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sabato 25 febbraio 2017

DIME WEB INTERVISTA RICCARDO SECCHI (LE INTERVISTE XXXVIII)!

a cura di Francesco Manetti

Come forse avete qui letto, sono rimasto piacevolmente colpito dalla lettura dei Nathan Never 305 e 306 sceneggiati da Riccardo Secchi (classe 1962), e ho subito pensato di contattarlo per porgli sei delle mie ormai consuete "domande lampo", spunti di riflessione con i quali "torturo" gli intervistati nella mia veste di vice Frank Wool! Conosco Riccardo da decine di anni, da quando (a cavallo fra gli Ottanta e i Novanta) noi dello staff di "Collezionare" (il sottoscritto, con Burattini, Ceri e Monti) collaboravamo in massa a "Bhang", prestigiosa rivista-contenitore edita dalla milanese MBP di suo padre Luciano Secchi (alias Max Bunker, che viene qui ricordato). È stata questa dunque per me l'occasione non solo di ritrovare un vecchio amico, ma di incontrare per così dire professionalmente uno scrittore d'eccellenza! (f.m.)


Lo scrittore Riccardo Secchi!


DIME PRESS - Riccardo Secchi prima di Nathan Never e oltre Nathan Never

RICCARDO SECCHI - Prima di Nathan Never c’è Gabriel, la suora supereroina che vide luce nel 1994 per i disegni di Alessio Beccati. La prima miniserie la autoprodussi investendo i miei piccoli risparmi, e fu fortunata, anche solo per il fatto che mi permise di propormi professionalmente come autore. Mi fa molto piacere che l’Editoriale Cosmo abbia deciso di ristamparla in un unico volume (in edicola e fumetterie dal 16 marzo), credo sia un personaggio che ha ancora qualcosa da dire. 
Oltre a Nathan Never c’è molto altro, prima di tutto Topolino. Se Nathan Never è stato il personaggio che ha iniziato a darmi uno status come sceneggiatore, è altrettanto vero che scrivere Disney ha contribuito in modo determinante a stabilizzarlo. Oltre con l’inevitabile incontro da bambino con i personaggi Disney attraverso il settimanale Topolino e i vari cartoni, avevo letto parecchio Barks e Gottfredson da giovanotto (avevo le ristampe del Topolino d’Oro e la ristampa in bianco e nero di Barks, dell’Anafi mi pare) così quando ebbi la possibilità di proporre delle storie mi sentivo piuttosto tranquillo, per lo meno nelle basi. Non fu facile all’inizio, ricordo che ci misi un po’ a farmi accettare un soggetto. Quella disneyana è una specializzazione di scrittura particolare, che si sarebbe tentati di liquidare come semplice visto che nella percezione media è destinato a un pubblico molto giovane. Non è così, anzi. Il target nella realtà è molto allungato, e il tentativo è sempre di offrire storie stratificate, leggibili e divertenti per i lettori più piccoli, ma anche capaci di intrattenere e di avere significato per quelli più adulti.


Gabriel n. 0


Oltre c’è anche Dylan Dog, di cui la mia prima storia per la serie regolare è in imminente uscita (28 febbraio). Ho scritto anche un Old Boy e mi auguro che la mia collaborazione possa proseguire con altre storie.
Oltre Nathan Never c’è infine l’insegnamento. Da diverso tempo tengo corsi di scrittura e sceneggiatura, ho insegnato alla Scuola di Fumetto di Milano, poi alla Accademia Disney e da qualche anno tengo un corso sullo storytelling e i principi generali della narrazione per un numero ristretto di allievi (massimo 8 alla volta). Diversi di loro oggi sono professionisti della scrittura o lavorano come editor a vario livello, cosa che mi rende molto contento.


Dylan Dog n. 366, febbraio 2017: il primo della serie regolare sceneggiato da Riccardo Secchi
 

DP - Riccardo Secchi e Nathan Never

RS - Non l’ho mai nascosto, Nathan Never era l’unico personaggio Bonelli che seguivo con costanza come lettore. Ne ho sempre apprezzato la psicologia sfaccettata, complessa, contraddittoria, piuttosto insolita per una tradizione di fumetti d’avventura in cui i personaggi principali, e non solo, tendono a essere monolitici. È questo un aspetto sostanziale, che ha come conseguenza la possibilità di raccontare storie diverse, in cui il bene e il male sono sfumati, a volte indistinguibili anche per Nathan stesso. Si poteva cercare di proporre storie più realistiche, e quello del realismo, legato a un approfondimento psicologico dei personaggi, è da sempre un approccio narrativo che apprezzo, anche da semplice lettore o spettatore. 
Sono contento delle storie che ho realizzato, e ci tengo a ringraziare Antonio Serra, curatore storico della testata e colui che mi fece entrare in squadra, per avermi sempre dato piena libertà nella scrittura e per avere cercato di ricreare una situazione di lavoro adatta ad esprimersi in serenità. Lo ringrazio anche per avermi affidato storie importanti, legate alla continuity della serie, spesso relative al passato dei personaggi, cercando di valorizzare quindi le mie inclinazioni.


Nathan Never n. 81, febbraio 1998: il primo sceneggiato da Riccardo Secchi
 

DP - Riccardo Secchi e la fantascienza

RS - No, non sono un malato di fantascienza, non ho la casa piena di Urania, o gli hd pieni di film sf bizzarri e di ogni epoca. Per essere chiaro, non amo Star Wars, Star Trek, Spazio 1999… da ragazzino vedevo però UFO, la serie inglese. Ho fatto certamente i miei incontri significativi che sono quelli inevitabili forse: 2001 di Kubrick, Blade Runner, scritto da un degli sceneggiatori che preferisco, David Webb People, che tra l’altro ha sceneggiato The Unforgiven, uno dei miei film prediletti. Per la parte scritta e a sé stante soprattutto Dick e Gibson (quello dei racconti più che quello dei romanzi), ma ci metto anche Burroughs che ha influenzato i sopracitati non solo stilisticamente, Gibson soprattutto, ma anche come visione tragicamente distopica, almeno a livello psicologico/personale. Per questo ho apprezzato la serie inglese Black Mirror, che per altro contiene nel titolo ciò che trovo interessante nella fantascienza, cioè il fatto di raccontare il contemporaneo. L’ultimo film che ho apprezzato, trovandolo davvero di fantascienza in senso stretto, è stato Source Code di Duncan Jones, il figlio di David Bowie.


I racconti di Edgar Allan Paperoe (disegni di Libero Ermetti su testi di Riccardo Secchi) su Topolino 3155

Ciccio Never (disegni di Alessandro Perina su testi di Riccardo Secchi) su Topolino 3179


DP - Riccardo Secchi e le arti marziali

RS - Insomma, non sono certo un praticante rigoroso e continuo, e questo mi rende inevitabilmente un praticante modesto nei risultati, lo dico senza problemi. Continuo però la pratica, con i ritmi che la vita mi permette, anche perché ho avuto la fortuna di trovare una scuola davvero seria (a Milano, si chiama Kwoon Kung Fu) e un Maestro, Giuseppe Turturo, profondamente competente. Uno degli aspetti che mi piace, e che in buona parte ha ispirato la recente doppia storia di Nathan Never, è il concetto di insegnamento secondo la mentalità orientale. Vuoi imparare? Ti proponi al Maestro che non è detto che ti accetti e neppure che ti insegni tutto quello che sa. Ricordo che il mio Maestro ci raccontò che si ritiene che diverse tecniche si siano perse nel passaggio da un Maestro al suo successore, l’allievo prediletto, il prescelto cioè, perché il Maestro non lo riteneva capace di accoglierle. È un concetto che ne contiene tantissimi altri, legati a una visione di vita soprattutto, molto diversa dalla nostra concezione. In Occidente paghi perché il Maestro ti insegni ed è logico che tu pretenda che ti insegni quello che sa. Ma l’atteggiamento interno di chi vuole, cerca o ha bisogno di apprendere è molto diverso.

Il Nathan Never di Secchi: filosofia orientale, arti marziali, realismo e fantascienza in un mix perfetto (tavola tratta dal n. 306)
 
DP - Riccardo Secchi e il lavoro di sceneggiatore

RS - Non so che dire francamente. Ho imparato molto da molti. Da mio padre certamente, di cui da ragazzino lessi alcune sceneggiature di Alan Ford appena scritte. Mi ha sempre ricordato Barks nella pazza e selvaggia libertà creativa. Poi ho imparato, e imparo tuttora, da Antonio Serra, uno delle pochissime persone con cui ho lavorato in grado di darmi uno spunto, una prospettiva che non avevo visto. Poi lo scambio che ho tuttora con Daniele Brolli mi arricchisce e mi fa conoscere sempre cose nuove. Ho imparato tanto da Ezio Sisto, vicedirettore di Topolino, che vide in me un possibile autore Disney, quando io non lo avevo neanche pensato. E ho imparato molto dalla mia esperienza a Un Posto Al Sole. L’anno e mezzo in cui ci lavorai io l’Head Writer era Paolo Terraciano, che tra l’altro ora scrive anche per SBE, e ho imparato molto con lui non solo di scrittura televisiva ma di scrittura tout court. In genere c’è la tentazione di ironizzare sulla narrazione delle soap, ritenute banali ed elementari, invece non è così, a livello profondo i problemi di scrittura sono gli stessi della letteratura più alta ad esempio. Comunque va ricordato che per quanto mi riguarda, l’impulso a scrivere lo ebbi dopo aver letto il volume di Watchmen di Moore e Gibbons. Mi ha fatto capire in modo brusco che davvero a fumetti si poteva raccontare qualsiasi storia. Dopo una settimana incominciai a scrivere Gabriel.
Il tema è molto ampio, forse troppo per un risposta così, per ora mi limito a quanto sopra.



DP - Riccardo Secchi e il suo futuro

RS - Non ne ho la minima idea.



Il logo della soap opera italiana "Un posto al sole", grande successo RAI fin dal 1996, in vista della sua 5000a puntata!



a cura di Francesco Manetti


N.B. trovate i link agli altri colloqui con gli autori su Interviste & News!

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