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domenica 8 giugno 2014

JACOVITTI AL LAVORO! ANALISI DI UNA COPERTINA DI COCCO BILL, SULL'ONDA DEI RICORDI...

di Francesco Manetti
(con alcune precisazioni di Edgardo Colabelli)

Questo post è datato 8 giugno 2014, ma in realtà quella versione non esiste più! Dopo avere ricevuto il 16 giugno 2014 da Edgardo Colabelli - grande esperto di Lisca di Pesce e fondatore dello Jacovitti Club - un commento con alcune preziose e puntuali precisazioni ho deciso di integrarlo e correggerlo. (f.m.)
 Mentre stavo nuovamente consultando per documentarmi, in preparazione di un più corposo articolo, il prezioso libro Jacovitti - Sessant'anni di surrealismo a fumetti scritto da Bellacci, Boschi, Gori e Sani per i tipi della NPE nel 2010 (ne abbiamo parlato diffusamente su Dime Web in un post di fine 2012) mi sono imbattuto a pag. 159 nella riproduzione in bianco-e-nero della copertina del Corriere dei Piccoli n. 49 datato 7 dicembre 1969, una cover splendidamente dedicata a Cocco Bill e Occhio di Pollo.
Rivedere l'immagine pubblicata sul volume della NPE mi ha fatto precipitare nell'abisso della nostalgia e mi è venuto il ghiribizzo di procurarmi una copia dell'albo del 1969, che ancora non avevo; in pochi giorni, grazie alle meraviglie delle contrattazioni e delle vendite telematiche, mi è arrivata a casa una copia in uno stato di conservazione così buono (con tanto di inserti staccabili ancora presenti) che non sembrava risalire ai tempi del primo uomo sulla Luna, bensì a tre o quattro anni fa!


Il Corriere dei Piccoli n. 49, 7 dicembre 1969. Disegno di Jacovitti

La copertina del Corrierino come appare a pag. 159 del libro NPE

Perché parlavo di "nostalgia"? Presto detto.
Nel 1992, quando (insieme a Mauro Bruni) mi stavo occupando della mostra su Jacovitti per il Salone di Lucca, incontrai più volte il Maestro - sia nella sua abitazione principale di Roma, sia a Firenze, sia nella sua casa al mare, a Forte dei Marmi. Nella sua immensa generosità Jac volle regalarmi alcuni suoi ricordi, tra cui per l'appunto l'originale della copertina in questione - che conservo da allora sottovetro alla parete del mio studio come la più sacra delle reliquie - insieme alle memorie cerebrali di quegli indimenticabili incontri! Posso affermare senza tema di smentite che di uomini del calibro (artistico, morale, umano) di Benito Jacovitti il Signore Iddio ha gettato via lo stampo ormai da decenni...


L'originale della copertina (fronte) fotografato nel mio studio

Andiamo ora ad analizzare questa copertina perché ci sono alcuni gustosi dettagli e altre curiosità che nella versione stampata - ovviamente - vengono taciuti.

Innanzitutto, osservando la parte alta della tavola originale si nota un grezzo "buco" rettangolare, ritagliato alla meno peggio nella carta! Tranquilli, non sono impazzito come certi sfregiatori di quadri o martellatori di statue con le gesta dei quali ogni tanto si riempiono le colonne di cronaca nera! Quel ritaglio veniva fatto (chissà dove da chissà chi, in tipografia, in redazione...) per creare una sorta di "maniglia da trasporto", come una borsa per la spesa: la storia intera era lunga decine di pagine e tutte le tavole impilate e magari di più storie messe insieme potevano pesare anche un bel po', essendo carta Fabriano in cotone 100% con dimensioni di cm 32x45,5. Immaginatevi dunque di vedere un fattorino girare per gli uffici e per gli ambienti delle rotative con questi "parallelepipedi jacovitteschi" ben saldi nella sua mano destra, grazie all'improvvisata maniglia: in questo modo non si piegavano e nemmeno si sgualcivano. Il foro poteva infine servire anche per agganciare la tavola su supporti metallici, in attesa per la riproduzione.
Quanta artigianalità, ora perduta per sempre!
Ma Colabelli mi scrive dicendo: La tesi del buco per la maniglia è la prima volta che la sento e, possedendo molte tavole originali di Jac, è la prima volta che la vedo quindi io giustificherei il buco con l'asportazione di una scritta (magari il riferimento alla storia che doveva rappresentare come copertina). In realtà l'informazione della "maniglia" viene dallo stesso Jacovitti - e io l'ho sempre presa per buona! Non mi è mai sembrata un'idea particolarmente campata in aria... Ma la spiegazione che suggerisce Edgardo è sicuramente più logica e semplice, e dunque più plausibile, in piena ottemperanza alla filosofia del Rasoio di Occam!


L'originale della copertina (fronte) fotografato nel mio studio... improvvisamente diventa a colori!

Come per magia, mettendo per esempio la tavola originale contro il vetro di una finestra o comunque controluce, appare il colore! I colori sono infatti stesi sul retro. Questo, nella spiegazione che mi diede lo stesso Lisca di Pesce a Roma nel '92, serviva per migliorare la qualità della stampa a colori: in tal modo i colori non si "impastavano" con il nero. Venivano fatte le tre pellicole per il colore, usando il retro, e la pellicola del nero, sfruttando il davanti. Per ottenere questo risultato Jac - e gli altri grandi autori della sua generazione (pensiamo a Battaglia e ai colori stesi dalla moglie Laura) - prima eseguiva il disegno a china e poi ribaltava il foglio su un tavolo luminoso inclinato e dava i colori. Dunque, questa tavola originale è stata "disegnata" da Jacovitti fronte/retro, due volte!
Però Edgardo precisa che Jac non colorava quasi mai le sue opere ma si affidava al fido colorista Alfonso Castellari con il quale aveva un codice numerico (che si vede anche negli ingrandimenti pubblicati, ad esempio il 6 sul cappello di Cocco Bill, l'1 sulla fascia di Occhio di Pollo e l'11 sulla fionda) e quindi non utilizzava il tavolo luminoso. Addirittura le poche volte che doveva colorare i disegni lo faceva tenendo la tavola controluce alla finestra con la mano sinistra e con il destro colorava a pennello!! Ci sembra che la spiegazione calzi a... pennello! Soprattutto sapendo dove Jac lavorava, sul semplicissimo tavolino che si vede in tante foto sulla Rete. E' dunque facilissimo immaginarlo a colorare usando semplicemente la luce di Roma che filtrava dal vetro della sua stanza! A me - ma può darsi che sia un ricordo "indotto" e appannato dal tempo - par di ricordare però che Jacovitti, e parlo del 1992/1993, avesse davvero un piccolo tavolo luminoso nel suo studio/salotto romano, vicino alla finestra... Anche Ned Bajalica, che fu stretto collaboratore di Jac, mi conferma la non esistenza di un tavolo luminoso nella stanza di lavoro di Lisca di Pesce... Anche qui, dunque, la precisazione di Edgardo colma una bella lacuna!

In alto si vede netto il timbro Piccoli N° 49 - 1969 e una scritta a lapis: Attenzione! Aumentare il fondino per refilo.


Il particolare del timbro redazionale che certifica senza ombra di dubbio la destinazione editoriale della tavola in questione: il Corriere dei Piccoli n. 49 del 1969 (7 dicembre).


Il solo colore steso sul retro crea un effetto straniante, quasi da pittura astratta, se mettiamo la tavola ribaltata su un fondo opaco - senza essere retroilluminata.
La tavola ribaltata vista come la vedeva Jac sul tavolo luminoso una volta ultimata. Appare una strana scritta...

La storia di Cocco Bill che iniziava in quel numero dicembrino del Corrierino si intitolava Occhio di Pollo e... i polli con l'occhio e vedeva come protagonista - oltre al celebre cowboy che pubblicò anche Bonelli - l'indianino "Ciriuacchio" Occhio di Pollo e Tex Revolver (che forse, non solo per il nome ma anche per i colori del suo abbigliamento, era una parodia di Tex Willer).


Tex Revolver, Cocco Bill e Occhio di Pollo: i tre protagonisti della storia di Jac.

Come abbiamo visto nelle immagini precedenti, mettendo la tavola - ribaltata oppure no - in controluce appare una strana scritta che non vediamo nella versione stampata: Cocco-ugh!
Sulla copertina stampata c'è infatti una sorta di rebus, che va letto ovviamente Occhio di Pollo. Il cartello cassato con la scritta Cocco-ugh! faceva riferimento a uno dei tanti segnali di avviso con i quali i Ciriuacchi avevano delimitato il loro territorio - tavole di legno su paletto che spuntano in ogni dove nella storia, con i loro spassosissimi messaggi. Jacovitti avrà però avuto un ripensamento, decidendo di dare più risalto al nome del co-protagonista pellerossa dell'avventura; e questo "cambio di rotta" grafico fornì al maestro anche l'occasione di scherzare con i lettori, grazie al buffo enigma!


Particolare della scritta "eliminata" Cocco-ugh! che - in straordinari carratteri western - riemerge in maniera ottimale ribaltando la tavola e mettendola in controluce.

Per coprire la scritta da eliminare l'Artista vi ha prima incollato un ritaglio di cartoncino con la nuova dicitura Attenzione! di. Poi ha ritagliato e sagomato un secondo cartoncino, andando intorno al "di", dove vi ha disegnato l'occhio a sinistra e il pollo guercio a destra! Un lavoro da certosino! Unica differenza rispetto al resto dell'immagine è che queste nuove aggiunte non sono state colorate sul retro e dunque - forse - i colori che vediamo sulla copertina del Corrierino sono stati aggiunti in sede tipografica.
Sentiamo però l'opinione di Colabelli: credo che la copertina era stata preparata da Jacovitti per un'altra storia (Cocco-Ugh! uscita alcuni numeri prima sul CdP) ma poi riutilizzata dalla redazione del Corriere dei Piccoli per la storia di Occhio di Pollo; infatti Jacovitti non amava fare correzioni ai suoi disegni e sia i caratteri utilizzati, la grafica dell'occhio ed il pollo visibilmente copiato mi fanno avvalorare questa tesi. E infatti sul Corriere dei Piccoli n. 35 del 31 agosto 1969 apparve proprio l'avventura citata da Edgardo. Dunque, di nuovo, anche questa spiegazione ha sicuramente un grado maggiore di validità, anche laddove analizza con occhio (non di pollo!) migliore del mio le differenze stilistiche fra l'aggiunta e il resto dell'opera.


Particolare della scritta coperta con il rebus: si notano bene i due ritagli di cartoncino incollati uno sull'altro.

La tavola originale che qui abbiamo riprodotto ci permette anche di osservare una piccolissima parte del disegno che non si vede sulla copertina stampata, ovvero una fetta della penna che Occhio di Pollo sfoggia in testa! Infatti quel settore è stato coperto in fase di stampa con lo stemma FISI del 6° Campionato Italiano Juvenes / 8° Gran Premio Corriere dei Piccoli - Plasmon per giovani sciatori.


Particolare dello stemma FISI (Federazione Italiana Sport Invernali) che copre una sezione della penna di Occhio di Pollo.



Passiamo ora ad altri particolari, che ci permettono di evidenziare il peculiare stile grafico di Jacovitti. Quando ci recammo nella sua casa romana nel 1992 fummo sorpresi di vedere la base sulla quale Jac esercitava la sua arte: un piccolissimo tavolino di legno pieno zeppo degli strumenti del suo mestiere. Come ci raccontò, negli anni passati (e dunque anche nel periodo in cui fu realizzata la tavola per il Corrierino che stiamo analizzando) non usava nemmeno le matite. Disegnava direttamente a china sulla tavola! La sua "matita" era infatti il ripassare più volte con la china sulla linea, sul contorno, sulla curva, etc. fino a ottenere il risultato desiderato e definitivo. Credo di non avere notizia di nessun altro fumettista al mondo che abbia lavorato in questa maniera - con tale estrema sicurezza e padronanza del tratto. E lo strumento con il quale il grande Benito dava le chine era un pennino dalla punta spezzata! Da qui il tratto "graffiato", ricco di zone nere e di zone senza inchiostro, inequivocabile "marchio di fabbrica" di Jacovitti. Le ombre sono invece acquarellate a pennello.


Dalla tavola originale: particolare di Occhio di Pollo. Si vede con grande evidenza il tratto "graffiato" di Jac, ottenuto ripassando più volte il suo pennino a china spuntato sulla tavola! Osserviamo, per es., i capezzoli dell'indianino: la versione definitiva, più marcata, convive con un primo tratto iniziale curvo, abbozzato, "scartato" e poi coperto sul retro dal colore! Inoltre vediamo anche il numero "11" di cui parla Colabelli più sopra!

Il gusto jacovittesco per il particolare d'impronta surrealista. Un ragno dalle caratteristiche antropomorfe pende dalla tesa dello Stenton di Cocco Bill, lasciando cadere non si sa che cosa nella camomilla del cowboy. Vediamo ancora il classico tratto graffiato e le ombre acquarellate. E notiamo il numero "6" di cui parlava Edgardo!

La firma di Jacovitti ha una storia singolare, un vero e proprio aneddoto. Quanto l'artista termolese era più giovane, vista la sua alta ed esile figura, era stato soprannominato dagli amici Lisca di Pesce. E scherzosamente iniziò a firmarsi con una sottile lisca di pesce stilizzata. Quando nel dopoguerra la sua corporatura si irrobustì - come mi raccontò - decise di far ingrassare di conseguenza anche la sua firma, che divenne quella bella gommosa che tuti conosciamo!

La lisca di pesce "secca" in una vignetta di Chicchirichi del 1944.

Originale della copertina del Corrierino vista in controluce. Particolare della firma di Jacovitti, con la paffuta lisca di pesce.

In chiusura volevo ringraziare Ned Bajalica, collaboratore di Jacovitti nell'ultima fase della carriera del Maestro, per alcuni consigli e incoraggiamenti a monte di questo intervento. Consiglio a tutti di dare un'occhiata al suo bel blog On the Roofs!

E naturalmente grazie a Edgardo Colabelli per le sue indispensabili correzioni!


Francesco Manetti


N.B. trovate i link agli altri interventi extrabonelliani (e dunque anche a quelli su Jac) sulla rinnovata pagina Cronologie e index!

5 commenti:

  1. Articolo bellissimo Francesco... molto dettagliato e pieno di curiosità... :)
    BRAVO!!

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  2. Eccezionale, Francesco!

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  3. Ringrazio Edgardo Colabelli per il suo puntuale commento a questo articolo ricco di preziose precisazioni! Quel commento mi è sembrato talmente importante che ho deciso di integrarlo nel testo dell'articolo stesso!

    Francesco Manetti

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