Pagine

mercoledì 4 ottobre 2023

JOHN WESLEY HARDIN: L’ARCHETIPO DEL TIRATORE! BIG NOSE GEORGE: UN MACABRO PAIO DI SCARPE DELLA FRONTIERA! JOSE CHAVEZ Y CHAVEZ: HOMBRE MUY MALO! - LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA – PARTE XCV.

di Wilson Vieira

Una puntata davvero emozionante, questa della Storia del West di Wilson Vieira, e molto macabra in certi punti, come leggerete! Il nostro Wilson proprio in questi giorni è tornato come fumettista in Italia, con il suo Gringo pubblicato da Lanciostory. E' sempre un onore averlo fra i nostri maggiori collaboratori! (s.c. & f.m.)







1) John Wesley Hardin: L’archetipo del tiratore


John Wesley Hardin (1853 – 1895) è un tipo interessante. Ogni volta che leggi resoconti contemporanei di persone che parlano di questo texano del Vecchio West, dicono sempre: Oh, è così gentile, un tale gentiluomo, sempre molto educato, ecc.. E raccontano tutte queste storie entusiastiche su questo tizio che aveva lavorato come avvocato a El Paso e insegnante della scuola domenicale, e raccontano storie di come fosse una persona così affascinante e meravigliosa e una vera risorsa per la comunità. Poi, quando leggi i resoconti della sua vita, praticamente ogni altra frase suona così:


Ma poi due Marshal della città hanno cercato di arrestare Hardin mentre giocava a carte ubriaco con una mezza dozzina di prostitute con le quali faceva all’amore, e quindi ha sparato a quei tizi, ha colpito il barista in faccia con una bottiglia di whisky, ha ucciso altre due persone che non c'entrava nulla mentre lasciava la città, e poi è fuggito nel deserto dove ha ucciso sei ragazzi perché non gli piaceva il modo in cui avevano costruito il loro falò.


L’autobiografia di Hardin è una specie di mix tra questi due modi di raccontarlo. Secondo lui, non poteva nemmeno fare pipì nella foresta senza che qualcuno gli puntasse una pistola contro e dovesse farlo fuori per legittima difesa. Fu l’assassino più prolifico e il pistolero più terrificante di tutta la storia del Vecchio West. Un tipo così estremo e iconico che sia Johnny R. Cash (1932 – 2003) che Bob Dylan (n. 1941) hanno scritto canzoni su di lui. Hardin era alto circa 1,75 e pesava circa 80 chili, e il suo corpo era ricoperto dalle cicatrici delle varie ferite che aveva riportato in diversi momenti della sua carriera. Era gentile, affascinante, bello, amichevole ed educato con tutti quelli che erano come lui. Era terribile quando uccideva, ma amava anche il gioco d’azzardo, il whisky, le prostitute e il combattimento e aveva un ogni tanto un brutto carattere ed era un po' incline a lanciarsi in una furia omicida e ad estrarre rapidamente le sue sei colpi; portava quasi sempre almeno due pistole, preferendo indossarle in fondine personalizzate a estrazione incrociata che aveva cucite nel suo giubbotto.
A Towash, in Texas, Hardin fece fuori un tizio che si era arrabbiato perché continuava a perdere a carte. A Limestone, al circo, sparò a un tizio durante un litigio. A Kosse convinse una prostituta a lasciare la città con lui, e poi fece fuori il suo magnaccia. A un certo punto delle sue avventure gli capitò di uccidere il Marshal della città di Waco, quindi due uomini di legge si presentarono ad arrestarlo e riportarlo a Waco per il processo. Picchiarono Hardin, presero le sue pistole, lo legarono su un cavallo e iniziarono a trascinarlo di nuovo in Texas, ma quel dannato ragazzo riuscì in qualche modo a disarmare uno dei due uomini, a ucciderlo con la sua stessa pistola, a scappare, e quindi a sparare a tre membri della posse che era venuta per catturarlo nuovamente. La città inviò quindi un gruppo di 15 uomini per arrestarlo, ma Hardin uccise due del gruppo, rubò le loro pistole e fuggì in Kansas, dove trovò lavoro come cowboy. Nel 1871 guidò il bestiame lungo la Chisholm Trail, dove finì per seppellire altre sette persone: due banditi, tre vaqueiros messicani che avevano derubato la sua mandria e due guerrieri comanche che gli avevano teso un’imboscata lungo il sentiero. Hardin arrivò in Kansas con un foro di proiettile calibro .45 nel cappello, una briglia tagliata a metà da una freccia comanche e una grossa cicatrice sulla spalla a causa di un taglio di coltello; qui, nel giro di un mise, uccise altri tre tipi durante litigi o quant’altro.
Va tenuto presente che John Wesley Hardin aveva ancora diciassette anni a questo punto della storia. Nonostante tutti i suoi numerosi scontri, con nemici esperti e abili avversari, non ha mai affrontato un avversario più grande o una minaccia più seria di se stesso. Pur affermando che ogni suo atto violento seguiva la “prima legge della natura: l’autoconservazione”, più e più volte fece scelte più propense a mettere a repentaglio che a garantire la sua vita. Gli storici contemporanei lo hanno incolpato della sua stessa caduta e distruzione. In un vecchio articolo del 1924, John Hunter citava l’ostetrica di Hardin che aveva previsto che si sarebbe rivelato un “grande eroe” o un “cattivo monumentale.” In verità, non era né l’uno né l’altro ed era un po' entrambi. Hardin era un ottimo esempio di quella “razza speciale” di uomini noti collettivamente come “pistoleri.” Data la proliferazione di armi da fuoco nel Vecchio West degli anni ‘60, ‘70 e ‘80 dell’Ottocento, il solo fatto di portare con sé una Colt non era abbastanza per qualificare qualcuno come un vero pistolero. Né una singola occasione di sparare con una pistola per difesa o rabbia rendeva un abile pistolero. Sappiamo tutti che lo scontro a fuoco nel Vecchio West si è verificato raramente, se non mai, nel modo in cui è stato comunemente rappresentato da soggettisti, sceneggiatori e registi hollywoodiani, storicamente analfabeti: l’incontro cortese a mezzogiorno in punto, i revolver nella fondina fino all’ultimo secondo, dare al proprio avversario la possibilità di uno scontro equo. Le pistole sparavano sulle mani, senza che ci fosse una sanguinaria frantumazione di dita e palmi, oppure era comune scusarsi con un hombre abbattuto nelle strade polverose della Virginia. È comunque un dato di fatto che una volta esisteva, e probabilmente esiste ancora, una certa razza speciale di uomini i cui scontri violenti comportavano un’azione faccia a faccia: uomini che ritenevano di avere ragione, che insistevano nel guardare i loro antagonisti negli occhi perché fossero l’ultima cosa che il nemico avrebbe visto nel giorno della sua morte. Un “tiratore” non era né un desperado, un ladro o un assassino di per sé, ma piuttosto un individuo altamente concentrato e spesso instabile le cui azioni violente di solito nascevano spontaneamente dalla reazione a un insulto reale o a un insulto percepito come tale. Era più probabile che fosse un solitario piuttosto che un membro di una banda o di una posse, e quando riprendeva i ruoli di sceriffo o fuorilegge, cappello bianco o nero, di solito ricopriva bene la parte. Silenzioso, simpatico o petulante, trasudava abbastanza carattere e stile. Si sentiva più sicuro e forse migliore al di fuori della comunità e probabilmente si fidava della propria intuizione, discernimento, abilità, istinto e capacità di dare risposte al di sopra di chiunque e di tutto il resto. Lento a stringere alleanze di scopo o convenienza, il tiratore aderiva al classico detto marziale secondo cui “la miglior difesa è l'attacco.” Raramente si tirava indietro, non perché fosse inumano e senza paura, ma piuttosto perché sapeva come usare la sua paura come carburante per un’azione efficace e talvolta esplosiva.








Che fosse obiettivamente giusto o sbagliato, il tiratore agiva in base a una certezza morale, aderendo al proprio personale codice d'onore anche quando infrangeva leggi esistenti e tabù culturali. Secondo questo metro, Wyatt Earp (1848 – 1929) era più imprenditore e vigilante che tiratore archetipico. Doc Holliday (1851 – 1887) è un tiratore, anche se la sua disponibilità a infliggere danni potrebbe essere considerata un fattore determinante di gran lunga maggiore rispetto ai suoi occasionali atti di violenza e alle poche vittime che ne derivarono. Il socievole Billy the Kid (1859 – 1881) contava quattro uccisioni confermate in quattordici combattimenti, ma nonostante tutta la sua spavalderia sappiamo che avrebbe preferito una vita di danza ai “fandangos” Messicani e fare l’amore con le calde señoritas invece di toccare con le dita il freddo e grigio metallo dei revolver! Jesse James (1847 – 1882) era un ladro, anche se parzialmente motivato politicamente; ha sempre lavorato con una banda considerevole, e apparentemente ha superato ogni scrupolo intrinseco di sparare dal coperto o alla schiena. Clay Allison, invece, era principalmente un pistolere, un maniaco omicida irredimibile che però una volta si era sparato a un piede. E nessuno può dubitare che l’avvocato James “Wild Bill” Hickok (1837 – 1876) sia stato un ottimo esempio di pistolero classico. Il suo record di undici uccisioni è impressionante, con una media di un’uccisione per combattimento. Ma allora il suo medagliere avrebbe potuto essere molto più sanguinoso se non fosse stato per la sua propensione a usare il calcio del suo revolver nella testa dei banditi che doveva arrestare invece di sparargli dove si trovavano. Sia Hardin che Hickok erano incredibilmente accurati: non solo erano disposti a togliere la vita a qualcuno in un batter d’occhio ma per farlo erano disposti anche a morire. Ben Thompson (1843 – 1884), non abile come viene raccontato, totalizzò invece solo quattro uccisioni in quattordici/quindici duelli.








Il 75% dei colpi sparati durante il famoso “Gunfight At The O.K. Corral” erano in realtà stati sparati non all'O.K. Corral, ma nel vicolo dietro allo studio fotografico di C. S. Fly, con i combattenti che spararono circa trentadue colpi a distanze non superiori ai dodici o quindici piedi, eppure solo dodici di quei colpi andarono a segno. La verità è che la maggior parte degli uomini armati di entrambi i lati della Legge erano notoriamente scarsi tiratori, in parte a causa della scarsità e del costo delle munizioni e dello scarso allenamento con la pistola. Sparare con una mano sola rendeva i centri meno probabili di una moderna posizione e impugnatura “Weaver” a due mani. In una stanza chiusa, il fumo della polvere polvere da sparo, già dai primi colpi avrebbe reso ancora più difficile l’identificazione e il puntamento del bersaglio. E anche l’alcol era spesso un fattore determinante. Prendiamo per esempio il fratello di Wyatt Earp, Warren (1855 – 1900). A Willcox, in Arizona, nel 1900, ebbe la peggio in uno scontro a fuoco essendo andato ubriaco sul luogo, prima di rendersi conto di aver dimenticato la pistola!
Come altra gente del suo genere, Wes Hardin era stato fuso a caldo da uno stampo di ferro meteorico. Da questo antico crogiolo si sono riversati non solo una miriade di cattivi, ma anche artisti del calibro di Beowulf e altri eroi celtici. L’intenso e brillante sioux Crazy Horse (1840 – 1877) incompreso anche dalla sua stessa gente. Il coscienzioso oppositore della guerra Alvin York, che catturò da solo centinaia di soldati tedeschi durante i giorni più caldi della prima guerra mondiale. “Braveheart”, il coraggioso e tradito Sir Wallace.








Facendo un paragone con i film o le serie tivù western, Hardin rivive non tanto nella bontà asettica di Johnny Mack o Tom Mix quanto nella determinazione solitaria di “The Brave Cowboy”, nella rettitudine di Billy Jack, nel fuoco divoratore di Thelma e della sua incorreggibile compagna Louise. Probabilmente non c’era un personaggio del West più abile con le pistole né più disposto a farne un uso letale di John Wesley Hardin. Il suo tiro fulmineo e infallibile sono stati spesso testimoniati e documentati dagli atti giudiziari, e molti nuovi ospiti dei cimiteri locali hanno dovuto ringraziare Wes per quella loro ultima corsa. Mentre solo undici uccisioni in diciotto combattimenti possono essere verificate senza dubbio, un più probabile conteggio di oltre trenta o quaranta vittime uccise in scontri a fuoco faccia-a-faccia probabilmente supera di quasi tutti gli altri tiratori conosciuti, se non si considerano i normali assassini. Un contemporaneo di Hardin, per esempio, ha probabilmente ucciso più di 40 uomini nella sua vita, ma quasi sempre con un fucile, sparando da un nascondiglio. Si tratta di James P. “Deacon” Miller (1866 - 1909), al quale fu infine allungato il collo durante un linciaggio in Oklahoma nell’aprile 1909: potrebbe essere stato il sicario sparò una pallottola all’assassino di Billy the Kid, Pat Garrett (1850 – 1908). In prospettiva, va ricordato che i generali e i politici sovrintendono alla morte di milioni di ragazzi, molti più morti di quanto Hardin o qualsiasi altro “desperado” abbiano mai potuto rivendicare, a volte per ragioni giustificabili, a volte per ragioni non così buone. Se ci pensate, molte più persone hanno perso la vita a causa dell’indifferenza degli appaltatori verso i rischi dell’amianto. Migliaia di persone vengono uccise in un singolo attacco terroristico moderno, e pochi individui hanno più “tacche sulle loro pistole” dei serial killer sessualmente squilibrati dell’era urbana moderna.








Storicamente ci sono sempre state morti casuali o involontarie per armi da fuoco, atti di resistenza e atti di vendetta, aggressioni e autodifesa, episodi di stupro, brutalità violenta o errori di ubriachi e risultati letali di inganno e tradimento. Hardin si distinse per aver affrontato la maggior parte dei suoi avversari a viso aperto, senza mai perdere un combattimento. Sono sicuro che non ha mai fatto del male a una sola donna o minore e che fosse gentile con i mendicanti, i cavalli e i bambini. Anche se faceva mosse avventate e commetteva errori occasionali, aveva pochi rimpianti. Forse sarebbe stato meglio se non avesse ucciso un uomo perché russava troppo forte in una notte d'incubi, ma non versò mai sangue per qualcosa di così grossolano come un guadagno finanziario personale. Non visse per trovare il “Graal del Cavaliere”, per quanto errante potesse essere; visse non per adattarsi, ma per distinguersi. Per i dettami dell’istinto e del cuore, non per un certo senso dell’obbligo o del dovere. Non per dollari o per l'oro, ma per le ricompense morali di quella che considerava una missione. Hardin poteva essere rilassato e ridere un minuto, teso o serio il minuto dopo, citando passi dell’Antico Testamento sull’Inferno e lo zolfo a un pubblico sotto gli effetti del whisky. Era ovviamente prevenuto nei confronti di Indiani, Messicani e neri, e fu responsabile, se non istigatore, della maggior parte dei 27 duelli che lo videro protagonista. Come ognuno di noi, Hardin era un prodotto del suo tempo e delle circostanze. Se in lui convissero una rigida religiosità e un grande moralismo con aspetti meschini e un periodico disprezzo per la vita, era in parte dovuto alle pressioni che dovette subire essendo il figlio di un radicale predicatore del Sud. Il nome gli fu dato per onorare il fondatore della Chiesa Metodista, i genitori riposero grandi aspettative su di lui e la sua fu una pesante eredità. Come ogni adolescenti di qualsiasi epoca, era senza dubbio combattuto tra l’amore e la lealtà verso la sua famiglia e la necessità di rompere con il vincolo familiare, stabilire la sua identità personale e dimostrare al mondo la sua personalità e potenza. Il primo a cadere vittima delle pistole fumanti di Hardin fu un muscoloso ex schiavo di nome Major “Mage” Holzhausen. Ferito nell'orgoglio per aver perso in una lotta con il quindicenne “Johnny” Hardin e un altro ragazzo, Major ha chiese vendetta. Quando, qualche giorno dopo, il muscoloso liberto afferrò le redini del cavallo di Hardin, ci vollero cinque colpi di rivoltella per liberarlo. Dimostrando un certo grado di ambiguità, se non di empatia e compassione, questo "cattivo" alle prime armi percorse otto miglia per ottenere aiuto per l’uomo ferito. Nel giro di una settimana, Mage morì per le ferite e Hardin si nascose, un assassino battezzato nel sangue. Gran parte della fama e della popolarità di questo pistolero in Texas fu dovuta ai suoi frequenti scontri con le disprezzate truppe Federali e la polizia di stato. Non molto tempo dopo essere diventato un fuggitivo, Hardin stese quattro soldati a cavallo che suo fratello Joe credeva fossero stati mandati a dargli la caccia: il suo fucile e il suo revolver portaro così il totale dei morti ammazzati dall’adolescente a cinque. Tutti i duelli della sua vita furono a viso aperto, come si suol dire, ma difficilmente potrebbero essere definiti "corretti" nel senso nobile o “hollywoodiano” del termine. Hardin fece sempre tutto il possibile per avere il sopravvento, inclusa la pratica rituale di una rapida estrazione e della mira infallibile; prevedeva costantemente e consapevolmente gli stati d’animo delle persone intorno a lui, e aveva già la pistola in mano quando si aspettava guai o quando una partita di poker o una conversazione si surriscaldavano inaspettatamente.








Non era contrario a puntare una pistola contro antagonisti disarmati, come dimostrò con l’uccisione di Mage, e più tardi con un minaccioso giocatore d’azzardo di nome Ben Hinds.


Siccome mi insultava, scrive John Wesley, gli ho puntato addosso la pistola e gli ho detto che anch’io ero un po' in difficoltà, l’unica differenza tra lui e me era che usavo il piombo.


Il suo obiettivo, e l’obiettivo della maggior parte dei tiratori come lui, era quello di sconfiggere l'avversario, non importava quali mezzi occorressero, il che significava essere la prima persona nella stanza in grado di armare e puntare la propria arma. E se ciò non fosse stato percepito come sufficiente, doveva essere il primo a sparare un colpo invalidante. Si noti che ho detto "invalidante", intendendo che i proiettili sono effettivamente connessi alla carne, colpiscono la persona o le persone giuste (non era sempre facile nei saloon affollati) e fanno danni sufficienti per impedire all'avversario di rispondere al fuoco. Mentre lo scopo di un assassino è quello di togliere la vita, nel momento del duello l’intento di un pistolero non è uccidere di per sé, ma impedire di farsi sparare e porre fine al combattimento a proprio vantaggio personale. Il modo migliore per farlo, tuttavia, è l'uso del proiettile: un colpo rapidamente invalidante. Questo significava in pratica colpire la testa, la spina dorsale o il cuore; tali ferite hanno generalmente conseguenza fatali. La maggior parte delle storie raccontate da Hardin può essere confrontata con verbali di polizia, articoli di giornale e atti giudiziari, ma almeno uno dei racconti presenti nella sua autobiografia getta un’ombra sulla veridicità di tutto resto. Presumibilmente alla fine di un viaggio verso Abilene, Kansas, l’allora diciottenne John Wesley ebbe anche la meglio sul famoso marshal pistolero Wild Bill Hickock, fingendo di consegnare il calcio dei suoi revolver, ma poi facendoli roteare rapidamente in posizione di tiro, in quello che è chiamato (almeno secondo il film “Tombstone”) “Curly Bill Spin.” Lo trovo improbabile per un paio di motivi. In primo luogo, Bill avrebbe probabilmente tirato fuori il suo revolver, pronto a colpire Hardin in testa se non a sparargli. Se le armi del marshal fossero state riposte nella fondina, sarebbe stato comunque pronto al duello e avrebbe potuto facilmente afferrare il ferro e sparare prima che JW potesse eseguire la rotazione. Inoltre, quella manovra era un trucco scenico ampiamente conosciuto e non era insolito vedere i cowboy mettersi in mostra con tali dimostrazioni quando intrattenevano i ragazzi attorno a un falò. Hickock avrebbe probabilmente saputo della mossa e l’avrebbe potuta anticipare, conoscendo il giovane texano arrogante che aveva di fronte. Infine, se fosse successo nel modo descritto, lo scorno avrebbe richiesto una punizione tempestiva, e Bill avrebbe certo detto: Mettiamoci d'accordo su questa faccenda e sarò tuo amico.






È vero che Hardin fu amico di “Wild Bill” Hickok ma i fatti che portarono a questa amicizia sono controversi. Secondo Hickok, avrebbe detto a Hardin - che si celava allora sotto lo pseudonimo di “Wesley Clemmons” - di stare lontano dai guai e consegnare le sue pistole. Hardin eseguì anche se nel suo libro di memorie lo negò, dicendo di aver battuto Hickok in duello. In quell’anno, il 1871, ad Abilene, i due proprietari del “Bulls Head Saloon” avevano disegnato sul fianco del loro locale un toro gigante con un grosso pene eretto. I cittadini chiesero che il pene fosse rimosso. I proprietari del saloon rifiutarono, quindi Hickok modificò il disegno. Questo fece infuriare i proprietari e uno di loro, Phil Coe, cercò di convincere Hardin a uccidere Hickok, offerta a cui Hardin rispose: Se Bill ha bisogno di essere ucciso, perché non lo uccidi tu stesso? Coe avrebbe detto a Hickok che di essere un tiratore così bravo da poter uccidere un corvo in volo, a cui Hickok rispose: Il corvo aveva una pistola? Rispondeva al fuoco? Io lo farò. E il 5 ottobre 1871 Hickok lo fece. Coe era sulla Main Street a sparare con la sua pistola quando Hickok gli ordinò di smetterla. Coe disse che stava sparando a un cane randagio e improvvisamente puntò la pistola contro Hickok. Hickok sparò per primo uccidendo Coe in quella che è stata l’unica autentica sparatoria su una Main Street in tutta la Storia del West, ma da allora è stata ripetuta in migliaia di film western. Le possibilità che aveva un pistolero della Frontiera di sopravvivere dipendevano tanto quanto qualsiasi altra cosa dalla loro percepita invulnerabilità, e nessun uomo di legge poteva mantenere la pace dopo essere stato visto fare pubblicamente arrendersi. Allo stesso modo non è chiaro se il cittadino di Abilene che Hardin ha perforato con quattro proiettili, di notte e ubriaco, fosse davvero qualcuno che voleva ucciderlo, come ha affermato. Potrebbe anche aver sparato quei colpi attraverso un tramezzo di legno nella stanza per mettere a tacere, svegliandolo, un compagno di pensione che russava troppo forte. Se è andata così, probabilmente Hardin provò imbarazzo e vergogna nello scoprire di aver inavvertitamente ucciso un uomo nel sonno e quindi inventò la versione raccontata nel suo libro. Ad ogni modo, se Hickock non ebbe altri motivi per prendersi cura dello sfacciato cowboy prima di questo fatto, di certo lo fece adesso. Hardin sgattaiolò prudentemente attraverso il tetto della veranda, con solo le mutande e il cappello addosso. Sarebbe difficile definire "da codardo" il suo rapido ritiro dalla scena. Nessuno sano di mente avrebbe affrontato un altro pistolero che credeva fosse suo pari se c’era un modo per evitarlo. Come risultato potevano esserci due pistoleri entrambi morti oppure destinati a soffrire una vita di dolore a causa di organi interni devastati o per infezioni persistenti.







A Trinity City, in Texas, nell’agosto del 1872, Phil Sublett, un ubriaco armato di fucile intento a riconquistare la sua posta persa in gioco, fu ucciso da John Wesley. Hardin riuscì a sparare un colpo alla spalla di Sublett, ma i due pallettoni che gli squarciarono un rene per un po' fecero temere che stesse per morire. I poliziotti di stato da tempo sulle sue tracce si diressero ad arrestarlo e Hardin, infermo a letto, acconsentì di arrendersi a uno sceriffo di cui si fidava, Dick Reagon. Doveva sentirsi abbastanza bene quando lo trasferirono a Gonzales in ottobre visto che riuscì a evadere di prigione usando una sega che qualcuno era riuscito a fargli avere, probabilmente con l'indifferenza o la complicità delle guardie. Ricercato come fuggitivo dai Texas Rangers, Hardin non rimase con le mani in mano. Pur avendo una fitta agenda trovò il tempo di farsi coinvolgere in quella che divenne nota come la faida “Taylor-Sutton” nel 1873: era l’anno in cui Colt introdusse il suo ben presto famoso revolver .45 e in cui Winchester lanciò la carabina a leva a ripetizione manuale che avrebbe conquistato il West. Sebbene sia comprensibile che John Wesley propendesse per i Taylor, la sua partecipazione alla faida in un momento così delicato mi ricorda la vecchia barzelletta irlandese in cui un ragazzo, imbattendosi in una rissa da bar, chiede: È una rissa privata o qualcuno può unirsi? Taylor restituì il favore unendosi a lui a sparare proiettili contro lo sceriffo Charlie Webb (1848 – 1874) durante uno scontro a fuoco nel 1874. Hardin affermò che l’ufficiale gli tirò addosso prima che estraesse da sotto il giubbotto la sua “Smith & Wesson Russian Model.” Ora la caccia dei Rangers era iniziata sul serio, e Hardin si ritrovò a nascondersi di nuovo in campagna e a rintanarsi nelle stalle dei pochi lontani parenti non ancora attivamente sorvegliati dalle forze dell'ordine. Sia che avesse spinto Webb a estrarre o semplicemente avesse sparato per legittima difesa, ora scopriva che il sostegno della popolazione locale che fino a quel momento era stato cruciale stava svanendo. In precedenza, aveva infatti ricevuto complimenti e applausi per aver ucciso lo sceriffo della contea di DeWitt Jack Helm, ma Jack era un odiato lealista dell’Unione noto per essere duro con gli ex Confederati, mentre Webb era generalmente apprezzato da tutti quelli che lo conoscevano. Questo fatidico e sfortunato incidente, più di ogni altro fatto precedente, sarebbe stato la rovina di John Wesley. Fu in gran parte l’amore di Wes per i bei cavalli e la sua passione per le corse che gli permisero di continuare a sfuggire agli inseguitori dei Ranger. Ma la loro costante incapacità di raggiungerlo non fece che aumentare il risentimento di quella che ben presto divenne una grande folla di cittadini e quando non riuscirono a vendicarsi di Wesley, decisero di linciare suo fratello Joe.






In tutto, ben otto dei suoi amici e dei suoi famigliari furono uccisi dopo l’incidente di Webb, tutti capri espiatori innocenti gettati in pasto alla folla frustrata e rabbiosa. John Wesley, il cui senso di virilità del Sud decretava che doveva sempre nascondere sotto un volto d’acciaio qualsiasi dubbio o dolore, fu senza dubbio perseguitato per sempre dallo spettro di coloro che diedero la vita al suo posto. In uno dei passaggi più malinconici del suo orgoglioso libro, si addolora che i suoi atti altrimenti autogiustificati avessero portato


mio padre a una tomba prematura, quasi fatto impazzire mia madre, ucciso mio fratello Joe e i miei cugini Tom e William, lasciata a casa di mio fratello una vedova con due bambini indifesi, per non parlare del dolore di innumerevoli altri.


Ma nonostante tutto quello che lui e loro avevano sofferto, non ammise mai di aver avuto un'altra scelta o di aver mai fatto qualcosa di diverso dal giusto, almeno con nessuno tranne se stesso, nelle notti buie della solitudine esistenziale e dell’inquietante incertezza. Né poteva più dipendere da un ambiente di funzionari indifferenti e dall’assistenza e dal sostegno della comunità. In un classico film western, quando lo sceriffo riunisce una posse, i membri del gruppo di solito agiscono per scovare e arrestare i cattivi. L’immagine classica della posse è quella del Vecchio West, di un gruppo di cowboy armati a cavallo, all’inseguimento di un fuorilegge. E i Rangers sembravano essere ovunque questa volta, e dopo aver eliminato alcuni dei suoi apparentemente illimitati inseguitori, Hardin decise saggiamente di trasferirsi con la sua famiglia in Florida. Lì prese il cognome di un suo amico, il marshal della città di Brenham, e divenne così per i suoi nuovi amici e soci “J. W. Swain.” Cosa poco invidiabile, Hardin fu oggetto della più grande caccia all’uomo e della più grande ricompensa che lo stato del Texas avesse mai pagato per un solo individo: 4.000 dollari, “Dead or Alive.” Nell’agosto del 1877 un suo amico Brown Bowen smascherò sotto i fumi dell'alcool John Wesley dopo essere stato preso a pugni in una lite con William Chipley (1840 – 1897), il manager della “Pensacola Railroad.” Swain era in realtà il famigerato fuorilegge Hardin, sbraitò Bowen, e senza dubbio si sarebbe presentato per vendicare del pestaggio che il suo compagno aveva subito. Questo e l'esistenza di una ricompensa così senza precedenti furono sufficienti per indurre le autorità a tendere prontamente una trappola, senza la formalità legale di un mandato di arresto, ma con strumenti adeguati al loro tempo e a quel compito. Bill Chipley, lo sceriffo della Florida William Hutchinson e una ventina di vice effettuarono l’arresto mentre Hardin saliva su un treno il 23 agosto 1877. Hardin fu colpito mentre tentava di estrarre una Colt .44 che aveva nascosto fin troppo bene agganciandola sotto le sue bretelle di cuoio. Se fosse stato in grado di estrarre prima di perdere i sensi, molto probabilmente sarebbe stato ucciso. Essendo un uomo libero e autosufficiente di natura, era completamente terrorizzato dal pensiero dell’incarcerazione e ancora di più dalla possibilità di essere linciato da una folla come accadde a suo fratello Joe, ammanettato e incapace di difendersi.


Ho avuto la felice consapevolezza, tuttavia, scrive John Wesley, di sapere che avevo fatto tutto ciò che il coraggio e la forza potevano fare, e che avevo mantenuto il mio giuramento di non arrendermi con la pistola spianata.


Estradato di nuovo a Comanche per essere processato per l’omicidio di Webb, Hardin era sulla strada di quello che si sarebbe rivelato un lungo periodo di detenzione nel penitenziario del Texas a Huntsville.






Fu condannato a venticinque anni di lavori forzati, a soli ventiquattro anni e tre mesi di età. Inutile dire che l’individualista Hardin non si adattò molto bene alla reclusione, come dimostrano i suoi ripetuti tentativi di evasione nonostante le severe fustigazioni e l’isolamento che inevitabilmente seguivano. Dopo essere stato punito numerose volte per tentata fuga, comportamento ribelle, cospirazione, insubordinazione e numerosi reati minori, John Wesley si mise a studiare Legge determinato a superare l’esame di avvocato. Le lettere alla moglie divennero sporadiche e spesso emotivamente distanti, anche se insisteva che lei non fosse mai lontana dalla sua mente.


Pensi che sarebbe possibile per me dimenticarti, le chiese in una lettera dal carcere, una che sai bene che amo e adoro sopra tutti gli altri? E concluse: Rimango il tuo vero e devoto marito. Fino alla morte.


Hardin rimase dentro per un totale di sedici anni, dal 1878 al febbraio del 1894. Mentre passeggiava nel cortile della prigione o leggeva libri di Legge nella sua cella, l’America fu testimone dell’introduzione delle cartucce di polvere da sparo senza fumo, dei Winchester migliorati di Browning e della fine delle Guerre Indiane, dell'arrivo dei lampioni e dei motori elettrici, della metropolitana, della fotocamera Kodak, degli sci da fondo, dello pneumatico e del bingo. In quel periodo Dvorak e Čajkovskij sperimentarono l’inebriante concorrenza di Gilbert & Sullivan, e Henry Ford costruì la sua prima auto. Hardin fu liberato con un vestito nuovo e un assegno statale di poco meno di quindici dollari. Sua madre, che lo aveva sempre amato e protetto, era morta durante la sua prigionia, nel 1885, e suo figlio all’inizio del 1893. Sua moglie Jane, fedele e solidale durante la separazione, morì all’età di trentasei anni, solo un anno e quattro mesi prima del rilascio di John Wesley. Cauto ma pieno di speranza, all’inizio del 1895 l’avvocato Hardin scelse El Paso rifarsi una vita, vicino al confine di stato tra Texas e New Mexico. Qualunque speranza avesse potuto nutrire per una carriera redditizia e legittima fu ben presto schiacciata come scarafaggi sotto gli stivali dalla dura suola della realtà. Scoprendo che ben pochi - al di fuori della miseranda comunità latinoamericana del luogo - si sarebbero fidati di un ex detenuto per una consulenza legale, Hardin si rivolse sempre più al conforto del whisky ambrato dal caramello e ai tavoli da gioco più redditizi nel retro di quasi tutti i saloon poco illuminati. Senza dubbio è un po' diverso oggi: gli ex-galeotti ormai scoraggiati vengono rimandati nella società possedendo poco più di una reputazione ormai demolita, di un vecchio vestito e di un paio di scarpe fuori moda ai piedi. È probabile che ben pochi padroni assumano un ex detenuto per qualcosa di diverso dai lavori più umili e sottopagati, e presto la disperazione si unisce al risentimento che porta l’ottanta per cento degli ex detenuti nuovamente in prigione.






Il fatto che Hardin potesse rifarsi una vita con una professione redditizia non era aiutato dal fatto che le autorità di El Paso aspettassero il suo arrivo con preoccupazione e trepidazione. La maggior parte degli uomini di Legge lo temeva, alcuni ne invidiavano il coraggio, l’abilità e la reputazione e tutti si aspettavano che prima o poi ci sarebbero stati guai. Il capo della polizia Jeff Milton (1861 – 1947) nascose un certo numero di fucili pieghevoli “Burgess” in varie posizioni strategiche in città, e magari i vice John Selman e George Scarborough (1859 – 1900) stavano già facendo piani su come affrontare Hardin se mai fosse arrivato il momento. E John Wesley fece di tutto per non attenuare l’apprensione delle autorità mostrando le sue abilità nel maneggiare le armi e l’impressionante abilità nel tiro fin dal giorno del suo arrivo. Hardin era sempre pronto a storcere il naso davanti ai potenti, ma il fatto di aver trascorso quasi metà della sua vita nel penitenziario gli aveva insegnato un certo grado di giudizio e moderazione, se non di riservatezza. Nell’agosto del ‘95 prudentemente acconsentì di confrontarsi con Milton nonostante le accuse che gli avrebbe presumibilmente mosso.


Hardin era così molto più veloce, ammise il coraggioso uomo di legge, che se fosse andato a prendere una pistola, non avrei avuto alcuna possibilità.


E il luglio precedente non fece obiezioni quando gli è fu chiesto di rispondere alle accuse di gioco d’azzardo, porto d’armi e rapina. Sia che si sentisse ingannato o fosse semplicemente infuriato per essere stato chiamato “topo di prigione”, il 2 maggio un ubriaco J.W. puntò un revolver a doppia azione Colt calibro .41 con calcio in madreperla contro i giocatori e si riprese i 95 dollari che aveva appena perso ai dadi, e per tutto il tempo canticchiò una melodia allegra. Poi ai giornali che avevano messo in dubbio la necessità e la severità della sua reazione, scrisse alcune righe di spiegazione e difesa:

Ammiro il coraggio, la virtù e la grinta ovunque si trovino. Ma disprezzo i codardi e gli assassini nati, siano essi giornalisti o giocatori d’azzardo.


Fin da bambino amava usare “tra i grandi pini e le querce con una pistola”, ma ben presto usò principalmente le armi da fuoco per combattere piuttosto che per divertirsi come durante la fanciullezza.





Anche se nel 1876 aveva forse ucciso uno sventurato con un fucile Winchester, preferiva il tipo di scontri ravvicinati in cui eccellono le pistole. Stesse il suo primo uomo con quella che probabilmente era una Colt Dragoon .44, e usò revolver a percussione Colt e Remington nella maggior parte delle sue altre numerose uccisioni. Siamo certi che nel 1874 dai modelli a percussione si era convertito agli ultimi revolver a cartuccia di fabbricazione americana, poiché fu nel giorno del suo compleanno, nel maggio di quell’anno, che usò un modello Russian con calcio in avorio Smith & Wesson .44 (numero di serie # 25274) per togliere la vita allo sceriffo Charley Webb. E con le Colt Single Action .45 forse inseguì gli agenti Pinkerton nel 1876 e due poliziotti di Mobile, in Alabama. Al suo rilascio preferì la rapidità di fuoco offerta dai revolver a doppia azione. Come la maggior parte dei lettori sa, i modelli ad azione singola richiedono che il cane sia armato con il pollice per ogni colpo, mentre con le cosiddette armi a doppia azione il tiratore non solo fa girare il cilindro, ma arma e rilascia il cane con un unico tiro di grilletto. La Single Action è quasi altrettanto veloce per il primo colpo, ma dallo sparo successivo la Double Action è notevolmente più precisa. Oltre alla .41 Colt 1877 usata per riprendersi i soldi dei dadi, possedeva almeno una Lightning del ‘77 calibro .38 (numero di serie #84304 – regalata dall’amico Jim Miller), e una più potente Colt 1878 .44 doppia azione WCF (numero di serie # 352) che gli fu tolta di dosso al momento della morte. Inutile dire che la fondina “quick draw” o “buscadero” presente nei film fino agli anni ‘70 non è mai esistita nel West storico, né sarebbe stato desiderabile avere una pistola posizionata così in basso sia per piantare paletti di recinzione o serpeggiare attraverso la folla di un saloon pieno di fumo. Le fondine più comuni erano i modelli attillati “Slim Jim”, o modelli militari modificati. Quando la pistola veniva estratta la fondina "schiaffeggiava" il pistolero perché non era sufficientemente fermata. Si pensa che, almeno verso la fine, Hardin preferisse portare le pistole nelle fondine a spalle o infilate comodamente nella cintura. Dovunque fossero, la sua abilità nell'estrarre le pistole e colpire ciò a cui mirava era niente di meno che sorprendente, un’abilità che dimostrò prima attraverso un numero crescente di morti, e poi facendo saltar via le carte da poker tenute in mano dai suoi ammiratori. A differenza di molti pistoleri e tiratori, Hardin era davvero veloce in movimento. Qualche tempo dopo la sua cattura mise in scena un’esibizione di estrazione rapida e di per intrattenere le guardie della prigione. Il ranger Jim Gillette (1856 – 1937) disse che maneggiava le pistole e in maniera talmente leggera e precisa che sembrava un atto di magia. Una pistola veloce e un cuore pieno di coraggio e ardimento, tuttavia, non potevano garantire né la libertà né la vita. E ora lo stava scoprendo nel modo più duro: la disponibilità a resistere agli insulti e alle offese non era più considerata una virtù virile dai residenti di città. Milioni di dollari venivano guadagnati da banchieri e speculatori attraverso la manipolazione e l’inganno, mentre le donne e gli uomini che esprimevano apertamente la loro opinione, che facevano leva sull'abilità nel combattere faccia-a-faccia e affrontavano volentieri ogni prova, spesso diventavano dei paria nel West in rapida urbanizzazione. È difficile immaginare la loro alienazione, il loro lutto per i valori e i modi perduti, o la solitudine esistenziale che deve aver perseguitato le loro notti insonni. Oltre al danno, la disperazione. Più che aumentava la disperazione, più Hardin ricorreva al gioco d'azzardo: fu visto fare scommesse sempre più consistenti ogni volta che era in presenza di un pubblico. Vincere gli dava quelle sensazioni di maestria e di brillantezza, di assunzione dei rischi e di eccitazione che altrimenti sarebbero mancate nella sua esistenza di uomo libero. Era questo, come quello di portare e usare le armi, un modo di esercitare un certo grado di controllo sulla sua vita in un ambiente svilito e rapida transizione. Nel pomeriggio del 19 agosto 1895, John Wesley Hardin era nel bel mezzo di un lancio di dadi al bar del saloon “Acme”, in piedi e insolitamente con la schiena esposta a chiunque varcasse le porte a battente. L'agente Selman, agitatissimo, era appena entrato nella sala e subito colpì il più grande tiratore di tutti i tempi nella parte posteriore della testa. Quindi piazzò altri due colpi nel suo bersaglio, nel petto e nel braccio, mentre già giaceva immobile sulla schiena in una pozza di sangue. Forse Hardin era stanco, ma non certo indifferente o ignaro del pericolo. Il nostro uomo era infatti ben consapevole dei molti pericoli che correva, e solo poco tempo prima aveva litigato con Jeremiah Selman (1804 – 1861) e con suo figlio John Jr (1839 – 1896).




Era qualcosa di più del lassismo indotto dall’alcol a indirizzare il suo atteggiamento e la sua posizione in quel fatidico giorno. Non passa quasi mese che non si legga su qualche giornale o si senta alla radio un altro caso di quello che oggi viene chiamato “suicidio da poliziotto”: qualcuno allo stremo della propria corda emotiva che ignora i ripetuti inviti della polizia a mollare l'arma, orchestrando la situazione in modo che la polizia non abbia altra scelta che sparare. Senza dubbio preferiscono questo piuttosto che puntarsi una pistola alla testa, ma potrebbe anche esserci l’ulteriore soddisfazione di essere uccisi mentre affrontano un oppressore reale o immaginario, con la pistola in mano. Ma per quanto doveva aver sofferto a quel punto della sua vita, la morte di Hardin non era una forma di suicidio, né Hardin desiderava morire. E soprattutto stava giocando d'azzardo quel fatidico pomeriggio, non solo con i suoi soldi, ma anche con la sua vita. Stava alzando la posta, esasperando il gioco e scoprendo il bluff dell'avversario. Era pronto a incassare le fiches come vincitore, far saltare il banco con il prossimo lancio di dadi e pagare quello che è sempre stato il prezzo più alto. Gli ultimi suoni che probabilmente sentì furono lo strascicare dei piedi dell’agente a circa sei o otto piedi da dove si trovava, e il suono del piano. E non è difficile capire perché il vile Selman abbia portato a termine il suo ignobile piano con tanta furtività e fretta. Una frazione di secondo prima che la pallottola da duecentocinquanta grani ruggisse nella sua direzione, Hardin aveva istintivamente iniziato a prendere la pistola che aveva alla cintola.


In effetti, anche se il suo mondo stava crollando intorno a lui, le armi da fuoco erano qualcosa su cui poteva contare, e quindi non andava mai da nessuna parte senza di loro. Erano più di un mezzo di difesa, più di una strategia per ottenere deferenza e rispetto. Le pistole divennero gli amici che non lo avrebbero mai deluso, la ragazza che non se ne sarebbe mai andata, la moglie che non gli sarebbe mai stata portata via da un disastro o da una malattia. Le armi rappresentavano per l’anziano tiratore la possibilità di un amore, di un codice, di un modo di essere, di pensare e di agire che potrebbe essere immortale. A casa, non tanto sotto le lampade a petrolio o a gas di un chiassoso saloon, quanto all’aperto, compiendo il passaggio dalla nascita alla morte sotto un cielo del Vecchio West non recintato.


Hardin era di gran lunga il tiratore più letale del selvaggio West, avendo ucciso tra le 11 e le 41 persone durante la sua carriera di pistolero. E, mentre Hardin affermava di “non aver mai ucciso nessuno che non avesse bisogno di essere ucciso”, apparentemente molte persone di El Paso non la pensavano al suo stesso modo. Nell’estate del 1895, Hardin ebbe una disputa con un poliziotto di El Paso che aveva arrestato una delle sue amiche per aver brandito una pistola in pubblico. Hardin apparentemente umiliò l’uomo di Legge e il 19 agosto 1895, mentre giocava a dadi in un saloon, Hardin fu colpito a morte alla testa dal padre di 56 anni dell’ufficiale; era John Selman Sr., un uomo di Legge e un famigerato pistolero. Una versione alternativa della storia della sua morte vuole che Hardin si fosse innamorato della moglie di uno dei suoi clienti e avesse assunto Selman Sr., per uccidere quell'uomo. Ma poi Selman non sarebbe stato pagato per l'omicidio, e si sarebbe dunque vendicato uccidendo il suo "datore di lavoro" nel saloon. Come per molti fatti della vita di Hardin, ci sono resoconti contrastanti. Tipico della storia del selvaggio West, solo il “Grande Cowboy nel Cielo” sa per certo cosa è realmente accaduto. Selman fu processato per l’omicidio di Hardin, ma la giuria non fu in grado di raggiungere un verdetto. Era stato già programmato un secondo processo, ma prima che avesse luogo Selman fu ucciso dal marshal George Scarborough (1859 – 1900), quasi esattamente un anno dopo la morte di Hardin. L’autobiografia di Hardin fu pubblicata postuma nel 1896: ritraeva il suo soggetto come un brav’uomo, disposto a opporsi a coloro che cercavano di fare del male a lui e ai suoi amici. Un secolo dopo la sua morte, Hardin tornò in tribunale, poiché un gruppo di suoi discendenti (tramite la sua prima moglie) voleva dissotterrarne il corpo dalla tomba di El Paso per riportarlo nella contea di Gonzalez, in Texas, dove ha aveva vissuto gran parte della sua vita. A loro si oppose un gruppo di abitanti El Paso, gelosi del ricordo storico che lasciare in città quella tomba, diventata ormai una sorta di attrazione turistica. L’iconica canzone di Bob Dylan, “John Wesley Harding”, è basata sulla vita del pistolero diventato avvocato John Wesley Hardin. Nella canzone, Dylan accetta il ritratto che Hardin fece di se stesso: un buon cittadino che commise meno peccati di quanti ne fu vittima. Come canta Dylan: “Non si è mai saputo che avesse fatto del male a un uomo onesto.” Il motivo per cui Dylan abbia deciso di aggiungere una “g” al cognome Hardin è uno dei tanti misteri nell’opera del trovatore di Hibbing. La canzone inoltre non fa menzione del fatto che Hardin diventò un avvocato. La professione legale a volte è sorprendentemente indulgente nei confronti del passato di aspiranti avvocati, soprattutto se sono disposti ad ammettere le azioni illecite compiute un tempo. Tuttavia, è lecito affermare che oggi un record di 42 omicidi, commessi da un aspirante avvocato, sarebbe quasi certamente considerato invalidante, non importa quanto il futuro leguleio possa dirsi pentito. John Selman, nonostante avesse ucciso Hardin a sangue freddo in un luogo pubblico in pieno giorno, fu assolto da tutti i reati da una giuria di suoi pari.





Alcuni dicono che le ultime parole di Hardin furono: “Quattro sei da battere, Henry.” Il suo funerale costò 77,50 dollari. Hardin riposa ancora a El Paso. I ripetuti furti delle lapidi di Hardin hanno indotto il cimitero a erigere una recinzione attorno alla sua tomba e a sigillarla sotto quattro pollici di cemento.


2) Big Nose George: un macabro paio di scarpe della Frontiera!




La giustizia di frontiera potrebbe essere dura, ma ben poche leggende del Selvaggio West sono finite così male per un cattivo come la vita di Big Nose George. Nessuno avrebbe mai voluto essere nei suoi panni, soprattutto da quando la sua anima mortale è diventata nientemeno che... un paio di scarpe. In effetti, George si sarebbe “reincarnato” in una varietà di altri oggetti improbabili, tra cui una borsa da dottore e un posacenere. Il vecchio detto “cenere alla cenere” assunse dunque un significato macabro per il vecchio George. Ma stiamo andando troppo avanti. George Parrott nacque il 20 marzo 1834 a Montbéliard, in Francia. Poco si sa dei suoi primi anni di vita o di come sia finito nel selvaggio West 44 anni dopo come desperado, ladro di bestiame, bandito, rapinatore di treni e, infine, assassino. È uno di quegli strani colpi di scena del destino che il suo cognome, Parrott, suonasse ironico in quanto era nato con un immenso naso adunco molto simile a quello di un pappagallo. Così, divenne noto con i soprannomi “Big Beak Parrott” e “Big Nose George.” Era un membro di una banda di rapinatori di diligenze e di ladri di cavalli. Guidati da un uomo di nome Sim Jan, i fuorilegge erano attivi nella zona del Powder River nel Wyoming, e derubavano carri paga e diligenze che portavano contanti; inoltre ripulivano i passeggeri dai loro soldi e gioielli. La banda era composta anche da Frank McKinney, Joe Manuse, Jack Campbell, John Wells, Tom Reed, Frank Tole e l’olandese “Charley” Burress.





Il volto particolare di George apparve per la prima volta sui manifesti dei ricercati nel Wyoming nel 1878 per omicidio e rapina al treno. Lui e la sua banda di fuorilegge avevano cercato di fermare un treno vicino a Medicine Bow, nel Wyoming, per poterlo derubare. Il vice sceriffo del Wyoming Robert Widdowfield e il detective della “Union Pacific” Tip Vincent, radunata una squadra, inseguirono Big Nose George e la sua banda fino al Rattlesnake Canyon, vicino a Elk Mountain, dove caddero in un’imboscata; Widdowfield e Vincent furono uccisi. Big Nose George continuò a provocare il caos per molti altri anni, derubando un convoglio militare del Montana composto da 15 soldati e da due ufficiali; le paghe dell’esercito ammontavano tra i 4.000 e i 14.000 dollari.




L’olandese Charley fu il primo ad essere arrestato nel 1879, ma mentre il treno diretto a ovest stava portando il fuorilegge a Rawlins per il processo, fu fermato da una folla a Carbon. Charley fu quindi prelevato con la forza dal treno e impiccato a un palo del telegrafo. La banda depredò anche diverse diligenze, tra cui un furto particolarmente redditizio nel luglio 1880. La taglia su Parrott salì rapidamente a 2.000 dollari. Nonostante l’enorme taglia sulla sua testa, George era un gran chiacchierone e gli piaceva vantarsi. Quando si vantò con una ballerina di saloon a Miles City, nel Montana, di aver ucciso due uomini e di aver messo a segno alcune grosse rapine, la notizia arrivò rapidamente allo sceriffo. Nel giro di un’ora fu arrestato, quindi fu ricondotto a Rawlins nel Wyoming per essere processato: il 2 aprile 1881 fu condannato all’impiccagione. Ma come in una scena da film di Hollywood, cercò di scappare 13 giorni prima del giorno dell’impiccagione facendo perdere i sensi allo sceriffo Rankin. Ma la signora Rankin, la moglie sempre vigile, sventò la sua fuga chiudendo a chiave la porta della cella prima che Parrott potesse raggiungerla. Un gruppo di vigilanti mascherati decise di farsi giustizia da solo. Nonostante la supplica dello sceriffo Rankin di aspettare il giorno legale dell’impiccagione, trascinarono fuori il prigioniero, lo portarono al palo del telegrafo dove gettarono una corda sopra la trave trasversale.




Il cappio fu assicurato intorno al collo del prigioniero: Parrott era in piedi su un barile, ma quando glielo tolsero da sotto, con le punte dei piedi toccava il suolo. La folla lo mise giù, appoggiò una scala al palo, e quindi accorciò la corda. Parrott salì diligentemente sulla scala ma i vigilantes, desiderando che morisse di una morte dolorosa e prolungata, gliela tolsero subito invece di farlo salire perché saltass4 dall’alto e lui lentamente si strangolò fino alla morte, arrivando a strapparsi le orecchie, come poterono testimoniare 200 cittadini. George Parrott aveva 47 anni. Non essendoci la famiglia a reclamare il cadavere, i dottori Thomas Maghee (1842 – 1927) e John Osborne (1858 – 1943) ne presero possesso per studiare il cervello del fuorilegge, al fine di determinare se potesse esserci una ragione per il suo comportamento criminale.





C’era anche una quindicenne, Lillian Heath, che lavorava come assistente del dottor Maghee. Dopo che la calotta cranica fu grossolanamente segata, i medici esaminarono l'interno e non trovarono differenze marcate tra il cervello di Parrot e uno “normale.” Sebbene il dottor Maghee e l’assistente Heath agissero secondo l'etica medica dell’epoca, le attività del dottor Osborn divennero presto molto bizzarre. Osborn prima modellò una maschera mortuaria del volto di George usando il gesso di Parigi; la maschera era senza orecchie perché si erano strappate mentre George si dimenava all’estremità della corda. La pelle del fuorilegge fu trasformata in scarpe. Osborn rimosse la pelle dalle cosce e dal petto del morto, e la inviò a una conceria a Denver allegando una serie di istruzioni molto strane. La conceria doveva usare la pelle, compresi i capezzoli del morto, per fargli un paio di scarpe e una borsa per i medicinali. Quando il dottor Osborn ricevette le scarpe, rimase deluso nello scoprire che non c'erano i capezzoli, ma iniziò comunque a portarle con orgoglio.






I resti del corpo smembrato di George fu tenuto in un barile di whisky riempito con una soluzione salina per circa un anno. Osborn continuò la sua dissezione e i suoi esperimenti per un po', quando finalmente il barile di whisky e i resti del fuorilegge furono sepolti nel cortile dietro l’ufficio del dottor Maghee. Nonostante lo strano comportamento del dottore, che profanò il corpo di George Parrot, divenne ben presto persona di spicco nella politica locale. Nel 1892 il dottore fu eletto primo governatore democratico del Wyoming e si diceva che avesse indossato le scarpe di pelle umana al suo ballo inaugurale nel 1893. In seguito Osborn sarebbe diventato ’assistente del Segretario di Stato sotto il presidente Wilson. In un certo momento la calotta cranica fu ceduta alla giovane Miss Health, che in seguito sarebbe diventata la prima donna dottore nello Stato del Wyoming. Si diceva che la calotta cranica fosse servita da posacenere o da fermaporta o da vaso da fiori nel suo ufficio. L’incidente fu quasi dimenticato fino all’11 maggio 1950, quando gli operai edili che stavano scavando per un nuovo edificio in Cedar Street portarono alla luce un barile di whisky pieno di ossa. Era posizionato dietro l’edificio che anni prima era stato l’ufficio del dottor Maghee. All’interno della botte c’erano numerose ossa umane, compreso un teschio con la parte superiore segata. In men che non si dica, mentre una folla si radunava per osservare i macabri resti, qualcuno si ricordò che la dottoressa Lillian Heath aveva conservato la calotta cranica.




Lillian Heath Nelson (1865 – 1962) frequentò le scuole a Rawlins e si diplomò nella classe del 1886. All’età di 16 anni, mentre frequentava la “Rawlins High School”, Lillian Heath insegnava anche alla Number Five Mine vicino a Carbon e alla scuola elementare di Rawlins. A quei tempi a Rawlins c'era carenza di medici. Il dottor Thomas Maghee, medico e amico del padre di Heath, veniva regolarmente in città. Lillian si interessò alla medicina dopo aver ascoltato le storie di suo padre sul compito di curare i pazienti quando il dottor Maghee era via. Iniziò come assistente del dottor Maghee, dapprima con le pazienti ostetriche, poi per le ferite da arma da fuoco e le amputazioni, e infine in tutti i tipi di casi. Rawlins era una cittadina piccola e grintosa e si pensava che le donne dovessero evitare di uscire da sole, soprattutto di notte. Fare visite a domicilio di notte era un’attività pericolosa a quei tempi. Suo padre e il dottor Maghee pretesero che indossasse abiti da uomo e portasse un revolver calibro .32 nella giacca quando andava a casa dei pazienti. Lillian è stata descritta come una donna dal carattere impavido, che aveva una forte passione per la medicina e l’apprendimento. Dopo aver lavorato con il dottor Maghee per sette anni, Lillian Heath decise di laurearsi in medicina. Frequentò l’Università del Colorado a Boulder per un anno, poi si laureò al “Keokuk Medical College of Physicians and Surgeons a Keokuk”, nello Iowa, all’età di 27 anni, nel marzo 1893. Dopo la laurea tornò a Rawlins per esercitare la professione medica. All’età di 33 anni, la dottoressa Heath sposò Lou Nelson, un ex membro della guardia d’onore del presidente William McKinley (1843 – 1901) che era diventayo pittore e decoratore. Come assistente del dottor Maghee contribuì a eseguire trenta interventi chirurgici su un pastore che aveva tentato il suicidio e aveva la maggior parte della faccia distrutta. In un’intervista di aver conservato il teschio di Parrott come ricordo dei suoi giorni di apprendistato. Diversi anni dopo, quando fu scoperto lo scheletro del fuorilegge, la Heath, allora ultraottantenne, fu essenziale per identificarlo come quello di Parrott, in quanto la calotta cranica che aveva conservato si abbinava perfettamente alla parte inferiore del cranio trovato nel barile; anni dopo il test del DNA confermò che i resti erano quelli di Big Nose George. In seguito la dottoressa donò la calotta cranica all’Union Pacific Historical Museum di Omaha, nel Nebraska, che conserva anche le catene usate durante l'impiccagione del criminale. Il teschio è in mostra al Carbon County Museum di Rawlins, insieme alla maschera mortuaria del criminale e alle scarpe fatte con la sua pelle. Nei quindici anni in cui la dottoressa Heath praticò la medicina come medico abilitato, si guadagnò la reputazione di abile ostetrica e lavorò duramente per superare gli ostacoli che derivavano dall’essere la prima donna medico nello stato. La dottoressa Heath mantenne aggiornata la sua licenza medica per la maggior parte della vita. Ricevette diverse onorificenze nel corso degli anni per il suo lavoro come prima donna medico del Wyoming. La sua è una storia straordinaria e il Wyoming è orgoglioso di celebrare la sua vita e il suo lavoro come primo medico donna dello stato.




Il “Carbon County Museum” di Rawlins conserva alcuni manufatti degni di nota. C’è un segnale stradale in cemento della vecchia Lincoln Highway. C’è  “la prima vasca da bagno a Rawlins”, ricavata da un blocco di arenaria da qualcuno che non vedeva l’ora di fare il bagno. E c’è un’intera sala dedicata alla vacanza che Thomas Edison fece a Rawlins, quando inventò la lampadina. Sono tutte cose interessanti, ma impallidiscono rispetto all’attrazione principale del museo: un paio di scarpe realizzate con la pelle di Big Nose George. La borsa dei medicinali ricavata dalla sua pelle non è invece mai stata trovata. Vale sempre la pena vedere oggetti realizzati con parti di persone, come una bandiera fatta di capelli umani o un manganello fatto con l’osso di una gamba. La notorietà di Big Nose continua ancora oggi: alcuni cittadini degli Stati Uniti e del Canada credono di poter essere suoi parenti. L’archeologo dello stato del Wyoming Mark Miller, andato in pensione diversi anni fa, ha affermato che vari test del DNA erano stati eseguiti ma non c'erano corrispondenze. Mark Miller è il pronipote di I.C. Miller, che era sceriffo della contea di Carbon al momento del linciaggio di Big Nose George, ma quella notte lavorava in un’altra zona. Tuttoggi, gli aspiranti discendenti di George Parrott non sono stati trovati. Chissà cosa riserberà il futuro? Ma ancora tutti parlano di Big Nose George Parrott, ed è un gran vantaggio rispetto all'uomo che si era messo nei suoi panni - o nelle sue scarpe!




Descrizione del collage fotografico qui sopra:

1) Dettaglio del dipinto del 1895, “Big Nose George and the Road Agents”, del famoso artista Americano Charles M. Russell (1864 – 1926).
2) - Big Nose George Parrott
3) - Esame dei resti di Big Nose Charlie.
4) - Il dottor John Eugene Osborn.
5) - Manifesto di "wanted" per Big Nose George Parrott, datato 22 agosto 1878, Carbon County, Wyoming; la ricompensa era di $1.000 dollari nel 1878, corrispondenti a circa $25.000 dollari attuali.
6) - La maschera mortuaria di Big Nose George Parrott e le scarpe fatte con la sua pelle, quando furono esposte alla Rawlins National Bank, 1949.
7) - “Big Nose George Turns Up—In Whisky Barrel” sul “Rawlins Daily Times”, 12 maggio 1950.
8) - Le scarpe di Osborn fatte con la pelle di George
9) - Maschera mortuaria e scarpe.
10) - Calotta cranica segata di Big Nose.





Il Wyoming ha vissuto molti strani eventi storici. Tra le tante storie ce n’è una che la maggior parte dei residenti del Wyoming conosce: quella del criminale “Big Nose” George Parrott. Tuttavia non è ricordato per i suoi crimini o per i due uomini di legge che uccise, ma per i macabri eventi accaduti dopo la sua morte. “Big Nose George: His Troublesome Trail” di Mark E. Miller, vero racconto criminale di questa bizzarra storia, è stato pubblicato da “High Plains Press”, un piccolo editore focalizzato sulla storia del Wyoming. Il suo autore, Frank E. Miller, trascorse molti anni come archeologo statale del Wyoming e come professore di antropologia presso l’Università dello stato Ora vive a qualche chilometro da Laramie, dove il servizio di telefonia mobile è imprevedibile, ma l’ambiente circostante offre uno spettacolare panorama. Al momento della sua intervista telefonica con il “Wyoming Tribune Eagle”, era appena rimasto bloccato in casa dalla neve. Ha scritto altri libri sulla storia del Wyoming e, in qualità di ex archeologo di stato, ha lavorato sporadicamente con la scientifica in alcune scene del crimine che richiedevano un’analisi approfondita dello scheletro umano e la conoscenza dell’antropologia. Se qualcuno dovesse raccontare al meglio la storia di Big Nose George, sfatando i suoi miti leggendari, quello sarebbe Miller. Cresciuto nel ranch di famiglia a Carbon County, dove hanno avuto luogo i crimini al centro di questa vicenda, è rimasto affascinato da questa storia per tutta la vita, e per svago ha fatto ricerche indipendenti. Ma c’è una bizzarra connessione tra Miller e gli eventi, passati ormai da quasi 150 anni: il suo bisnonno era stato eletto sceriffo della contea di Carbon nel 1880.

Era il responsabile dell’esecuzione di questa sentenza del Tribunale contro Big Nose, che avrebbe dovuto essere impiccato nell'aprile del 1881, ha detto Miller. Era quello che doveva succedere. Ma come sappiamo non è andata così. Ha tentato di fuggire il 22 marzo 1881, un paio di settimane prima dell’esecuzione programmata. Fu in grado di segare le sue catene e togliersele. Se studiamo l’intera storia, Big Nose non è stato trattato molto bene. Certo, era un assassino condannato, aveva confessato. Ma dopo essere stato catturato dalla posse di vigilantes, da quel momento in poi non è stato trattato molto bene.




Nel 1995, Miller e i suoi colleghi dell’Università del Wyoming si recarono a Rawlins, dove le famigerate scarpe erano esposte al “Carbon County Museum." Le hanno analizzate confermando che erano state realizzate con pelle umana. Il teschio di Parrott era in mostra accanto alle calzature, e fu duchiarato che si trattava di profanazione di cadavere. Una copia in gesso fu dunque esposta in sostituzione, ma il teschio è ancora da qualche parte in possesso del museo. Ci sono molti fatti raccapriccianti, quasi incredibili, in questa vicenda - il frammento di cranio che fu usato da Lillian Heath come posacenere e il corpo di Parrott sepolto in un barile di whisky nel cortile di Osborn, riscoperto solo per caso nel 1950 - ma Miller vuole usare il suo libro per sfatare le leggende infondate che circondano l’ormai famigerato fuorilegge. Non è mai stato dimostrato che Osborn indossasse davvero le scarpe fatte con la pelle di Parrott al suo insediamento come governatore. Si diceva che un paio di stivali, in mostra in un museo, fossero stati trovati sui resti sepolti di Parrott, ma Miller fece ricerche e determinò che provenivano dalla guerra Ispano-Americana e non potevano essere suoi. Miller vuole usare il libro intitolato “Big Nose George: His Troublesome Trail” per ottenere visibilità per i due uomini di legge, Widdowfield e Vincent, morti per mano di Parrott. C’è un monumento a Rawlins che commemora la storia di Big Nose George, ma non c'è nessun monumento in onore dei due uomini che ha ucciso.




Secondo il libro “The Legend of Big Nose George”, disponibile presso il negozio di articoli da regalo del Museo di Carbon County, il naso del morto era così grande che picchiava nel coperchio della bara e dovettero premerlo a lungo per poterlo chiudere e inchiodare. Non rimase inchiodato a lungo. Un paio di medici locali, Thomas Maghee e John Osborne, rubarono il corpo di George e lo nascosero in un barile di whisky. Dice Miller:

Il dottor Maghee voleva studiare il cervello criminale, perché sua moglie era diventata pazza furiosa a causa di un paio di incidenti a cavallo. Sperava di poterla aiutare.


Anche il dottor Osborne aveva dei motivi personali.


Da quello che ho capito, il dottore era su un treno assaltato da Big Nose George e per il ritardo mancò di intervenire a una festa alla quale era stato invitato. E quindi non gli piaceva Big Nose George.


La vendetta del dottor Osborne fu davvero speciale, visto l'uso che fece della pelle del morto.





La calotta cranica mancante è ancora fonte di disagio a Rawlins, anche per come la descrisse, in termini affettuosi, la novantenne dottoressa Lillian. Rawlins è una piccola città e le scarpe, sebbene famose a livello locale, non sono molto pubblicizzate. Abbiamo chiesto se la gente viene davvero a Rawlins per vedere le scarpe realizzate da Big Nose George. Le persone vengono da tutto il mondo, ha risposto qualcuno, con orgoglio, ma si comportano come se queste scarpe dovessero morderle o qualcosa del genere.

C’è la mostra del Carbon County Museum su Big Nose e c’è un cartellone pubblicitario vicino al deposito che commemora Big Nose, ha detto Miller. C’è un piccolo parco lì vicino dove potrebbero mettere un piccolo monumento per commemorare i due agenti delle forze dell’ordine. Quella parte della leggenda è un fatto: pubblichiamolo. Facciamo sapere alla gente chi è stato assassinato.


Miller ha tenuto un giro di conferenze nel sud-est del Wyoming per pubblicizzare il suo libro.



Era un criminale ed è stato coinvolto nella morte di due agenti delle forze dell’ordine. Penso che oggi sia ancora in parte vivo il sentimento  del Selvaggio West: era un criminale e non meritava dignità dopo la morte. Alcune persone nel museo dicono: “Sono solo scarpe. Sono state fatte per sembrare scarpe, sono state indossate come scarpe, sono solo scarpe.


Uno dei responsabili del Museo si licenziò quando le scarpe e il teschio furono temporaneamente rimossi dall’esposizione per rispetto verso alcuni visitatori troppo sensibili. Nonostante le opinioni contrastanti sulle scarpe, non andranno da nessuna parte, almeno non nei prossimi anni, sostiene Miller.


3) Jose Chavez Y Chavez: Hombre muy malo!!





Ai tempi del Vecchio West il New Mexico ospitò molti dei più pittoreschi desperados. Un campione molto piccolo era rappresentato dai Clantons: Joseph Isaac “Ike” Clanton (1847 -1888), Phineas Fray “Phin” Clanton (1843 – 1906) and William Harrison “Billy” Clanton (1862 – 1881), William Bonney, Jesse Evans (1853 - ?1882), William “Curley Bill” Brocius (1845 – 1882), Clay Allison (1841 – 1887), Doroteo “El Tigre” Sains, Tom “Black Jack” Ketchum (1863 – 1901), John “King of the Rustlers” Kinney (1847 – 1919), Jim Miller e Johnny Ringo (1850 – 1882). A causa della sua vicinanza al confine Messicano, il New Mexico meridionale attirava un gran numero di fuorilegge; uomini violenti che vivevano del lavoro degli altri, che erano pronti a uccidere e per i quali le convenzioni della società significavano ben poco. Un uomo che si adattava perfettamente al cliché del fuorilegge del New Mexico, nonostante sia stato ampiamente ignorato da molti storici e studiosi del folclore, fu Jose Chavez y Chavez. Nacque nel 1851 a Ceboleta nella contea di Valencio, in New Mexico, ma ben poco si sa della sua infanzia. Jose scoperse che il lavoro onesto era spesso duro, e gradualmente passò dai furtarelli al furto di bestiame. Al tempo della guerra della contea di Lincoln (1878-79), Jose era in compagnia di William Bonney (Billy the Kid) e del suo seguito di ladri; si schierò con la fazione Tunstall-McSween contro “The House”, come era popolarmente conosciuta la fazione Dolan.




La formazione da parte di McSween (1837 – 1878) di “The Regulators”, un esercito personale ammantato di una sottile cappa di legalità, composto da quaranta/cinquanta persone pagate 4 dollari al giorno da Tunstall, trasformò il dissidio tra le due fazioni della contea di Lincoln in una guerra aperta. Tra i Regolatori c’erano Jose, Billy the Kid, Charlie Bowdre (1848 - 1880), Jim French, John Middleton e Fred Waite (1853 – 1895). Li guidava l’agente speciale Dick Brewer (1850 – 1878). Il 18 febbraio 1878, la guerra della contea di Lincoln prese una svolta violenta quando John Tunstall fu assassinato dalla banda Dolan. I Regolatori cercarono giustizia, ma poiché lo sceriffo locale era sul libro paga dei Dolan, decisero di prendere in mano la situazione uccidendo lo sceriffo William Brady (1829 – 1878). Ciò intensificò la guerra della contea e ben presto sarebbe intervenuto l'esercito.






Molti attribuiscono a Billy the Kid l’omicidio di William Brady, ma Jose Chavez y Chaves ha sempre affermato di essere stato lui a premere il grilletto. Dick Brewer, ex caposquadra di Tunstall e rispettato proprietario di un ranch, e Billy the Kid chiesero un affidavit  dal giudice John Wilson. Il giudice fu comprensivo ed emise mandati per gli assassini. L’agente Martinez sostituì Billy the Kid e Fred Waite a caccia dei colpevoli, presso il negozio di Dolan. Quando arrivarono, lo sceriffo Brady rifiutò di riconoscere i mandati. Arrestò invece il trio e confiscò le loro armi, incluso il fucile Winchester che Tunstall aveva dato a Billy. Lo sceriffo Brady fu costretto a rilasciare Martinez entro poche ore, ma tenne rinchiusi Billy e Fred per alcuni giorni, facendo loro perdere il funerale di Tunstall. Qualche giorno in prigione non servì a nulla per calmare gli animi. Quando Fred e Billy furono rilasciati, erano determinati a vendicarsi. Guidato da Dick Brewer, un gruppo composto da Billy the Kid, Jose Chavez y Chavez, John Middleton, Tom O’Folliard (1858 – 1880), Fred Waite (1853 – 1895), Doc Scurlock (1849 – 1929), Charlie Bowdre, George Coe, Frank Coe (1851 – 1931), Jim French, Frank McNab (? – 1878) e Henry Newton Brown (1857 – 1884), uscì da Lincoln all’inseguimento di William “Buck” Morton. Si riferivano a se stessi come “I Regolatori.” Molti dei Regolatori lasciarono il territorio del New Mexico. In qualità di leader di fatto del gruppo dopo la battaglia di Lincoln, chiesero a Billy di unirsi a loro, ma lui scelse di rimanere nel New Mexico. Le sue speranze di un lavoro legittimo e di una vita normale morirono fra le braci della casa di McSween. Considerando che le sue azioni non erano peggiori di molti degli altri uomini coinvolti, divenne il capro espiatorio. Trascorse il resto della sua vita in fuga, di solito con Pat Garrett alle calcagna. Billy rimase con i restanti Regolatori - Charlie Bowdre, Tom O’Folliard (1858 – 1880), Dave Rudabaugh (1854 – 1886) e pochi altri - rubando bestiame, commettendo piccoli crimini e uccidendo molti altri vice-sceriffo durante una serie di famigerate evasioni di prigione nei due anni successivi. Quando Lew Wallace divenne governatore, pensò di imporre la legge marziale a Lincoln. Tuttavia, il presidente Rutherford Birchard Hayes (1822 – 1893) consigliò un approccio più conciliante, teso a incoraggiare le persone coinvolte a deporre le armi e riportare la pace a Lincoln. Nel novembre 1878, Wallace chiese di porre fine alla violenza e concesse l’amnistia a tutte le persone coinvolte, con un’eccezione: Billy the Kid. L’assassinio di John Tunstall il 28 febbraio 1878 da parte di membri della fazione Dolan portò, il 1° aprile, all’assassinio dello sceriffo Brady a Lincoln da parte di Bonney e molti altri. Seguirono altre morti, e una sorta di climax fu raggiunto con il “Big Killing” del 19 luglio. McSween, sua moglie e la loro dozzina di alleati si erano barricati nella casa di McSween tra i quali c’erano Tom O’Folliard (1856 – 1880), Francisco Zamora, Eugenio Salazar, Vincente Romero e Ignazio González. La casa fu incendiata e nel caos che seguì McSween e cinque dei suoi alleati morirono. Jose e altri quattro, tra cui Billy the Kid, fuggirono dalla struttura in fiamme, tutti tranne uno che riuscì a mettersi al riparo sulle sponde del fiume dietro la casa in fiamme. Harvey Morris morì o sotto una pioggia di colpi di arma da fuoco prima di aver fatto tre passi nel cortile. Nel tentativo di fermare il caos, nel marzo 1879 il governatore Lew Wallace (1827 – 1905) istituì una milizia di cinquanta uomini chiamati “Lincoln County Mounted Rifles” o come li chiamavano i loro detrattori, i “Governor's Heelflies.” Chavez y Chavez si arruolò come soldato semplice. Lo scopo della milizia era di limitare i furti e le violenze e di consegnare alla giustizia gli uomini per i quali erano stati emessi mandati. Il gruppo fu sciolto nel luglio successivo, avendo fatto poco per portare stabilità in quell'area turbolenta. Nel frattempo, Jose aveva testimoniato alla “Dudley Court of Inquiry” insieme a Billy the Kid, nel vano tentativo di assicurarsi una qualche responsabilità per il ruolo dell’esercito nel Big Killing. Nel maggio 1880, un prigioniero nella prigione della contea di Lincoln, “One-Eyed Joe” Murphy, fu assassinato, ed era opinione diffusa che Chavez y Chavez fosse responsabile. Dopo che il suo amico Billy the Kid fu ucciso da Pat Garrett a Fort Sumner il 14 luglio 1881, Jose iniziò ad andare alla deriva, sempre ai margini della Legge, facendo ciò che era necessario per sopravvivere. Si trasferì a nord e si presentò a Las Vegas, nel New Mexico, dove la sua reputazione con una pistola lo avrebbe portato a gareggiare con Bob Ford (1862 1892), l’assassino di Jesse James. L’abilità di Jose lo portò alla vittoria in modo convincente, e quando fu sfidato a duello, l’umiliato Ford fuggì. Jose diventò uno dei tre poliziotti di Old Town, Las Vegas.




L’ex fuorilegge che cavalcava con uno dei pistoleri più famosi della storia era ora diventato un esecutore della Legge. Sebbene non fosse raro che i fuorilegge diventassero sceriffi o membri delle forze dell’ordine - ad esempio Frank Canton (1849 - 1927) - questa situazione non sarebbe durata a lungo per Chavez. Tornò rapidamente alla vita da fuorilegge. Divenne amico di Vicente Silva e si unì alle due bande di Vincente Silva, tra cui Las Gorras Blancas (The White Caps), il braccio terroristico di El Partido del Pueblo Unido (People’s Party), un gruppo considerato da molti bianchi come un gruppo di banditi, e dalla maggior parte dei nativi Ispanici del Nuovo Messico come combattenti per la libertà. Gli White Caps, un’organizzazione simile a un clan, cercavano di scacciare i coloni da terre che un tempo erano state pascoli comuni attraverso il taglio di recinzioni, incendi dolosi e aggressioni fisiche. L’altro gruppo di Silvas, La Sociedad de Bandidos (Society of Bandits) fu accusato dagli immigrati bianchi nel territorio del New Mexico di operare in modo molto simile a una mafia, cercando di realizzare profitti costringendo le persone a lasciare le loro proprietà. Il 22 ottobre 1892, Jose e altri due agenti di polizia di Old Town, Eugenio Alarid e Julian Trujillo, linciarono un certo Patricio Maes per volere di Vincente Silva.




Nel febbraio 1893, Silva, temendo che suo cognato, Gabriel Sandoval, fosse a conoscenza della verità su Maes e stesse per spifferare tutto, lo uccise con la comlicità di Chavez y Chavez, Alarid e Trujillo. Silva si preoccupò per le continue domande di sua moglie circa la scomparsa di suo fratello e decise che doveva essere uccisa. Ordinò al suo fidato trio di scavare una fossa per il corpo di sua moglie, e mentre scavavano decisero che Silva era ormai fuori controllo. Quando Silva apparve con il corpo di sua moglie, il trio lo uccise e seppellì i due insieme. L’anno successivo, un uomo arrestato per l’omicidio di Maes implicò Jose, Eugenio e Trujillo nell’omicidio di Sandoval. Nell’aprile 1894 Eugenio e Trujillo furono arrestati, processati e condannati all’ergastolo. Chavez y Chavez, con una taglia di 500 dollari sulla testa, fuggì e fu arrestato il 26 maggio 1894 a Socorro. Fu processato, riconosciuto colpevole e condannato a morte, ma ottenne un nuovo processo dalla corte suprema territoriale. Riconosciuto nuovamente colpevole, fu condannato all’impiccagione il 29 ottobre 1897. Gli fu dunque concessa una sospensione dell’esecuzione e il 20 novembre il governatore Miguel Antonio Otero (1859 – 1944), nonostante le obiezioni prolungate e rumorose dei cittadini di Las Vegas, commutò la condanna a morte in ergastolo. Tentando di fare dell'umorismo , nel 1896 il “Las Vegas Optic” riferì:

A Jose Chávez y Chávez verrà probabilmente regalata una cravatta, in occasione del Capodanno. Alla cravatta, tuttavia, ci saranno attaccati sei piedi di corda, poiché ieri il presidente della Corte Suprema Smith lo ha condannato all’impiccagione da tenersi proprio in quel giorno.


Il 23 novembre 1897, Chavez y Chavez entrò nel penitenziario territoriale come detenuto n. 1089, rimanendovi fino all’11 gennaio 1909, quando, all’età di 57 anni, il governatore George Curry (1820 - 1878) lo graziò. La grazia era il risultato dell’aiuto che José aveva prestato alle guardie durante una rivolta carceraria. Chavez tornò a casa per vivere una vita tranquilla e non si è mai più impegnato in attività criminali. L’hombre detto muy muy malo aveva 72 anni. Morì nella sua casa. A differenza di tanti suoi contemporanei, la sua morte fu pacifica. Al suo capezzale c’era Liberato Baca (1873 – 1964) che era diventato amico di Chavez nonostante una volta avesse partecipato a uno scontro a fuoco contro di lui. Un temuto pistolero, assassino di più uomini di Billy the Kid e Pat Garrett messi insieme, Jose morì nel suo letto tenendo la mano di Liberato Baca, che è stato forse l’unico uomo ad affrontare Jose in uno scontro a fuoco e vivere per raccontarlo. C’è una curiosa nota a piè di pagina nella storia di Jose. Fu collegato da numerosi scrittori all’omicidio del 1° febbraio 1896 del colonnello Albert J. Fountain (1838 – 1873) e di suo figlio, nonostante fosse dietro le sbarre al momento in cui avvennero gli omicidi. Nella sua autobiografia, George Curry (1871 – 1900) affermò che Jose era implicato negli omicidi e tale affermazione è stata accettata acriticamente fino a tempi recenti, ma le morti di Albert e Henry Fountain non possono essere annoverate tra i tanti omicidi di Jose. Fu sepolto nel cimitero della comunità di Milagro, nel New Mexico. È possibile che l'effettiva posizione di sepoltura sia sconosciuta, ma in seguito fu aggiunta una lapide nel luogo approssimativo in cui si pensava fosse stato sepolto.





Wilson Vieira

N.B. Trovate i link alle altre puntate della Storia del West in Cronologie & Index e nella pagina dedicata!

Nessun commento:

Posta un commento

I testi e i fumetti di nostra produzione apparsi su Dime Web possono essere pubblicati anche altrove, con la raccomandazione di citare SEMPRE la fonte e gli autori!

Le immagini dei post sono inserite ai soli fini di documentazione, archivio, studio e identificazione e sono Copyright © degli aventi diritto.

Fino al 4 gennaio 2017 tutti i commenti, anche i più critici e anche quelli anonimi, venivano pubblicati AUTOMATICAMENTE: quelli non consoni venivano rimossi solo a posteriori. Speravamo e contavamo, infatti, nella civiltà dei cultori di fumetti, libri, cinema, cartooning, etc.

Poi è arrivato un tale che, facendosi scudo dell'anonimato, ha inviato svariati sfoghi pieni di gravi offese ai due redattori di Dime Web, alla loro integrità morale e alle loro madri...

Abbiamo dunque deciso di moderare in anticipo i vostri commenti e pertanto verranno cestinati:

1) quelli offensivi verso chiunque
2) quelli anonimi

Gli altri verranno pubblicati TUTTI.

Le critiche, anzi, sono ben accette e a ogni segnalazione di errori verrà dato il giusto risalto, procedendo a correzioni e rettifiche.

Grazie!

Saverio Ceri & Francesco Manetti