sabato 24 dicembre 2016

MISTERI DISNEYANI NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI WALT DISNEY (III parte - From the Vault 5): WALT & BEN

di Francesco Manetti 

Seppur in versioni sempre differenti, nella sostanza dell'argomento questo articolo è originariamente apparso online su “EreticaMente” nel 2014; è stato poi ripreso (molto ridotto) sul n. 10 della rivista “Antarès” (Bietti, 2015) e sul volume “Antarès 2011-2016” (Bietti, 2016); in formato "lungo" è infine apparso anche sul sito "Giornale Pop" nel novembre 2016. Terminano così su Dime Web le commemorazioni per il cinquantenario della morte di Walt Disney. Dopo aver tratteggiato un veloce affresco sul “fascino del misterioso” nel fumetto disneyano internazionale, e aver visto Disney costretto a indossare gli improbabili panni del Principe Nero di Hollywood, proviamo adesso a far luce su un “mistero disneyano” che riguarda da vicino noi Italiani. È una storia in chiaroscuro, ambientata qualche decennio fa, quando lo Stivale portava la camicia nera... (f.m.)




If n. 4 (Epierre, ottobre 1995)

Romano Mussolini e i fumetti

Nel 1935 Walt Disney fece un viaggio – turistico e soprattutto commerciale - in Europa, incontrandosi nei vari Paesi che toccava con gli editori e i produttori cinematografici locali delle sue creazioni. Il grande autore americano venne anche in Italia, per definire il passaggio dei diritti di stampa dei suoi personaggi – Topolino, Paperino e gli altri - dal fiorentino Nerbini al milanese Mondadori. Ben noti erano i suoi contatti con Edda e Galeazzo Ciano, anche perché immortalati su pellicola fotografica e nei cinegiornali LUCE, oggi facilmente accessibili grazie all'archivio online dell'Istituto... Sorgono subito però alcuni interrogativi. Walt si incontrò anche con il Duce? E perché, in caso di risposta affermativa, avrebbe dovuto farlo? Che interesse poteva infatti avere Benito Mussolini per la produzione disneyana? Inoltre, quando nel 1938 – su impulso di Filippo Tommaso Marinetti - si trattò di favorire il fumetto italiano a discapito della produzione americana, è vero che il Duce si raccomandò personalmente con i vertici del Ministero della Cultura Popolare di non toccare il celebre topo disneyano?


Romano Mussolini, fotografato a casa propria nel 1995, con la sua collezione fumettistica (da "If" n. 4)


Il punto di partenza per addentrarci in questi “segreti” italo-disneyani è un'intervista che Romano Mussolini rilasciò alla rivista “If” pubblicata dalla Epierre – sul n. 4 uscito nell'ottobre del 1995. “If”, storica tribuna cartacea d'informazione fumettistica, era stata rinnovata nel novembre del 1994 grazie alla sinergia fra due gruppi di appassionati di “letteratura disegnata” che si muovevano nell'ambiente fiorentino fin dagli anni '70 e '80 – il GAF, editore di “Exploit Comics”, e il Club del Collezionista, che pubblicava la fanzine “Collezionare”; le due redazioni si “fusero” per dar vita a “If” (e il sottoscritto, proveniente dai ranghi di “Collezionare”, fu orgoglioso di partecipare attivamente, come redattore, al progetto). Il giornalista ed esperto del settore Francesco De Giacomo si incontrò dunque con il figlio del Duce, registrando una videocassetta dell'importantissimo colloquio e facendo controfirmare al prestigioso intervistato, come approvazione e nulla-osta, la trascrizione cartacea della conversazione (tragicamente questa VHS e queste carte furono oggetto di un singolare e inquietante furto avvenuto in casa di De Giacomo nel maggio del 2012 - come si può leggere un po' dovunque in Rete – ma tale triste fatto di cronaca nera non ha niente a che vedere con il nostro racconto).


Guido Ventura, alias Brick Bradford

Leggendo l'intervista (e la lunga introduzione) vengono fuori numerose curiosità inedite e clamorose notizie, a partire dal nome stesso di Guido Mussolini (figlio di Vittorio e primo nipote del Duce, nato nel 1937 e deceduto nel 2012): non deriverebbe, come tramandava fino ad allora l'ufficialità, da un omaggio alla memoria del generale Alessandro Guidoni, ma sarebbe stato suggerito al fratello maggiore dal giovanissimo Romano, che all'epoca aveva 10 anni, pensando a Guido Ventura – ovvero al nome italiano di Brick Bradford, le cui avventure venivano pubblicate con immenso successo di pubblico in tutte le fasce d'età sul periodico per ragazzi “L'Avventuroso” lanciato da Nerbini nel 1934. Si trattava, Guido Ventura (o Brick Bradford che dir si voglia), di un pregevole fumetto americano di fantascienza, creato nel 1933 dallo sceneggiatore William Ritt e dal disegnatore Clarence Gray; negli Stati Uniti veniva distribuito sui vari giornali dal King Features Syndicate (con strisce giornaliere in bianco-e-nero e tavole domenicali a colori); il fumetto andò avanti fino al 1987 grazie al successore artistico dei creatori, Phil Norris.


Topolino n. 331 (1939), dove apparve il disegno di Anna Maria Mussolini

L'amore per il comic internazionale nutrito dalla famiglia Mussolini (che almeno in ciò non si differenziava da una “normale” famiglia italiana con prole), si sarebbe indirizzato soprattutto verso l'avventura classica e i prodotti disneyani. Come afferma infatti lo stesso Romano Mussolini nell'intervista a “If”, fra i suoi fumetti preferiti c'erano al primo posto Mickey Mouse e poi i grandi eroi dell'azione e dell'umorismo - come Mandrake, Cino & Franco, l'Uomo Mascherato, Flash Gordon e Braccio di Ferro – con una predilezione editoriale per i settimanali “L'Avventuroso” e “Topolino”. Il giovane Romano richiese e ricevette nel 1936 la tessera di “Amico di Topolino” e nel 1938 la sorella Anna Maria (nata nel 1929 e morta nel 1968) inviò un disegno (Casa di campagna) al periodico, che lo pubblicò sul n. 331 del 1939, ovviamente con grande risalto e parole d'elogio, nella pagina riservata agli “Artisti di Topolino”.

Una vecchia tessera del club "Gli Amici di Topolino"




Il primo cortometraggio distribuito di Mickey Mouse: Steamboat Willie (1928)


Mickey Mouse era nato nel 1928 come personaggio dei cartoni animati, un parto della fantasia che fu immediatamente acclamato da spettatori di tutte le età in tutto il globo: Walt Disney (co-creatore del topo insieme al disegnatore Ub Iwerks, suo sodale nelle precedenti esperienze d'animazione, come Oswald e Alice) aveva avuto l'intuizione di sfruttare appieno per il suo nuovo cartone le potenzialità del sonoro in sincrono, che per l'epoca era una novità assoluta in cinematografia, essendo stato inventato solo un paio di anni prima. Il pupazzo disneyano (un uomo con la maschera del topo, più che un animale antropomorfo, e dunque solo in parte derivato dalla tradizione favolistica di Fedro, Esopo e La Fontaine), dai tratti tutto sommato neutri, poteva infine permettere a ogni spettatore di identificarsi in esso. La fortuna di Topolino fece sì che i Disney Studios decidessero di varare anche una produzione parallela a fumetti, nel 1930, ingranando subito al massimo, grazie alle eccezionali doti del disegnatore Floyd Gottfredson e al sapiente mix di avventura, giallo e umorismo presenti nelle strisce.

Topolino "giornale" n 1 (Nerbini, 31 dicembre 1932)


Nerbini ottenne i diritti per l'Italia di Mickey Mouse e pubblicò il materiale americano sul suo settimanale “Topolino” dalla fine del 1932 al 1935, quando la Disney (dopo circa un anno di trattative) optò per il passaggio di concessione alla Mondadori; la casa milanese avrebbe mantenuto i diritti per oltre mezzo secolo, fino al 1988; solo nel 2013, dopo 25 anni di gestione diretta Disney, il celeberrimo albo sarebbe tornato in mani italiane, per i tipi della Panini, marchio universalmente noto per le raccolte di figurine (del resto era logico che avvenisse questa transizione editoriale, in quanto la Panini pubblica in Italia i prodotti della Marvel, la ditta fondata da Stan Lee che è stata acquistata dalla Disney). A partire dagli anni Trenta sarà l'Italia il maggior produttore mondiale di fumetto disneyano, impiegando fin dall'inizio uno stuolo di sceneggiatori e disegnatori autoctoni; con gli anni Sessanta la scuola dei Disney Italiani (con i nomi di Carpi, Scarpa, Bottaro, Chendi, Cavazzano, etc.) si sarebbe imposta nel Mondo, con modi di narrare del tutto originali.


Il 2 ottobre 2013 si chiude un ciclo iniziato 71 anni prima a Firenze: il settimanale Topolino passa alla Panini con il n. 3019
 

Un Topolino a Villa Torlonia

E veniamo ora a un passo cruciale, che ha suscitato negli anni dibattiti e prese di posizione. Nel colloquio con De Giacomo il figlio del Duce dice testualmente, riferendosi a momenti di vita vissuta in ambito familiare:

Walt Disney ha rappresentato un perfetto anello di congiunzione tra mondo cinematografico e mondo dei fumetti. Durante una sua visita in Italia venne ricevuto da mio padre e in quell'occasione regalò a me e ad Anna Maria un enorme Topolino di legno. Si trattava di un Topolino alto come me. Lo abbiamo tenuto sempre in casa. Poi, come altre cose, ci è stato portato via. Eravamo molto affezionati a questo oggetto, che tuttora rimpiango. Avevamo una sala adibita a studio per me e per Anna Maria, nella quale tenevamo anche i giocattoli. Questo Topolino troneggiava in mezzo a tante altre cose. Nel pomeriggio, dopo essere stato ricevuto a Palazzo Venezia, Disney venne anche a Villa Torlonia. Era l'estate del 1935. Si parlò naturalmente di Topolino, di Minnie e di Paperino, che cominciava ad affacciarsi e che sarebbe divenuto uno dei miei beniamini. Ci si informò dei film e delle prossime avventure. Fu un incontro simpaticissimo e cordialissimo. Mi sembra che anche mia madre parlò con l'autore di Topolino. Non so però in quale lingua, perché la mamma conosceva solo l'italiano e il romagnolo. Avrà parlato con Disney... in romagnolo!


Il libro di Ghez (Theme Park Press, 2014)
 
Disney a Londra nel giugno del 1935, durante il tour europeo


La visita nel Vecchio Continente, come abbiamo accennato sopra, avvenne veramente ed ebbe una grande risonanza su tutti i mezzi di comunicazione. Nel 2014 è uscito con l'etichetta Theme Park Press un prezioso libro intitolato Disney's Grand Tour – Walt and Roy's European Vacation – Summer 1935; lo ha scritto il super-esperto Didier Ghez, che abbiamo anche personalmente conosciuto anni fa, potendone apprezzare in diretta la professionalità e la correttezza storiografica, ed è da questo volume che abbiamo attinto molte delle notizie che seguono, integrandole con altre fonti (da alcune “classiche” fino al documentario, datato sempre 2014, Walt Disney e l’Italia – Una storia d’amore, scritto e diretto da Marco Spagnoli). Apprendiamo così che Walt Disney viaggiava insieme alla moglie Lillian e al fratello Roy, a sua volta accompagnato dalla consorte Edna. Il gruppo partì nel giugno del 1935 da New York, imbarcandosi sulla lussuosa nave passeggeri francese Normandie; i Disney toccarono il Regno Unito, la Francia, la Germania, l'Austria, la Svizzera e l'Italia, e, salpando da Genova, tornarono in America il 1° agosto, dopo aver riattraversato l'oceano a bordo del nostro transatlantico Rex! 




La serata di gala romana in onore di Disney del luglio 1935 in un cinegornale Luce

 
Ci fu a Roma, presso il Cinema Barberini, una serata di gala in onore del prestigioso ospite americano, che era stato ricevuto alla Stazione da Luigi Freddi, all'epoca a capo della Direzione Generale della Cinematografia e futuro fondatore di Cinecittà (nel 1937). La sala del Barberini era tutta addobbata con le immagini dei celebri personaggi della Casa delle Idee (insieme a scritte un po' pompose, come Roma saluta il poeta del cinematografo). Sullo schermo passarono alcuni dei più spassosi cortometraggi targati Disney. Gli Archivi Storici dell'Istituto LUCE (fondato da Mussolini nel 1924) conservano un breve filmato dell'evento in cui vediamo Walt e Lillian Disney accompagnati da Galeazzo Ciano (Ministro per la Stampa e la Propaganda) e dalla Contessa Edda Ciano Mussolini; come abbiamo sopra accennato, lo spezzone (codice B0718) è oggi facilmente rintracciabile in Rete, nel sito dell'Istituto LUCE oppure su YouTube.


I Disney a Roma con Luigi Freddi

Disney al Barberini di Roma


Il quotidiano torinese “La Stampa” dipinse così - in termini oltremodo entusiastici, parlando di Disney come di un “benefattore dell'umanità” - l'evento mondano del 19 luglio 1935: Al cinema romano Barberini si è tenuta una serata di gala in onore di Walt. Dopo la proiezione dell'anteprima italiana del film USA We Live Again (ovvero Resurrezione, del 1934 – ndr), con Anna Sten, diretto da Robert Mamoulian, gli onorevoli ospiti hanno riso di gusto assistendo a tre cortometraggi animati disneyani: Mickey Plays Papa, Mickey's Man Friday e The Goddess of Spring (quest'ultima è una “Silly Symphony” – ndr), arrivati in volo da Londra proprio per l'occasione. Il pubblico cinematografico italiano ha dimostrato un grande sentimento di amicizia verso questo benefattore dell'umanità, come spesso viene definito.


La stretta di mano fra il Duce e Disney: realtà o fantasia?

Veniamo ora al cuore del discorso, al punto che più incuriosisce e interessa. L'incontro fra Walt e Benito, realmente in agenda da mesi, avvenne davvero oppure no? Ci sono tante prove e tanti indizi a favore... Innanzitutto abbiamo il ricordo di Romano, sopra riportato, vivido e inequivocabile. Esiste poi la copia di una foto ufficiale del Duce, catalogata e conservata negli immensi Archivi della WDC, autografata con dedica a Disney. Il ritratto fu eseguito a Roma dalla fotografa ungherese Ghitta Carell nel 1934 e la scritta vergata a mano dal Duce recita, parte in italiano e parte in inglese: A Walt Disney, with cordial regards and compliments. Roma, 21 luglio 1935 – XIII. Mussolini. Anche Disney venne immortalato a Roma dalla Carell.

Disney fotografato a Roma dalla Carell nel luglio del 1935

Foto ufficiale di Mussolini scattata nel 1934 dalla Carell: una copia, autografata, è conservata negli Archivi Disney


Dopo quella di Romano la testimonianza più forte e autorevole della realtà dell'incontro risale a quando Roy O. Disney, fratello di Walt e – ricordiamo - suo compagno di viaggio in quell'occasione europea, ne parlò in un'intervista concessa in più riprese (fra il 1967 e il 1968, cioè a meno di due anni dalla morte di Walt, avvenuta nel 1966) a Richard Hubler – giornalista ed esperto in biografie scomparso nel 1981. Roy si espresse in questi termini: 

Walt fu ricevuto da Mussolini durante quel viaggio. Mussolini conosceva Walt e fu molto, molto cordiale e conversammo a lungo sui nostri cartoni. Parlava un inglese corretto. Aveva un ufficio grande... davvero enorme. Lui era seduto in un angolo e noi dovemmo attraversare tutta la sala. Il signore che ci accompagnava calzava un paio di quelle scarpe italiane scricchiolanti che tutti conosciamo. E così – a forza di gniic, gniic, gniic, gniic – ci condusse da Mussolini. Lui era seduto là, e rimaneva un po' in ombra, mentre noi eravamo illuminati da una lampada. Fu molto piacevole e cordiale. Ci parlò con vanto anche dei treni. 'Ora potete viaggiare sicuri sui treni. Fino a un anno fa capitava che venissero fermati e assaliti dai rapinatori. Ora non lo fanno più'.

Roy Oliver Disney con il fratello Walt ai tempi delle "Alice's Comedies"


Molte biografie parlano di Disney a Roma nel '35, anche se solo alcuni si riferiscono direttamente all'incontro con il Duce, dandolo per certo; lo fa, per esempio, Bob Thomas (autorità indiscussa in ambito saggistico disneyano), nel suo Walt Disney – An American Original, persino nell'ultima edizione, quella edita nel 1994 da Hyperion. Anche Maria Scicolone (attrice, moglie di Romano e sorella di Sophia Loren) parlò della riunione tra i Disney e Benito Mussolini nel suo libro A tavola con il Duce (Gremese, 2004). Il fondamentale volume Eccetto Topolino di Fabio Gadducci, Leonardo Gori e Sergio Lama (Nicola Pesce Editore, 2011) ripercorre la storia editoriale del fumetto (italiano e internazionale) durante l'Era Fascista; qui l'intervista a Romano Mussolini originariamente apparsa su “If” nel 1995 viene integralmente riportata, dando dunque nuova autorevolezza alla veridicità della notizia del colloquio.


Il libro della Scicolone, dove si parla dell'incontro fra Mussolini e Dinsey

Eccetto Topolino (NPE, 2011)



Didier Ghez, nel suo volume sulle vacanze europee di Walt e Roy, afferma invece chiaramente che quell'incontro non ci fu. Ecco gli indizi e le prove che hanno portato Ghez alla sua risoluta conclusione: non esistono foto dell'evento, Walt Disney non ha mai parlato del colloquio (anzi, sul Rex, sollecitato da un giornalista americano, negò di aver avuto un faccia-a-faccia con il Duce), e non ne hanno mai parlato – del gruppo di viaggiatori - né Edna, né Lillian; inoltre, secondo i documenti ufficiali conservati presso l'Archivio di Stato a Roma, il nome di Disney non compare nella lista di persone ricevute da Mussolini in quei giorni di luglio.
Walt Disney e consorte sul Rex




Oltre il Topo: Walt Disney tra verità e leggende

Non abbiamo gli strumenti per appoggiare con sicurezza nessuna delle due tesi. Possiamo fare fare solo un ragionamento “a pelle”. Secondo noi l'incontro tra Mussolini e i due fratelli Disney potrebbe esserci stato per davvero; il fatto che non esistano foto o riscontri “ufficiali” (e che Disney abbia anche negato che avvenne) potrebbe spiegarsi con il fatto che quel duplice incontro fu privato e familiare (a Villa Torlonia) e allo stesso tempo “delicato” (a Palazzo Venezia). Delicato perché si parlò sicuramente del passaggio dei diritti da Nerbini a Mondadori, questione economica non minima, che avrebbe avuto riflessi sull'editoria italiana per i ragazzi nei decenni a venire, come abbiamo detto all'inizio. A noi sembra naturale, lapalissiano, immaginare Benito Mussolini, negli incontri con grandi personaggi dell'industria e del commercio, mentre discute anche di questioni economiche, e di interessi italiani – come farebbe anche oggi ogni normale capo di Stato interessato alla situazione del suo Paese.


Vittorio Mussolini, produttore cinematografico e figlio del Duce, a Hollywood nel 1937


Infine un'altra considerazione: in quegli anni e almeno fino all'inizio del conflitto Walt Disney, politicamente, aveva una posizione non avversa, diciamo “neutrale”, rispetto ai socialismi nazionali europei, e dunque un incontro con il Duce, anche sotto questo aspetto, poteva essere più che plausibile. Il suo sentimento antibolscevico è ben noto, anche se molto spesso gli viene affibbiata più l'etichetta di “conservatore reazionario” che di “rivoluzionario”. Ma forse la verità sta nel mezzo. Frequentandolo artisticamente da decenni (attraverso le creazioni sue e dei suoi collaboratori) ci siamo fatti l'idea che Disney fosse sì un Americano con la "A" maiuscola, un liberista e "capitalista", ma “a modo suo”, interessato più ai personaggi che aveva inventato che ai soldi che ne potevano derivare; negli anni rischiò infatti più volte la bancarotta per inseguire i suoi sogni, prima e dopo il Topo; il film Fantasia, uscito negli USA nel 1940, davvero visionario per l'epoca, non fu apprezzato dal pubblico e fu un gigantesco flop commerciale che avrebbe gettato la WDC in crisi per tutti gli anni Quaranta; solo con gli anni Cinquanta (con il parco tematico di Disneyland, con i diritti dell'oggettistica collegata ai suoi personaggi e con i nuovi successi cinematografici) Disney riuscì a liberarsi dal patibolo che gli avevano apparecchiato le banche. Ne riparliamo comunque più avanti. Poi, nel luglio del 1935, le sanzioni economiche contro l'Italia erano ancora relativamente lontane, e i rapporti fra Roma e Washington non avevano ancora cominciato a guastarsi, nemmeno per quanto riguarda lo spettacolo (nel 1937 il produttore cinematografico Vittorio Mussolini, secondogenito del Duce, si recò addirittura a Hollywood, dove assistette alle riprese di una delle comiche di Hal Roach).

Una cartolina del 1931, con un Topolino tedesco gran bevitore!


In quella fatidica estate del 1935 Disney era andato anche in Germania, stazionando soprattutto a Monaco e dintorni, per turismo termale e per discutere della distribuzione UFA (Universum-Film AG, la casa di produzione cinematografica che aveva realizzato capolavori immortali, come Metropolis) dei suoi cortometraggi con Micky Maus; qui, asseriscono le biografie, incontrò di personalità politiche solo le autorità locali bavaresi, ma nel saggio Im Reiche der Micky Maus: Walt Disney in Deutschland 1927-1945 scritto da Storm e Dressler (Henschel Verlag, 1991) si afferma che Disney sarebbe volato con un aereo di Stato fino a Berlino, invitato ufficialmente per colloqui ufficiali con le più alte cariche governative. Nel 2007, negli Stati Uniti, anche la piece teatrale satirica Disney in Deutschland di John Powers ha immaginato un incontro tra Adolf Hitler e il creatore di Topolino nel rifugio montano del Führer in Baviera. In ogni caso, se si cerca di scoprire di più, si traballa pericolosamente sull'orlo della fola montata ad arte... 

Il libro tedesco in cui si ventila l'ipotesi di un incontro fra Disney e alte cariche del Nazismo
 

A proposito.... Come abbiamo visto nel precedente nostro articolo sui “misteri disneyani”, se leggiamo il curioso e irriverente saggio di Marc Eliot, Walt Disney – il Principe Nero di Hollywood (Bompiani, 1994, per l'edizione italiana), il creatore di Topolino viene praticamente arruolato nel NSDAP – niente meno! Più che una “bomba” si tratta di un rumoroso e inoffensivo petardo. Il libro si basa molto sulle affermazioni di Arthur Harold Babitsky, universalmente noto come Art Babbitt (1907 - 1992), il principale responsabile della creazione e dello sviluppo del personaggio di Pippo, e uno dei maggiori animatori della Disney fino al 1940 (partecipò a tutti i primi, indimenticabili lungometraggi - da Biancaneve a Dumbo). Babbitt, sindacalista e socialista, appoggiò nel 1941 uno sciopero dei dipendenti di più “basso livello” dei Disney Studios (come gli intercalatori, "sgobboni"che contribuivano attivamente e pienamente alla realizzazione dei cartoni animati, disegnando migliaia di acetati fra i momenti principali dei film, ma la cui firma poi non appariva nei titoli), passando poi serie grane, e da quel momento non perse mai l'occasione di attaccare l'ex-amico Walt. Dal punto di vista di Babitsky il “fascismo” attribuito a Disney era una connotazione reale ed estremamente negativa.



Sopra e sotto, due momenti dello sciopero degli intercalatori Disney del 1941, appoggiato da un big degli Studios, il socialista e sindacalista Art Babbitt, creatore di Pippo.

Ma perché Disney sarebbe stato un “fascista”? L'etichetta gli venne attaccata in virtù dalle sue ben note e mai celate idee antibolsceviche e anticomuniste (tanto che si hanno tracce di una sua effettiva collaborazione con il FBI in funzione antisovversiva), e da certe sue frequentazioni - in particolar modo dall'amicizia e ammirazione nei confronti dell'asso mondiale dell'aviazione Charles Lindbergh. Il trasvolatore oceanico era infatti – lui sì – un aperto simpatizzante dei socialismi nazionali (nel 2004 lo scrittore statunitense Philip Roth ci imbastì sopra la trama del suo avvincente romanzo di fantapolitica Il complotto contro l'America, catalogabile nel filone delle ucronie).

Lindbergh in Germania, ricevuto da Goering


Lindbergh fu più volte in Germania in visita ufficiale negli anni Trenta (per studiare i progressi dell'aviazione tedesca) e universalmente conosciuta fu l'onorificenza che ricevette da Goering in persona (l'evento fu persino oggetto di svariate foto, facilmente visibili in Rete), una medaglia che non volle mai sconfessare, nemmeno dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, neanche su insistenti pressioni dalle alte sfere; l'aviatore vedeva nella Germania di Hitler un baluardo dell'Occidente contro lo stalinismo; appoggiò tutte le iniziative dell'America First Comittee, organizzazione fondata nel 1940 per sostenere la non belligeranza degli USA e contraria alla politica roosveltiana; la moglie di Lindbergh fu accusata più volte dal governo di Washington di fare propaganda “nazista” con i suoi romanzi. Disney era entusiasta di Lindbergh e secondo Babbitt (ed Eliot, di rimando) sosteneva anche lui i progetti di America First. Il primo cartone animato della serie “Mickey Mouse” a essere prodotto, nel 1928, fu Plane Crazy, anche se poi venne distribuito solo come quarto, nel 1929, dopo l'aggiunta della colonna sonora.


Il ritratto di Lindbergh in Plane Crazy



 Plane Crazy, il primo cartone animato di Topolino a essere prodotto, dove il nostro sogna di emulare Lindbergh

In Plane Crazy il nostro Topolino sogna di volare in aereo rivivendo le imprese di Lindbergh (che compare ritratto da Ub Iwerks); tale cartone animato, che ribadiamo essere stato il primo della serie “Mickey Mouse”, ebbe successivamente una riduzione a fumetti; questa fu oggetto della prima sequenza di strisce della prima avventura in assoluto del Topo, pubblicata negli USA dal gennaio al marzo 1930 con il meccanismo delle strisce giornaliere “sindacate” (che venivano cioè distribuite ai vari giornali da un'agenzia, il King Features Syndicate di New York – i fumettisti disneyani non lavoravano direttamente per la Disney, ma per le agenzie o per le case editrici che avevano acquistato i diritti dei personaggi nati per il cinema). Potremmo dunque definire Lindbergh, che appariva anche nella trasposizione fumettistica, il “nume ispiratore” sia del primo cartone animato, sia della primissima storia di Topolino! In Italia tale episodio cominciò a essere pubblicato, in ordine non cronologico delle strisce, dal settimanale “Illustrazione del Popolo”, supplemento del giornale torinese “La Gazzetta del Popolo”, a partire dal n. 13 del 30 marzo 1930. La sequenza con l'aviatore americano verrà intitolata Topolino emulo di Lindbergh e apparirà sull'ebdomadario qualche mese dopo; solo nel 1934, con Nerbini, questa prima avventura verrà ricomposta fedelmente, con la dicitura Le audaci imprese di Topolino nell'Isola Misteriosa.

I fumetti di Topolino cominciarono ad apparire in Italia già nel 1930, quasi tre anni prima della pubblicazione nerbiniana. Questa è la prima striscia in assoluto di Mickey Mouse: notare l'apparizione di Lindbergh.
 

Non solo Lindbergh. Sempre nel caustico volume di Eliot, spicca il caso di Gunther Lessing, il famoso avvocato nato nel 1886 in Germania e morto nel 1965 in California. Negli anni fu rappresentante legale anche di Pancho Villa – il rivoluzionario messicano – e, dal 1929 al 1964, di Walt Disney, che lo nominò vice-presidente della Compagnia; fu con lui che Babbitt dovette scontrarsi a causa dello sciopero del 1941. Di Lessing (coinvolgendo di riflesso e con ampie forzature lo stesso Disney) si sottolineano da più parti i presunti legami con la German American Bund (così chiamata dal 1936, la cui prima incarnazione ovvero la Free Society of Teutonia, che raccoglieva Americani di origine germanica, fu fondata dai fratelli Gissibl nel 1924) guidata da Fritz Julius Kuhn, e con la Silver Shirt Legion of America, nata nel 1933 per iniziativa di William Dudley Pelley – entrambe organizzazioni filo-tedesche, di sostegno all'idea politico-sociale del Terzo Reich. In un passaggio del volume di Eliot, Babbitt dichiara poi di aver visto con i suoi occhi Disney mentre partecipava ai raduni del Partito Nazista Americano (riferendosi molto probabilmente alla Bund, perché l'American Nazi Party vero e proprio nascerà solo nel 1959 a opera di George Lincoln Rockwell) in un periodo in cui - parole sue - il Mein Kampf si trovava in ogni edicola di Hollywood. Che dire? Sembra incredibile che Disney si facesse "beccare" a questi imbarazzanti seppur legali raduni negli anni Trenta (come legale è sempre stato il Partito Nazista negli USA), quando era già un notissimo personaggio internazionale e quando, addirittura, per questioni di immagine, non si faceva mai fotografare con una sigaretta o mentre beveva alcolici - pur essendo un fumatore e non disprezzando un buon bicchiere di whisky!


Un manifesto anticomunista della German American Bund

Parlando di questi "affollati raduni" politici negli USA, che oggi ci possono turbare o far sbigottire, circolano numerose le foto scattate al Madison Square Garden di New York negli anni Trenta e Quaranta, dove un pubblico sempre immenso applaudiva un palco di colore sempre diverso: Nazisti, Anti-nazisti e Comunisti!


Un "affollato" raduno nazista al Madison Square Garden della German American Bund alla fine degli anni Trenta (chissà se nella folla c'è Disney!)...


...un altro affollato raduno al Madison Square Garden, nel 1937, stavolta per boicottare la Germania nazista...

...e l'ennesimo affolato raduno al Madison Square Garden - di comunisti!


Ci sono poi vere e proprie favole metropolitane, come la “svastica” che farebbe capolino in una striscia di Topolino (in realtà due note musicali incrociate, come abbiamo spiegato nel precedente intervento sui "misteri disneyani") oppure il fatto che nella prima versione del cortometraggio I Tre Porcellini il Lupo Cattivo a un certo punto si mascherasse da mercante ebreo... Ma qui si entra nel folklore contemporaneo, se non addirittura nell'umorismo e nella farsa – secondo la nostra modesta opinione.


Eccetto Topolino: il fumetto e il cartone animato disneyano dal 1938

A Villa Torlonia, la residenza privata romana del Duce in Via Nomentana n. 70, c'era anche una saletta destinata alla proiezione cinematografica. Era qui che Mussolini, con i suoi figli più giovani, visionava i cartoni animati licenziati dalla Disney, appassionato soprattutto dalle colonne sonore. Romano Mussolini, nell'intervista a “If”, rivela: il motivo musicale dei Tre Porcellini era diventato così popolare che alcune volte l'ho sentito canticchiare persino da mio padre.

Locandina originale per Biancaneve


E nel colloquio con De Giacomo si fa luce anche su altri particolari. Innanzitutto, sempre secondo Romano, al Duce piacque enormemente il primo lungometraggio della Disney, Biancaneve e i Sette Nani del 1937, presentato in Italia nel 1938 al Festival di Venezia, tanto che volle anche rivederlo, almeno due volte. La pellicola ebbe un successo enorme in Italia, non solo a casa dei Mussolini, successo preparato già da un anno e mezzo con campagne pubblicitarie e vendite dei diritti commerciali di sfruttamento delle immagini a ditte di ogni genere (celebri le caramelle Elah e la raccolta di figurine abbinata con i personaggi di Biancaneve). A dieci anni dal primo cortometraggio sonoro di Topolino, la Disney aveva affinato enormemente le sue tecniche di animazione; con Biancaneve venne usata per la prima volta in maniera massiccia e sistematica la multiplane camera, una macchina fotografica gigantesca, con più piani sovrapposti a colonna, che permetteva di fotografare contemporaneamente più sfondi disegnati, muovendo su di essi le celluloidi con i personaggi, e donando così al cartone animato un notevole e inedito effetto di profondità; l'apparecchio fu inventato dai tecnici dei Fleischer Studios, ma alla Disney ne progettarono un modello più perfezionato. Notevole fu anche l'uso del rotoscopio (anche questo di derivazione Fleischer), per cui il disegnatore ricalca pellicole filmate precedentemente con personaggi in carne e ossa: il realismo delle figure ne risulta notevole. Dal novembre del 1935 (ovvero dall'inizio delle sanzioni economiche) fino al luglio delle 1938 (quando si passò alle proibizioni ministeriali vere e proprie) il Regime tentò di favorire, per quanto riguardava la lettura disegnata destinata a un pubblico giovanile, i nostri prodotti rispetto a quelli stranieri.

Il futurista Filippo Tommaso Marinetti


Paradossalmente questa situazione oggettiva contribuì alla nascita della grande scuola del fumetto avventuroso italiano – ancora oggi molto attiva; diciamo del “fumetto avventuroso”, perché sul versante umoristico e “pupazzettistico” l'Italia aveva già calato parecchi carichi di briscola, già dai tempi del “Corriere dei Piccoli” e dei cosiddetti “giornali da trincea”, come “La Tradotta”. Pian piano i fumetti americani scomparvero dalle testate per ragazzi (oppure mutarono drasticamente nelle traduzioni), soprattutto in virtù della “prefazione-manifesto” del futurista Marinetti, presidente al Convegno Nazionale per la Letteratura infantile e Giovanile, organizzato a Roma nel novembre del 1938 dall'Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e Scolastiche e dal Sindacato Nazionale Fascista Autori e Scrittori. Ma le creazioni della Walt Disney poterono continuare a essere tranquillamente pubblicate fino al 3 febbraio 1942, con l'ultima puntata sul settimanale mondadoriano della storia Topolino e l'illusionista. Occhio alla data: l'Italia aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti già da quasi due mesi! Da questo momento è purtroppo il conflitto a risolvere ogni questione, e anche il Topo tornerà in America…

Un giovane Romano Mussolini al pianoforte di Villa Torlonia


Ma da dove derivò questo “trattamento di favore” nei confronti di Burbank dal 1938 al 1942? Nelle circolari e nelle lettere di risposta del Ministero della Cultura Popolare ai vari editori che avrebbero voluto continuare a pubblicare materiali fumettistici americani si ricordava (come ben evidenziato con estrema dovizia documentativa nel già citato volume Eccetto Topolino della NPE) che solo la produzione disneyana era esclusa dai provvedimenti. Romano Mussolini nella sua intervista, rammenta di essersi personalmente raccomandato più volte con Ferdinando Mezzasoma, Direttore Generale del Ministero della Cultura Popolare, riguardo alla musica jazz e alla produzione Disney. Benito Mussolini, di cui era noto il gradimento nei riguardi dell'arte disneyana, deve aver recepito questi sentimenti familiari, e quando nel 1938 gli venne sottoposto un elenco di pubblicazioni non più adatte al pubblico giovanile, lo approvò... ma aggiunse una leggendaria postilla: Eccetto Topolino!
Questo accadimento era stato dato per certo fin dal 1968, quando ne parlò per primo Ezio Ferraro sul mensile “Sgt. Kirk” in una serie di articoli intitolati "La storia del giornalinismo italiano". Studi più approfonditi eseguiti in anni più recenti – culminati nel 2011 con l'apparizione del fondamentale e già citato saggio Eccetto Topolino – hanno ridimensionato il fatto. A quanto pare non ci sarebbe stato un intervento personale del Duce, con tanto di nota apposta sulla lista, ma una percezione, in ambito ministeriale, oltre che dell'apprezzamento verso Mickey Mouse & Co. dei Mussolini, della scarsa o inesistente rilevanza “politica” delle avventure di Topolino e Paperino e anzi di un certo “comune sentire” fra Fascismo e… chiamiamola “filosofia sociale disneyana”, che nelle stesse avventure è sottesa.

Una puntata della "Storia del giornalinismo italiano" di Ferraro apparsa su "Sgt. Kirk" alla fine degli anni '60


I provvedimenti coinvolsero non soltanto il fumetto stampato, ma anche il cinema d'animazione americano. Biancaneve fu proiettata prima, e dunque niente da dire su questo versante; l'oggettistica collegata ai personaggi (come i gadget della Elah) resistettero ancora per anni. Pinocchio, che è del 1940, fu visto in Italia per la prima volta solo nel 1946. Ma i disegni tratti dal film erano conosciuti da tutti, per essere stati distribuiti fin dalla fine degli anni '30; in un cinegiornale LUCE, girato a Firenze nel gennaio del 1942, in occasione dell'inaugurazione del Centro Didattico Nazionale, viene filmata una saletta dov'era allestita un'esposizione dedicata alle Avventure di Pinocchio di Collodi; in uno dei quadretti appesi al muro notiamo inequivocabilmente il Pinocchio (che nel romanzo di Lorenzini vive le sue avventure nel rustico territorio collinare e montano pesciatino) vestito con l'incongruente abbigliamento “tirolese” dell'interpretazione disneyana!

 
Appeso a un muro il Pinocchio disneyano: siamo a Firenze nel 1942, a guerra dichiarata!


Fantasia, pure del 1940, fu il terzo lungometraggio della Disney - quello in cui il cartone animato veniva arditamente e genialmente accostato a brani di musica classica. Alcune sequenze, come quella dei vulcani preistorici, furono ispirate a Disney proprio dal tour italiano del 1935, durante il quale si recò anche sul Vesuvio. La pellicola costò cifre enormi; basti pensare che la versione dell'opera sinfonica La Sagra della Primavera di Stravinsky che vi appare (come commento sonoro della parte sull'evoluzione della vita) fu venduta dal compositore russo a Disney! Ma, come abbiamo accennato prima, questo ambizioso progetto (dai forti intenti educativi) precorreva troppo i tempi e fu un disastro assoluto al botteghino: la casa di produzione californiana, dopo un decennio abbondante di grande fortuna garantita dal Topo, rischiò di affondare nei debiti, strangolata dalle banche; solo con le successive riedizioni il film cominciò ad essere apprezzato dal pubblico. Però, se negli anni Quaranta Fantasia fu un disastro negli USA, fu un successo almeno a... Roma! Come raccontava Romano Mussolini a “If”, quando le truppe italo-germaniche riconquistarono in Libia la città di Tobruk (dopo che gli Inglesi e gli Australiani l'avevano presa nel gennaio del 1941), fra il materiale abbandonato dagli Alleati furono trovate anche numerose pellicole cinematografiche, e tra queste c'era anche Fantasia, che fu proiettata, in anteprima assoluta per l'Italia (con quattro anni di anticipo sulla “prima ufficiale”), a Villa Torlonia, per interessamento di Mezzasoma. Romano afferma testualmente: ne rimanemmo scioccati.



Ancora una volta insieme. Sopra e sotto: Mussolini e Disney ritratti da Samuel J. Woolf (1880 - 1948), pittore newyorkese di origini ebraiche


Francesco Manetti

N.B. Trovate i link agli altri articoli From the Vault in Cronologie & Index!

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