L'essenziale copertina di Eccetto Topolino, dalla grafica anni '30. NPE, 2011 |
Leonardo Gori, uno degli autori di Eccetto Topolino, con un suo romanzo |
Guglielmo Emanuel, agente del KFS a Roma e poi direttore del Corrierone, in una pubblicità del volume Eccetto Topolino. |
Nel libro della NPE tre figure spiccano fra le altre. Guglielmo Emanuel, che dal 1946 al 1952 sarà direttore del Corriere della Sera, ricordato positivamente, per le sue qualità umane liberali e borghesi, anche da un bastian contrario come Indro Montanelli, nel periodo in esame è agente in Italia del King Features Syndicate.
Stiamo parlando del potentissimo KFS di William Randolph Hearst (1863 - 1951), il Citizen Kane del giornalismo americano ritratto spietatamente da Orson Welles, lo spregiudicato direttore/editore/scrittore che contribuì, con gli infervorati articoli sull'affondamento della USS Maine pubblicati sulla sua catena di quotidiani, allo scoppio della guerra ispano-americana del 1898 che defenestrò Madrid da Cuba (non a caso ancora oggi gli Americani mantengono in terra castrista la base di Guantanamo Bay), ma contribuì anche alla nascita (negli anni stessi dei primi vagiti del cinema) di un nuovo linguaggio, il fumetto per l'appunto, inteso come sequential art, grazie ai suoi strabilianti inserti domenicali, alle già allora favolose tecniche di stampa in quadricromia e ai suoi straordinari artisti della china. Noti sono i rapporti fra Hearst e il Regime fascista nel periodo del consenso, visto che il magnate pubblicava articoli mussoliniani (in realtà scritti da Margherita Sarfatti, giornalista e vecchia amica del Duce fin dai tempi dell'Avanti!). Del resto, negli anni Venti e nei primi anni Trenta, sui quotidiani di WRH apparvero addirittura articoli di Adolf Hitler, redatti sotto pseudonimo! Il Fuhrer, grazie ai proventi di quelle collaborazioni, sommati ai diritti d'autore conseguenti alle vendite del Mein Kampf, per i quali non pagava un marco di tasse, acquistò il Berghof, la sua residenza privata sulla montagna bavarese nell'Obersalzberg...
Dai documenti analizzati dagli autori di Eccetto Topolino troviamo legato a doppio filo con Emanuel il vulcanico editore fiorentino Mario Nerbini, il primo a portare le strisce sindacate (dalla KFS) di Topolino in Italia nel 1932 e poi, con L'Avventuroso del 1934, il primo a far affezionare i ragazzi al nuovo codice di comunicazione, alla nuova forma di narrativa per immagini in sequenza che aveva visto la luce e si era sviluppata negli Stati Uniti, con la traduzione delle più straordinarie serie giornaliere e domenicali – Flash Gordon in testa.
Lo stand tutto disneyano della Nerbini alla Fiera di Milano del 1935. |
Ecco infine l'autore Federico Pedrocchi, creatore del giornale Paperino per la Mondadori, la casa milanese alla quale Nerbini cedette nel 1935 l'esclusività Disney (l'azienda di Segrate la mantenne fino al 1988). Quando, a partire dal 1938, le direttive del Min.Cul.Pop. - in un crescendo di divieti e circolari sempre più restrittive – costrinsero gli editori ad abbandonare le serie americane (in un primo tempo tutte “eccetto Topolino” - come sembrava avesse preteso il Duce in persona - e poche altre come Popeye; ma poi, dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti in seguito allo sganassone giapponese di Pearl Harbor del 1941, anche la produzione di Burbank e le altre strisce pupazzettistiche dovettero far fagotto e tornare aldilà dell'Atlantico), l'impegno artistico e redazionale del vulcanico Pedrocchi porterà, come più o meno volontaria reazione ai diktat ministeriali, alla nascita del primo nucleo di autori, sceneggiatori e disegnatori, di quella che possiamo definire a posteriori un'autonoma (intendi autonoma dai modelli a stelle-e-strisce) scuola italiana del fumetto, d'autore e popolare. Singolare che, nonostante i buoni rapporti fra Hearst (e il KFS) e i leader dei fascismi europei, si sia comunque arrivati a questa rottura. Ma siccome "non tutti i mali vengono per nuocere" l'interrompersi del dialogo culturale tra il fumetto cresciuto all'ombra dello Star Spangled Banner e l'editoria tricolore costrinse gli autori italiani ad "arrangiarsi" e a crescere artisticamente. Pedrocchi – con opere come Virus – getta financo i semi di quello che sarà il “giornalinismo” tascabile del Dopoguerra, anche e soprattutto bonelliano (pensiamo per esempio allo Zagor di Guido Nolitta, vero cultore del personaggio pedrocchiano, da lui trasfuso nella figura dello scienziato folle Hellingen).
Gian Luigi Bonelli, in questo periodo allo stesso tempo fertile di idee e novità e pericoloso (per la battaglia culturale del Regime aizzato dai "benpensanti" contro il fumetto stesso, inteso come mezzo di comunicazione), lo vediamo inizialmente nello staff del Vittorioso, il periodico della cattolica AVE, il cui primo numero uscì alla fine del 1936 con data 9 gennaio 1937. Bonelli lasciò una grande impronta al Vittorioso. Come si legge su Eccetto Topolino, “un netto miglioramento dei contenuti si ha nel 1938, con l'arrivo in redazione di Gian Luigi Bonelli, che recluta disegnatori ai massimi livelli (Kurt Caesar, Raffaele Paparella) e scrive soggetti e seneggiature di alcune delle più memorabili storie a fumetti”. Alla fine del 1940 Bonelli Padre (con il collega Daini) rileva L'Audace da Lotario Vecchi della SAEV, settimanale al quale collaborava. Dal gennaio al settembre 1939 la testata era già stata ceduta alla Mondadori per un tentativo di rilancio, ma poi era tornata a Vecchi, che però intendeva (ormai da tempo, per questioni di concorrenza e problemi politici) ritirarsi dall'editoria italiana a balloon, per concentrarsi sul mercato spagnolo.
Il primo numero dell'Audace prodotto dalle edizioni IDEA di Bonelli & Daini, 30 novembre 1940. Maschera Bianca di Walter Molino. |
Il primo numero dell'Audace tutto bonelliano, il 331 del 1941. |
Il n. 331 del 18 gennaio 1941, gestito dal solo Bonelli con una nuova ragione sociale (la Redazione Audace), cambia completamente impostazione: con il formato più piccolo, con la formula di un'unica serie in posizione preminente (si parte con Furio Almirante), con la copertina senza la pagina a fumetti (che, fin dal Corriere dei Piccoli, derivava storicamente dall'impostazione e dall'impaginazione dei supplementi domenicali americani) e con racconti autoconclusivi, L'Audace del 1941 e ancor di più L'Albo Audace dal 1942 in poi (che accentua le caratteristiche inaugurate con la versione dell'anno precedente) possono davvero considerarsi i precursori editoriali dei moderni albi bonelliani “alla Tex”, aventi un unico personaggio fisso, con cover "muta" e così via. Ed è proprio qui, fra il 1941 e il 1942, che nasce lo spirito vero di quelle che in futuro saranno la CEPIM, la Daim Press e infine la Sergio Bonelli Editore. Come scrivono gli autori di Eccetto Topolino: “Bonelli sembra fare tutto da solo, per quanto riguarda i testi dei fumetti, i redazionali e persino le lettere al giornale. Grazie a queste ultime, instaura anzi un dialogo diretto e confidenziale con i lettori, destinato a diventare caratteristico delle produzioni della casa e a passare in eredità al figlio Sergio”. Nel 1941 Federico Pedrocchi, continuando la sceneggiatura bonelliana per L'inafferrabile, entra fra gli autori del periodico: i creatori del “fumetto popolare” e del “fumetto d'autore” italiano lavorano adesso insieme.
L'8 settembre 1943. |
P.S. del 16 novembre 2012: l'argomento è in parte ripreso sul post The Tuscan Bunch strikes back!
N.B. Trovate i link agli articoli di argomenti fumettistici extrabonelliani nella pagina delle Cronologie e index!
Posseggo questo libro anche se ancora non ho ultimato la sua lettura. Interessantissimo, come questo articolo. "Eccetto Topolino" ma mica tanto negli anni successivi... Al buon Moreno ho proposto di parlare a Etna Comics 2012 della censura nel mondo del fumetto. Ecco uno stralcio che abbiamo registrato per la Zagor TV. Davvero esilarante (e preoccupante): http://www.youtube.com/watch?v=S4WNk3lhDj8
RispondiElimina:-)
Ha ragione Marco. La censura (molto spesso morale) nei confronti del fumetto (e della letteratura di genere) continua anche dopo il Fascismo e per certi versi si intensifica. Famigerato il fascicolo del 1951 distribuito in ambito cattolico "Mammina me lo compri" nel quale si adducevano gli stessi argomenti contro il fumetto usati nel 1938. E in America, che non avrebbe mai avuto dittature, come scordarsi il terribile Comics Code? E tornando da noi, quando negli anni Sessanta trovavano quasi sempre nelle stanze degli assassini qualche copia di Diabolik o di altri neri italiani? E avvicinandosi alla nostra epoca (il 1990?) come scordare la campagna stampa dell'Espresso contro il fumetto horror, nato sul successo di Dylan Dog? E oggi, possiamo inserire nel filone censorio il politically correct che vieta di ristampare, per esempio, storie classiche disneyane dove, ancora per esempio, si parli di caccia o di tribù africane se caratterizzate con tratti "etnici"?
EliminaSi vede che la lezione del Min.Cul.Pop. non è stata dimenticata!
Francesco Manetti
Eh già. Ci sono censure che sono molto subdole. Se un fumetto viene ritirato dal mercato o oscurato lo si capisce che è stato oggetto di censura. Ma quando si arrivano anche a cambiare i testi nei balloon per inserire nuovi contenuti politicamente corretti non sempre è facile accorgersene. E' successo anche questo con Topolino in ristampe di storie dove si parlava di pesca. E anche questo Moreno lo ha raccontato sapientemente nel suo intervento che abbiamo intitolato "La seduzione degli innocenti". Ce ne sarebbero di cose da dire... Per un bel compendio citerei il bel tomo "Maledetti fumetti".
EliminaQuello della storia disneyana della pesca è un nostro cavallo di battaglia! Io e Moreno ne parlammo la prima volta in una serata sul fumetto organizzata da Stefano Casini e dal Comune di Cecina circa 20 anni fa! Per rimanere in ambito Disney quando l'Another Rainbow negli USA ristampò a colori l'opera completa di Carl Barks (mica "bau bau micio micio" come direbbe Iacchetti) le labbra dei componenti delle eventuali tribù africane che apparivano in certe storie vennero tutte ritoccate, da belle carnose (stile nigeriano) a sottili-sottili (stile somalo)! Di fronte a certe idiozie mi cascano le braccia. E quando quell'organizzazione di consumatori (taccio nomi e sigle per carità di quel che resta della patria) voleva far sequestrare Tex dai giudici di Milano perché in una storia si accendeva una sigaretta e diceva che era piacevole e poteva istigare i giovani all'emulazione? Tex, nel West di fine '800, non può fumare? Il tribunale - che quella volta doveva essere andato a fare una capatina a Berlino - archiviò il tutto, grazie a Dio! Ma ricordo che Bonelli era rimasto talmente sconvolto dalla cosa che non voleva che si parlasse della faccenda nemmeno in termini negativi contro la denuncia e nemmeno in termini di congratulazioni quando tutto si risolse in una bolla di sapone. Fa impressione che ancora oggi ci possa essere qualcuno autoelettosi educatore che prende in mano un fumetto e storca la bocca schifato pensando a quale azione possa essere intrapresa per togliere dalle mani dei ragazzi siffatto scandalo. Poi: droghe sempre più potenti, alcool a fiumi, macchine lanciate sulle statali come fossero in pista, bullismo, pestaggi, scippi, etc.... Beh, questa è colpa della società, mica del fumetto! O forse del fumetto?
EliminaFrancesco Manetti