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martedì 8 gennaio 2019

DIME WEB INTERVISTA BERLINGHIERO BUONARROTI! (LE INTERVISTE LXIII)

a cura di Elio Marracci

Emozionatissimo, mi permetto un breve "cappello", prima di lasciare spazio all'intervista. Il nostro Elio, che non finirò mai di ringraziare, ha fatto anche stavolta un colpaccio, perché Berlinghiero Buonarroti è un artista di elevata caratura, anima per decenni della satira e della cultura fiorentina e nazionale - con riviste, libri e movimenti. Sono stato poi colpito personalmente dal ricordo di Graziano Braschi, uomo straordinario. L'ho conosciuto alla fine degli anni '80, grazie a una recensione che fece sul "Giornale" di Montanelli del mio "Collezionare Speciale Carl Barks" e da allora lo andai a trovare molto spesso al Viesseux di Firenze, in Piazza Strozzi, dove lavorava. Fu lui a consigliarmi di incontrare e di intervistarli (per "Horror" della Comic Art) i fratelli Gianluca e Giancarlo Castoldi, esperti di cinema splatter; e dei due divenni amico, soprattutto di Gianluca, che considero "uno di famiglia". Collaborai poi con Braschi alla prima antologia critica italiana su Stephen King. Quando scomparve fu per me un colpo tremendo... Berlinghiero Buonarroti lo fa rivivere qui, insieme al Gruppo Stanza, a "Ca Balà" e a mille altre suggestioni di una grande epoca rispetto alla quale gli anni attuali sono il nulla dipinto di nulla. (f.m)

Berlinghiero Buonarroti con una delle sue macchine "discombinatorie" (dal blog "Prìncipi & princìpi")


Berlinghiero Buonarroti nasce a Fiesole il 10 gennaio 1942. Dopo il diploma presso l’Istituto Statale d’Arte di Firenze, frequenta la facoltà di Filosofia dell’Università di Bologna. È stato uno dei fondatori del Gruppo Stanza, una cerchia di intellettuali attiva fra il 1967 e il 1970 a Compiobbi, in provincia di Firenze, in cui si è occupato della produzione di serigrafie artistiche e, nel 1971, ha partecipato alla nascita della rivista di umorismo grafico "Ca Balà", di cui è stato redattore e disegnatore satirico per dieci anni. Dal 1985 al 1991 ha lavorato come designer scientifico botanico presso l’Istituto di Fisiologia vegetale dell’Università di Firenze. Nel 1992 ha fondato l’Istituto di Anomalistica e delle Singolarità, per cui ha progettato e costruito prototipi di macchine combinatorie, in grado di comporre milioni di aforismi filosofici e definizioni poetiche. Insegnante in vari istituti professionali e tecnici, nel 2004 è docente di Percezione e comunicazione visiva presso la Facoltà di Architettura dell’ateneo fiorentino. È autore di molte pubblicazioni, quali Humour mon amour - Rassegna di umorismo grafico 1940-1982 (Firenze 1982), Atlante dell’ottica illusa, con Sergio Cencetti (Bologna 1989), Encyclopaedia Heterologica (Compiobbi 1998), C’era un panda, canzoni di Massimo Presciutti, serigrafie di Berlinghiero Buonarroti (Compiobbi 1987), Aga Magera Difura - Dizionario delle Lingue immaginarie, con Paolo Albani (Bologna 1994), Dictionnaire des Langues imaginaires, con Paolo Albani (Parigi 2001), Forse Queneau - Enciclopedia delle Scienze anomale, con Paolo Albani e Paolo Della Bella (Bologna, 1999). L'intellettuale toscano ha voluto rispondere ad alcune domande che gli ho posto. Quindi senza indugiare oltre lascio a lui la parola.





DIME WEB - Si può presentare? In due parole: chi è Berlinghiero Buonarroti?

BERLINGHIERO BUONARROTI - Sono un vecchio artista, nato nel 1942 a Fiesole. Mi considero “artista” nella seconda accezione del vocabolario della lingua italiana del Devoto-Oli, cioè “persona di temperamento gentile, gusti raffinati e particolarmente sensibile alla bellezza”. Aggiungerei “soprattutto eccezionalmente sensibile alla bruttezza e al grottesco”.


DW - Come si è sviluppata in lei la passione per il disegno e l'illustrazione?

BB - A diciassette anni, in occasione di una “forca” scolastica, frequentando la Biblioteca Nazionale, ho scoperto il libro che ha condizionato il mio gusto per il disegno umoristico. Si trattava de Il surrealismo di Marcel Jean, ed. Bompiani, 1959. Un libro che oltre a rivelarmi le magie di Max Ernst, René Magritte, Paul Klee, Picasso, Man Ray e Marcel Duchamp conteneva disegni grafico-umoristici di Maurice Henry, John Heartfield, Francis Picabia, Rude Goldberg, Georges Malkine, Clovis Trouille, Victor Brauner e i Cadavres Exquis. Era uno di quei libri che mi hanno cambiato la vita, insieme all’Antologia dell’humour nero di André Breton e a Letteratura, arte, libertà di Leone Trotsky (a cura di L. Maitan e T. Sauvage, ed. Schwarz, 1958).


Berlinghiero Buonarroti stampatore (dal sito "Narrando Fiesole")


DW - Quali studi ha fatto?

BB - Sono un autodidatta anche se sono diplomato presso l’Istituto d’Arte di Porta Romana a Firenze.


DW - Ha lavorato sia come disegnatore umoristico e grafico sia come designer scientifico. Quali analogie e quali differenze ha trovato tra questi due mondi?

BB - Il lavoro di disegnatore botanico, svolto presso l’Istituto di Fisiologia Vegetale dell’Università di Firenze, è sostanzialmente analogo a quello del disegnatore umoristico, nel senso che ambedue hanno come unico fine quello di ricercare l’imprevisto e “l’oro della vita”.

La redazione di Ca Balà (il Gruppo Stanza) nel 1971: Della Bella, Braschi e Buonarroti

DW - È stato uno dei fondatori del Gruppo Stanza, una cerchia di intellettuali attiva fra il 1967 e il 1970 a Compiobbi, che ha operato nell'ambito della vignetta umoristica, della satira politica, della serigrafia manuale e della fotografia artistica. Ci può parlare della genesi di questo gruppo e dei motivi che vi hanno spinto a dar vita a una realtà così particolare?


BB - Il seme del Gruppo Stanza lo si può ritrovare addirittura nel 1965 quando, su mia iniziativa, coadiuvato da Aroldo Marinai, nacque una rivista molto particolare che durerà ben 70 numeri. La pubblicazione aveva questi particolari: 1) non aveva un nome fisso ma ad ogni uscita si chiamava progressivamente “Uno”, “Due”, “Otto”, “Ventisei” ecc.; 2) Aveva una tiratura di una sola copia nel senso che riuniva i disegni originali nel formato A4, fatti ogni settimana da una cerchia di amici; 3) Sempre nel 1965 si unirono all’iniziativa anche Graziano Braschi e Paolo della Bella che, insieme al sottoscritto daranno vita sei anni dopo alla rivista "Ca Balà". L’attività del Gruppo Stanza è continuata con la pubblicazione del volume "Settantuno" stampato interamente in serigrafia nel 1968, in 284 colori e in tiratura numerata di 90 copie; una copia del volume d’artista si trova nella Biblioteca del Congresso di Washington. Mostre in gallerie di tutta Italia e cartelle di serigrafie escono in questo periodo con presentazioni di Umberto Eco, Mario De Micheli e Mario Spinella. Nel 1969 escono due numeri in 300 copie di due riviste “underground di umorismo grafico” stampate in serigrafia dal titolo "Settantadue" e "Settantatre". Nel 1970 esce il volume "Settantaquattro". Umorismo grafico del Gruppo Stanza con prefazione di Giambattista Vicari, direttore de "Il Caffè".


Il volume "Settantaquattro", 1970


DW - Nel 1971 ha partecipato alla nascita della rivista di umorismo grafico "Ca Balà". Come si svolgeva la vita in redazione?

BB - Nel deserto completo di iniziative satiriche nasce, nell’aprile 1971, l’innovativo mensile Ca Balà ad opera di Graziano Braschi, Berlinghiero Buonarroti e Paolo della Bella. Ne usciranno, fino al 1980, ben 50 numeri. La vita di redazione era molto semplice: un disegno veniva democraticamente pubblicato solo se riceveva la maggioranza dei voti fra i tre redattori. Questo ha permesso di salvaguardare il taglio voluto dalla redazione, ispirato alle esperienze francesi delle riviste "Bizarre" e "Hara Kiri" e poi di "Charlie Hebdo".


DW - Cosa pensa che abbiano lasciato questo tipo di pubblicazioni alle generazioni che sono venute?

BB - Sicuramente hanno aperto un cancello, in Italia, sui campi inesplorati dell’humour. Anche l’esperienza de "Il Male", a cui peraltro il gruppo di Ca Balà ha collaborato con disegni, è arrivata ben sei anni dopo nel 1977. E non si può dire che l’esperienza romana non abbia sbirciato all’iniziativa del mensile di Firenze, o meglio, di Compiobbi.



Qui e sopra: "Ca Balà" nn. 6 e 1 e un manifesto a favore del divorzio

DW - Il 13 ottobre scorso ricorrevano ormai tre anni dalla scomparsa di un gigante della cultura italiana che risponde al nome di Graziano Braschi. Lei che l'ha conosciuto da vicino può raccontarci un aneddoto su questo personaggio?

BB - Non voglio ricordare Graziano Braschi semplicemente con un aneddoto. Di Graziano preferisco conservarne, oltre che al ricordo, anche un suo disegno che mi ha donato con questa dedica: “A Berlinghiero per comuni destini”. Fra me e Graziano c’era, infatti, la stessa visione estetica e, in definitiva, una stessa comunità d’intenti. C’era il fascino sottile dell’anormale e del deforme che colpisce la fantasia; una sorta di avversione per la regola armonica che trovava “la comune visione del bello” nel puro arbitrio formale e inquietante, che portava inesorabilmente ad una indipendenza spirituale, libera e senza freni. Non è un caso che fra gli umoristi, sopra ogni altro, amavamo entrambi Gébé, il surreale autore francese del gruppo di "Hara Kiri".


DW - Il fatto che sia nato e vissuto nella periferia fiorentina, mi fornisce lo spunto per chiederle: in che misura, sempre che l'abbia fatto, questo ambiente ha influenzato la sua opera?

BB - Firenze e il fardello oneroso della sua cultura ha senz’altro influenzato la mia opera, nel senso che ho cercato sempre di starne alla larga. Sono fiorentino da almeno sette secoli, ma ho sempre avuto uggia nel sentire ripetere fino all’ossessione l’importanza del suo Rinascimento e la pretesa che Firenze abbia insegnato a vivere a tutto il mondo; in una parola, insofferenza per il becero fiorentinismo. L’essere nato e vissuto nella periferia fiorentina mi ha fortunatamente “salvato” e spinto soprattutto verso la cultura francese, quella che parte dalla Rivoluzione, a ritroso fino a Rabelais e da questa in avanti fino al Surrealismo.



Qui e sopra: opere di Berlinghiero Buonarroti



DW - Quanto di lei c’è nel suo lavoro? Quanto di quello che la circonda? Quanto d'inventato?

BB - Nel mio lavoro, niente di quello che mi circonda! Lo scrittore e drammaturgo francese Raymond Roussell, grande viaggiatore in terre lontane con la sua lussuosa roulotte, coprì notevoli distanze, per lui assolutamente irrilevanti, rispetto a quelle interiori. Per lui il viaggio importante era quello dell’immaginazione. Resterà fino all’ultimo il dispregiatore più accanito del viaggio reale. "A Pechino", dice Michel Leiris, "dopo una visita sommaria della città non uscirà più dalla sua stanza". Quando vide per la prima volta Tahiti, se ne restò per più giorni a scrivere nella sua cabina. Per lui bisognava che l’opera non contenesse alcun elemento reale, nessuna descrizione del mondo e del pensiero, ma solo combinazioni affatto immaginarie.


DW - Quali sono gli artisti che la ispirano?

BB - Soprattutto Max Ernst, Magritte, Saul Steinberg, Kubin, Paul Klee, Olivier O. Olivier, Roland Topor, Tomi Ungerer, Serafini, Reiser, Joseph Cornell, Chaval, Bosc, ma anche Hyeronimus Bosch.


DW - È un disegnatore metodico che lavora a orari stabiliti, oppure è uno di quelli che si alza di notte a disegnare perché le è venuta l’ispirazione?

BB - Non mi alzo la notte, perché dormo 7 ore di filata. Non sono neppure un disegnatore metodico. Disegno ogni tanto, quando ho qualche idea che valga la pena mettere su carta. Fanno bene quelli che si alzano di notte in preda all’ispirazione, perché le idee fuggono via.


Qui e sopra: opere di Berlinghiero Buonarroti



DW - Come si svolge la sua giornata tipo?

BB - Mi sveglio, mi alzo, mi lavo, mangio alle 13, mi viene spesso la sonnolenza nel pomeriggio, poi cena e a letto presto. Nei tempi morti, studio.


DW - Quali fonti usa per documentarsi?

BB - Fondamentale il Dizionario analogico e nomenclatore del Gabrielli. Poi il Grand Dictionnaire Universel di P. Larousse, una "wikipedia ante litteram". Inoltre il Vocabolario delle idee di Giulio Ponard e il Vocabolario Nomenclatore di Palmiro Premoli. Per quanto riguarda gli strumenti digitali: la Ricerca Libri Avanzata di Google Books, Google Immagini e Pinterest.


DW - Oltre ai libri che sicuramente userà per documentarsi, quali altre letture fa?

BB - Soprattutto l’Oeuvres complètes di André Breton in 4 volumi nell’ed. Gallimard. Inoltre le opere di alcuni autori di cultura francese: Alfred Jarry, Raymond Roussel, Lautréamont, Benjamin Péret, André Blavier, Raymond Queneau...


DW - Visto che nel corso della sua carriera si è occupato anche di satira, vorrei che spendesse due parole su questo argomento e sul rapporto che dovrebbe avere con la censura.

BB - Non amo Makkox né Zerocalcare, anche se autori che vanno per la maggiore. Addirittura, non mi piaceva affatto quello che è considerato un mito del disegno come Andra Pazienza. Di tutti e tre oserei azzardare un giudizio liquidatorio: bravi disegnatori ma idee poche! Personalmente amo il disegno d’humour, specialmente quello “senza parole”, obbligatoriamente legato ad un’idea, tanto che nel 1982 ho dato vita alla “Biblioteca-Archivio dell’umorismo” sotto l’emblematico nome di “Humour mon amour”, che raccoglie volumi dei migliori disegnatori umoristici del dopoguerra. La satira, secondo il mio parere, dovrebbe rifuggire dalla tecnica caricaturale e dovrebbe privilegiare argomenti che non vivano solo lo spazio di un mattino, ma che rimangano emblematici nei tempi dei tempi.
DW - Cosa trova interessante nel panorama artistico contemporaneo? E in quello grafico? E satirico?

BB - Seguo con grande interesse i movimenti che si rifanno al surrealismo: Fluxus, Situazionismo, Patafisica, OU.PEIN.PO (Ouvroir de Peinture Potentielle), Art Brut, i collagisti, gli autori di cinema di animazione. Non mi sembra ci sia niente di interessante nel campo della satira, con l’unica eccezione di Altan.


DW - Che consigli darebbe a chi si volesse affacciare al mondo del disegno, della satira e dell'illustrazione?

BB - Non mi permetto di dispensare consigli se non quello di studiare a fondo i maestri del disegno satirico-umoristico: Scalarini, Grosz, Ronald Searle, André François, Doré, Grandville, Daumier, i disegni dei folli e degli alienati mentali (i Fous Littéraires). E poi Mino Maccari, Leo Longanesi, Bruno Munari, Emanuele Luzzati, Jan Lenica.


Gli animatori di "Ca Balà" in un'immagine recente


DW - A cosa sta lavorando attualmente?

BB - Sto lavorando alla teoria dell’humour nero, a una storia della grafica del movimento surrealista e a un’antologia critica dei “Maestri dell’umorismo grafico contemporaneo” (dopo il secondo dopoguerra).


DW - C'è una domanda che non le è stata fatta alla quale vorrebbe rispondere?

BB - Perché il surrealismo (e non altri) è l’unico movimento che ha influenzato tutti i disegnatori che sono ritenuti universalmente interessanti? “La risposta è sospesa nel vento” come ebbe a dire un certo Bob Dylan...


a cura di Elio Marracci

N.B. Trovate i link agli altri colloqui con gli autori su Interviste & News!

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