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lunedì 25 novembre 2019

SECRET ORIGINS: TEX CLASSIC 72


di Saverio Ceri

Puntata 72 per la nostra rubrica che va alla riscoperta delle storiche copertine di Tex legate alla più recente riproposta bonelliana delle avventure del personaggio.

Il Classic di cui ci occupiamo stavolta ristampa gli albetti a striscia che vano dal 4 al 9 della serie California (o quattordicesima serie, se preferite), usciti tra il dicembre del 1956 e il gennaio del 1957.
Le stesse avventure furono ripubblicate nel maggio 1958, sui numeri  9 e 10 della quinta serie della collana quindicinale Albo d'Oro. 
La copertina di Tex Classic 72, che vedete qui sotto, ripropone con i dovuti aggiustaggi, conseguenti all'impostazione grafica della nuova collana, proprio la cover dell'Albo d'Oro numero 9. A ruota potete vedere la cover originale del 1958.



La puntata potrebbe anche terminare qui, se non fosse per il titolo del Classic, che riporta subito alla mente degli appassionati, altre mitiche cover di Tex, legate proprio al pazzo del titolo: Old Pawnee Bill. Nella parte finale dell'albo infatti fa la sua comparsa l'eremita protagonista di alcune storiche copertine della serie.
Partiamo dalla più famosa, che trae origine da questa vignetta, di Galep inchiostrata da Francesco Gamba, tratta del numero 9 della serie California:


Tex viene aggredito da un folle assalitore armato di scure, intenzionato ad ucciderlo, come si evince dal baloon. In realtà poche vignette dopo i due si sono già chiariti e dialogano tranquillamente, ma la situazione di difficoltà dell'eroe non poteva sfuggire a un consumato copertinista come Galep.
Nella cover di quello stesso albo a striscia Tex prova a difendersi, mentre la minacciosa ascia quasi scompare dall'immagine. 


Nella versione riproposta come copertina della Raccoltina Serie Rossa numero 67 dell'agosto 1961, la scure si vede meglio, ma rimane tutto sommato "innocua", mentre la colluttazione viene resa ancor più pericolosa dal fatto di essere in prossimità di un precipizio. Come spesso accade in queste riproposte i protagonisti si vestono di colori diversi, così, tanto per far credere ai lettori che si tratti di un'altra scazzottata.


Ma arriviamo alla versione extended quella realizzata da Galleppini per la collana Albo d'Oro. Qui Tex sembra davvero in difficoltà, alle mercé del vecchio Bill che sta per sferrare un colpo mortale con la sua ascia.


Per l'occasione il pazzo del Monte Superstizione decide di indossare il suo corpetto migliore e i pantaloni corti estivi. La scena, arricchita dalla presenza del cavallo sullo sfondo, parrebbe essersi spostata in un luogo pianeggiante e non nei pressi di un dirupo. Effettivamente l'idea di ambientarla vicino a un pericoloso salto nel vuoto, per far capire fin dall'immagine che siamo in zona montana, è stata introdotta solo qualche tempo dopo, nel '61, in occasione della raccoltina, e come vedremo sarà ripresa in seguito.
La dinamica immagine è stata riadattata poi nel marzo del 1963 come copertina del numero 30 dell'attuale serie di Tex.


Tex e l'antagonista vengono isolati graficamente da una sagoma informe. La scena viene inclinata a sinistra per eliminare l'impressione che si svolga in un luogo pianeggiante e il vecchio Bill, che, grazie alla barba bianca, appare vecchio anche nell'aspetto, perde l'ascia e di conseguenza tutta la sua pericolosità; tutti sanno, infatti, che Tex non può perdere da nessuno in una semplice scazzottata.
La stessa immagine ovviamente è servita, nei decenni successivi, come cover delle collane  Tutto Tex e Tex Nuova ristampa. Le vediamo qui sotto in sequenza.



Per Tutto Tex, Galep ricostruisce uno sfondo alla vicenda, ovviamente montuoso, e rimette la scure in mano al personaggio che dà il titolo all'albo. La nuova ambientazione rimane anche in Tex Nuova Ristampa. Da segnalare che tra le tre edizioni ci sono diversi cambi cromatici: divertitevi a trovarli.
Facciamo ora un piccolo passo indietro, esattamente di 2 strisce, che sull'albo appaiono sulla stessa pagina, ma appartenendo originariamente a due albetti a striscia diversi, sono comparse in edicola a una settimana di distanza. Si tratta dell'agguato del vecchio Bill che, balzando dall'alto di una roccia, dà inizio alla colluttazione con Tex. 


L'assalto di Bill e la conseguente colluttazione si consuma presumibilmente in pochi secondi, ma essendo raccontata a cavallo di un paio di albetti a striscia ha generato un'altra serie di cover del ranger, a partire da quella di quello stesso albetto a striscia, l'ottavo della Serie California.



Anche in questo caso l'ascia, ben visibile sulla vignetta originale, in copertina misteriosamente scompare dalle mani di Bill.
Pure stavolta, con colori reinventati per l'occasione (da segnalare la rara camicia azzurra di Tex), la copertina è stata usata anche per una raccoltina, la numero 52 della serie bianca.



Lo stesso momento dell'agguato dall'alto è stato scelto poi, nell'ottobre 1996, da Claudio Villa per la copertina del numero 20 dell'edizione storica di Tex della brasiliana Globo. Il disegnatore comasco pone la "telecamera" sulla roccia da cui spicca il balzo Bill e immortala il momento in cui Tex si accorge del "pazzo" che sta per piombargli addosso. Villa, che in questo caso è anche il colorista, sceglie di concentrare nell'illustrazione tutti gli elementi che caricano di pericolo la vicenda: l'ascia pronta a colpire brandita dall'antagonista e il pericoloso strapiombo sullo sfondo.


I lettori italiani hanno potuto ammirare l'immagine, ricolorata redazionalmente, in occasione dell'uscita di Tex Nuova Ristampa 19, del settembre 1997, dov'è apparsa in appendice come miniposter.


E con quest'ultima immagine chiudiamo la settantaduesima puntata di Secret Origins.
Appuntamento alla prossima.


Saverio Ceri

N.B. Trovate i link alle altre Secret Origins in Cronologie & Index!

domenica 24 novembre 2019

IL "CANE" DEI FUMETTI!

di Filippo Pieri

Sulla "Settimana Enigmistica" n. 4571 del 31 Ottobre 2019, a pagina 41, all'interno delle "Parole crociate a schema libero", il 4 verticale chiede: il Dog dei fumetti.


N.B. Trovate i link alle altre novità bonelliane su Interviste & News!

giovedì 21 novembre 2019

DIME WEB INTERVISTA MARCO NATALE! (LE INTERVISTE LXXIII)


A cura di Filippo Pieri
Marco Natale (a dx) con l'intervistatore Filippo Pieri

Dime Web - Ciao, Marco: per chi ancora non ti conoscesse, puoi raccontarci qualcosa di te? 
Marco Natale - Ciao a tutti! Sono un disegnatore con una grande passione per i fumetti: adoro disegnarli fin da quando ero ragazzo, al Liceo Artistico e poi all’Accademia di Belle Arti. Ho disegnato molte storie brevi che sono finite su riviste e quotidiani, concorsi e raccolte. Nell’arco di vent’anni circa di lavoro professionale ho disegnato anche cartoni animati per il cinema e la tv (TotòSapore, Cocco Bill, i Magicanti, etc); storyboard per diverse pubblicità Rai e videoclip (tra cui uno per Jovanotti); ho fatto anche diverse esperienze nella produzione di videogiochi, ho creato ambientazioni in realtà virtuale, illustrazioni per libri, copertine, murales… insomma non mi sono fatto mancare niente! Ah, e insegno da più di un decennio, in varie scuole d’arte in giro per il nord Italia. 





DW - Nonostante la tua passione per il disegno, per diversi anni hai fatto altri mestieri. E poi cosa è successo che ti ha fatto tornare la voglia di disegnare?

MN - Disegnare non è solo un mestiere, anzi, è prima una necessità di espressione, per me e per tutti quelli che hanno quel Sacro Fuoco acceso dentro al cuore. Staccarsi dal disegno - ho scoperto - è una forzatura, significa non-esprimersi, e alla lunga non fa bene. Così sono tornato a disegnare.

Bacon su "Sbam! Comics" n. 46


DW - A Lucca Comics di ottobre/novembre 2019 eri presente con due libri del tuo personaggio “Bacon” e l’editore Antonio Marangi ci ha anticipato che stai lavorando al terzo volume, previsto per il 2020. Puoi raccontarci qualcosa di più su questo maiale antropomorfo che lavora come investigatore privato nella Chicago degli anni 30?

MN - Joe Bacon è un personaggio apparentemente nato per caso. Cercavo una storia di ampio respiro dopo molte storie comiche brevi, e un giorno è nato lui: era un disegno scartato per un logo: era lì, ubriaco, appoggiato al bancone di un bar malfamato e fumoso, sembrava a suo agio. Mi sono chiesto che vita facesse, perché era evidentemente dedito all’alcol, chi amava o chi temeva… nel giro di poco il suo mondo si allargava, mi dava risposte: le sue conoscenze, i suoi intrighi. Ormai ne ho disegnato oltre 300 pagine divise in tre volumi e il prossimo uscirà per Sbam! Comics nel 2020. Bacon è un investigatore privato vecchia maniera, un anti-eroe, un maiale in un mondo antropomorfo crudele, razzista e corrotto, senza la coccola del lieto fine; come se al mondo del più famoso topo disneyano fosse caduta la patina luccicante dell’ottimismo e del perbenismo. Bacon è alcolizzato, va a prostitute, frequenta tipacci, nella sua Chicago i banchieri fanno affari con i mafiosi, e gli assassini uccidono veramente. Però il tutto è alleggerito da una buona dose di ironia, la storia scorre bene senza incupire nessuno: a questo ci tengo molto!

Sketch per Lucca Comics 2019



DW - Grazie Marco, e un saluto da tutti noi di Dime Web!

a cura di Filippo Pieri

N.B. Trovate i link agli altri colloqui con gli autori su Interviste & News!

lunedì 18 novembre 2019

WILLIAM WHITNEY “BRAZEN BILL” BRAZELTON: L’UOMO CHE NON HA INGOIATO UNA RUOTA DEL CARRO! UN FUORILEGGE TEMIBILE: IL MISTERIOSO RAPINATORE INCAPPUCCIATO! - LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA (LXXII PARTE)

di Wilson Vieira

Una storia emozionante, da brividi, questa della 72a puntata della Storia del West! La storia di un bandito che si travestiva da fantasma durante le rapine, che fu ucciso da una posse, fu sepolto, sparì da morto dal cimitero ed entrò nella leggenda del West anche come spettro! Come al solito le immagini non bonelliane sono state selezionate e inserite nel testo dal Wilson Vieira in persona. Buona lettura! (s.c. & f.m.)




Le rapine alle diligenze sono state tra gli eventi più elettrizzanti che servivano a riempire le pagine dei giornali nel vecchio West: questi "incontri" affascinavano il pubblico in cerca di emozioni! Le diligenze erano diventate il principale obiettivo dei banditi da strada, prima dell’arrivo delle ferrovie, perché trasportavano le ricchezze estratte dalle miniere e le paghe dei minatori. Le diligenze venivano fermate soprattutto in luoghi isolati, il ché dava ai ladri la possibilità di fuggire. L’ordine Buttate giù quel baule! riecheggiò in tutte le regioni più remote e desertiche. Questo genere di rapina era diventata una fiorente attività sin dalla metà del 1860. Inutile dire che nel Selvaggio Vecchio West era una cosa abbastanza normale per un giovane vedere un cadavere. Le prime foto in bianco e nero di fuorilegge e simili sembrano oggi rendere questo fatto molto più bizzarro e strano di quanto non fosse all'epoca: tale era quel mondo, dal punto di vista odierno.
Nei giorni senza legge dell’Ovest Americano (e anche dopo che sceriffi e giudici avevano iniziato a imporre più ordine), non era raro che i corpi di criminali e di altri malfattori fossero esposti pubblicamente dopo una morte violenta. Ladri di cavalli, banditi e assassini erano tra coloro che più andavano incontro a questo morboso destino, dopo esecuzioni molto spesso pubbliche.
Una delle esibizioni più memorabili di questo macabro uso del Far West vide protagonista il cadavere del rapinatore di diligenze William “Brazen Bill” Brazelton; dopo che gli fu tesa un’imboscata e colpito a morte fu riportato in città, messo su una sedia e lasciato esposto al rovente sole di Tucson per un giorno intero.

Tex n. 211, maggio 1978. Disegno di Galep


Brazen Bill era nato a San Francisco. Rimase orfano in tenera età e crebbe come un essere selvatico. Viveva in una vecchia caldaia e all’età di 15 anni aveva già ucciso il suo primo uomo; poi fece fuori un gruppo di sette uomini vicino a Silver City, nel New Mexico. Nel 1876 arrivò a Prescott, in Arizona, e sostenendo che avrebbe messo in scena uno spettacolo in cui avrebbe (ci credereste?) mangiato una ruota di carro, costrinse la gente a pagare in anticipo per assistervi. Incassati i soldi lasciò la città e non tornò mai più.
I banditi di strada di solito non cercavano di derubare da soli le diligenze, ma William Brazelton riuscì a farlo più volte. Un anno dopo la fuga da Prescott, Brazelton si "laureò" in rapina a mano armata e assalì la sua prima diligenza nel settembre del 1877.
Indossando una maschera, Brazelton costrinse il conducente a scendere e ad assicurare i cavalli. Quindi ordinò a un passeggero di buttare giù il baule, aprirlo con un’ascia e consegnargli il contenuto. L’anno seguente, Brazelton commise almeno altre otto rapine alle diligenza, in Arizona e nel Nuovo Messico.
Anni prima Brazelton si era subito trovato un lavoro nella conceria bovina Leatherwood, presso James Carrol, trasportando fieno, grano, legno, ecc, incarichi adatti alla sua notevole forza superiore. Si impegnava, era gentile e cortese con tutti, e nessuno in quel momento avrebbe mai immaginato che quello era davvero il lavoro adatto per lui, visto che gli permetteva di esercitare al meglio l'altra sua "professione", quella di rapinatore; poteva andarsene per giorni e giorni e riprendere da dove si era interrotto perché quel lavoro non era molto richiesto.
Poco dopo la sua morte “The Arizona Star” riferì che Lavorava fedelmente, era gentile e cortese con tutti, e nessuno lo avrebbe preso in quel momento per l’uomo violento che ha dimostrato di essere.
Fu durante il suo soggiorno a Tucson che incontrò e fece amicizia con un immigrato tedesco di nome David Nemitz. Aveva un ranch vicino a Lee’s Mill.



La diligenza che rapinò partì da Prescott, in Arizona, alle 6 del 27 settembre 1877, diretta in California. Brazen Bill e Dan Thorne si incontrarono il 27 settembre 1877, quando quest'ultimo stava guidando la diligenza. Un uomo armato, viso e testa avvolti in una garza sporca per nascondere i suoi lineamenti, uscì dall'ombra e ordinò al cocchiere di fermare il mezzo, di gettare a terra la cassa della Wells Fargo e di aprirla. Ai passeggeri fu ordinato di gettare via i sacchi postali. Bill non sapeva che stava derubando l’onorevole E. G. Peck dell’Arizona e la sua famiglia che si trovava a bordo con lui.
Una raffica di vento soffiò la bandana dalla faccia di Brazelton, mentre Dan lo guardava dritto in volto. Il fuorilegge si affrettò a rimettersi la stoffa in faccia e disse che avrebbe dovuto ucciderlo, dato che poteva riconoscerlo. Ma Bazelton cambiò idea e si allontanò con la cassa, che  conteneva un sacchetto di polvere d’oro e lingotti per un valore di 1.700 dollari, alcuni dei quali appartenevano a Peck. C'erano anche buoni del valore di 250 dollari. Non si sa perché, ma Bill, dopo aver appreso del suo illustre passeggero, restituì due lingotti d’oro a Peck e intimò al cocchiere di riprendere il viaggio. Quando la diligenza raggiunse Wickenburg, le autorità, nonché la Wells Fargo, furono informate. Furono decise le taglie ma Bill aveva organizzato bene la sua fuga.





Nel disegno a tratteggio qua sopra si nota bene che il bandito teneva la pistola vicina al fucile: secondo i testimoni oculari le due armi sembravano legate insieme. Il furto fu fatto in pieno giorno così i passeggeri videro bene che il ladro era mascherato con una garza sporca in modo da nascondere completamente i suoi lineamenti.
Fu descritto come robusto, di statura media, vestito con abiti da operaio e abbastanza rapido nei modi. Qualcuno che non era tenuto sotto tiro notò la stranezza del revolver e del fucile affiancati. La sua maschera era di foggia unica. Era un sacco bianco tirato sopra la testa, con fori ritagliati per gli occhi, un naso rigonfio e una bocca ghignante modellata da una striscia di flanella rossa. Non molto tempo dopo il suo ritorno a casa, Thorne era in piedi in fondo al bancone, di fronte alle porte a battente, quando Brazen Bill entrò nel saloon. Dan lo riconobbe subito come l'uomo della rapina; anche Bill lo riconobbe e se ne andò di fretta. Raccontando la storia in seguito, Thorne disse agli ascoltatori: Non aveva bisogno di farlo. Mi aveva risparmiato la vita e non mi aveva nemmeno derubato; gli avrei reso il favore.



Nel 1902 John Philip Clum (1851 – 1932), il proprietario-editore di “The Tombstone Epitaph”, diede alcune notizie sulla prima infanzia di Brazelton; tuttavia Clum non fornì alcuna fonte a sostegno delle sue affermazioni.



Il nome di Brazelton non compare nei registri del censimento degli Stati Uniti del 1860 e del 1870. Lo storico Erik J. Wright ha pubblicato vari interventi sulla vita e sui crimini di Brazelton, ma ha concluso che la sua vita rimane tuttora avvolta nel mistero. L’ultimo studio di Wright sul fuorilegge ha individuato il luogo della sua morte nella zona Sud-Est di quella che oggi è Mission & Ajo a Tucson, in Arizona.





È accusato di aver commesso rapine in ben nove occasioni in Arizona e nel Nuovo Messico: tre vicino a Silver City (incluso quella del Cook's Canyon) nel New Mexico, due nel nord dell’Arizona e quattro vicino a Tucson. Il grande allarme suscitato fra la gente dalle rapine più recenti alle diligenze aumentava di giorno in giorno; l’argomento era sulla bocca di tutti e più di un innocente fu sospettato.





Charles Alexander Shibell era uno di quei personaggi che l’autore western Louis L'Amour (1908 – 1988) avrebbe maggiormente amato.





Shibell visse nel vecchio West attraversando il periodo che va dalla Guerra Civile fino alla fine del secolo. Oggi è noto soprattutto per aver conferito a Wyatt Earp (1848 – 1929) la carica di vice sceriffo nella contea di Pima, in Arizona. A parte questo mantenne un profilo piuttosto basso, lavorava sodo, vivendo da onesto e gettando le basi per i precetti non scritti del Cowboy Code of the West (Il Codice d’onore del Cowboy). Non è mai emerso nulla della sua abilità nel maneggiare la pistola, ma è sopravvissuto a qualsiasi celebre pistolero che operava dalle sue parti: molti furono da lui battuti e sconfitti.
Shibell nacque a St. Louis, Missouri, il 14 agosto 1841. Nel 1860 si diresse a ovest, finendo infine nella zona di Sacramento, in California. Nel 1862, proprio mentre stava iniziando la Guerra Civile, lavorò come civile per i militari. Finì così in Arizona, trasportando merci avanti e indietro tra Fort Yuma e Tucson, su una distanza di circa 300 miglia. Nella primavera del 1864 le truppe a cui era assegnato furono spedite sul Rio Grande. A seguito di una serie di eventi sviluppò un certo interesse per la politica. Nel 1875 Shibell fu nominato vice sceriffo della contea di Pima sotto W.S. Oury, una posizione che ricoprì per due anni. Successivamente fu eletto sceriffo, e vi rimase per due mandati; andò in pensione nel 1881. Durante questo periodo Tombstone, in Arizona, era nella contea di Pima ed era sotto la sua giurisdizione; il 27 luglio 1880 Shibell nominò vice sceriffo Wyatt Earp. Nel 1887, sei anni dopo il suo pensionamento, Shibell fu nuovamente nominato vice sceriffo, questa volta sotto Eugene O. Shaw, posizione che occupò fino al 1° gennaio 1889.
Fu durante il suo secondo incarico che Shibell sfidò un suo vecchio amico, ex guida e scout per l’esercito americano, di nome Alfred Franklin Banta (1843 – 1924), il rinomato scopritore del Meteor Crater, a rintracciare un fuggitivo, percorrendo 900 miglia fino in Messico e ritorno. Il bandito fu catturato.




Nel 1888 Shibell fu eletto a capo del Catasto della Contea di Pima, una posizione che mantenne fino al 1902. Durante la sua vita si sposò due volte, generando quattro figli dalla sua prima moglie e due dalla sua seconda. Shibell morì a Tucson il 21 ottobre 1908.
Lo sceriffo Shibell, accompagnato dai suoi vice, viaggiando spesso tutta la notte, seguiva le tracce del ladro, occupandosi dei complici, fino a quando (e non è un grande piacere affermarlo), il successo coronò i suoi sforzi e il rapinatore, William Whitney Brazelton, fu portato a Tucson ormai cadavere, un lunedì sera.
Dopo il furto alla diligenza diretta a Ovest, vicino alla stazione di sosta, lo sceriffo e i suoi uomini fecero un sopralluogo dove era avvenuta la rapina e seguirono le impronte lasciate dal cavallo del ladro. Ritrovarono le tracce a Tucson, girarono intorno alla periferia a Est, e poi oltre la città in direzione Sud; e le persero di nuovo, a causa della forte pioggia.
Alcune testimonianze li indirizzarono nuovamente sulla pista del furfante; e da un messicano, che viveva a sud della città, vennero a sapere che lo stesso cavallo e lo stesso uomo erano stati visti nelle vicinanze.



Seguendo queste tracce sulla posizione del ladro, alla fine si imbatterono nel cavallo, ora in possesso di David Nemitz, nel suo ranch, a circa un miglio e mezzo a sud del mulino di Lee, che dista solo circa tre miglia da Tucson. Il passo successivo fu l’arresto di Nemitz, che fu portato in città per processarlo, essendo lo sceriffo pienamente convinto che Nemitz conoscesse i dettagli delle rapine e sapesse chi era l'autore. Durante il processo sostenne che il cavallo gli era stato lasciato da uno sconosciuto, il che non era soddisfacente per la Corte, che fissò una cauzione di 2.500 dollari. In prigione raccontò com'erano veramente andate le cose. Fu rilasciato su cauzione; un gran numero di cittadini di spicco vennero coinvolti e furono quindi predisposti i piani per la cattura del ladro delle diligenze.



A Nemitz fu garantita la protezione da parte dei cittadini. Fu convenuto che Nemitz dovesse andare dal ladro, che era accampato vicino al mulino di Lee, e di conseguenza la domenica se ne andò, rimase fuori durante la notte, e ritornò di lunedì. Brazleton era molto infuriato per l’arresto di Nemitz, che aveva il suo cavallo, e fece in modo di incontrarlo di nuovo il lunedì sera, in un punto vicino al ranch di Guadalupe Sainz, a sud del mulino di Lee, dove a circa un chilometro e mezzo sulla strada un tronco caduto ostacolava il passaggio, precisamente alle otto in punto. Il segnale convenuto all'arrivo doveva essere un colpo di tosse, che doveva essere restituito da Nemitz, quando Brazleton si sarebbe tolto il suo grande cappello floscio e lo avrebbe posato sul tronco. Nemitz doveva quindi farsi vedere, portando con sé una sella, una briglia, del vestiario e roba da mangiare, che il ladro doveva prendere, per poi procedere a ovest di Tucson; il martedì pomeriggio avrebbe dovuto di nuovo assalire una diligenza. Sarebbe poi tornato a Tucson, e il mercoledì sera sarebbe andato a casa del Marshall Buttner, bussando alla sua porta, e quando Buttner si fosse presentato, lo avrebbe abbattuto. Quindi sarebbe andato all'abitazione dello sceriffo Charles A. Shibell e lo avrebbe ucciso allo stesso modo. Concluso questo sanguinario progetto, avrebbe lasciato il paese. Il suo scopo, nell’uccidere Shibell e Buttner, era quello di spazzar via tutte le prove contro Nemitz in riferimento al cavallo trovato in suo possesso. Il progetto fu rivelato allo sceriffo, che costituì una posse, e si recò di nascosto con Nemitz il lunedì sera all'appuntamento con il ladro, secondo gli accordi. Arrivati ​​sul posto, Nemitz lasciò il gruppo; gli uomini dello sceriffo si posizionarono su entrambi i lati della strada, a intervalli, e rimasero nascosti alla vista grazie all'oscurità.

Tex n. 604, febbraio 2011. Disegno di Villa


Juan Elias, un esperto inseguitore, apprese che il cavallo aveva perso un ferro; c'erano impronte sul sentiero di un animale con zoccoli ferrati che viaggiavano in una direzione e altre senza con un quarto zoccolo non ferrato nella direzione opposta. Dovettero aspettare circa un’ora, quando la silhouette di un uomo fu vista avvicinarsi da Sud, con cautela, fino a raggiungere il tronco. Diede un colpo di tosse, al quale fu risposto, e immediatamente mise il cappello sul tronco. Poi si chinò, come se guardasse dall’altra parte del tronco, cercando probabilmente gli oggetti che si aspettava di trovare lì, quando una pistola carica sparò tutti i proiettili in rapida sequenza; altri due colpi furono esplosi dal gruppo. Brazelton, dopo che il primo colpo fu sparato, disse: Tu sei... un gran figlio di...; poi si voltò e cadde di faccia, esclamando: ...muoio con coraggio; mio Dio, pregherò fino alla morte...
Poi un sussulto e tutto rimase immobile.



Il gruppo rimase in silenzio per un po' di tempo per essere certo che fosse morto; poi accesero dei fiammiferi e videro con certezza che era morto. Aveva una ferita proprio sotto le narici, e un colpo gli aveva centrato la bocca; ma probabilmente gli fu fatale una scarica nella sua schiena, dieci buchi nel corpo, tra le spalle e fra il cuore e i polmoni. L’agente Brokaw tornò in città per procurarsi un carro mentre il resto del gruppo rimase con il corpo. Quando Brokaw tornò, il corpo fu messo sul carro e portato in città, nel tribunale. Qui fu perquisito e nelle tasche furono trovati un paio di orecchini appartenenti a C.T. Etchell, spediti per posta l’8, indirizzati a est, e anche un piccolo orologio d’oro e una catena. Sull’orologio c’erano le iniziali G.A.C. o G.M. (l'incisione non era chiara. In un sacco marrone che trasportava furono trovati articoli di uso personale, come sale, tè, grasso per la sua pistola, fiammiferi, ecc, e il ben noto sacco bianco che era stato così spesso descritto dai passeggeri delle diligenze, con i buchi ritagliati per gli occhi, un rialzo nella stoffa per il naso e un pezzo di flanella rossa attaccato dove sarebbe stata la bocca. La maschera si estendeva fin sulle sue spalle, una cosa molto spaventosa da guardare, quando era posta sopra la testa di un uomo. Il suo abbigliamento era tristemente fatiscente. Una camicia blu, che copriva solo una parte del corpo, essendo stracciata, e come pantaloni stinti, con grandi toppe sulle ginocchia, infilati negli stivali. In due cinture avvolte attorno al suo corpo c’erano un centinaio di cartucce; una Colt e un fucile Remington facevano parte del suo equipaggiamento. Brazleton era un uomo dalla stazza erculea; era alto sei piedi e pesava circa 200 libbre; aveva 26 anni e di carnagione chiara; aveva grandi, luminosi occhi blu che scrutavano sopra un naso aquilina; una gran capigliatura e baffi di una sfumatura gialla. In effetti di costituzione era un esempio di forza ed energia, che, se ben incanalato, avrebbe senza dubbio potuto eccellere ancor più che nella professione illegale che scelse. Il martedì mattina il giudice Neugass convocò la giuria con un medico legale e fu emesso un verdetto in conformità con i fatti.






Henry Buehman (1851 - 1912) scattò due fotografie del cadavere nei suoi vestiti di rapinatore di diligenze; in una era a volto scoperto e in un'altra con la maschera, allo scopo di farlo identificare dalle sue vittime, probabilmente. Il dottor Wheatley, che era sulla diligenza rapinata insieme all'editore Clum, identificò a prima vista il cadavere come quello dell’uomo che lo aveva derubato. Il corpo fu quindi preparato per la sepoltura e il martedì pomeriggio fu portato al cimitero. La sua tomba fu però violata e il cadavere sparì per sempre. Così finì la breve carriera di uno dei più coraggiosi desperado che siano mai vissuti.
Non fu mai trovato il suo nascondiglio, che per forza deve aver avuto da qualche parte, un posto sicuro dove mettere i soldi e gli oggetti di valore rapinati; probabilmente sono sepolti o nascosti nelle rocce da qualche parte nella zona.





Ecco alcuni dei suoi più audaci furti:

- 28 aprile 1877: la diligenza diretta a nord tra Socorro e Las Lunas sul Rio Grande fu derubata di tre lingotti e di una cassa d’argento;
- 27 settembre 1877: la diligenza California-Arizona, a 12 miglia a nord di Wickenburg, in Arizona, fu fermata; tra i passeggeri c’era E. G. Peck, proprietario di miniere e fondatore della città mineraria di Alexandra; la cassa espressa fu sfondata e i sacchi postali furono aperti; furono rubati 1.900 dollari, in contanti e polvere d'oro; sebbene il rapporto iniziale affermasse che fossero coinvolti due ladri, Brazelton risultò avere agito da solo.
- 28 maggio 1878: fu bloccata la diligenza di Silver City, nel New Mexico, nel Cook’s Canyon; tra i passeggeri c’erano il colonnello Willard e il suo addetto, il tenente Frank West del sesto Reggimento di Cavalleria e un agente di viaggio di nome Hathaway; fu sottratta la posta raccomandata, il vecchio orologio d’argento di Willard e i dollari prelevati dal conducente e da altri passeggeri.
- 31 luglio 1878: una diligenza viene rapinata a Point Mountain, a 18 miglia da Tucson, in Arizona; tra i passeggeri c’era l’editore di giornali John Clum; la cassa espressa vuota e due sacchetti postali che non contenevano nulla di valore furono gettati a terra; i passeggeri furono derubati dei loro dollari; tra gli oggetti presi c’era un pacchetto spedito contenente un paio di orecchini.
15 agosto 1878: una diligenza viene assalita a Point Mountain, a 18 miglia da Tucson, in Arizona.

Tex n. 546, aprile 2006. Disegno di Villa

Secondo l’affascinante libro Encyclopedia of Stage Robbery in Arizona c’erano state 129 rapine alle diligenza in Arizona tra il 1875 e il 1903. Undici si verificarono nella contea di Pima, tra cui due nei pressi dell’attuale Marana, rapine singole vicino Patagonia e l’attuale Green Valley, e una rapina alla diligenza Tucson-Quijotoa. Le rapine Marana nel 1878 furono tutte commesse da Bill Brazelton. La saga di Brazelton sembrava essere finita con la sua esecuzione, ma Bill non era ancora finito. Venti anni dopo la sua morte W. C. Davis di Tucson, secondo quanto riportato nel giornale "Evening News" di San Jose, parlò in questi termini del rapinatore di diligenze:

Gli Indiani e i Messicani, in particolare gli esponenti anziani di quest’ultimi, non passerebbero mai al calar della notte in un posto in cui è stata commessa una tragedia, o in un luogo che ha la reputazione di ospitare cose strane. C’è un posto non lontano da Tucson dove si dice che non passerebbero mai dopo il tramonto, anche se dovessero fare un miglio per aggirarlo. Quel posto è stato marcato da una tragedia con un hoodoo: si tratta di una forma tradizionale di magia popolare afro-americana praticata nelle Americhe, ma nata negli Stati Uniti; il praticante dello hoodoo è chiamato conjurer ("evocatore") o rootwoker ("praticante con le radici"); è una tradizione magica che si è sviluppata dal sincretismo di diverse culture, tradizioni e magia, e le correnti principali provengono dai grimori medievali, dalla saggezza indiana riguardo i poteri curativi delle erbe e dal voodoo haitiano. Il punto in cui il bandito di strada ha incontrato una tragica morte viene evitato di notte dagli Indiani e dai Messicani e anche ora alcuni dei vecchi, che ricordano quell'orribile vicenda, non passerebbero da quelle parti al buio e racconterebbero storie di un fantasma di un uomo in piedi sulla strada, proprio nel punto in cui Brazelton si fermò nella notte della sua morte...


Wilson Vieira

N.B. Trovate i link alle altre puntate della Storia del West su Cronologie & Index!

giovedì 14 novembre 2019

DIME WEB INTERVISTA FABIO FOLLA! (LE INTERVISTE LXXII)


A cura di Filippo Pieri

Fabio Folla con Cryx allo stand di Sbam! Comics (Lucca Comics and Games, ottobre/novembre 2019)


DIME WEB - Ciao Fabio e benvenuto su Dime Web! Definirti fumettista è sicuramente riduttivo visto che sei anche un illustratore, grafico e storyteller, nonché insegnante di Storia dell'Arte e Disegno, sperimentatore del web e libero pensatore per immagini. Insomma: chi è Fabio Folla?

FABIO FOLLA - Sono una persona guidata dalla propria curiosità e che trova entusiasmante aggirarsi nel territorio della narrazione disegnata perché mi sono nutrito, fin dalla più tenera età, di cultura delle immagini. Fumetti e cartoni animati che solo dopo Umberto Eco, la Milano Libri, "Orient Express", "Alter" e "Comic Art" sono diventati espressione culturale piena. Io sento che da lì ha avuto inizio una ricerca che continua tuttora. I miei studi hanno compreso Accademia di Belle Arti di Brera, Scuola del Fumetto e tante letture formative. In seguito ho lavorato come grafico, ancora al tempo dei floppy e i cd-rom e ho conosciuto il modo digitale. Dopo aver lavorato per più di 15 anni per il web per agenzie specializzate e come freelance sono diventato insegnante di ruolo. In tutto il mio percorso non sono mai andato troppo lontano dalla mia prima passione, il disegnare e il raccontare. Ho curato per 5 anni il blog a fumetti BLAF e quando ho incrociato la strada con lo Pseudostudio, coworking di Milano, ho trovato modo di ampliare l’esperienza con una pubblicazione ufficiale. Quando dico, sempre in tono semiserio, che sono un libero pensatore per immagini, faccio riferimento più che altro ad un anelare a… perché in definitiva non è che sia chiaro al 100 % cosa sia la libertà e anche cosa sia il pensare.

"Chi è Gomez": schizzo preparatorio e copertina definitiva

DW - Per realizzare il tuo ultimo libro pubblicato da Sbam! Libri, “Chi è Gomez?”, hai utilizzato una tecnica particolare, ovvero questo personaggio è disegnato interamente in vettoriale con Adobe flash. Ce ne puoi parlare?
FF - Come avrai capito, io vengo da una preparazione artistica analogica, fatta di ore e ore passate a copiare i classici. Oltre a questo però vivo nel presente e adopero gli strumenti che ci sono a disposizione oggi. Gli strumenti sono sicuramente parte del messaggio che si vuole dare e chi li usa deve farlo consapevole di questo. Ogni strumento ha la propria storia e dignità. Si insegna nelle scuole che il fumetto è fatto con pennelli e pennini, ma, in realtà, c’è chi usa la matita e basta, chi la biro come Mannelli, chi ha usato a livelli altissimi i pennarelli e i Pantone come Pazienza e chi le fotocopie.
Il disegno vettoriale nasce per essere usato in ambito tecnico; la sua estrema duttilità e precisione lo rendono perfetto per progettazioni grafiche architettoniche e impaginazione di editoriali. Un po’ come la fotografia degli albori, sembrava potesse essere solo uno strumento di registrazione della realtà (vedi Muybridge), ma così non è stato, così anche il vettoriale è esploso di creatività. Penso alle challenge di Corel Draw ad esempio. Io uso il vettoriale semplicemente perché l’ho usato per anni nella realizzazione di siti e animazioni e mi trovo a mio agio, mi permette estrema precisione quando mi serve e anche estrema libertà di segno grazie alla tavoletta grafica. Non ho avuto, per molto tempo, a mia disposizione uno studio dove poter disegnare su grandi formati e spennellare come mi sarebbe piaciuto. Avevo un portatile ed una tavoletta grafica.
A tutto questo aggiungiamo la mia naturale e granitica pigrizia che devo riuscire a superare con una potente motivazione. Quello che uso per motivarmi è il pensiero che sto facendo qualcosa di sperimentale e mai tentato prima, almeno che io sappia, e questo pensiero mi porta a realizzare progetti che abbiano almeno una parte di novità. Fare un fumetto completamente con il vettoriale non è così assurdo come sembra. Oggi molti professionisti adoperano Clip Studio Paint (che ha al suo interno un bel trattamento del vettoriale), io ho semplicemente reso visibile ed evidente questo fatto. Considero il disegno vettoriale l’incontro tra la matematica e l’arte ovvero tra il pensiero scientifico e quello umanistico e trovo questo incontro entusiasmante.

Chi è Gomez

DW - In generale ti trovi dunque più a tuo agio con il fumetto digitale o con gli strumenti tradizionali?
FF - Su questo argomento mi capita spesso di intavolare lunghe discussioni con amici e colleghi. Il tema è epocale. Siamo in un momento di mutazione delle forme di produzione artistica? Io lo vedo più come un ampliamento delle possibilità a disposizione del fumetto. Nel fumetto, come nell’arte moderna, hanno fatto il loro ingresso strumenti e tecniche avveniristiche, modellazione virtuale, stampa 3D, VR, realtà aumentata e video-mapping. Ogni volta che mi pongo la questione “digitale o analogico” mi torna in mente quell’aneddoto su Socrate per il quale scrivere sarebbe stato un palliativo o meglio un esperienza meno vera del dialogare e, quindi, non ha mai lasciato nulla di scritto. La verità, penso, è che nulla sostituisce veramente e completamente una cosa che c’era precedentemente. Noi oggi scriviamo, ma sappiamo che come esperienza è una cosa diversa che dialogare e per questo pretendiamo che esistano ancora le videochat. O anche, sì, abbiamo un automobile, ma non per questo rinunciamo completamente al piacere di una bella passeggiata nel parco. Abbiamo anche delle zone pedonali in centro città per goderci un’esperienza più a misura d’uomo. Allo stesso modo, ora che esiste la stampa 3D, c’è ancora chi preferisce lavorare il marmo scolpendolo a mano. Si tratta di una scelta; prima questa scelta non c’era, eravamo obbligati a fare una cosa nell’unico modo in cui poteva esser fatta. Oggi possiamo decidere quanto tempo ed energia dedicarvi. E scegliere la via più lunga e faticosa potrebbe, a volte dare più soddisfazione.
Quindi la risposta a questa domanda è: dipende da che tipo di esperienza voglio fare.
Dylan Dog visto da Folla

Addio Block


DW - All’ultima edizione di Mugello Comics hai presentato una tua autoproduzione “IMV” molto particolare: di che si tratta?
FF - Tengo molto a questo progetto: si tratta di un lavoro durato 5 anni. Ho deciso di ripartire dagli elementi fondamentali del fumetto, la suddivisione in 6 porzioni della pagina e, su questa base, cominciare un viaggio esplorativo con il semplice bianco e nero (netto, senza nemmeno le sfumature) che danzano in queste vignette quadrate per formare e trasformare immagini in astratti, geometrie ed elementi semi riconoscibili. Ho già deciso in principio che sarebbero state 200 pagine e, mentre all’inizio tutto ha un aspetto caotico, man mano che proseguivo, ho notato nascere tra le immagini delle relazioni. A volte puramente casuali altre, invece, ricercate. Così il libro si è come evoluto e trasformato sotto i miei cocchi fino ad arrivare ad una sua definizione. L’ho presentato ufficialmente a Mugello Comics, su invito dell’amico Mattia Sarti, e poi a Lucca 2019 (Borda! Fest). Sulle considerazioni nate realizzandolo, ho formulato molte meditazioni sul fumetto, lo trovo uno strumento valido anche per chi voglia conoscere la narrazione disegnata non solo attraverso manuali o saggi di semiologia, ma attraverso l’esperienza diretta del vedere crearsi, sotto ai propri occhi, una sequenza narrativa. Il libro passa da 4 fasi non nettamente suddivise che si sfumano una nell’altra. La prima fase è caratterizzata da un montaggio dadaista, citazionista, in stile blob. La seconda fase va a definire per ogni pagina un nucleo concettuale, nel contempo iniziano a notarsi relazioni di dialogo tra singole vignette e si intensificano. Nella terza fase prende il via una sequenza onirica surreale in cui ogni cosa influenza quelle successive. Ed, infine, nasce la vera storia con un protagonista e delle vicende specifiche. Tutto questo rispettando sempre lo stesso impaginato che si trasforma di senso, prima è una semplice suddivisione geometrica poi diventa sequenza temporale. La magia del fumetto. Le parole non sono presenti perché volevo concentrarmi su elementi più basici, ma alla fine c’è una poesia che mette in chiaro l’aspetto necessariamente interattivo che non è da sottintendere. Senza la volontà e la curiosità di un lettore, tutto il libro “è solo carta, è solo inchiostro”.

IMW autoproduzione

DW - C’è una cosa di cui avresti voluto parlare e che non ti abbiamo chiesto?
FF - Sto portando avanti diversi progetti in questo momento e mi piacerebbe parlarne ma non voglio mettere troppa carne al fuoco. Posso, invece, dire a chi ne vuol saperne i più, che può seguirmi sui social e sul mio sito.
Grazie Filippo e a presto.

a cura di Filippo Pieri
N.B. Trovate i link agli altri colloqui con gli autori su Interviste & News!