12, aprile 2014. Disegno di Sara Pichelli, con i colori di Annalisa Leoni. |
Legenda
- I
nomi in stampatello
e grassetto
rimandano
a una voce dell’Atlante.
- I
nomi dei personaggi cui è dedicata una voce sono indicati per
cognome - ovviamente se questo è conosciuto (per esempio: AMARAL,
STELIO;
REMY,
ANOUK).
In alcuni casi, però, abbiamo optato per il soprannome (per es.:
ESSE-ESSE
invece che KRUGER,
OTTO).
Riguardo poi a personaggi come O
BISPO
ed EL
LOCO,
le voci a loro dedicate sono state inserite sotto l’iniziale del
nome, invece che sotto l’iniziale dell’articolo: per es., EL
LOCO,
si trova alla lettera L di LOCO e non alla lettera E di EL (che in
spagnolo è appunto un articolo e corrisponde al nostro IL).
-
I
personaggi dalla doppia identità sono stati indicati con il nome
della loro identità fittizia piuttosto che con il nome vero (ad es.:
DEMONE
ETRUSCO,
GIUSTIZIERE
DI BONAMPAK).
-
Quando
i personaggi vengono citati in una voce che non è a loro dedicata,
solo il cognome è scritto in neretto
e stampatello,
in modo da rimandare immediatamente alla lettera sotto la quale sono
stati inseriti (per es.: nel testo della voce ANACONDA,
il personaggio Daniel
Murdock
è citato come Daniel
MURDOCK).
L’unica eccezione a questa regola riguarda il protagonista della
serie, il cui nome - attenzione: non il nome proprio Jerry
Drake,
ma
appunto il soprannome
MISTER
NO
- è sempre scritto in neretto e stampatello, tranne ovviamente
quando è inserito nel titolo di un fumetto o di un libro (per es.:
Mister
No Index Illustrato,
Mister
No Riedizione If).
-
Per
quanto riguarda la serie regolare, il titolo attribuito a ciascuna
storia è tratto da uno degli albi che la compongono ed è quello, a
nostro avviso, più rappresentativo, quello che meglio sintetizza la
trama o che, rispetto ai titoli degli altri albi, richiama la storia
alla memoria dei lettori in modo più efficace. Per esempio, la storia
dei nn. 17-20 viene indicata con il titolo del n. 19, "Operazione Poseidon"
perché esso è più rappresentativo, più calzante rispetto ad
Agente segreto Zeta 3 e Tragica palude,
che sono i titoli rispettivamente del n. 17 e del n. 19 (del tutto
avulso poi il titolo del n. 20, Evasione!,
visto che si riferisce alla storia successiva).
Per le Note sui collegamenti ipertestuali e le Note sulle illustrazioni vedi la prima parte.
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Gallieno Ferro a Lucca nel novembre 2013, assalito dalle maschere dei due suoi più noti personaggi: Mister No e Zagor! Dal consigliatissimo e imprenscindibile blog di Moreno Burattini: Freddo Cane in Questa Palude. |
M
(parte II)
MANAUS
MARCEL, ALAN
MASAI
MAU MAU
MAYA
MBARA
MEDINA,
PACO FRANCISCO
MANAUS
La città
brasiliana dove MISTER
NO
ha scelto di
stabilirsi
dopo aver lasciato gli STATI
UNITI.
Capitale dello Stato di Amazonas, Manaus
– che oggi conta quasi due milioni di abitanti - fu fondata nel
1669 sulle rovine di un avamposto militare portoghese chiamato Fortim
São José da Barra do Rio Negro.
La città ricevette l’attuale nome nel 1856, in onore della più
importante tribù della regione: gli indios Manaos. Nei quarant’anni
a cavallo tra i secoli XIX e XX, Manaus
visse un periodo di splendore grazie al boom del caucciù.
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Mister No n. 2, luglio 1975. Disegno di Ferri. |
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Nolitta
presenta Manaus ai lettori - MNO 2, p. 26
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L’impetuoso fiume di denaro che si riversò nella città fece di
essa una sorta di Parigi del Sudamerica (A
Paris dos Trópicos
è ancora oggi il suo motto): in poco tempo vennero costruiti sedici
chilometri di strade, tutte servite da tram elettrici (quando quelli
di Boston, ad esempio, erano ancora trainati da cavalli), ed enormi e
sontuosi palazzi come il famoso Teatro dell’Opera o Teatro Amazonas
e il Mercado Municipal, progettato dall’architetto Adolpho Lisboa
sul modello delle Halles parigine. Il 1913 segnò l’inizio della
fine dell’epoca d’oro di Manaus:
in quell’anno, infatti, il BRASILE
perse la supremazia mondiale nella produzione del caucciù a favore
di Ceylon e Malesia, all’epoca colonie britanniche. Nel giro di
pochi anni, gli imperi economici dei signori
della gomma
andarono in bancarotta uno dopo l’altro, i negozi di lusso e i
locali notturni di Manaus
chiusero, l’illuminazione elettrica cessò: insomma, quella che
avrebbe dovuto diventare la nuova capitale del BRASILE
ritornò a essere la povera città sperduta nella giungla di quattro
decenni prima. All’inizio degli anni Cinquanta, quando
il nostro
MISTER
NO
vi si trasferisce, Manaus
è - come si legge nell’incipit
della storia Amazzonia
(G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Donatelli [dis.], nn. 2-3) - poco
più di una città morta a causa della totale assenza di ogni forma
di industria e delle scarse attività commerciali. Molti
degli abitanti vivono alla giornata , in una sorta di sonnolenta
attesa che il clima umido e caldo trasforma spesso in torpida
rassegnazione
[…].
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Manaus
vista dal Piper di Mister No – MNO 92, p. 21
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Manaus
negli anni Cinquanta
|
La
città conserva ancora qualche segno dell’ondata di benessere che
esplose nei primi anni del secolo […].
Oltre
le maleodoranti baracche del porto fluviale… …nel centro
dell’abitato, fra dimesse case di legno, si alzano maestosi
edifici, a testimonianza dei giorni del benessere, quando le navi
venivano da tutto il mondo a caricare gomma […].
Edifici
costruiti per gareggiare con le più illustri città europee e ormai
ridotti a una inutile testimonianza di uno splendido passato […].
Ecco
dunque Manaus, una antica città senza tempo, dove le ore, i giorni,
i mesi si sovrappongono in una completa mancanza di avvenimenti. Non
risulta difficile capire, quindi, perché Jerry
Drake
si sia trovato così bene nella decaduta capitale amazzonica: cosa
poteva
infatti esserci di più adatto, per un reduce in fuga dalla civiltà
del consumo come
lui, di un’antica
città
senza tempo,
circondata - o meglio: inghiottita - da milioni di chilometri
quadrati di giungla? L’ambiente
in cui si muove Mister No –
leggiamo a p. 23 di Mister
No & Mister Nolitta
(a cura di Graziano Frediani e Stefano Marzorati, Coniglio Editore
2006) – è
una cittadina povera, umida, stanca
[…]. Un
piccolo punto sulla cartina del Brasile, che l’autore ha più volte
visitato nel corso degli anni fino a conoscerne perfettamente
l’odore, l’atmosfera, le vibrazioni. La
profonda conoscenza di Manaus
da parte di Bonelli/Nolitta emerge chiaramente nelle sue storie, dove
lo sceneggiatore sottolinea spesso come il torrido e piovosissimo
clima
della città (che egli visitò per la prima volta nel 1968) abbia
influenzato il carattere
– indolente, paziente e fatalista - dei suoi abitanti.
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Mister No n. 273, febbraio 1998. Disegno di Diso. |
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Il
caldo, la pioggia e la noia: caratteristiche peculiari della Manaus
misternoiana – MNO 198, p. 69
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Significativo, in questo senso, un altro incipit
nolittiano, quello di Rio
Negro
(G.
Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 12-15):
A
Manaus, in Amazzonia, quando piove, piove sul serio, ragazzi! Il
cielo si copre improvvisamente di pesanti nuvoloni che avvolgono
tutta la regione in una cappa plumbea e vi scaricano addosso valanghe
d’acqua… …prima ancora che abbiate avuto il tempo di rimediare
un riparo! E la gente, direte voi? Beh, la gente c’è abituata,
ormai: e prende la cosa con la consueta filosofia sudamericana e
aspetta… …aspetta che la incredibile cortina liquida si dissolva…
…e si appresta a subire l’inevitabile conseguenza del ritorno del
sole e del caldo: un caldo tanto umido e debilitante da togliere
anche la forza di muovere un dito. La
Manaus
misternoiana ha ben poco di inventato o d’inverosimile, visto il
rigore quasi documentaristico che caratterizza la saga del pilota
amazzonico. Le precise connotazioni storiche, geografiche e
topografiche presenti nei numerosi episodi ambientati - in parte o
interamente - nella Paris
dos Trópicos
hanno contribuito a rendere famigliare ai lettori una città lontana
da essi tanto nel tempo quanto nello spazio. Vi sono, in particolare,
alcuni luoghi di Manaus
che ogni misternoiano degno di questo nome tiene ben impressi nella
mente: l’aeroporto, i bar, l’Hotel
Amazonas,
il Teatro Amazonas, il
porto
fluviale.
|
Ponta
Pelada, il vecchio aeroporto di Manaus
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Mister No n. 227, aprile 1994. Disegno di Diso. |
Riguardo all’aeroporto, bisogna dire che la sua
importanza all’interno della serie non gli deriva solo dal fatto di
essere la casa
del PIPER
e di comparire quindi in buona parte delle storie (molte delle quali
iniziano proprio in
questo luogo),
ma anche perché vi sono accaduti avvenimenti che hanno segnato, nel
bene e nel male, la vita di MISTER
NO:
l’incontro, narrato ne L’ultima
frontiera (M.
Masiero [sog.&scen.] – D. e S. Di Vitto [dis.], n. 295),
con il russo Boris
Zarkoff
detto ZAR,
che sarà il mentore amazzonico del pilota; quello, ne I
temerari
(M. Colombo e L. Mignacco [sog.&scen.] – M. Bianchini e R.
Rossi [dis.], nn. 227-228), con la bella e combattiva Barrett
WHITAKER,
anch’essa pilota di aerei; la morte, in Vento
rosso
(L.
Mignacco [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], n. 241), di uno dei
migliori amici del Nostro, il meccanico Augustino
PEREIRA,
che viene ucciso dai sicari di ISHIKAWA
proprio davanti agli occhi di MISTER
NO;
la distruzione, nella medesima storia, del suo primo, glorioso PIPER
–
l’MN-1 - e la sua drammatica fuga a bordo di un altro aereo.
Inoltre, è nell’aeroporto manausense
che, nella storia Vent’anni
dopo
(L. Mignacco e M. Masiero [sog.&scen]- O. Suarez/R. Diso/F.
Busticchi e L. Paesani [dis.], nn. 292-294), MISTER
NO
inizia a riconciliarsi con il padre Jerome
DRAKE senior;
ed è sempre qui che, all’inizio della saga
dell’addio,
il Nostro incontra per la prima volta Francisco
Paco
MEDINA,
uno dei principali cattivi
di questo ciclo conclusivo nolittiano. Il suddetto
incontro avviene precisamente nel bar dell’aeroporto, il cui
titolare Hipolito
è
protagonista, assieme a MISTER
NO,
di una simpatica sequenza. In essa, vediamo Hipolito
che, impegnato a pulire alcune bottiglie, non si accorge della
presenza del pilota, il quale, avvicinatosi al bancone, fa la
seguente ordinazione: Un
bicchiere di latte fresco!.
Il barista, senza girarsi verso MISTER
NO
(la cui voce non ha riconosciuto), dice: Questa
non è una stalla, amigo, e io non sono una mucca bensì un barman!
Sicuro che non vuoi qualcosa di più forte? Come una gazzosa o una
aranciata?.
Il pilota allora risponde: Uh…
forte per forte… …potresti sempre darmi un goccio della grappa
italiana che si scola quotidianamente quella sbronzona di tua
moglie!.
|
Mister
No e Hipolito, titolare del bar dell'aeroporto manausense
- MNO 364, p. 69
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Mister No n. 139, dicembre 1986. Disegno di Diso |
Hipolito,
che non si aspettava certo una risposta del genere, si gira
immediatamente: Mil
diabos! Ma come ti permetti di… Mister No?!.
Che
gioia, fratello: Bentornato a Manaus! Mi sei molto mancato!.
In seguito, il barista prepara e offre al Nostro – il quale è
reduce da una lunga trasferta (non sappiamo dove, però) - una
caipirinha
di cachaça
mineira,
che MISTER
NO
giudicherà ottima. Grande consumatore di cachaça
(l’acquavite brasiliana), whisky e alcolici in genere, il pilota è
un assiduo frequentatore dei bar di Manaus,
a cominciare da quello di PAULO
ADOLFO,
di cui parliamo nella voce dedicata a quest’ultimo. Tra gli altri
bar manausenses
apparsi nella saga, vale la pena di ricordare: quello
di Diego,
che compare
nell’episodio iniziale, Mister
No
(G. Nolitta [sog.&sce.] – G. Ferri [dis.], nn. 1-2); i vari bar
- Cafe
Central,
Star,
Moreno
ecc. – in cui MISTER
NO
ed ESSE-ESSE,
ne I
pirati del fiume
(G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 7-10),
effettuano un
minuzioso giro d’ispezione;
il bar di Paulo
Pilar,
comparso ne L’orrenda
invenzione
(T. Sclavi [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 138-139). Nel
primo bar menzionato ha luogo una divertente scena, in cui MISTER
NO
chiede al proprietario - Diego
appunto - una delle sue famose
bottiglie top-secret.
Il barista tira fuori un whisky di produzione locale - il Folha
de Ouro
(in portoghese: Foglia
d’Oro)
– che, secondo lui, è di ottima qualità. Puah…
soltanto i bugiardi come te posso dirne bene, Diego!
– dice il Nostro dopo averne bevuto un bicchiere – A
mia avviso è una vera porcheria!.
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Mister
No e Edoardo, barman dell’Hotel Amazonas – MNO 13, p. 17
|
|
L’Hotel
Amazonas in una foto degli anni Sessanta
|
Il povero Diego
cerca di giustificarsi: Ma…
mi spiace, amico… forse voi gringos avete il palato troppo
raffinato e… .
E MISTER
NO:
Storie!
Io sono anche disposto a bere del petrolio per macchine agricole, ma
non certo a farmi avvelenare dal prodotto di improvvisati
distillatori! Il whisky è una cosa seria, accidentaccio,
- continua il pilota, una volta uscito dal bar – e
come tale merita di essere trattato con rispetto!.
Poi pensa: “Folha
de Ouro”…puah! Ecco un nome da cui farò bene a tenermi alla
larga!.
Di suo gradimento sono invece i molti bicchieri che lui e l’amico
Kruger
ingurgitano, peraltro gratis, ne I
pirati del fiume.
I due, a un certo punto, vengono cacciati dal proprietario di uno dei
bar da essi ispezionati.
Si
chiude, gringos: è ora di andare a nanna!
dice loro il suddetto barista, spingendoli fuori dal suo locale.
Puah!
Chiudere
i bar quando la notte è ancora giovane: che Paese incivile!
esclama il tedesco. Uh…
sai cosa ti dico, Esse-Esse?...
– gli fa MISTER
NO
- Che
abbiamo sbagliato tutto! Manaus è la città più virtuosa del mondo
e non merita la presenza di una coppia di convinti peccatori come noi
due!.
Al che Kruger
dice: Già
forse dovremmo andarcene!.
E il pilota: Andarcene?
Vergogna? Un glorioso combattente del Terzo Reich come te non si
dovrebbe arrendere tanto facilmente! Bisogna combattere, invece:
combattere uniti per il trionfo dei nostri ideali o perlomeno per
ritardare l’orario di chiusura dei bar!.
Giusto:
- risponde ESSE-ESSE
– stringeremo
il primo patto di alleanza germano-americano nella storia
dell’umanità.
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Mister No Speciale n. 7, luglio 1992. Disegno di Diso |
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Il
Teatro dell’Opera o Teatro Amazonas
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Questo dialogo tra i due è veramente spassoso, come pure la scena –
con protagonista sempre la suddetta coppia - che si svolge nel bar
di Paulo
Pilar.
Costui non gradisce la presenza dello stregone indio Taiku,
entrato nel suo locale assieme a MISTER
NO,
ESSE-ESSE
e
Kluge,
un impresario circense (vedi TEREZA).
Ehi!
Qui dentro non serviamo quei tipi lì!
dice Paulo
ai Nostri. Ma…
ma che ti prende, Paulo? –
gli fa ESSE-ESSE
-
Che
vi prende a tutti? Quell’indio dice “ugh” come Cavallo Pazzo…
tu ti comporti come il barman di un saloon dell’Arizona…
. Paulo,
però, si mostra ostinato: Mi
hai sentito, tedesco: non voglio selvaggi nel mio locale!. A
questo punto, ESSE-ESSE
si arrabbia e afferra
il barista dal grembiule:
Verdammt!
Ti avverto che oggi non è il giorno, Paulo!.
I clienti di quest’ultimo, razzisti come lui, intervengono in sua
difesa, ma vengono scazzottati da MISTER
NO
e dal tedesco, che li fanno letteralmente volare, uno dopo l’altro,
dal finestrone del bar. Alla fine, Paulo
– che nello scontro ha rimediato un occhio nero - sarà costretto a
servire ai Nostri e ai loro amici quattro martini con l’oliva, il
cocktail preferito di Taiku.
Ma
roba da matti! –
dice il barista - Aveva
ragione il tedesco… oggi non è proprio giornata!.
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Mister No n. 97, luglio 1983. Disegno di Ferri. |
Altri bar di Manaus
degni di menzione sono: il bar di Arlindo,
di cui parleremo più avanti; quello di Zé,
in cui, nella storia Ananga!,
MISTER
NO
ha due memorabili incontri con la chiromante Isaura;
quello dove, ne La
mafia non perdona (G.
Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 76-78), MISTER
NO
ascolta da un immigrato napoletano la canzone Scalinatella,
che gli richiama alla mente la drammatica esperienza italiana con
Steve
MALLORY,
poi
raccontata all’amica Georgina
(che
nel finale della storia, intrattiene i clienti del locale cantando un
classico della bossa nova, Maria
Ninguém).
Un
discorso a parte merita poi
il
bar dell’Hotel Amazonas, che, dopo quello di PAULO
ADOLFO,
è il locale manausense
comparso più volte nella serie. MISTER
NO
lo frequenta assiduamente,
non solo per consumarvi alcolici (spesso
a credito, essendo il Nostro, come sappiamo, quasi sempre al verde),
ma anche con l’intento di trovarvi qualche facoltoso cliente. Il
più delle volte, però, sono proprio i clienti dell’albergo, o
comunque gli stranieri appena giunti a Manaus
– come il Ted
MORASBY
di Amazzonia
(G. Nolitta [sog.&scen.] - F. Donatelli [dis.], nn. 2-3) -, a
chiedere di MISTER
NO
al barman, il
calvo e longilineo Edoardo
(in
Qualcosa
è cambiato,
uno smemorato Nolitta gli ha mutato il nome in Joscelino).
L’Hotel Amazonas, a differenza dei vari bar citati in precedenza,
esiste davvero: entrò in funzione nel 1951 e fu
per molti anni il principale albergo della città.
In Mister
No & Mister Nolitta,
Sergio Bonelli lo descrive così: Era
un locale mezzo scalcinato, piccolo e anonimo come una delle nostre
case di periferia. Un posto, comunque, squallidamente affascinante
anche se nulla aveva a che fare con i locali descritti magari da
Hemingway, misteriosi e pieni di pelli di leopardo e di trofei d’ogni
tipo. Era un postaccio dove ho trascorso giorni e giorni bevendo
spesso caffè amaro perché la nave con lo zucchero non arrivava da
venti giorni…
.
|
Il
Teatro Amazonas in una notte di tregenda – MNO 97, p. 81
|
Non è invece né piccolo né anonimo il Teatro Amazonas,
autentico simbolo di Manaus
e principale ambientazione de Il
fantasma dell’Opera
(T. Sclavi [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 97-98), una delle
più belle storie misternoiane. Questo imponente teatro fu
inaugurato
- scrive Sclavi nell’incipit
–
il 6 dicembre del 1897, con la “Gioconda” di Ponchielli. La
leggenda dice che perfino Caruso venne qui a cantare. Ma è solo una
leggenda, appunto.
Tutto,
in quello splendente edificio, a cominciare dalla sua stessa
esistenza in piena giungla, a milleseicento chilometri dall’oceano,
dà un’impressione di dismisura, di gigantesca assurdità. La
sua armatura di ferro era stata importata da Glasgow… …le
sessantaseimila tessere azzurro e oro che coprono a mosaico la cupola
venivano dall’Alsazia e Lorena… …i grandi lampadari erano in
puro cristallo di Murano… gli affreschi erano opera di Domenico De
Angelis, il più noto pittore italiano del tempo… …i mobili erano
inglesi, scolpiti a mano da artigiani di Londra… …platea e palchi
potevano accogliere milleseicento spettatori… …ma, all’epoca
della nostra storia, il teatro è chiuso ormai da quindici anni. Un
fantasma
triste e silenzioso…
. Nel suddetto episodio, Sclavi trasforma l’Amazonas – che viene
riaperto per farvi esibire la celebre soprano Maria
Arghidas
– in un luogo di paura e di morte (vedi FANTASMA DELL’OPERA).
Com’è però nel suo stile, lo sceneggiatore pavese mescola
l’elemento horror con abbondanti dosi di umorismo, ottenendo
risultati eccezionali. Alla fine della storia, il teatro viene
nuovamente chiuso, ritornando a essere un malinconico e polveroso
mausoleo. Sclavi utilizzerà l’Opera manausense
anche nel suo ultimo lavoro misternoiano - L’oro
del fiume (M.
Bianchini [dis.], nn. 159-161) -, in una divertente e surreale
sequenza ambientata sul tetto dell’edificio, che vede protagonisti
il truce BORIS,
la bella Audrey
SMITH
e il pilota. Drammatica, invece, è la scena che si svolge
all’interno del teatro in Vento
rosso (vedi
ESSE-ESSE),
mentre in Morte
a Manaus
(M. Masiero [sog.&scen.] – G. Bruzzo [dis.], nn. 314-315)
vediamo MISTER
NO
che, per scherzo, recita sul palco dell’Amazonas l’inizio
dell’Amleto
(con
tanto di teschio) e intona poi il Nessun
dorma
di Puccini.
|
Mister No n. 314, luglio 2001. Disegno di Diso. |
|
L’interno
del Teatro Amazonas
|
Se il Teatro dell’Opera è un fantasma
(o almeno lo era ai tempi di MISTER
NO,
visto che dal 2001 è tornato in funzione), il porto fluviale, al
contrario, brulica di vita, essendo la più importante via di
comunicazione della città (almeno all’epoca) nonché la sede di un
grande mercato di pesce e frutta. Nella saga, il porto riveste una
duplice funzione: quella di punto d’arrivo dei futuri clienti o dei
futuri nemici (spesso i due ruoli coincidono) di MISTER
NO,
come vediamo, ad esempio, in Operazione
“Poseidon”
(G. Nolitta [sog.&scen.] - F. Bignotti [dis.], nn. 17-20),
Avventura
a Manaus
(G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], Speciale n. 6), I
delitti del Mar della Sonda
(C. Cicogna [sog.&scen.] – M. Bianchini [dis.], nn. 125-128);
e quella di punto di partenza dei viaggi che MISTER
NO
organizza sempre per la clientela e che avvengono a bordo dei tipici
battelli amazzonici o delle canoe a motore. Al pari dell’aeroporto
manausense,
anche il porto fluviale è un luogo dove il Nostro ha fatto incontri
importanti; due su tutti: quello, piuttosto turbolento, con Patricia
ROWLAND
in Rio
Negro
(G.
Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 12-15)
e quello, nella medesima storia e immediatamente successivo al
suddetto incontro, con il simpatico musicista nero Dana
WINTER.
Nella zona del porto sorge la Cidade
Flutuante,
un gigantesco agglomerato di case galleggianti che formano una vera e
propria città nella città.
|
MISTER
NO recita l’Amleto sul palco del Teatro Amazonas – MNO 314
|
|
MISTER
NO nell’affollato porto fluviale [nella figura alla sua destra si
riconosce Sergio Bonelli] – MNO 369, p. 13
|
E’ proprio nella Cidade
Flutuante
che, in Amazzonia,
il già menzionato Ted
MORASBY
trova finalmente MISTER
NO,
dopo averlo cercato invano al bar dell’Hotel Amazonas. MORASBY
incontra il pilota quando questi è stato appena scaraventato fuori
dal bar – in realtà, una maleodorante bettola - di Arlindo.
I due rientrano nel locale per affrontare una
mezza dozzina di ubriaconi,
ma MORASBY
viene messo subito al tappeto. MISTER
NO,
invece, se la cava meglio, e scazzotta diversi avversari. Nello
scontro con uno di essi, il Nostro fa cadere a terra un lume a
petrolio, che prende immediatamente fuoco; si scatena quindi un
incendio e, uno dopo l’altro, gli avventori si precipitano
all’esterno, a eccezione di MISTER
NO.
Questi, per impedire che l’incendio si propaghi a tutta la Cidade,
taglia con una scure gli ormeggi del bar e, quando la corrente lo ha
ormai allontanato dalle altre case galleggianti, rientra nel locale
per salvare MORASBY,
rimasto incastrato sotto una trave. Caricandosi il giovane sulle
spalle, MISTER
NO
si tuffa e, assieme al suo connazionale, tocca terra non molto
lontano dal quartiere. A ispirare a Nolitta la suddetta scena fu, con
molta probabilità, il vero, terribile incendio che, alla fine degli
anni Sessanta, distrusse completamente la Cidade
Flutuante.
|
La
Cidade
Flutuante
|
|
Mister
No taglia gli ormeggi del bar di Arlindo, salvando dal fuoco il
quartiere galleggiante - MNO 2, p. 53
|
In quegli stessi anni ebbe inizio per la capitale amazzonica una
nuova epoca, un periodo di profonde trasformazioni economiche e
sociali. Nel 1967, infatti, il governo brasiliano lanciò il Piano di
Integrazione Nazionale e dichiarò Manaus
zona
franca doganale, offrendo quindi notevoli facilitazioni fiscali alle
aziende straniere, che costruirono nella città le loro fabbriche.
Migliaia di immigrati, provenienti soprattutto dal Nord-Est del
BRASILE,
si riversarono nella rinata Paris
dos Trópicos,
e ciò portò ovviamente a un rapido aumento della popolazione e al
sorgere, nella periferia, di enormi quartieri dormitorio. E’
proprio in questa nuova Manaus
che Nolitta ha ambientato la già citata saga
dell’addio,
che vede MISTER
NO
– ritornato nella sua città adottiva all’inizio del 1970, dopo
una lunga trasferta – scontrarsi con una realtà per lui
irriconoscibile e insopportabile. In Qualcosa
è cambiato,
il Nostro non riesce a credere ai suoi occhi quando, dall’aereo
Bandeirante
che da BELÉM
lo
porta appunto nella capitale amazzonica, osserva il distretto
industriale della città: Oh
Noooo!
Sangue
di Giuda! Ma quella che vedo là sotto non può essere Manaus…
…quella è la periferia di New York… …anzi, di Detroit oppure
di Tokyo… …e, se quello che abbiamo appena sorvolato è il nuovo
aeroporto, prevedo che il futuro potrà soltanto cambiarla in
peggio!.
Il povero MISTER
NO
va subito incontro a tutta una serie di delusioni: ad esempio, il
giorno del suo ritorno in città, non riesce a trovare - per la prima
volta in vita sua - una camera libera all’Hotel Amazonas (ormai
pieno
come un uovo da
quando la popolazione manausense
è aumentata); e il giorno successivo, al posto delle botteghe dei
suoi amici (Eduardo
Braga
il salumiere, Pato
Pinheiro
il panettiere) trova negozi di elettrodomestici e di altri prodotti
industriali.
|
Mister No n. 364, settembre 2005 |
E’ davvero spietato il ritratto che, sempre nella
suddetta storia, il pilota fa della nuova Manaus:
Un
assurdo incrocio tra la penisola Kowloon di Hong Kong, il bazar del
Cairo e la settima strada di New York… il tutto peggiorato da una
aggravata povertà che rende ogni cosa più sporca, stracciona e
avvilente.
La disperazione derivante dall’aggravata povertà cui si riferisce
MISTER
NO
è all’origine
di
un drammatico episodio che ha luogo in Ayahuasca
(G.
Nolitta [sog.&scen.] – M. Bianchini e M. Santucci/F. Civitelli
[dis.], nn. 367-369), nell’affollato porto fluviale. Qui capitão
Tiago,
proprietario di una grossa barca da pesca, viene improvvisamente
aggredito da un ribeirinho,
un povero pescatore che abita sulle rive del Rio Urubú, il quale
tenta di ucciderlo con un machete. Disarmato da Stelio
AMARAL
(che salva MISTER
NO,
intervenuto in difesa del capitão), l’aggressore, prima di essere
portato via da due poliziotti, confessa a Tiago
il motivo del suo gesto: Volevo
punire te, come altri miei amici puniranno tutti coloro che ci stanno
spingendo alla disperazione… …tutti coloro che impediscono alle
nostre famiglie di sopravvivere! Da quando, ogni giorno, passate voi
di Manaus con le vostre maledette reti a strascico, il Rio Urubú e
tutti gli altri fiumi non lasciano un solo pesce a noi che da anni
viviamo su quelle sponde. Un tempo, la fatica di dieci ore di pesca
ti concedeva di mangiare e di mettere insieme il necessario per una
camicia, per le medicine… …ma, da quando siete apparsi voi, noi e
i nostri figli siamo ridotti alla fame!.
Ancora più drammatico e amaro è ciò che accade in Black
Lagoon
(G. Nolitta [sog.&scen.] – D. e S. Di Vitto [dis.], nn.
378-379), penultimo capitolo della saga nolittiana. In questa storia,
i coniugi Waxman,
due ricchi turisti americani, si fanno accompagnare da MISTER
NO
nel bar che un amico del Nostro, l’ex pilota Wes
Newfield,
ha aperto alla periferia di Manaus
assieme
alla moglie Paulette.
|
Mister
No osserva incredulo la nuova Manaus – MNO 364, p. 56
|
|
Mister
No assediato, nella nuova Manaus, dai prodotti della società del
consumo – MNO 365, p. 45
|
Il locale si chiama Creature
from the Black Lagoon
(titolo originale del film Il
mostro della Laguna Nera
[Jack Arnold, 1954], di cui i Waxman
sono appassionati): ogni sera infatti, Wes
e Paulette
mettono in scena, interpretando rispettivamente il mostro e la
dottoressa Lawrence (Julia Adams), la famosa sequenza del rapimento
di quest’ultima. Durante la rappresentazione, però, tre disperati
del posto tentano di compiere un vero rapimento ai danni di mister
Waxman,
per ottenere un riscatto di trecentomila dollari. Wes,
con addosso ancora il costume del Gill-man,
si avventa sugli improvvisati criminali, uccidendone due, ma finendo
a sua volta ucciso. Waxman
si
sente in colpa per quanto accaduto, ma MISTER
NO
gli risponde: Storie!
La colpa è di questa città, che ha ormai perduto la sua anima e si
è trasformata in una specie di girone infernale!.
Non sorprende, quindi, che due mesi dopo questo tragico avvenimento,
il pilota decida di lasciare Manaus
per trasferirsi nella più vivibile RURRENABAQUE.
Il lungo e malinconico discorso che, in
Una nuova vita
(G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], n. 379), egli
fa a PAULO
ADOLFO
e ad altri amici poche ora prima della partenza, merita davvero di
essere riportato quasi interamente: Con
amarezza e nostalgia lascio a voi questa città che ha tradito le
speranze con cui ci avevo messo le mie radici venti anni fa! Fuggivo
dagli orrori di una guerra combattuta in tutte le parti del mondo…
…ma fuggivo anche dai tentacoli di una nuova società che aveva
sostituito la violenza di quel conflitto armato con veleni più
sottili ma non meno pericolosi. Arrivismo, egoismo, voglia di
emergere a tutti i costi e con tutti i mezzi… il culto del successo
e della ricchezza… l’esaltazione dei valori materiali e la
schiavitù del consumismo! La Manaus che mi fu dato di scoprire era
il mio rifugio ideale, invece. Indifferente al trascorrere del tempo,
pareva destinata a restare eternamente immobile nell’aspetto della
fugace gloria di cinquant’anni fa… …e nel totale isolamento
determinato da un’immensa foresta in cui i fiumi erano le uniche
strade che rendevano vuota e inutile la parola competizione.
Era
la città della sopravvivenza quotidiana, che, totalmente priva di
futuro, non riusciva a premiare i più furbi né a punire i più
ingenui… la città della rassegnazione, dunque, ma anche della
serenità e della pigrizia […]. E adesso? …Adesso la Manaus che
c’è là fuori… è una città ben diversa, amigos […]. Oggi,
fuori da quella porta, c’è una città che è passata da
ottantamila a ottocentomila abitanti… …che fa balenare in tutti
la speranza di un lavoro e un nuovo tenore di vita senza, purtroppo,
riuscire a mantenere le promesse… costruendo sì grandi fabbriche,
ma anche ignobili quartieri dormitorio, moderne favelas per i
poveracci arrivati qui da tutto il Nord-Est. Quella mia città della
dolce rassegnazione
è diventata la città dell’eterna speranza,
della facile illusione,
ma anche dell’inevitabile delusione…
la città del rischio, della spietata competizione che, come
purtroppo succede in tutto il resto del mondo… …alla fine premia
i potenti, i furbi e gli spregiudicati. Può darsi che questo nuovo
modello di vita, alla fine, faccia bene alla gente che si è spinta
qui in Amazzonia, faccia perfino bene all’intero Brasile… …ma è
certo che questa nuova atmosfera non fa bene a me!.
|
La
morte di Wes Newfield – MNO 379, p. 7
|
|
Mister
No rievoca con nostalgia la sua vecchia Manaus – MNO 379, p. 33
|
Come
abbiamo già scritto nella voce ESSE-ESSE,
MISTER
NO
ritornerà anni dopo a Manaus
e vi trascorrerà la vecchiaia. Questo ritorno - testimoniato dalle
storie Fuga
da Skynet (G.
Nolitta e A. Castelli [sog.&scen.] – D. e S. Di Vitto [dis.],
Speciale n. 8) e
L’ultima
frontiera,
uscite in edicola diversi anni prima della saga
dell’addio
– è poco coerente con il discorso pronunciato dal pilota in Una
nuova vita,
ma Sergio Bonelli, in
Making
of Mister No - Guido Nolitta
(a
cura di Franco Busatta e Gabriele Ferrero,
Edizioni
if, 2005), lo giustifica così: Nella
mia testa,
quella di Jerry è una figura che scappa costantemente dal progresso.
Ma Alfredo Castelli, nelle sequenze di cui abbiamo parlato poc’anzi
(Bonelli
si riferisce appunto a Fuga
da Skynet,
nda),
ha impedito una sempiterna, futura “fuga”, dimostrando che,
invece, la resistenza di Mister No può avere una fine.
|
Dopo
vent’anni, Mister No lascia Manaus – MNO 379, p. 74
|
Curiosità:
Così importante nella saga misternoiana, Manaus
è invece una città raramente frequentata dal resto del fumetto e
dagli altri media. Per quanto riguarda il cinema, la capitale
amazzonica compare nel famoso film di Werner Herzog Fitzcarraldo
(1982),
che Sergio Bonelli amava molto. All’inizio di questa pellicola,
ambientata nei primi anni del Novecento, il protagonista Brian
Sweeney Fitzgerald alias
Fitzcarraldo (Klaus Kinski), il cui sogno è costruire un teatro
lirico a Iquitos (Perù), assiste, nel Teatro Amazonas,
all’esibizione di Enrico Caruso. Manaus
viene citata anche in un film italiano, I
complessi
(1965), precisamente nell’episodio Guglielmo
il dentone,
diretto da Luigi Filippo D’Amico e interpretato, nel ruolo del
titolo, da un fenomenale Alberto Sordi. Nel suddetto episodio (ultimo
dei tre che compongono il film), Guglielmo Bertone è l’unico
partecipante non raccomandato a un concorso per diventare il nuovo
mezzobusto
del telegiornale. Poliglotta e in possesso di una vasta cultura,
Guglielmo ha però un vistoso difetto fisico - una dentatura troppo
sporgente – che lo rende poco telegenico. Non avendo il coraggio di
spiegargli il problema, i membri della giuria tentano in ogni modo di
eliminarlo e di favorire invece gli altri due concorrenti rimasti,
tra cui Francesco Martello (Franco Fabrizi). Questi viene chiamato
prima di Guglielmo, e una delle due domande che gli vengono poste
riguarda appunto Manaus:
Nella
foresta dell’Amazzonia esiste una città che ha un nome che sembra
tedesco, che è molto importante per la raccolta della gomma. Ci dica
questo nome.
|
La
locandina originale del film Fitzcarraldo (Werner Herzog, 1982)
|
Aiutato dalla stessa giuria, Martello dà la risposta giusta. Giunge
poi il turno di Guglielmo, al quale la suddetta domanda viene fatta
in modo diverso, apposta per farlo sbagliare:
La
città di Manaus è
nella Germania
Est o
nella Germania
Ovest?.
Il dentone,
però, non si fa ingannare e risponde: La
città di Manaus non si trova né in Germania Est né in Germania
Ovest, ma si trova in Brasile e precisamente nell’Amazzonia. È
una città pressoché morta, che ebbe grande sviluppo nell’800 e
cioè all’epoca della gomma, finché un inglese di nome Harold
Franklyn non trafugò i primi semi della gomma
e
creò le piantagioni di gomma nella Malesia.
La risposta di Guglielmo – che alla fine, in barba alla giuria,
vincerà il concorso – non fa una grinza, tranne che nel nome
dell’inglese che trafugò i preziosi semi. Il personaggio in
questione, infatti, non è il generale Harold Franklyn, bensì
l’esploratore Henry Alexander Wickham, cui accenna Sclavi
nell’incipit
de Il
fantasma dell’Opera.
Lo
sceneggiatore scrive che Wickham era
riuscito
a
esportare illegalmente migliaia di semi dell’Hevea brasiliensis,
l’albero della gomma, che erano stati trapiantati nelle colonie
britanniche dell’Oceano Indiano (Malesia e Ceylon).
In realtà, non si trattò di un atto illegale, dato che all’epoca
– 1876 – non vi era alcuna legge in BRASILE
che proibisse l’esportazione dei semi di Hevea.
|
Manaus oggi. |
MARCEL, ALAN
Uno dei
personaggi principali della storia-capolavoro Accusa
di omicidio
(A.
Castelli [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 56-59). Da
poco scarcerato,
Marcel
si fa portare da MISTER
NO
a Cayenna, la capitale della Guyana Francese. Qui vive il suo ex
complice Guzman,
che venticinque anni prima, dopo una rapina, aveva tentato di
ucciderlo per non dividere con lui il malloppo e aveva causato il suo
arresto. L’arrivo di Marcel
– che è giunto a Cayenna proprio per vendicarsi di Guzman,
divenuto nel frattempo il capo della criminalità locale - non passa
inosservato: il giorno successivo, infatti, MISTER
NO
ha nella sua camera d’albergo un movimentato incontro con il
commissario Ducros
– complice di Guzman
nonché fanatico moralista -, il quale vuole sapere da lui dove si
nasconde l’ex galeotto. Il pilota viene poi condotto con la forza,
dagli scagnozzi di Guzman
– il crudele Auguste
e il massiccio Flosso
- nell’abitazione del loro capo, il quale gli chiede se Marcel
gli ha rivelato qualcosa sul suo conto.
|
Mister No n. 57, febbraio 1980. Disegno di Ferri. |
Rientrato in albergo, MISTER
NO
trova nella sua camera il cadavere di Annie
Moran,
un’entraîneuse conosciuta la sera prima. Il pilota viene subito
arrestato per omicidio da Ducros
e finisce, dopo un frettoloso processo, nel terribile penitenziario
di APPROUAGUE.
Prima del processo però, MISTER
NO
viene detenuto nel carcere di Cayenna e qui riceve la visita di
ESSE-ESSE,
al quale racconta tutto ciò che gli è successo da quando è
arrivato in città. Deciso ad aiutare l’amico, Kruger
si
mette immediatamente alla ricerca di Marcel:
potrebbe infatti essere stato lui a incastrare MISTER
NO,
anche se il tedesco non ne è molto convinto. Com’era successo al
pilota, anche Kruger
viene condotto dagli sgherri di Guzman
dal loro boss, il quale gli propone di uccidere Marcel
in cambio della liberazione di MISTER
NO.
La ricerca compiuta da ESSE-ESSE
si rivela però infruttuosa; pertanto, Guzman
ordina ad Auguste
e Flosso
di uccidere il tedesco. A salvare Kruger
è lo stesso Marcel,
il quale uccide i due scagnozzi e porta ESSE-ESSE
nel suo rifugio segreto. Marcel
vuole sapere perché il tedesco lo ha cercato con tanta insistenza, e
quando Kruger
glielo
spiega, egli si dichiara del tutto estraneo a quanto accaduto a
MISTER
NO.
Marcel
propone quindi a ESSE-ESSE
di aiutarlo a rubare i documenti personali di Guzman,
i quali, oltre ad essere l’unico mezzo per far condannare
quest’ultimo, contengono, secondo l’ex galeotto, la prova che
incastra il vero assassino di Annie
Moran.
|
Alan
Marcel viene sparato a tradimento da Guzman – MNO 56, p. 90
|
|
Marcel
propone a Esse-Esse il suo piano per incastrare Guzman e salvare
Mister No – MNO 59, p. 29
|
Dopo varie
peripezie, i due riescono a penetrare nell’appartamento di Guzman
e
ad impossessarsi dei suddetti documenti. Come aveva previsto Marcel,
si tratta materiale assai compromettente non solo per Guzman,
ma anche per il commissario Ducros:
tra le carte è presente infatti un dossier che porta il nome del
poliziotto e che contiene una sua confessione scritta, riguardante un
omicidio da lui compiuto anni prima ai danni di una donna - tale
Margaretha
Barros
- colpevole
di diffondere scandalo e corruzione.
A questo punto, Marcel
capisce che a uccidere, per gli stessi motivi, la povera Annie
è stato sempre il fanatico Ducros,
il quale ha poi manomesso le prove per incastrare MISTER
NO.
ESSE-ESSE
e l’ex galeotto consegnano i documenti a un rappresentante del
governo francese: Guzman
e Ducros
vengono quindi processati e condannati, mentre MISTER
NO
è dichiarato innocente e rilasciato.
Curiosità:
Il flashback con cui si apre l’episodio, che vede Guzman
colpire a tradimento Marcel,
richiama l’inizio del film Senza
un attimo di tregua (John
Boorman, 1967), nel quale il rapinatore Mal Reese (interpretato da
John Vernon) si comporta allo stesso modo con il complice Walker (Lee
Marvin). Questo film doveva piacere in modo particolare a Castelli,
visto che la copertina del n. 22, Destinazione
Haiti
(primo albo dell’omonima storia castelliana), ne riprende un
fotogramma. Si tratta precisamente della scena in cui il succitato
Walker costringe Reese, puntandogli una pistola contro, a rivelargli
i nomi dei capi dell’organizzazione criminale di cui il traditore
fa parte.
|
Marcel
intento a scassinare la cassaforte di Guzman – MNO 59, p. 71
|
MASAI
Importante etnia
del Kenya e della Tanzania che attualmente conta circa 840.000
individui.
Da sempre allevatori nomadi di bestiame, i Masai
sono noti per il loro rigido monoteismo (adorano infatti un unico dio
chiamato Engai),
l’acceso colore rosso dei loro vestiti e l’abitudine di bere il
sangue dei loro animali.
|
Mister No n. 179, aprile 1990. Disegno di Diso. |
|
Il
saggio Naji, laibon
dei Masai – MNO 178, p. 87
|
Sono due le
storie in cui i
signori della savana
compaiono: La
rivolta dei Masai
(G. Nolitta e L. Mignacco [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn.
177-180) e Mau-Mau
(G.
Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti e D. e S. Di Vitto [dis.],
nn. 180-184).
Nella prima, ambientata nel famoso Parco Nazionale del Serengeti (che
all’epoca si trovava nel Territorio del Tanganika, da cui poi
nascerà l’odierna Tanzania),
MISTER
NO
- ingaggiato come bush-pilot
(letteralmente, pilota
in terre selvagge)
dall’etologo svizzero Konrad
e da sua figlia Ketty
- viene accusato dal subdolo Kiamba
– capo dei Moran,
i guerrieri Masai
– dell’omicidio del vecchio Naji,
il laibon
(sacerdote) della tribù. In realtà, è stato lo stesso Kiamba
– che è in combutta con una banda di bracconieri indiani - a
sparare a Naji,
ma la calunnia che egli sparge tra i vari villaggi Masai
fa scoppiare una sanguinosa rivolta in tutto il Serengeti. MISTER
NO
e Ketty
si recano in volo ad avvertire un gruppo di turisti americani - di
cui non si hanno più notizie - e la famiglia del colono tedesco
Andreas
Bauer,
rimasta isolata all’interno del parco.
|
Mister No si fa
forza e beve il sangue bovino offertogli da Kiamba – MNO 178, p.
78
|
|
Mister
No e Ketty Conrad alle prese con i guerrieri Masai – MNO 180, p. 19
|
Localizzata la macchina dei
primi, MISTER
NO
atterra, ma viene subito attaccato dai Moran,
i quali hanno massacrato i turisti. Grazie anche all’aiuto di Ketty
– la quale uccide due degli assalitori -, il pilota sfugge
all’agguato e riesce a ripartire. Il serbatoio dell’aereo, però,
è stato danneggiato dalle lance dei Moran,
e MISTER
NO
si vede costretto a eseguire un atterraggio di fortuna proprio nei
pressi della fattoria dei Bauer.
Questi, raggiunti dal pilota e da Ketty,
si barricano nella loro abitazione, che viene assediata dai guerrieri
Masai.
Dopo ripetuti assalti, i Moran
penetrano nella fattoria, ma i Nostri, montati sui cavalli dei Bauer,
riescono a fuggire. Il giorno seguente, Naji,
il laibon
creduto morto, è ritrovato ancora vivo da Ketty
e viene subito curato dalla moglie di Bauer,
che gli estrae dal petto il proiettile sparatogli da Kiamba.
Nel frattempo, le autorità britanniche inviano nel Serengeti i
militari, il cui comandante – il colonnello Stagg
– ha intenzione di fare piazza pulita dei Masai.
Per evitare un bagno di sangue, MISTER
NO
e Konrad
chiedono a Stagg
di concedere loro un’ultima possibilità: una missione di pace
presso i Moran.
Dapprima scettico, il colonnello acconsente quando Naji,
ripresosi in fretta dalle ferite, si propone di accompagnare di
persona MISTER
NO
(che lui e gli altri Masai
chiamano
Testa
di zebra,
per via delle tempie brizzolate) al manyatta,
il villaggio dove Kiamba
ha riunito i rivoltosi. L’inattesa apparizione di Naji
– assieme al quale ci sono, oltre al pilota, il professor Konrad,
Ketty
e il cacciatore americano Richard
Dumper
- e le pesanti accuse che egli rivolge a Kiamba,
inducono tutti i Moran
ad abbandonare quest’ultimo. Vistosi perduto, Kiamba
prende in ostaggio Ketty,
ma viene ucciso da Dumper,
il quale, nonostante sia un pessimo tiratore, lo centra in piena
fronte con il suo fucile.
|
Mister No n. 180, maggio 1990. Disegno di Diso |
|
La
morte del malvagio Kiamba – MNO 180, p. 46
|
Protagonisti, nel
bene ma soprattutto nel male, della succitata storia, i Masai
hanno un ruolo molto più marginale in Mau-Mau.
In questo episodio, infatti, i guerrieri Moran
che
compongono lo spietato commando di Jimmy
COLLINS
appaiono solo in pochissime sequenze. Ad ogni modo, la loro presenza
si fa ricordare: è davvero impressionante, per esempio, la vignetta
che mostra i suddetti Moran
esporre con orgoglio le teste mozzate dei ribelli Kikuyu,
tradizionali nemici del loro popolo.
|
I
Masai di Jimmy Collins mostrano le teste degli odiati Kikuyu – MNO
182, p. 9
|
|
Un
gruppo di Moran, i guerrieri Masai
|
MAU MAU
Movimento
anticolonialista
kenyota che tra il 1952 e il 1960 scatenò una cruenta rivolta contro
i dominatori inglesi. La maggior parte dei ribelli Mau
Mau
appartenevano alla più numerosa
etnia del Kenya: i Kikuyu.
Il nome Mau Mau, infatti, pare abbia origine dall’espressione Uma
Uma.
|
Mister No n. 181, giugno 1990. Disegno di Diso. |
Nella storia
Mau-Mau
(G.
Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti e D. e S. Di Vitto [dis.],
nn. 180-184),
MISTER
NO,
giunto in Kenya per visitare il suo vecchio amico Jimmy
COLLINS,
è coinvolto, fin da subito, nell’interminabile spirale di violenza
che insanguina il Paese. Quando i ribelli, assaltando la fattoria di
COLLINS
(loro acerrimo nemico) e rapiscono il suo figlioletto Tommy,
MISTER
NO,
sentendosi in dovere di aiutare l’amico, decide di infiltrarsi fra
di essi per tentare di liberare il bambino. Fingendo di essere un
trafficante d’armi (un Wa-America,
come dicono i locali), il pilota riesce, dopo
aver corso non pochi rischi,
ad entrare nel villaggio, ai piedi del Monte Kenya, dove Tommy
è tenuto prigioniero. Qui MISTER
NO
assiste - a fianco del capo del villaggio, il generale Uhuru
- al giuramento dei Mau
Mau.
Si tratta di una cerimonia molto impressionante: dieci Kikuyu
devono attraversare, uno alla volta e strisciando per terra, una
sorta di tunnel formato da rami spinosi, e poi bere l’intruglio
preparato dallo stregone Wangu,
che contiene una manciata di terra e il sangue e le interiora di un
grosso capro sacrificato da Wangu
medesimo. Alla fine, essi devono pronunciare il giuramento,
diventando così Mau
Mau.
Uno di loro però, un capotribù chiamato Khariani,
si rifiuta di giurare e propone allo stregone di sacrificare Tommy
Collins.
|
I
soldati inglesi uccidono dei ribelli – MNO 180, p. 84
|
|
Due
Mau Mau compiono una strage in un ristorante di Nairobi – MNO 181,
p. 58
|
Essendo questi il figlio dell’odiato Kikuyu
Killer,
il suo sangue – secondo Khariani
–
darà maggiore forza ai Mau
Mau rispetto
al sangue di un semplice animale. Eccitati dall’abbondante gin che
hanno bevuto in precedenza, Wangu
e gli altri ribelli accolgono l’agghiacciante proposta del suddetto
capotribù e non esitano a uccidere Uhuru
quando
questi tenta di fermarli. MISTER
NO,
accorso in suo aiuto, avrebbe anch’egli la peggio senza
l’inaspettato intervento di un nuovo leader Mau
Mau,
il generale
Kenya.
Questi, accompagnato da alcuni guerriglieri, uccide a colpi di mitra
Wangu
e ristabilisce l’ordine nel villaggio. I Kikuyu
e
lo stesso pilota riconoscono nel giovane capo il benzinaio Kamore,
che MISTER
NO
aveva conosciuto il giorno del suo arrivo in Kenya e che per primo
gli aveva parlato dei Mau
Mau,
negando però di farvi parte. Kamore
intuisce che MISTER
NO
non è un vero trafficante d’armi, e il pilota gli dice che, se
rilascerà il piccolo Tommy,
lui e tutti gli altri ribelli non avranno più nulla da temere da
Jimmy
COLLINS:
questi, infatti, ha dato al Nostro la sua parola d’onore che, una
volta restituitogli il figlio, non contro i Mau
Mau.
Le parole di MISTER
NO
convincono Kamore,
il quale promette al pilota che l’indomani potrà lasciare il
villaggio assieme a Tommy,
ma, allo spuntare dell’alba, i Kikuyu
vengono svegliati da alcune raffiche di mitra: COLLINS
in persona, affiancato da altri coloni inglesi e dai suoi Moran,
ha circondato il villaggio, la cui ubicazione gli è stata rivelata,
sotto tortura, da Dedhani,
il ribelle che aveva condotto sul posto MISTER
NO.
I Mau
Mau,
dopo aver ucciso Dedhani
- che considerano un traditore -, rifiutano la proposta di resa
fattagli da COLLINS.
|
Mister No n. 183, agosto 1990. Disegno di Diso. |
Inizia quindi la battaglia e l’infuriato Kamore,
vedendo tradita la sua fiducia, cerca di ammazzare MISTER
NO,
il quale è costretto a ucciderlo. Portando con sé Tommy,
il pilota riesce, dopo aver combattuto con gli altri Mau
Mau,
a raggiungere l’altura dove si trovano gli uomini di COLLINS.
Come abbiamo già scritto nella voce dedicata a quest’ultimo,
MISTER
NO
si scaglia rabbiosamente contro l’amico quando costui, nonostante i
Kikuyu
abbiano deciso di arrendersi, decide di massacrarli lo stesso, senza
risparmiare le loro donne e i loro bambini. Pestato dagli uomini di
COLLINS,
il pilota viene ricoverato nell’ospedale di Nairobi. Una settimana
dopo, MISTER
NO
lascia l’ospedale, congedandosi da Tommy
– che si è molto affezionato a lui - e dalla moglie di COLLINS.
Dovendo raggiungere l’aeroporto di Nairobi, il pilota sale su un
taxi che poco più tardi carica altri due passeggeri, un uomo e una
donna. Questi ultimi e il tassista sono in realtà membri del
Kenda-Kenda,
l’efficiente servizio di spionaggio dei Mau
Mau,
e intendono uccidere il Nostro perché lo considerano responsabile di
quanto accaduto nel villaggio del Monte Kenya. MISTER NO
reagisce e il guidatore perde il controllo dell’auto, che va a
sbattere contro un muro, lasciando però illesi tutti gli occupanti.
Accorrono due poliziotti, che chiedono al pilota di raccontargli
cos’è successo: MISTER
NO,
osservando le facce terrorizzate dei tre Mau
Mau,
decide di non denunciarli e attribuisce l’incidente alla guida da
principiante del tassista. I poliziotti vanno via e il pilota,
ringraziato dai suoi allibiti aggressori, prende un altro taxi,
desideroso di lasciare al più presto un Paese che non gli ha certo
lasciato un bel ricordo.
|
Il
giuramento dei Mau Mau -
MNO 183, p. 59
|
|
Mister No n. 184, settembre 1990. Disegno di Diso. |
Mau-Mau
è, a nostro avviso, la migliore tra le storie africane di Nolitta,
il quale, oltre a confezionare una trama appassionante e ricca di
colpi di scena, fornisce un quadro abbastanza obiettivo della rivolta
dei Kikuyu.
Infatti, pur parteggiando a favore dell’indipendenza kenyota –
come risulta evidente dalle
parole
che fa pronunciare in diverse occasioni a MISTER
NO
(si pensi, ad esempio, alla conversazione tra il pilota e COLLINS
dopo il rapimento di Tommy)
e da come questi si comporta nella scena finale - e
pur denunciando l’arroganza e la violenza dei dominatori inglesi,
lo sceneggiatore non
si esime certo dal mostrare l’incredibile ferocia dei Mau
Mau.
Emblematiche, a questo proposito, tre scene in particolare: la
scoperta, da parte dei soldati comandati dal tenente Keegan,
dell’orrendo massacro compiuto dai ribelli nel villaggio di
Miriukò, abitato da Kikuyu
rimasti fedeli agli inglesi; la strage che ha luogo nel ristorante
New
Delhi
di Nairobi, alla quale MISTER
NO
scampa per un soffio; il già citato giuramento dei Mau-Mau,
il Bathuni
Oath.
Riguardo a quest’ultimo, è davvero difficile dimenticare il
sacrificio del capro da parte di Wangu,
il quale, dopo aver cavato gli occhi alla povera bestia (occhi che,
posti dallo stregone sulla galleria
spinosa, fungeranno da testimoni
del giuramento), lo trafigge con un pugnale e strappa le viscere
all’animale ancora vivo. Che
mi venga un colpo!... Anzi, che il colpo venga a lui, a quel dannato
macellaio! –
pensa MISTER
NO,
assistendo al sacrificio – Puah!!
Non sono un tipo dallo stomaco delicato, ma tutto questo mi ripugna…
Puah!
Tutta questa ignobile macelleria finirà per farmi vomitare, sangue
di Giuda!.
|
Mister
No è costretto a uccidere Kamore – MNO 184, p. 24
|
|
Due
insospettabili sicari Mau Mau cercano di eliminare il pilota -
MNO 184, p. 75
|
Se il generale
Uhuru
e Kamore/generale
Kenya
sono Mau
Mau
ragionevoli (il secondo lo è, almeno, fino a quando non tenta di
uccidere MISTER
NO),
Wangu
e soprattutto Khariani
rappresentano
la faccia più feroce e sanguinaria della rivolta Kikuyu.
Lo stesso dicasi, tra i coloni inglesi, dello spietato Jimmy
COLLINS
e dei suoi uomini. Al contrario, il tenente Keegan
e il capitano Nelson
sono figure positive nonché sfortunate, visto che entrambi rimangono
uccisi negli scontri con i guerriglieri Kikuyu.
Un altro buono
sfortunato che si fa ricordare è lo svizzero Kunz,
il quale è tra le vittime della strage del New
Delhi.
Sono…
sono andati tutti fuori di testa…
- dice il morente Kunz
a MISTER
NO,
al quale aveva poco prima espresso le sue idee anticolonialiste - è
l’odio che li acceca… non sanno più neanche distinguere… tra
nemici e amici… Che senso ha?? Porcaccia miseria!! Che senso ha
tagliare… una pianta nella foresta? Senza nessun motivo…che senso
ha?... …Il Kenya… Il Kenya domani mattina… non sarà certo…
migliore senza di me… .
La gratuita uccisione dello svizzero (ma anche quella del
proprietario del New
Delhi,
l’indiano Ray
Singh,
sebbene questi sia un odioso razzista) mostra come la violenza dei
Mau
Mau
fosse spesso indiscriminata, risultando alla fine dannosa per la
causa – sacrosanta – dell’indipendenza keniota.
|
Una
banda di guerriglieri Mau Mau
|
MAYA
Tra
le varie civiltà precolombiane, i Maya
sono quella che riveste la maggior importanza nella saga
misternoiana. Basti solo pensare che una delle più amate storie del
pilota - Rio
Negro
(G.
Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 12-15)
– è imperniata sulla ricerca di un antico insediamento Maya
in AMAZZONIA.
Un archeologo americano, il professor Warren,
ha infatti scoperto, durante una campagna di scavi in Honduras,
un’iscrizione contenente una straordinaria notizia:
nel VII secolo d.C., un gruppo di esuli politici Maya
lasciò lo Yucatan per stabilirsi, dopo un lungo viaggio, nella
regione amazzonica dell’alto Rio Padauiri, dove fondò una città,
Tekax.
Per ritrovare le sue rovine, tra cui dovrebbe
esserci
anche una piramide del tutto identica a quella messicana di Palenque,
Warren
– che è accompagnato dalla sua assistente Patricia
ROWLAND
- ingaggia MISTER
NO,
il quale organizza subito una spedizione. Essa è composta, oltre che
dal pilota e dai suddetti archeologi, da ESSE-ESSE,
dal musicista jazz (temporaneamente disoccupato) Dana
WINTER,
dal capitano Antonio
VEGA
(sul cui battello vengono effettuati la prima parte del viaggio e il
ritorno a MANAUS)
e dal
suo inseparabile aiutante
Pedro,
esperta guida indigena. Superati diversi pericoli, la spedizione
raggiunge finalmente la zona dove un tempo sorgeva l’insediamento
Maya,
nei cui pressi c’è un villaggio di indios TUKÂNO.
|
Mister No n. 15, agosto 1976. Disegno di Ferri. |
|
La
piramide di Tekax, antica città Maya dell’Amazzonia – MNO 14, p.
97
|
Il loro capo, il vecchio Fusiwe,
accompagna MISTER
NO
e i suoi amici alle rovine di Tekax,
fra le quali spicca l’imponente piramide (Il
tempio dei Maya
s’intitola infatti l’ultimo albo della storia), che lascia
stupefatti Warren
e Patricia.
I due archeologi vorrebbero entrare nella spettacolare costruzione,
ma Fusiwe
glielo proibisce: I
cadaveri degli antichi dominatori della foresta abitano tra quelle
fredde rocce… -
dice l’indio - …e
una remota leggenda afferma che se uno straniero passerà oltre la
sua soglia, l’intera casa di pietra crollerà… …e gli spiriti
dei morti si vendicheranno perseguitando coloro che non li hanno
saputi difendere dai profanatori… …e cioè noi Tukâno.
Nonostante
la vigilanza degli indios, la funesta profezia è destinata, almeno
in parte, ad avverarsi: alcuni malviventi, comandati da uno studente
americano di nome Arthur,
penetrano nel villaggio e fanno prigionieri sia gli indigeni che
MISTER
NO
e i suoi compagni. Il malvagio Arthur
- che teneva d’occhio Warren
e Patricia
fin dal giorno della loro partenza dagli STATI
UNITI
- vuole impossessarsi degli oggetti preziosi contenuti nella camera
funeraria del sacerdote Grande
Giaguaro:
pertanto, lui e i suoi complici Girty
e Neil
costringono Fusiwe
e Warren
a condurli alla piramide. Entrati in essa, i tre americani e i loro
ostaggi raggiungono la camera funeraria, ma poiché questa è
protetta da un lastrone di pietra, Neil
tortura
Fusiwe
per costringerlo a rivelargli dove si trova il congegno che consente
l’accesso alla cripta. Fusiwe
però resiste alla tortura e Arthur
pensa quindi di far saltare il lastrone con la dinamite. Nel
frattempo, MISTER
NO
e ESSE-ESSE
riescono a liberarsi e, con l’aiuto di Pedro,
si sbarazzano dei malviventi rimasti di guardia al villaggio.
|
La
tomba del sacerdote Grande Giaguaro – MNO 15, p. 63
|
|
Patricia
Rowland e i suoi colleghi visitano un sito Maya in Guatemala - MNO
109, p. 71
|
I due
amici entrano poi nella piramide e, sbarazzatisi di Girty
e Neil,
liberano Fusiwe
e Warren,
cogliendo di sorpresa Arthur;
sembra ormai fatta, ma
proprio in quel momento
la dinamite piazzata dallo studente esplode e sia lui che i Nostri
vengono investiti da un violento spostamento d’aria che gli fa
perdere i sensi. Il primo a riprenderli è proprio Arthur,
il quale si dirige subito alla camera funeraria per mettere le mani
sul tesoro. Si risvegliano poi MISTER
NO
e i suoi amici; un istante dopo, la piramide - scossa dall’esplosione
- inizia a tremare, facendo cadere enormi blocchi di pietra. Mentre
il tedesco porta in salvo Fusiwe,
seguito da Warren,
il pilota tenta di convincere Arthur
a
uscire con lui dall’antica costruzione, il cui crollo è imminente.
Il giovane però, accecato dalla cupidigia, non lo sta sentire e
continua ad arraffare i gioielli della cripta. Alla fine, MISTER
NO
riesce a uscire in tempo prima che la piramide crolli, mentre l’avido
Arthur
muore sotto le macerie.
|
Il
Trono del Giaguaro di Chichén Itzá (Messico)
|
|
L’archeologa
Terry Bauer mostra a Mister No una riproduzione dei famosi affreschi
di Bonampak - MNO 149, p. 7
|
Il
secondo episodio misternoiano che ha tra i suoi temi l’archeologia
Maya,
Il
sepolcro indiano
(E.
Missaglia [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 108-110), si
svolge in Guatemala, precisamente nella regione del Petén. La storia
vede MISTER
NO
ed ESSE-ESSE
accompagnare nella giungla guatemalteca la loro amica Patricia
e
due suoi colleghi, i professori Valdeira
e Fonseca,
interessati a studiare un centro sacrale Maya
che sorge lungo le rive del Rio Usumacinta e risale al 500 d.C. . Il
sito, raggiunto dalla spedizione dopo aver superato non poche
insidie, si rivela molto interessante, per via delle imponenti
sculture in esso presenti - tra cui una grande stele e un monolito a
forma di testa di giaguaro – e della tomba di un re-sacerdote, al
cui interno, però, gli archeologi non trovano una mummia Maya,
bensì il corpo del figlio di Juan
Ximil Duarte.
Questi è il sanguinario re dei ribelli ZAMBOS,
i quali attaccano la spedizione, costringendo i Nostri a una lunga ed
estenuante
fuga
nella
selva. Alla fine, gli ZAMBOS
verranno sconfitti, ma il povero Fonseca
ci lascerà la pelle.
|
Mister No n. 150, novembre 1987. Disegno di Diso. |
|
Mister No n. 164, gennaio 1989. Disegno di Diso. |
Non
meno drammatica de Il
sepolcro indiano
è la storia Il
giustiziere di Bonampak (G.
Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 149-152),
ambientata nello Stato messicano del Chiapas. In quest’avventura,
il passato e il presente della civiltà Maya
s’intersecano: il primo è costituito dalle spettacolari rovine che
affiorano tra la rigogliosa vegetazione tropicale, ricercate con
accanimento e mancanza di scrupoli dall’archeologo Lewis
Habersham;
il secondo è rappresentato dai poveri e perseguitati discendenti dei
Maya,
gli indios Lacandones,
per difendere i quali un giovane laureando americano arriva a
trasformarsi in un sanguinario vendicatore (vedi GIUSTIZIERE DI BONAMPAK).
Degne di nota, per quanto riguarda specificatamente l’archeologia
Maya,
le seguenti scene: quella in cui l’archeologa Terry
Bauer
mostra a MISTER
NO
la riproduzione di un celebre affresco raffigurante lo spietato Gran
Capo di Bonampak
che giudica i prigionieri di guerra (Furono
proprio alcune violente e crudeli scene di quegli affreschi –
spiega
la Bauer
al pilota
–
a
smentire le precedenti teorie che descrivevano i Maya come un popolo
mite e pacifico.);
la scena in cui il già citato Habersham
racconta a MISTER
NO,
davanti alla statua decapitata del dio Hachakium,
una profezia diffusa tra i Lacandones,
secondo la quale: Un
giorno, all’improvviso quella testa tornerà miracolosamente al suo
posto… …e allora, in quel momento, migliaia, milioni di giaguari
usciranno dalle foreste e sbraneranno tutti gli uomini: quella,
insomma, sarà la fine del mondo!;
e
infine
l’impressionante scena che ha luogo nel tempio del dio serpente
U-Hachil
(vedi SERPENTI).
|
Mister
No s’immerge in un cenote
dello Yucatan -
MNO 164, p. 36
|
|
Mister No n. 352, settembre 2004. Disegno di Diso |
Le
altre storie della saga riguardanti gli antichi abitatori del MESSICO
sono: Il
mistero della mappa
(A. Ongaro [sog.&scen.] – R. Della Monica [dis.], nn. 162-164),
dove MISTER
NO
recupera, assieme alla bellissima messicana Consuelo
Ibanez e
al termine di un autentico tour
de force,
un tesoro ubicato in un cenote
(i pozzi dove i Maya
gettavano le loro vittime sacrificali) dello Yucatan; e L’idolo
Maya
(M. Masiero [sog.&scen.] – A. Bignamini [dis.], nn. 351-252),
che è invece ambientata in AMAZZONIA
e vede il pilota e ESSE-ESSE
nuovamente a fianco di Patricia
ROWLAND.
I due aiutano l’archeologa e un suo collega brasiliano, padre
Metha,
a ritrovare la statuetta d’oro di Ek
Chuah,
il dio MAYA
della
vendetta e della morte. In quest’avventura, che presenta anche
elementi soprannaturali, ritroviamo i TUKÂNO
di
Rio
Negro
e
compare persino un altro tempio MAYA,
ma la trama imbastita da Masiero non riesce comunque a eguagliare il
fascino della suddetta storia nolittiana.
|
L'imponente
Tempio delle Iscrizioni di Palenque (Messico)
|
MBARA
Simpatico
stregone degli Ewondo,
una
delle principali tribù del Camerun. Fa la sua prima apparizione ne
Gli
uomini leopardo
(A.
Ongaro [sog.&scen.] - M. Bianchini [dis.], nn. 169-173), dove
ricopre un ruolo molto importante, quasi da co-protagonista. In
quest’appassionante storia Mbara
– che è uno stregone sui
generis,
essendo laureato alla Sorbona in Filosofia
e Sociologia -
diventa amico di MISTER
NO
perché il pilota - secondo quanto predetto decenni prima da Noba,
maestro del griot
camerunense - è colui che restituirà agli Ewondo
il mbok,
l’urna che contiene le ceneri del loro antenato fondatore Kadì. Il
mbok
è stato rubato alla fine dell’800 (quando il Camerun era una
colonia tedesca) dai Fang,
tradizionali nemici della tribù di Mbara.
L’incontro fra lo stregone e MISTER
NO
avviene in circostanze assai particolari: contattato telepaticamente
dall’ormai
ultracentenario Noba,
Mbara
(che ha quasi ottant’anni, ma ne dimostra di molti di meno) si reca
in Costa d’Avorio, precisamente nell’allora capitale Abidjan.
Noba
conduce Mbara
in un bar della città e qui gli indica MISTER
NO,
che all’inizio non fa una buona impressione allo stregone (Parevi
un vagabondo,
dirà poi Mbara
al Nostro). Noba
affida a Mbara
– che ha la capacità di vedere
il
futuro imminente e anche quella di leggere nel pensiero - il compito
di proteggere il pilota, in modo che tutto vada secondo la profezia.
Quando MISTER
NO
si fa dare un passaggio per Lagos (Nigeria) dall’irlandese Johnny
Carson,
Mbara
lo segue, salendo di nascosto sul camion di quest’ultimo.
|
Mister No n. 171, agosto 1989. Disegno di Diso |
Giunto a
Lagos, MISTER
NO
sale a sua volta clandestinamente su un cargo diretto a Yaoundé
(capitale del Camerun), e Mbara
lo precede. Un’ora dopo il decollo, lo stregone si presenta al
Nostro chiamandolo tumbaba
(uomo bianco) e dicendogli che l’aereo non arriverà mai a
destinazione: infatti, proprio in quel momento scoppia uno spaventoso
temporale e un fulmine colpisce la cabina dei piloti, uccidendoli.
MISTER
NO
è quindi costretto a pilotare l’aereo – che ha pure un motore in
fiamme – e, grazie alle indicazioni di Mbara,
riesce ad ammarare sul fiume Shanga, vicino al confine tra Congo e
Camerun. I due raggiungono la riva (mentre l’aereo, spezzatosi in
due a causa del violento ammaraggio, precipita da
una cascata) e si mettono in marcia nella giungla, sotto la pioggia.
Il giorno seguente, dopo aver trascorso la notte in un villaggio di
Pigmei, MISTER
NO
e Mbara riprendono il viaggio – durante il quale il pilota ha modo
di conoscere meglio lo stregone e i suoi poteri, e anche di salvargli
la vita –, fino a raggiungere la riva di un altro fiume. Qui MISTER
NO
recupera una piroga abbandonata, la cui apparizione è frutto di un
altro prodigio di
Mbara.
Lo stregone decide a questo punto di separarsi dal pilota, il quale,
ancora all’oscuro della profezia di Noba,
non riesce a comprendere il comportamento di Mbara
e le sue parole: Il
mio compito per ora è finito.
[…] Non
posso dirti altro.
[…] Un
giorno o l’altro dovremo rivederci. Tu intanto vai a Yaoundé…
altre cose ti aspettano.
|
Lo
stregone camerunense Mbara – MNO 170, p. 47
|
Infatti,
qualche giorno dopo, MISTER
NO
diventa protagonista di due drammatici avvenimenti: mentre il suo
viaggio è giunto quasi al termine, sulla sponda del fiume appare un
ragazzo nero inseguito da un LEOPARDO,
che – ma il Nostro lo ignora – è il fratello
di sangue
di Mlisi,
il re dei Fang.
Prima di venire ucciso dal pilota, il felino raggiunge il ragazzo e
lo dilania. MISTER
NO
si china sull’ormai moribondo giovane, il quale gli dice che stanno
arrivando gli UOMINI
LEOPARDO
e - quando il pilota lo porta sulla piroga - aggiunge: …Hai
segnato la tua… condanna a morte… …Quel leopardo ha il segno
dell’Hu… …tu, uccidendolo…hai ucciso anche…suo fratello di
sangue…
. MISTER
NO
chiede al giovane chi avrebbe ucciso, ma in quel preciso momento
appaiono sulla sponda altri due ragazzi neri, inseguiti da alcuni
guerrieri coperti da pelli di LEOPARDO.
MISTER
NO
corre in loro aiuto ma, pur avendo alla fine la meglio sui suddetti
guerrieri, non riesce a impedire la morte dei ragazzi. Torna poi
sulla piroga, e la vittima del LEOPARDO
gli chiede dove sta andando. A
Yaoundé…
risponde MISTER
NO,
e il ragazzo dice: Sì…Yaoundé…vai…Yaoundé
vogliono uccidere…
. Vogliono
uccidere chi?!,
domanda il pilota, ma non ottiene risposta, perché proprio in
quell’istante il giovane muore. Arrivato nella capitale
camerunense, MISTER
NO
segue il suggerimento datogli da Johnny
Carson
e si reca subito all’Hotel
Cocotier,
dove lavora il fratello del camionista, Jack.
|
Mister No n. 172, settemmbre 1989. Disegno di Diso |
Il pilota racconta a questi ciò che gli è successo, comprese le
enigmatiche parole pronunciate dal ragazzo da lui soccorso. Il
racconto di MISTER
NO
non sfugge alle orecchie di uno dei camerieri dell’albergo, Tikor,
il quale è un Uomo
Leopardo.
Quella stessa notte, un altro Uomo
Leopardo
- avvisato proprio da Tikor
- tenta di uccidere il pilota, mentre questi dorme in uno dei
bungalow del Cocotier.
Il Nostro, però, si sveglia in tempo e respinge l’aggressore, che
riesce comunque a fuggire. Il giorno successivo, Carson
porta MISTER
NO
a casa dell’etnologo François
Edhel,
il quale, ascoltato il suo racconto, dice al pilota che gli UOMINI
LEOPARDO
con cui si è scontrato appartengono alla potente tribù dei Fang,
mentre i ragazzi da essi uccisi, come pure quello assalito dal
LEOPARDO,
erano probabilmente Ewondo.
Edhel
spiega inoltre al Nostro l’incredibile fenomeno dei fratelli
di sangue,
dicendogli che l’uccisione della suddetta belva ha causato la morte
di Mlisi:
ecco perché i Fang
lo hanno condannato a morte. Dopo essere sfuggito a un altro
attentato, MISTER
NO
scopre, grazie all’aiuto di Antoine
Edhel,
che gli UOMINI
LEOPARDO
progettano di uccidere il principe Yaoundé,
capo della tribù che ha dato il nome alla città. Proprio a questo
personaggio – che vive in un vecchio fortino tedesco - si
riferivano le ultime parole del giovane Ewondo.
Il pilota scopre anche di essere l’uomo bianco di cui parla la
profezia di Noba,
profezia molto temuta dai Fang,
i quali vogliono uccidere MISTER
NO
anche per impedire che essa si avveri. Il Nostro e Antoine
riescono ad arrivare al suddetto fortino giusto in tempo per salvare
la vita a Yaoundé,
ma nella lotta contro gli UOMINI
LEOPARDO,
MISTER
NO
rimane ferito alla tempia e perde i sensi. Si risveglia, qualche
giorno dopo, nell’infermeria del fortino, dove ritrova Mbara,
il quale gli racconta tutta la storia del mbok
e gli dice, appunto, che è lui la persona scelta dal destino per
ritrovare l’urna sacra e restituirla agli Ewondo.
|
Mbara
salva la vita a Mister No – MNO 172, p. 34
|
Mbara
rivela inoltre al pilota che è stato il suo Hu
(una
segreta forza psichica,
per usare le parole di François
Edhel)
a salvarlo al Cocotier,
svegliandolo proprio nel momento in cui l’Uomo
Leopardo tentava
di ucciderlo. Dopo un’iniziale titubanza, MISTER
NO
accetta di assecondare il destino, quindi di aiutare Mbara
a trovare il mbok.
L’amico stregone lo informa che, morto Mlisi,
l’unica persona che sa dov’è nascosta la sacra urna è il figlio
Hegba,
nuovo re dei Fang.
Passano alcuni giorni e, una sera, Tikor
– intenzionato a uccidere personalmente MISTER
NO
- si offre di accompagnare Jack
Carson
(che ignora la sua appartenenza agli UOMINI
LEOPARDO)
a far visita al pilota. Giunti al fortino, i due si dirigono verso
l’infermeria; a questo punto, Tikor
stordisce Jack
e si avventa con un pugnale contro MISTER
NO,
ma Mbara
– che grazie ai suoi poteri ha visto
ciò che stava succedendo – interviene e uccide l’Uomo
Leopardo.
Su idea di MISTER
NO,
Mbara
trasmette al giornale di Yaoundé la notizia della morte del pilota
e, con l’aiuto di Jack,
organizza addirittura un finto funerale, cui partecipa pure Antoine
Edhel:
tutto ciò per ingannare i Fang,
i quali, credendo che l’uomo
della profezia sia
morto, allenteranno la guardia ai confini del loro territorio.
Trascorsi due giorni dal falso funerale, MISTER
NO
e Mbara
partono a bordo di un battello e, dopo una settimana di navigazione,
raggiungono il regno dei Fang.
Il pilota riesce a rapire Hegba,
il quale - terrorizzato da Mbara,
che minaccia di farlo impazzire - rivela allo stregone che il mbok
è nascosto in un vecchio fortino tedesco situato vicino al confine
con la Guinea Equatoriale e rimasto sepolto dalla sabbia dopo un
maremoto.
|
Mbara
fa scoppiare una potente tromba d’aria -
MNO 172, p. 87
|
Mbara
e MISTER
NO,
senza accorgersi di essere seguiti da una misteriosa canoa, si
dirigono verso la costa e, un volta arrivati, attraccano dietro un
faraglione. A questo punto, lo stregone compie il suo prodigio più
impressionante: fa scoppiare una tromba d’aria così potente da
spazzare via tutta la sabbia che ricopre il fortino. Mentre Mbara
resta sul battello con Hegba,
MISTER
NO
entra nella costruzione e trova finalmente il mbok;
sta per andarsene, quando qualcosa attira la sua attenzione: un
forziere pieno di monete d’oro, marchi tedeschi dell’800.
All’improvviso, sbucano François
Edhel
e suo figlio Antoine,
i quali puntano contro MISTER
NO
le loro pistole. Vi
seguiamo da quando avete lasciato Yaoundé
– dice François
– No.
Non siamo entrati con voi nel territorio dei Fang […]
ma
abbiamo aspettato che ne usciste con il vostro prigioniero e poi non
vi abbiamo più perduto di vista.
[…] Sapevamo
che c’era dell’oro tedesco nello stesso luogo dove era stato
sepolto il mbok, ma ignoravamo dove questo luogo si trovasse.
L’etnologo racconta a un confuso e sorpreso MISTER
NO
che il forziere contiene il tesoro del governo coloniale tedesco e
che a rubarlo e infine a nasconderlo lì era stato, nel 1916, suo
zio, il capitano Hans
Steiner,
il quale, però, era morto prima di poterlo recuperare. Gli Edhel
hanno intenzione d’impadronirsi del tesoro e, per non lasciare
testimoni, vogliono eliminare sia MISTER
NO
che Mbara
ed Hegba.
Tuttavia, lo stregone – che è stato legato dai due insospettabili
nemici
-
si mette in contatto telepatico con il pilota, avvertendolo che sta
per arrivare il suo fratello
di sangue,
una pantera nera. La belva uccide prima François
poi Antoine,
quindi va via. MISTER
NO
torna sul battello e libera Mbara,
il quale recupera sia il mbok
che il forziere: L’urna
sacra servirà a ricomporre l’anima distrutta degli Ewondo,
– dice lo stregone – l’oro
a ricomporne il corpo.
Hegba
viene infine restituito al suo popolo, dopo aver firmato un patto in
cui rinuncia ai progetti egemonici dei Fang.
|
Mister No n. 174, novembre 1989. Disegno di Diso. |
Mbara
ritorna – ma in un ruolo più marginale - nella storia successiva,
Il
trono d’oro
(A. Ongaro [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 173-175). In
essa, MISTER
NO
– che si trova ancora in Camerun - viene ingaggiato dal
connazionale David
Mason,
il quale intende fare un safari in elicottero nella parte
centro-settentrionale del Paese. In realtà, Mason
e sua moglie, la conturbante quanto subdola Sheila,
sono alla ricerca di un oggetto dall’inestimabile valore: il trono
d’oro di Dinka,
un sovrano di etnia Ashanti che, alla fine del XIX secolo, regnava
nella sopracitata regione camerunense. Benché abbia la pelle bianca,
David
è un pronipote di Dinka
e sa che questi è stato sepolto in un luogo chiamato la Montagna
del Teschio,
che si trova nella catena dell’Adamaoua. L’elicottero è l’unico
modo per scoprire l’esatta ubicazione della montagna e, avendo
bisogno di un pilota, Mason
ha pensato appunto di contattare MISTER
NO,
segnalatogli da Jack
Carson.
Mbara
raggiunge MISTER
NO
al porto di Douala, poco prima che egli parta assieme ai Mason,
i quali possiedono un lussuoso yacht. Oltre a metterlo in guardia
dalla suddetta coppia, lo stregone dice al pilota: In
qualsiasi momento tu abbia bisogno di me chiamami. […]
Basterà
che tu ti concentri profondamente pensando al mio nome. Io ti
sentirò. Durante
il viaggio, MISTER
NO
comincia a sospettare dei Mason,
e un giorno, dopo essere stato drogato dai coniugi americani, scopre
che David
ha rapito Bornu,
un anziano uomo ma-cumba,
cioè un sacerdote in grado di parlare con gli spiriti dei re morti.
A raccontarlo al pilota è il nipote di Bornu,
il giovanissimo Oni,
il quale è riuscito a nascondersi nella stiva dello yacht. Il giorno
successivo, i Mason
e MISTER
NO
arrivano nel bungalow dove si trova l’elicottero e dove ad
aspettarli c’è Dick
Farrell,
socio di David
e
Sheila.
Quella sera stessa, il pilota entra di nascosto, assieme a Oni,
nel capannone in cui è tenuto prigioniero Bornu.
Il sacerdote, oltre a informare MISTER
NO
di essere in contatto telepatico con Mbara,
gli dice che non vuole essere liberato perché è curioso di scoprire
il motivo del suo rapimento. Sarà David
Mason
in persona a rivelare in seguito a MISTER
NO,
in un accampamento nella giungla, di aver catturato Bornu
per costringerlo a evocare lo spirito di re Dinka,
affinché quest’ultimo gli dica dov’è il trono d’oro.
L’oggetto fa gola anche a Stuart
Mason,
il fratello nero di David
(il quale ha rotto da tempo i rapporti con lui), che è giunto nel
Camerun con la sua banda di malviventi newyorkesi, anch’essi di
pelle nera e travestitisi, al pari del loro capo, da selvaggi
predoni.
|
Mbara
mette in guardia Mister No dai
coniugi Perkins
– MNO 173, p. 43
|
MISTER
NO
vorrebbe liberare Bornu
e andare via con lui, ma David
e Farrell
gli rivelano pure che due loro sgherri tengono in ostaggio la sua
amata Carol,
una bella ragazza che lavora al consolato americano di Yaoundé.
MISTER
NO
è costretto quindi a collaborare con i malvagi connazionali, ma
quella
notte, mentre riposa nella sua tenda, si ricorda delle parole di
Mbara
e, concentrandosi sul suo nome, entra in contatto telepatico con lui
e lo informa che Mason
e Farrell
minacciano di far uccidere Carol
se lui non obbedirà ai loro ordini. Tu
stai al loro gioco, Mister No
– dice Mbara
– Al
resto penserò io.
Il giorno seguente, la tomba di Dinka viene localizzata e Bornu,
evocato lo spirito del sovrano africano, rivela ai suoi rapitori che
il trono d’oro si trova, assieme alle rovine del palazzo reale, sul
fondo di un lago che sorge a poca distanza. Aprendo, con la dinamite,
una falla nella diga fatta costruire dallo stesso Dinka, David
e Dick
fanno defluire le acque del lago, riportando così alla luce l’ambito
trono. Il finale della storia è una girandola di colpi di scena:
Dick,
che è in combutta con Sheila,
spara a David,
il quale trova però la forza di uccidere la moglie, la quale stava
cercando di convincere MISTER
NO
(verso il quale provava una forte attrazione) a eliminare Farrell.
Uno dei proiettili sparati da Mason
prende di striscio il pilota, facendolo svenire. Da autentica vipera,
Sheila,
prima di spirare tra le braccia di Farrell,
chiede a questi di finire MISTER
NO.
Dick
si appresta a farlo, ma viene ucciso da Bornu,
il quale porta MISTER
NO,
ancora svenuto, nel camper dei Mason.
Il pilota riprende i sensi e, assieme a Bornu,
vede arrivare Stuart
Mason.
L’uomo, euforico per non dover spartire il trono con nessuno (tutti
i suoi uomini sono morti e suo fratello e Farrell
non rappresentano più un ostacolo), siede sul trono di Dinka: il suo
peso, però, fa scattare due lame che lo trafiggono da parte a parte,
uccidendolo. Fulminacci!
Bornu!! Tu lo sapevi che sarebbe finita così?!
chiede MISTER
NO
al sacerdote. Sì. – risponde Bornu
- Sapevo
che
[…] Dinka
aveva fatto installare nel trono un sistema di lame che sarebbe
scattato se qualche estraneo si fosse seduto…
…solo
lui conosceva il modo di tenere bloccato il meccanismo.
MISTER
NO
e Bornu
riparano la diga e l’acqua ritorna a sommergere il trono d’oro
assieme al corpo senza vita di Stuart.
Con l’elicottero dei Mason,
MISTER
NO
porta Bornu
nel villaggio dove aveva condotto suo nipote Oni;
qui il pilota ritrova l’amico Mbara,
il quale lo rassicura sulla sorte di Carol,
dicendogli di averla liberata lui stesso con l’aiuto di Jack
Carson.
C’è
un’altra cosa… ehm…che devo dirti, Mister No.
aggiunge Mbara
con un certo imbarazzo. Che
cosa?,
gli domanda il pilota, e Mbara:
Ehm…
uhm… è nato un amore… ehm… …ehm… fra Carol e Jack
Carson…hanno…ehm…deciso di sposarsi. Sai, adesso lui è il
direttore del “Cocotier” […]. Insomma si sono sposati tre
giorni fa.
|
Mister
No contatta telepaticamente Mbara – MNO 174, p. 79
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MISTER
NO
dapprima si arrabbia: Quel
cascamorto traditore… mmm… dunque, riassumiamo: i Mason mi
costringevano ad aiutarli minacciando di uccidere Carol… e io ho
passato tutto quel che ho passato… per vedere Carol finire nelle
braccia di un altro!.
Poi però, riflettendoci sopra, capisce che la suddetta notizia non è
poi così cattiva: Jack
mi ha salvato da un bel pericolo! In fondo, sposando Carol, Jack ha
impedito che io mi facessi coinvolgere in una storia troppo
appiccicosa.
Mbara
predice infine a MISTER
NO
che, prima di poter ritornare in Sudamerica, dovrà passare ancora un
po’ di guai in AFRICA.
Sangue
di Giuda! Sei davvero un bel menagramo, vecchio mio!
– esclama il pilota – E
anche se, in queste tue profezie, ci azzecchi sempre, spero che
stavolta tu possa sbagliare!.
Una speranza vana, quella di MISTER
NO,
giacché, come già sappiamo, la sua trasferta
africana sarebbe
durata ancora a lungo.
MEDINA,
FRANCISCO PACO
Malavitoso
colombiano con il volto butterato dal vaiolo; per questo motivo,
viene soprannominato in COLOMBIA
Momia
(in spagnolo: Mummia)
ma soprattutto Cara
podrida
(Faccia
marcia),
e
in
BRASILE
Abacaxi
(in portoghese: Ananas).
Medina
compare in due storie della saga
dell’addio:
Qualcosa
è cambiato
(G. Nolitta [sog.&scen.] - D. e S. Di Vitto [dis.], nn. 364-366)
e Agguato
al Victoria
(G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 369-370). Nella
prima, MISTER
NO e
Medina s’incontrano,
come abbiamo già scritto nella voce MANAUS,
nel bar dell’aeroporto, dove il gangster è in compagnia dei suoi
scagnozzi Nelson
e Agenor.
|
Mister No n. 365, ottobre 2005. Disegno di Diso |
Conoscendolo di fama, Medina
propone
al Nostro di lavorare per lui, come stanno già facendo molti piloti
amazzonici, ma MISTER
NO
- che non mostra alcun timore nei confronti del malavitoso, tanto da
chiamarlo Abacaxi
– oppone
un netto rifiuto:
Le
mie motivazioni sarebbero sicuramente troppo complicate e, perfino,
incomprensibili per un tipo come te… …e perciò mi limiterò a un
concetto piuttosto elementare: l’Amazzonia è grande, molto grande…
…abbastanza grande per ospitare due individui come noi, senza farli
mai incontrare: mi sono spiegato?.
Ti
sei espresso molto chiaramente,
- risponde Medina
– ma
ci vuole ben altro per convincermi, Mister No… …e sono certo che,
quando avrai respirato qualche boccata della nuova aria che tira su
questa regione, sarai pronto anche tu a far parte della nostra
squadriglia!.
E il pilota: Puah!
Il gusto del potere ti sta dando alla testa più di quel whisky,
Abacaxi… …ma qualcuno, prima o poi, dovrà pur spiegarti che
nella vita di un uomo può esistere qualcos’altro, oltre al denaro.
E, a proposito di denaro,
visto che sono un tipo generoso… …il tuo whisky scozzese è tutto
a carico mio!.
Compiuto questo gesto sprezzante, MISTER
NO
esce dal bar per andare a trovare l’amico meccanico JOÃO,
non curandosi della minacciosa
riposta di Medina
al suo Adiós:
Noi,
in Colombia, diciamo hasta
la vista,
in questi casi, gringo! Cioè arrivederci!.
Dico bene, muchachos?,
domanda il gangster ai suoi sgherri, e Nelson
risponde: Esacto!!
Oppure diciamo hasta
pronto,
in certe occasioni importanti:
ci
rivedremo presto, molto
presto!.
Infatti, pochi minuti dopo, i suddetti scagnozzi più un terzo,
Miguel,
irrompono nell’officina di JOÃO
e danneggiano a colpi di pistola il PIPER
di MISTER
NO.
Questi e il meccanico reagiscono, ma vengono pestati dai malviventi.
|
Il
volto butterato di Francisco Paco Medina alias
Abacaxi
– MNO 364, p. 78
|
MISTER NO
si vendica di Medina
in Agguato
al Victoria,
episodio ambientato nello Stato brasiliano della Rondônia. E’ qui,
infatti, che il criminale colombiano gestisce i suoi loschi traffici,
i quali consistono nel contrabbando di oro e diamanti, di cui i fiumi
della zona – a cominciare dall’imponente Rio Madeira – sono
ricchi. Giunto a Porto Velho, la capitale del suddetto Stato, il
Nostro incontra l’amico pilota Ulisses
Ribeira,
il quale ha anche lui un conto da regolare con Medina,
come dimostra la grossa cicatrice sul petto che uno dei gorilla del
gangster gli ha lasciato. Pertanto, Ulisses
accetta
subito di aiutare MISTER
NO
quando questi gli rivela di voler impartire una dura lezione ad
Abacaxi,
che in quel momento però – come dice lo stesso Ulisses
al Nostro - non si trova a Porto Velho, ma a Nova
Esperança,
un villaggio di GARIMPEIROS
a un’ora di volo dalla capitale. Ulisses
informa MISTER
NO,
inoltre, che il malavitoso ha il suo quartier generale sulla nave
VICTORIA,
con la quale solca le acque del Madeira. MISTER
NO
pensa quindi di assaltare la nave e farla colare a picco dopo aver
catturato Medina:
per realizzare il suo piano, il pilota acquista una cassa di dinamite
e, una volta arrivato a Nova
Esperança
con Ulisses,
ottiene l’aiuto del giovane indio Pamanè,
nipote di Awave,
capotribù dei CARIPUNA
nonché vecchio amico del Nostro. Poche ore dopo, quando è ormai
calata la notte, l’abile Pamanè,
nascosto dietro un albero galleggiante, si avvicina al VICTORIA
e
ruba uno dei due motoscafi attraccati alla nave. Gli uomini della
sorveglianza lanciano subito l’allarme e gli sgherri di Medina,
saliti sull’altro motoscafo, si gettano all’inseguimento del
guerriero CARIPUNA,
il quale si è infilato nella rete di canali che corre parallela al
fiume. Mentre Pamanè
tiene impegnati i suddetti scagnozzi (i quali cadranno poi nella
trappola ordita dall’indio, finendo insabbiati in un tratto di
acqua bassa), MISTER
NO
e Ulisses
si avvicinano silenziosamente, con una canoa, al lato non sorvegliato
del VICTORIA.
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Mister
No fa capire a Medina che lui non è tipo da vendersi – MNO 364, p.
83
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Saliti sulla nave, i due – uno armato della sua Smith
& Wesson,
l’altro di un mitra - neutralizzano facilmente (stordendoli con il
calcio delle loro armi) gli uomini rimasti a bordo e fanno irruzione
nella cabina personale di Medina,
che si trova in compagnia della sua donna. Su ordine di MISTER
NO,
Ulisses
costringe la pupa
del malavitoso e gli altri occupanti della nave a tuffarsi nel fiume;
nel frattempo, MISTER
NO
si fa consegnare da Abacaxi
quasi centomila cruzeiros
(in cui sono compresi, oltre ai sessantamila che andranno a Ulisses
e ai trentamila che il pilota darà ai CARIPUNA,
anche i 7237 cruzeiros
pagati dal Nostro per far riparare il PIPER
e i trecento per le spese mediche sostenute da JOÃO,
che era stato ferito alla testa da Nelson),
quindi costringe il colombiano a salire sulla canoa, dove Ulisses
provvede
subito a legarlo. Dopo aver rinunciato a distruggere con la dinamite
il VICTORIA,
il pilota sale a sua volta sull’imbarcazione,
che poi viene nascosta da lui e dall’amico in mezzo alle mangrovie.
Portandosi dietro il loro prigioniero, MISTER
NO
e Ulisses
si mettono in marcia nella giungla per raggiungere la pista dove si
trova l’aereo di quest’ultimo, ma, a causa di un improvviso
quanto violento acquazzone, devono rifugiarsi nella capanna di un
seringueiro.
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Mister No n. 369, febbraio 2006. Disegno di Diso. |
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Mister
No cattura Medina – MNO 370, p. 34
|
Qui Medina
- che MISTER
NO
ha liberato dalle corde – afferra, non visto, una faca
da seringa
(lo strumento usato dai seringueiros
per
incidere la corteccia degli Hevea
brasiliensis,
gli alberi della gomma) e con essa, dopo aver colpito il Nostro con
un calcio in faccia, ferisce Ulisses,
che cade a terra. MISTER
NO,
ripresosi in fretta, estrae la pistola, ma il colombiano gli lancia
contro la faca
- senza però riuscire a centrarlo - e fugge. Il pilota fa fuoco due
volte contro Abacaxi,
ma lo manca; quindi si lancia al suo inseguimento, sparandogli altre
tre volte e mancandolo ancora. Medina
supera senza difficoltà un tratto di foresta, ma ad un certo punto
si trova davanti una laguna. L’acqua rallenta la corsa del
gangster, facendo di lui un facile bersaglio per MISTER
NO,
che stavolta è sicuro di colpirlo. Prima però che il pilota possa
premere il grilletto, Abacaxi
viene assalito da un branco di PIRANHA,
che lo divorano in pochi minuti. Mentre MISTER
NO
osserva la terribile scena, arriva Ulisses,
che il Nostro credeva morto. Brutta
fine, eh?
– dice il pilota brasiliano, tenendosi una mano sulla spalla
sanguinante - …ma,
se fosse capitato nelle mie mani, ne avrebbe fatta una peggiore, quel
bastardo.
Purtroppo – come abbiamo già scritto nella voce dedicata a Moreno
GALINDEZ
-, il simpatico Ulisses
pagherà assai cara la morte di Medina.
MISTER
NO,
però, riuscirà a vendicare l’amico, infliggendo un colpo fatale
al clan di Abacaxi.
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Mister No n. 370, marzo 2006. Disegno di Diso. |
Curiosità:
Cicatrici facciali a parte, Medina
è ispirato graficamente – come si legge nel libro-intervista
Making
of Mister No
(a cura di Franco Busatta e Gabriele Ferrero, Edizioni if 2005) –
al celebre attore Jack Nicholson. Questa somiglianza è evidente
soprattutto in Qualcosa
è cambiato,
meno invece in Agguato
al Victoria,
dove, peraltro, anche il volto del gangster appare meno butterato.
Riteniamo, pertanto, che i fratelli Di Vitto abbiano saputo
caratterizzare il personaggio in maniera più efficace rispetto a
Diso.
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Medina
sfugge a Mister No, ma non ai piranha – MNO 370, p. 67
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Massimo Capalbo
N.B. trovate i link alle altre lettere dell'Atlante andando sulla pagina della Bussola!
Tra quelle che ho letto "Relitti umani" è fin' ora la mia preferita di MN! Avvincente, cruda, drammatica e coinvolgente nel suo incedere parallelo tra la situazione di Mister No nel carcere e Esse-esse che tenta di scagionarlo. Ben caratterizzati i personaggi! Se Castelli avesse scritto più storie così anche per Zagor come ha fatto per MN...
RispondiEliminaMolto bella anche "Rio negro", uno dei classici della serie che racchiude un pò tutta la filosofia del protagonista e della saga!
Godibile e coinvolgente anche "Veracruz" di Ongaro, che però ha uno stile tutto suo nell' inserire tanti personaggi e creare più filoni narrativi. Poi fino a quel momento non penso si fosse vista una scena così "spinta" in MN, anche se non siamo a livelli dylandoghiani XD!
RispondiEliminaQualcosa di "spinto", ma inquadrato in lontananza e parzialmente ricoperto da un cespuglio, lo si era visto nella storia "Il demone etrusco": mi riferisco alla scena dell'amplesso, nelle campagne laziali, tra Mister No e Claudia Sinisbaldi. Tuttavia, la scena cui ti riferisci è più intrigante: l'inquadratura è ravvicinata e possiamo quindi ammirare meglio le magnifiche forme di Consuelo Ibanez.
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