a cura di Elio Marracci
Il commissario Ricciardi dal romanzo al fumetto: due chiacchiere con Claudio Falco
Claudio Falco è nato nel 1958 a Napoli, dove svolge la professione di medico presso l'ospedale Cardarelli. Dopo aver collaborato, all'inizio della sua carriera di sceneggiatore, alla rivista "Flex" e ad altre pubblicazioni della Tornado Press, entra in pianta stabile nello staff della serie "Dampyr" della Sergio Bonelli Editore per la quale ha scritto un gran numero di episodi. Fa inoltre parte della squadra di autori campani incaricata dallo stesso editore della trasposizione a fumetti dei romanzi di Maurizio De Giovanni che hanno per protagonista il commissario Luigi Alfredo Ricciardi. L'autore ha voluto rispondere ad alcune domande. Quindi senza indugiare oltre lascio a lui la parola! (e.m.)
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Il Commissario Ricciardo: Napoli, anni '30... |
DIME WEB - Ti puoi presentare? In due parole: chi è Claudio Falco?
CLAUDIO FALCO - Prima di tutto grazie a te, Elio, e a Dime Web per questa intervista. Allora… sono nato e vivo a Napoli e, oltre che sceneggiatore, da una decina d’anni ormai, per Sergio Bonelli Editore, sono medico nel più grande ospedale cittadino.
DW - Come molti che, al giorno d’oggi, si occupano di narrazione, la scrittura non rappresenta la tua occupazione principale. Riferendoti alla tua esperienza personale puoi raccontare come riesci a conciliare quest'hobby con il tuo lavoro?
CF - Dividersi tra due attività così diverse come la medicina e la scrittura non è affatto semplice e, in tutta sincerità, qualche volta la cosa mi crea un certo affanno, sai com’è, comincio ad avere una certa età… Anche perché quello di sceneggiatore è tutt’altro che un hobby. Lavorare per la Bonelli è una grande responsabilità, oltre che un onore. A mio avviso, se questa attività non la si affronta in maniera assolutamente professionale si arriverà, forse, a scrivere un albo, ma non si andrà molto più lontano. In tutta sincerità, dopo più di venti sceneggiature di Dampyr, cui negli ultimi due anni si è aggiunto l’impegno con Ricciardi, non so dire qual è il primo lavoro e quale il secondo. La cosa, come puoi immaginare, non mi lascia molto tempo libero, ma per fortuna mia moglie è una scrittrice, di quelle serie!, e quindi, quando mi vede con la testa “infilata” nel computer, capisce che il momento è critico e cristianamente sopporta.
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Il Commissario Ricciardi n. 0, aprile 2017. Disegno di Bigliardo |
DW - Fai parte del team di autori tutto campano coinvolto nella realizzazione della trasposizione a fumetti dei romanzi di Maurizio De Giovanni che hanno per protagonista il commissario Luigi Alfredo Ricciardi della regia questura di Napoli. Puoi raccontarci come si è evoluto il progetto dalle sue origini all'uscita del primo albo nelle edicole e nelle librerie e come sei stato coinvolto?
CF - Tutto è partito da Maurizio De Giovanni che, come ha raccontato lui stesso, è un appassionato lettore Bonelliano, oltre che amico di Luca Crovi, il curatore della serie. Tramite lui ha proposto il progetto a Davide Bonelli e al Direttore Editoriale Michele Masiero che hanno dato la disponibilità della casa Editrice. Maurizio ha chiesto che lo staff fosse interamente campano. Oltre a me, che ero già in forza alla Bonelli, sono stati arruolati come sceneggiatori Paolo Terracciano e Sergio Brancato. Costituita la “squadra”, con i disegnatori Daniele Bigliardo, Lucilla Stellato, Alessandro Nespolino e Luigi Siniscalchi e il gruppo di coloristi della Scuola Italiana di Comix diretta da Mario Punzo, coordinati da Giuseppe Boccia, è iniziato, di concerto con De Giovanni, il lavoro di pre-produzione, studi dei personaggi, sviluppo dei trattamenti e così via. Questa è stata la fase certamente più impegnativa, perché si trattava di impostare la serie partendo non da un personaggio originale, ma per la prima volta in casa Bonelli da uno già esistente e amatissimo da schiere di fan ognuno dei quali aveva in mente un “suo” Ricciardi.
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Romanzi a fumetti n. 1, novembre 2017. Disegno di Bigliardo |
DW - Sei ideatore sia di soggetti originali, apparsi sulla serie regolare di Dampyr, che degli adattamenti dei libri gialli del commissario Ricciardi. Quali differenze hai trovato nell'affrontare questi due diversi campi della scrittura per immagini? E quali analogie?
CF - Sono due cose molto diverse. Da un lato, rispetto a una storia di Dampyr, l’adattamento di un romanzo di Ricciardi ha il “vantaggio” di una trama preesistente e che ha già ampiamente dimostrato di funzionare più che bene. Dall’altro c’è la necessità di trasferire in un “medium” essenzialmente visivo come il fumetto, senza tradirle, le atmosfere dei romanzi. Il tutto tenendo presente in ogni momento che il punto d’arrivo deve essere un prodotto che porti impresso, ben riconoscibile, l’inconfondibile “marchio di fabbrica” Sergio Bonelli Editore. In comune, Dampyr e Ricciardi hanno il fatto che, tanto Boselli e Colombo che De Giovanni, hanno costruito intorno ai loro personaggi un “mondo” molto ben strutturato, con delle regole narrative, oserei dire una “grammatica”, ben precise. In questo, devo dire che l’esperienza con Harlan Draka e la scuola che, negli anni, mi ha fatto Mauro Boselli mi sono state di grande aiuto nell’affrontare Ricciardi.
DW - Ai lettori del volumetto “Il senso del dolore”, non sfuggirà una caratterizzazione della città di Napoli e dei personaggi estremamente accurata e precisa. Come hai proceduto par attuarla? Quali suggestioni hai ricevuto dai libri di De Giovanni?
CF - Si partiva da una base solidissima, rappresentata per l’appunto dai romanzi. Uno dei pregi della scrittura di De Giovanni consiste, a mio modo di vedere, nella capacità di trasportare fin dalla prima pagina il lettore nella Napoli degli anni ’30 e di non mollarlo fino alla fine. Certo l’essere napoletano mi ha aiutato, come anche i miei colleghi, credo.
Certe atmosfere si respirano ancora oggi, basta una passeggiata nel centro storico, a più di ottant’anni di distanza.
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Versione cartonata da libreria, ottobre 2017. Disegno di Bigliardo |
DW - Nel Ricciardi a fumetti molto peso ha la cornice storica e questo mi dà lo spunto per chiederti: perché pensi, sempre che per te sia così, che la storia sia una materia che di per sé non riscuote molto interesse da parte del grande pubblico?
CF - Io non credo che la storia non sia amata dal grande pubblico in quanto tale. Tutto dipende da come la si racconta. Se lo scrittore la “usa” come uno strumento per fare sfoggio di erudizione fine a se stessa, allora, certo, non funziona. Ma se diventa un mare nel quale far navigare storie e personaggi diventa un valore aggiunto capace di grande attrattiva verso il lettore. In questo senso direi che sia Dampyr che Ricciardi ne sono la prova.
DW - A quale dei personaggi che scrivi sei più legato e perché?
CF - Spero che l’ottimo Maurizio, al quale sono grato per la grande occasione di crescita professionale rappresentata da Ricciardi, non me ne voglia, ma non può che essere Harlan Draka. Ho iniziato a scrivere professionalmente con lui e se non fosse per Dampyr non sarei qui, oggi. Questo in generale, poi, se parliamo dei singoli personaggi delle due serie, quelli che senz’altro mi diverto di più a scrivere sono il tostissimo Kurjak per Dampyr e il paterno, ma non meno tosto, Brigadiere Maione per il commissario Ricciardi.
DW - Quali fonti hai usato per documentarti sul capoluogo campano degli anni '30?
CF - A casa ho una serie di volumi d’annata su Napoli e la sua storia, comprese alcune guide del Touring Club Italiano risalenti proprio agli anni ’30, la maggior parte dei quali rappresentano un prezioso ricordo di mio padre. Per la documentazione iconografica esistono poi un paio di siti internet molto curati che rappresentano una vera miniera d’oro e sono stati e sono di grande aiuto sia a me che ai miei compagni d’avventura.
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Claudio Falco, in una recente immagine pescata in Rete.
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DW - Oltre ai volumi che sicuramente userai come documentazione quali altre letture fai?
CF - Riguardo alle letture, faccio prima a dirti cosa NON leggo: niente! Spazio, a volte in maniera decisamente disordinata, da un genere all’altro e da un autore all’altro. Vado “a naso”.
DW - Da fumettista ormai affermato che consigli daresti a chi si volesse affacciare al mondo della sceneggiatura?
CF - Fumettista affermato? Io non mi ci sento affatto, ma se lo dici tu… Scherzi a parte, consigli, che dire? Prima di tutto sceglietevi degli autori di riferimento, quelli ai quali vorreste somigliare. Prendete le loro storie e studiatevele dalla prima all’ultima vignetta. Leggetele, rileggetele e poi leggetele ancora. Smontatele pezzo per pezzo, cercate di carpirne i segreti, i trucchi. E poi abbiate ben presente che questo, come tutti i lavori creativi del resto, è un lavoro difficile, nel quale è molto complicato riuscire a “farsi leggere” da un editor: io ci ho messo una vita! Non è questione di poca disponibilità, quasi mai almeno. Il problema è che tutti sono oberati di lavoro e con scadenze sempre troppo vicine. Semplicemente non c’è il tempo. Perciò, tenete duro, non mollate. Potrà volerci tempo, ma se le vostre storie funzionano davvero nessuno sarà tanto idiota da lasciarsele scappare.
DW - C'è una domanda che non ti è stata fatta alla quale vorresti rispondere?
CF - Non credo di avere altro da aggiungere a quanto ho potuto dire grazie alle tue “azzeccatissime“ domande. Solo, grazie ancora per la bella opportunità di parlare del mio lavoro che tu e Dime Web mi avete offerto e un caro saluto a voi e a tutti i lettori.
a cura di Elio Marracci
La bellezza di frequentare un mondo come quello del fumetto dove c'è gente che non se la tira è che non solo uno degli sceneggiatori di punta della nona arte italiana risponde alle domande di un perfetto sconosciuto, ma lo ringrazia anche di dargli un'opportunità per parlare del proprio lavoro...
RispondiEliminaVerissimo, Elio! Anche se non tutti sono come Claudio... Francesco
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