giovedì 20 novembre 2014

L’ANGOLO DEL BONELLIDE (XV): YVES SWOLFS, MAESTRO D’AVVENTURA

di Andrea Cantucci


La recente uscita in edicola della serie Vlad, ennesima edizione in formato bonellide di una delle tante opere scritte da Yves Swolfs, riporta l’attenzione su un autore dotato di notevoli capacità sia grafiche che narrative, oltre che di grande versatilità. Swolfs è un fumettista che non ha avuto nessun problema a spaziare dal western all’horror, dalla rivoluzione francese al fantasy medievale, dal thriller alla fantascienza e che altrettanto disinvoltamente passa dal tavolo da disegno alla tastiera dello sceneggiatore, mantenendo sempre un’alta qualità in ogni sua creazione.
La sua lunga carriera nel campo del fumetto ebbe inizio nel 1974 a Bruxelles, dove aveva avuto la fortuna di nascere diciannove anni prima. Per un aspirante autore di fumetti delle capacità del giovane Yves infatti, non poteva esserci fortuna più grande che nascere a Bruxelles, patria storica delle bandes dessinées, le strisce disegnate franco-belghe.
 

Durango


Sexstar vol. 3. Editions des Archers, 1974

È qui che Swolfs pubblicò il suo primo fumetto sul tascabile per adulti Sexstar, esordendo subito come autore completo di una storia western intitolata Viol à Grey Rock (Stupro a Grey Rock) che, benché con uno stile ancora acerbo, in qualche modo anticipava già quella che poi sarebbe stata la sua serie più famosa. È sempre a Bruxelles che studiò per tre anni giornalismo e soprattutto è qui che seguì un corso di fumetto presso l’Istituto Saint-Luc, realizzando nel 1978 un’altra storia scritta e disegnata da lui, per il secondo album della collana Le Neuvième Rêve (Il Nono Sogno), l’antologia collettiva degli studenti del corso, pubblicata dalle Éditions des Archers.



Le 9eme Reve n. 2. Editions des Archers, 1978. All'interno, fra i vari artisti, anche Swolfs



Durango
 
Lo stesso editore nel 1981 pubblicò direttamente in album la sua prima opera di ampio respiro, Le Chiens Meurent en Hiver (I Cani Muoiono d’Inverno), che è anche il primo episodio della serie western Durango.
È nel corso di questa serie che Swolfs mette a punto uno stile realistico meticoloso e preciso, basato su sapienti tratteggi, che all’inizio può ricordare molto vagamente il Jean Giraud del primo Blueberry o l’Antonio Hernandez Palacios di Mac Coy, ma che col tempo si sviluppa soprattutto nella direzione tracciata da un altro maestro del western a fumetti come Michel Blanc-Dumont, con forme che si fanno via via più morbide, ambienti naturali sempre più ariosi ed evocativi e personaggi che ogni tanto escono fuori dai confini delle vignette, il tutto armonicamente coordinato per creare composizioni di notevole spazialità grafica.
In conformità alla tradizione del suo paese, Swolfs usa abitualmente un gran numero di immagini piccole e strette per raccontare le sue storie entro le canoniche quarantasei pagine degli album francofoni, ma è tra i pochi fumettisti belgi a disegnare anche pagine di sole tre o quattro vignette, tanta è la necessità di farvi entrare i grandi spazi di un selvaggio West ormai al suo crepuscolo ma ancora dotato di fascino, nonostante l’autore lo rappresenti senza abbellimenti e con la stessa rude iconografia dei film italiani del genere.


Durango vol. 1, Editions des Archers, 1981


 
Durango è un pistolero solitario dalla barba perennemente incolta, il cappello quasi sempre calato sugli occhi e la mira naturalmente infallibile, che pare uscito dal più tipico spaghetti-western. Alcuni lo ritengono ispirato al Django interpretato al cinema da Franco Nero e da Anthony Steffen, dal quale ha sicuramente origine il suo nome, che è anche quello di una città e di uno stato del Messico e quindi evoca scenari del Sud-Ovest.
Ma la diretta fonte d’ispirazione della prima storia di Durango, ambientata nel 1896 tra le nevi del Wyoming, è il film Il Grande Silenzio, diretto da Bruno Corbucci nel 1969 e interpretato da Jean-Louis Trintignant e Klaus Kinski, un western cinico e violento da noi non famosissimo ma che in Francia dovette avere maggior risonanza, sia perché l’attore protagonista era francese sia per la provocatoria assenza di un lieto fine.
Tra il Silenzio interpretato da Trintignant e il Durango creato da Swolfs, ci sono infatti due fondamentali differenze: il primo era un pistolero muto che alla fine veniva ucciso dal cattivo, il secondo è un pistolero non troppo loquace ma dotato se necessario di una discreta parlantina, che, benché sia uscito da molte battaglie con le ossa rotte e con vari amici massacrati, finora non ha mai trovato chi possa davvero tenergli testa in un duello, anche perché da buon eroe dei fumetti non può non apparire di nuovo nell’albo successivo.



Durango vol. 3, edizione Dargaud


Nel primo episodio di Durango quindi, un parziale lieto fine sostituisce quello provocatorio voluto da Corbucci per il suo film e l’eroe se la cava per miracolo, riuscendo a uccidere per un soffio uno spietato assassino (che non a caso ha il volto di Klaus Kinski) nonostante gli avessero ferito gravemente la mano destra. A causa di
tale menomazione, nelle avventure seguenti vediamo Durango diventare forzatamente mancino, visto che in ogni album Swolfs riprende i suoi personaggi dal punto in cui li aveva lasciati nell’episodio precedente e che nel suo West non esistono guarigioni miracolose, né per le ferite del corpo né per quelle dello spirito.
Una curiosità è che la pistola Mauser che Durango usa abitualmente a partire dal terzo episodio, Piège pour un Tueur (Trappola per un Killer), gli viene venduta come appartenuta in precedenza a un pistolero muto e poi al suo assassino, ovvero come se fosse proprio l’arma usata da Trintignant nel film di Corbucci.
Dal quarto episodio di Durango l’ambientazione si sposta verso il Messico e appaiono altri personaggi ispirati ad attori specializzati in ruoli western, come un péon ribelle somigliante a Tomas Milian e un cacciatore di taglie col volto di Jack Palance, che dominano tre album ispirati al filone dei film sulla Rivoluzione Messicana. 



Durango n. 5, GP Maniac n. 27. GP Publishing, 2012
 
Tutta la serie di Durango, che dopo il settimo episodio è stata ripubblicata e proseguita da vari editori (Dargaud, Alpen Publishers, Les Humanoïdes Associés e Soleil Productions), è insomma un lungo omaggio al western all’italiana. Fin dall’inizio capita di vedere ad esempio dei primissimi piani sugli occhi dei protagonisti, una delle inquadrature più tipiche dei film di Sergio Leone, che col tempo si fanno sempre più ravvicinati.
Altre strizzatine d’occhio agli appassionati del genere sono il cigarillo che Durango tiene spesso in bocca e le scene del quarto episodio in cui indossa un poncho, come Clint Eastwood nella trilogia del dollaro, o il lungo abito scuro con mantellina che indossa dal settimo episodio, molto simile a quelli di Django o di Sartana.
Un diretto omaggio a Sergio Leone, scomparso nel 1989, è il nono episodio uscito l’anno seguente. Vi appare un personaggio con l’aspetto di Lee Van Cleef che con Durango forma una coppia di nemici-amici come quella di Per Qualche Dollaro in Più, mentre la ricerca del tesoro che dà il titolo alla storia (L’Oro di Duncan), per trovare il quale occorre scavare, richiama vagamente la trama de Il Buono, il Brutto e il Cattivo. Su una tomba si legge poi il nome Bob Robertson, lo pseudonimo con cui Leone aveva firmato la regia di Per un Pugno di Dollari, e il ritratto del morto è infatti proprio quello del regista venuto a mancare poco prima.

Durango vol. 8, edizione Alpen


A partire dal quattordicesimo episodio di Durango, Un Pas vers l’Enfer (Un Passo verso l’Inferno), uscito nel 2006, Yves Swolfs si concentra sulle sole sceneggiature, in modo da avere più tempo per dedicarsi ad altri progetti, lasciando i disegni a Thierry Girod, già autore grafico di un’altra serie western intitolata Wanted, il cui stile è abbastanza simile a quello del quasi omonimo maestro Jean Giraud nelle sue storie più tarde.
Finora Girod, la cui accuratezza sembra farlo procedere in modo ancor meno rapido di quanto non facesse Swolfs, è giunto a disegnare il sedicesimo episodio di Durango, pubblicato nel 2012 dall’editrice Soleil.


Durango n. 14, di Thierry Girod. Soleil, 2006




In Italia il primo album di Durango fu pubblicato dall’editrice Nuova Frontiera nel 1982 sul n°11 della Collana Metal, ma per vedere in italiano gli episodi successivi si è dovuto attendere il 2000 e gli album pubblicati dalla Comic Art, poco prima della chiusura di questa casa editrice. Un’altra collana italiana di Durango è quella in quattro volumi pubblicata dalla Planeta De Agostini nel 2008, con tre episodi a colori in ogni numero per un totale di dodici. Tutti e sedici gli episodi della serie sono comunque oggi disponibili in Italia in un’edizione in formato bonellide, composta da sette albi pubblicati dalla GP Publishing nel 2012 più un ottavo numero edito dall’Editoriale Cosmo nel 2013, contenenti due episodi in bianco e nero ciascuno.



Dampierre, vol. 5. Glénat, 1995


Nel 1987, sulla rivista Vécu pubblicata dalla Glénat, Yves Swolfs diede il via alla sua seconda serie lunga, Dampierre, ambientata questa volta nel periodo della Rivoluzione Francese e in particolare nel contesto degli scontri tra realisti e rivoluzionari che insanguinarono la regione della Vandea. L’anno seguente ne fu raccolto in album il primo episodio, L’Aube Noire (Alba di Sangue), ambientato nel 1792, in cui il giovane stalliere e aspirante uomo d’arme Julien, detto Dampierre, viene coinvolto nel folle conflitto tra le popolazioni delle campagne, fermamente decise a restare fedeli a una nobiltà e a un clero di cui erano sempre stati succubi, e un esercito nazionale che con miope intransigenza s’illude di spazzar via rapidamente forme di sottomissione secolari, per sostituirvi un sistema burocratico che troppo spesso si dimostra non meno rapace e violento.
Dampierre, pur apprezzando che la nuova situazione politica renda possibile anche a un umile stalliere come lui aspirare a farsi strada, per una serie di circostanze finisce per combattere dalla parte dei realisti e grazie al suo valore diventa rapidamente ufficiale dell’esercito vandeano, facendosi chiamare signor De Dampierre, ma ha più nemici nel suo stesso schieramento che al di fuori di esso. Una delle cose a cui tiene di più in fondo è, e rimane per tutta la serie, la sua storia d’amore con la giovane e bella Ariane, figlia del signor Forestier, un altro ufficiale del suo stesso esercito che è stato il suo maestro d’armi, ma per ambizione Dampierre preferisce partecipare al conflitto sperando di far fortuna, piuttosto che vivere in povertà con lei.


Dampierre n. 2, Serie Rossa n. 9. Cosmo, 2013


Tutto viene complicato, come in ogni feuilleton settecentesco che si rispetti, dal complotto ordito da un gruppo di traditori con a capo il conte di Bellemort, che ha un ruolo chiave nell’esercito realista, e dalla gelosia della marchesa di Saint-Didier che è innamorata di Dampierre ma partecipa a sua volta al complotto.
Occorreranno varie battaglie, che il protagonista vincerà o a cui riuscirà a sopravvivere per miracolo, fino alla disfatta dell’esercito realista, perché il coraggioso Dampierre rinsavisca un po’ e metta al primo posto l’amore della sua donna. Dopodichè i due giovani amanti dovranno superare molte altre peripezie per sfuggire alle spietate rappresaglie che continuano a lungo a insanguinare la Vandea e per riuscire a trovare un luogo in cui poter vivere in pace insieme, come sembra accadere nell’ultimo episodio, ambientato in Belgio nel 1797.
Ciò che più differenzia la serie dai tipici romanzi storici del genere, è l’assenza di una fazione che possa dirsi realmente rappresentata in modo positivo. Il marcio e la violenza stanno un po’ da tutte le parti, gli ideali anche condivisibili, sia quelli libertari all’origine della rivoluzione che quelli dei Vandeani di fronte a un nuovo sistema imposto con la forza, si corrompono rapidamente a seguito del fanatismo e dell’ipocrisia umana e i protagonisti non possono infine fare molto di più che concentrarsi sul perseguimento della salvezza propria e dei propri amici, lottando dalla parte in cui gli eventi di volta in volta li hanno costretti a schierarsi.


Dampierre n. 3, Serie Rossa n. 10. Cosmo, 2013


L’approccio di Swolfs anche al racconto storico, così come agli altri generi di cui si occuperà in seguito, è tutto sommato simile a quello del western alla Sergio Leone. Il taglio narrativo rimane abbastanza fedele ad archetipi e strutture classiche, senza troppo semplicistiche inversioni di ruoli, ma tutto è rappresentato in modo particolarmente crudo e privo di abbellimenti ingenui, spostando la violenza delle situazioni su un piano decisamente più realistico e verosimile. I protagonisti non sono eroi del tutto altruistici, ma personaggi con difetti e debolezze mossi da motivi personali, che si ritrovano coinvolti, per loro scelta o loro malgrado, nelle tragedie umane dell’epoca in cui vivono. Anche gli eventi storici, come le tante stragi spietate realmente accadute, qui sono esplicitamente descritti in tutto il loro insensato orrore sanguinario, né più né meno di come fece Leone nel mostrare la Guerra di Secessione nel film Il Buono, il Brutto e il Cattivo.
Swolfs realizzò da solo i primi due album di Dampierre, occupandosi di testi, disegni e colori, per poi concentrarsi di nuovo sulle sceneggiature e lasciare la parte grafica a Frédéric Delzant (in arte Éric) e subito dopo a Pierre Legein, che rimase il disegnatore di Dampierre fino al decimo e ultimo album, uscito nel 2002.
I primi tre episodi di Dampierre furono tradotti in italiano dalla Glénat Italia tra il 1989 e i primi anni ‘90, sugli album a colori della collana Le Avventure della Storia. L’intera serie è stata pubblicata in Italia nel 2013, dall’Editoriale Cosmo, in cinque albi formato bonellide contenenti due episodi in bianco e nero ciascuno.


Le Prince de la Nuit, vol. 1. Glénat, 1994


Fu ancora Glénat a pubblicare l’opera successiva di Swolfs, la serie horror incentrata sullo spietato vampiro Vladimir Kergan e intitolata Le Prince de la Nuit (Il Principe della Notte), di cui sono usciti sei album dal 1994 al 2001 e che è stata realizzata dall’autore sia nei testi che nei disegni, mentre i colori sono di Sophie Swolfs.
Nel primo episodio, Le Chausseur (Il Cacciatore), ambientato per lo più nel Medioevo, Kergan morde e trasforma in vampira la moglie di messer Jehan De Rougemont, che, dopo aver dovuto conficcare il classico paletto nel cuore della consorte, consacra la propria vita e quella dei suoi discendenti alla distruzione del principe della notte, diventando un cacciatore di vampiri. Intanto altre scene, che si svolgono a Parigi nel 1933, ne mostrano il discendente Vincent Rougemont, colui che diverrà il principale protagonista della serie, oppresso dagli incubi a causa del terribile segreto custodito dalla sua famiglia di cui è ancora all’oscuro.
Dal secondo episodio si amplia la parte con protagonista Vincent, che a Parigi incontra Kergan e che, da documenti segreti della propria famiglia, viene a conoscenza della lotta contro di lui di altri suoi antenati, come il frate esorcista Aymar de Rougemont, che tentò di dargli la caccia nel 1577, o il commissario Armand Rougemont, che a fine ‘700 inseguì un enorme lupo senza sapere che fosse il vampiro, fino al professor Maximilian Rougemont, che nel 1852 entrò incautamente nel suo castello innamorandosi di una vampira.

Le Prince de la Nuit, vol. 2. Glénat, 1995


In ognuno dei primi quattro episodi de Il Principe della Notte, sono così rievocate, accanto alla storia principale in cui Vincent si scontra con Kergan, le occasioni in cui i suoi antenati avevano avuto a che fare con lui, senza mai riuscire a sconfiggerlo. Se nel primo episodio il coraggioso cavaliere De Rougemont, che si aggira nei villaggi medievali alla ricerca del vampiro, ricorda la grinta di Durango che arriva in un villaggio del West, i caratteri dei successivi membri della sua famiglia sono ben diversi e non privi di meschinità, debolezze e pregiudizi, che il subdolo Kergan usa contro di loro, sfruttandone i rimpianti e i sensi di colpa.
Il vampiro quindi ha qui anche un ruolo di dissacratore delle ipocrisie umane, ma senza allontanarsi dalla classica figura cinica e violenta, seppure affascinante in modo perverso, che lo scrittore Bram Stoker fissò nell’immaginario collettivo col romanzo Dracula. L’inizio di quel libro è chiaramente omaggiato da Swolfs nel quarto episodio e anche il fatto che il suo vampiro ringiovanisca e invecchi, a seconda che si nutra o meno di sangue, è fedele a quanto narrato in quell’opera. Inoltre il nome Vladimir del vampiro di Swolfs è lo stesso del sovrano storico a cui si ispirò Stoker, il voivoda della Valacchia Vlad Dracula detto Tepes, l’impalatore.

Le Prince de la Nuit, vol. 6, pag. 9. Glénat, 2001


Rispetto al Dracula di Stoker, ne Il Principe della Notte si fa poi ancora più scoperta ed evidente la forte componente di simbolismo sessuale che il mito del vampiro riveste e che nel romanzo era sottolineata con una certa ingenuità moralista d’ispirazione cristiana, come per sottintendere che ogni libero atto sessuale al di fuori del matrimonio sia paragonabile a un distruttivo rapporto vampiresco. Nelle perverse relazioni che Kergan ha con le sue vittime (per lo più donne giovani e belle) si intravede invece più opportunamente un simbolo della violenza sessuale o del sadismo con cui alcuni tentano a volte di dominare i propri partner. Così il vampiro finisce per rappresentare il tipo d’amante subdolo che pretende di sottomettere e annullare la volontà di chi dice di amare, in un rapporto sadico-masochistico forse più diffuso di quanto non si creda.
Ma Kergan ambisce a un potere più ampio e universale, tanto che nel sesto episodio il vampiro si allea con le esse-esse naziste guidate da Himmler. Infatti l’oscuro archetipo di Dracula è un precursore dei geni del Male della letteratura e del cinema dei primi del ‘900, come il francese Fantômas o il tedesco dottor Mabuse.
A sua volta Vincent Rougemont, che l’affronta e lo sconfigge più d’una volta, è un giornalista-detective come Rouletabille e Tintin, cioè uno dei più tipici protagonisti dell’immaginario letterario e fumettistico francese, che Swolfs contrappone efficacemente al mito gotico del vampiro in delle storie sospese tra l’horror e il noir.

Il Cacciatore n. 2, GP Candy n. 16. GP Publishing, 2011
 
Nonostante non sia creduto dalle autorità, venga arrestato per i crimini di Kergan (da un commissario col volto di Jean Gabin) e chiuso in manicomio per le incredibili storie che racconta, il reporter Vincent dimostra una tenacia e una decisione degne del primo cacciatore di vampiri della sua famiglia. Soprattutto resiste molto meglio dei suoi antenati ai tentativi di manipolazione psicologica messi in atto da Kergan contro di lui, grazie a qualità non sempre considerate tali, come la fiducia in sé stesso e il rifiuto di nutrire sensi di colpa.
Ma nonostante le sconfitte che Rougemont riesce fortunosamente a infliggergli, ogni volta Kergan torna nell’episodio successivo, come ogni genio malefico che si rispetti. Anche alla fine del sesto e per ora ultimo album si preannuncia la possibilità che risorga in un nuovo episodio, non ancora realizzato. Si aspetta forse che un eventuale prossimo Rougemont, figlio di Vincent, cresca abbastanza per poterlo affrontare.
I sei album de Il Principe della Notte in Italia sono stati pubblicati dall’Editoriale Eura tra il 2001 e il 2004, in altrettanti volumi cartonati a colori della collana Euramaster. Le stesse storie sono state poi ripubblicate in una miniserie di tre numeri intitolata Il Cacciatore, edita dalla GP Publishing tra il 2011 e il 2012, in formato bonellide e in bianco e nero. Benché i colori originali evidenziassero in modo interessante i toni delle varie scene, facendo prevalere ogni volta una diversa tinta a seconda dei casi, bisogna dire che, qui come in altri albi di Swolfs, la pubblicazione in bianco e nero valorizza notevolmente l’alta qualità grafica del suo segno.


Black Hills 1890, vol. 1. Glénat, 1999
 
È sempre la Glénat che, tra il 1999 e il 2005, pubblicò i quattro album della bella serie western Black Hills 1890 (Colline Nere 1890, in inglese), di cui Swolfs è solo lo sceneggiatore. I disegni sono invece di Marc-Rénier ed evocano perfettamente lo stile dei dagherrotipi dell’epoca, che sono usati come frontespizi. Anche le belle copertine da lui dipinte contribuiscono alla fedele rievocazione di un’epoca, mentre i colori interni di Marie-Noëlle Bastin hanno toni poco appariscenti, come quelli che erano a volte applicati sulle foto.
A loro volta le storie di Swolfs, rispetto alla saga epica di Durango, qui sono ancor più plausibili ricostruzioni dell’autentico West di fine ‘800, quando anche le ultime rivolte indiane erano state quasi del tutto soffocate nel sangue e il triste declino di un popolo, un tempo fiero e indipendente, appariva ormai inarrestabile.
I protagonisti sono la guida Lewis Kayne, la cui moglie indiana e il figlioletto sono uccisi per il suo impegno in difesa dei Sioux, e il fotografo francese Armand Lebon, inviato dalla commissione degli Amici degli Indiani per immortalare i guerrieri delle pianure prima che scompaiano e che gli indiani chiamano Occhi-di-Vetro.

Black Hills 1890 vol. 2. Glénat, 2000


Nel primo episodio di Black Hills 1890, La Danse des Fantômes (La Danza degli Spiriti), vediamo come in quel 1890 gli ultimi Sioux ribelli si attaccarono disperatamente alle promesse di riscatto diffuse dal profeta Wovoca, che parlavano di guerrieri morti che sarebbero risorti per combattere e camicie sacre che avrebbero fermato i proiettili dei soldati. La realtà, ben rappresentata da Swolfs e Marc-Rénier, fu invece che i bianchi continuarono impunemente la strage di tutti gli indiani che osarono opporsi alla spoliazione delle loro terre e all’avanzata della cosiddetta civiltà, che li condannava a una vita di miserie, malattie e sofferenze.
Nel secondo episodio, intitolato La Voie du Guerrier (La Via del Guerriero), Kayne e Lebon si trovano quindi ad aiutare dei giovani Sioux ribelli a sfuggire ai bianchi che danno loro la caccia e a rifugiarsi in Canada, in un viaggio faticoso e difficile privo di toni eroici e che riproduce dei fatti in modo verosimile, ricordando il dolente realismo di film western crepuscolari come Corvo Rosso non Avrai il mio Scalpo! di Sydney Pollack.

Black Hills 1890, vol. 3. Glénat, 2003


Nel terzo episodio, La Grande Blessure (La Grande Ferita), gli autori rievocano con precisione storica e abbondanza di particolari importanti avvenimenti storici della fine del 1890, l’omicidio di Toro Seduto da parte della polizia indiana e la marcia della tribù di Alce Maculato, detto Piede Grosso, verso la riserva di Pine Ridge, che si concluse con l’immotivato e terribile massacro di Wounded Knee, l’ultima vergognosa strage compiuta dall’esercito ai danni dei nativi americani, con cui il loro spirito combattivo fu piegato per sempre.
Armand Lebon riesce a salvare da quell’inferno una sola ragazza sioux, che diventerà sua moglie. Nel quarto e ultimo episodio, l’ex-fotografo francese impara poi faticosamente a usare la pistola per poter vendicare la morte dell’amico Lewis e della sua famiglia, prima di ripartire per l’Europa insieme alla sua nuova compagna.
Tutti e quattro gli episodi di Black Hills sono stati pubblicati in Italia dall’Editoriale Cosmo nel 2013, nei primi due albi della testata in formato bonellide e in bianco e nero West – Fumetti di Frontiera. I disegni privi del colore evocano forse ancor di più l’effetto delle foto d’epoca, ma per le copertine, invece dei bei dipinti originali, sono stati usati disegni colorati al computer dallo stile molto più commerciale e meno interessante.


Vlad n. 1, Euramaster n. 87. Eura, 2007
 
Swolfs proseguì l’attività di sceneggiatore con i sette album della serie di fantascienza Vlad, disegnata da Griffo e pubblicata dalle Éditions du Lombard dal 2000 al 2009. L’ambientazione è la Russia di un prossimo futuro duro e violento, analogo a quelli di film come Mad Max, 1997: Fuga da New York, o Bladerunner.
Il protagonista, Vladimir Zolkoff, è un ex-capitano dell’Armata Rossa che, dopo essere stato congedato per motivi di tagli economici, sopravvive facendo saltuariamente il mercenario, ma senza trarne grandi profitti.
Caratterialmente è un personaggio non molto distante dai protagonisti degli spaghetti-western che ispirarono Durango e lo stesso si può dire, del resto, per gli eroi dei suddetti film di fantascienza. Cos’è in fondo il Mad Max interpretato da Mel Gibson, se non un rude cavaliere solitario con un’auto potenziata al posto del suo destriero? Chi è lo Jena Plisskin a cui diede il volto Kurt Russell in Fuga da New York, se non una specie di pistolero incaricato di affrontare da solo una città su cui spadroneggiano i banditi? Che cos’è il cacciatore di androidi impersonato da Harrison Ford in Bladerunner, se non la versione moderna di un cacciatore di taglie?
L’eroe di Swolfs e Griffo è un personaggio dello stesso tipo, libero e senza padroni, che viaggia a bordo di un’auto blindata e si guadagna da vivere in modo violento, in un paese e in un’epoca in cui coesistono scenari degradati, tecnologie futuristiche e sparatorie con potenti armi da fuoco, in cui spadroneggia la mafia e la corruzione è diffusa a tutti i livelli, un’epoca quindi decisamente molto vicina al nostro tempo. 


Vlad n. 2, Serie Blu n. 26. Cosmo, 2014
 
In Igor, Mon Frère (Igor, Mio Fratello), il primo episodio di Vlad, questi scopre che per ereditare una fortuna deve rintracciare il proprio gemello, un attore elegante con cui ha poco in comune e che non vede da anni. Cercandolo, Vlad verifica come anche l’ambiente del cinema sia un pericoloso racket gestito dalla criminalità.
L’attrice Katia, ex-amante di suo fratello, gli rivela che la sua scomparsa ha a che fare con un presidente assassinato e con un potente gruppo internazionale, pronto a tutto pur di non far divulgare i propri segreti.
Ma Vlad non demorde. Con atteggiamento deciso da simpatico spaccone, passa sopra i corpi di chi tenta di fermarlo e segue una traccia che, nel secondo episodio, lo conduce a Novijanka, dove incontra un’altra amante del fratello e per farsi strada deve combattere sia contro i nazionalisti Ceceni che contro quelli Russi.

Vlad vol. 7. Le Lombard, 2009


In pratica, alla fine di ogni episodio Vlad trova un nuovo indizio su dove si sia diretto il suo gemello. Nel terzo episodio giunge così in un campo di lavoro in Siberia, sempre superando vari ostacoli nella sua odissea.
Il segno generalmente un po’ freddo di Griffo è funzionale alle atmosfere dure delle storie, in cui agisce un vario campionario di cinici personaggi, mentre nei brevi flashback sul passato di Vlad le immagini acquistano maggiore espressività chiaroscurale, grazie all’uso di tratti più rapidi e immediati a pennello e a pennino.
I primi quattro album di Vlad sono apparsi in Italia a colori tra il 2007 e il 2009, nella collana cartonata Euramaster pubblicata dall’Eura Editoriale. Tutti e sette gli episodi sono ora raccolti dall’Editoriale Cosmo in una miniserie di tre numeri, in formato bonellide e in bianco e nero, in corso di pubblicazione a fine 2014.



James Healer. Disegni di Di Vita



Swolfs ha scritto anche le sceneggiature della serie James Healer, pubblicata in tre album dal 2002 al 2004 dalle Éditions Du Lombard e disegnata da Giulio De Vita. Il protagonista è un bianco allevato dai nativi americani che diventa sciamano e collabora con la polizia come consulente paranormale in casi difficili, un altro tipico personaggio western stavolta trasposto nel presente, come un Magico Vento contemporaneo che invece di un mustang cavalca una Harley Davidson ed è sempre pronto ad aiutare chi ha bisogno di lui.
Anche questa serie, di cui abbiamo già parlato nell’articolo XIII dell’Angolo del Bonellide, è uscita in Italia nel tipico formato alla Bonelli, raccolta in un unico volume portato in edicola dalla GP Publishing nel 2012.


Légende vol. 2, Soleil, 2004


Un’altra serie che Yves Swolfs ha invece realizzato come autore completo è l’affascinante saga fantasy Légende (Leggenda), di cui fino a oggi sono apparsi sei album pubblicati dall’editrice Soleil dal 2003 al 2012.
Anche qui i colori delle pagine interne sono eseguiti a mano da Sophie Swolfs, mentre i disegni dell’autore sono realizzati con grafiche ancora più libere che in passato, uscendo spesso dai bordi di vignette e pagine.
La leggenda a cui si riferisce il titolo, è quella dell’esistenza di un superstite erede legittimo al trono del ducato di Halsbourg, feudo dell’Impero Germanico all’inizio del XV secolo. Il neonato Tristan era infatti stato portato in salvo nei boschi, mentre suo zio Matthias ne faceva sterminare la famiglia per prendere il potere come nuovo duca, su istigazione del subdolo consigliere e stregone Milos Shaggan. Questi per anni ha continuato a cercare inutilmente il giovane erede per ucciderlo, mentre insieme al barone Kurtz suo seguace instaurava nella regione un regno di vessazioni e di terrore, alimentando inimicizie e guerre coi feudi vicini.
Intanto Tristan era stato allevato in mezzo a un branco di lupi da un misterioso uomo dei boschi, che l’ha poi affidato a dei briganti, perché apprendesse a sopravvivere nel ben più feroce mondo degli uomini. Una volta adulto, il legittimo duca di Halsbourg lotta per salvare sua sorella dagli intrighi di Shaggan, per vendicarsi di chi ha fatto uccidere i loro genitori e per riconquistare il trono che gli era stato sottratto e che poi lascerà in altre mani, più degne di quelle che lo avevano usurpato, riprendendo a vivere come un cavaliere errante.


Légende vol. 3. Soleil, 2006


La trama essenziale di Légende, a parte l’alta qualità con cui è realizzata e i dettagli scabrosi di tante situazioni decisamente adulte, non si discosta molto dalla più classica delle fiabe, col figlio negletto che trova aiuto nel regno della natura, si rivela poi come legittimo erede al trono e infine diventa il nuovo sovrano.
La differenza è che Tristan è una persona più vera e complessa degli eroi delle fiabe. Le sue dure esperienze infantili e giovanili l’hanno reso tormentato da inquietudini e amarezze, che gli rendono difficile sentirsi in pace con sé stesso e restare a lungo nello stesso luogo. Il riferimento principale è evidentemente l’omonimo cavaliere Tristano, che nelle leggende medievali era orfano dalla nascita e vendicava il padre uccidendone l’assassino, per poi andare verso un triste destino. Tristan di Halsbourg ha maggior fortuna, ma non gli interessa esercitare il potere che ha riconquistato e, appena gli è possibile, riparte verso nuove avventure.


Tristan di Halsbourg


Quella che in tante fiabe costituisce la tipica conclusione, ovvero una simbolica e definitiva affermazione di sé stessi in quanto adulti che giungono al loro massimo obiettivo, nella maggiore complessità delle leggende cavalleresche o di un fumetto come questo, è solo il punto di partenza di una continua ricerca di battaglie da combattere in difesa dei più deboli, che sono altrettante lotte contro i demoni interiori del protagonista.
Altrimenti anche Tristan di Halsbourg, in un’epoca disincantata come la nostra in cui i governanti non sono più molto stimati, poteva rischiare di apparire assetato di potere come coloro che combatte. Il suo limite sta comunque nel non aver saputo fare molto di più per il suo popolo, che sostituire un sovrano con un altro.

Légend vol. 4. Soleil, 2008


La stessa introspezione psicologica che rende l’eroe di Légende ben più interessante e concreto, rispetto al tipico protagonista di una fiaba, si ritrova nel principale personaggio negativo della serie. Infatti anche lo stregone Milos Shaggan, così come il vampiro Vladimir Kergan de Il Principe della Notte, giustifica le sue azioni e la sua voglia di rivalsa contro il mondo con delle critiche, anche giuste, alle ipocrisie umane a cui ha assistito nella sua vita. Nelle storie di Swolfs, tali personaggi spietati, pur nei loro deliri di onnipotenza, dicono insomma anche delle verità, che in qualche modo possono spiegare la formazione del loro carattere.
Nel caso di Shaggan, ciò che ha alimentato in lui uno sfrenato e incolmabile risentimento è l’aver subito nell’infanzia le imposizioni della mentalità moralista, umiliante e violenta dell’inquisizione cristiana, il ché per reazione lo ha spinto a trasformarsi esattamente in ciò che gli ottusi dittatori religiosi cercavano di impedirgli di diventare: un adoratore delle tenebre che ricerca solo il proprio potere. Quello di cui Shaggan non si è reso conto, è d’aver finito in qualche modo per seguire il loro perverso esempio, anche nell’educare suo figlio all’insegna di una durezza d’animo priva d’affetti e compassione, illudendosi in tal modo di renderlo più forte.


Légende vol. 5. Soleil, 2011


Légende, pur essendo definibile come un fantasy per la struttura narrativa epica e la potenza evocativa, lo è comunque in modo un po’ atipico. Infatti, a differenza delle più classiche storie fantasy, la serie è collocabile in un contesto storico piuttosto preciso e l’abituale concretezza di Swolfs prende il sopravvento sugli aspetti immaginifici. La componente fantastica si limita per lo più alle inquietanti fate che popolano i sogni di Tristan, o ai demoni inviati da Shaggan a turbare il sonno del duca Matthias e provocarne la morte.
La trama è quindi sostanzialmente realistica e gli aspetti del vero e proprio fantasy sono relegati a un piano di esistenza invisibile, che è appunto quello dei sogni. Nel quinto episodio, in cui Tristan riconquista il proprio ducato, questo mondo invisibile si esprime nel confronto mentale tra Shaggan e il guaritore Ignatius, rappresentato come un dialogo tra due draghi, mentre nel sesto album un sogno di Tristan occupa quasi tutto l’episodio, che è quindi relativamente più ricco di elementi fantastici, ma soltanto fino a un certo punto.
Anche l’apparizione onirica di una fata (in cui i simboli archetipici della donna, dell’albero e del serpente rimandano a una complessa allegoria della morte e della rinascita legata alla sessualità) è rappresentata in modo così concreto e materiale da rendere tranquillamente possibile a Tristan di unirsi carnalmente con lei.


Légende vol. 6. Soleil, 2012


Sempre nel sesto episodio di Légende, la principale prova che Tristan affronta in sogno consiste nel liberare dei bambini da un castello, in cui uno stregone e una strega li tengono prigionieri sottoponendoli a sevizie. Essendo un uomo e una donna, potrebbero rappresentare le coppie che infliggono ai figli sofferenze fisiche o disagi mentali, trattandoli in modo opprimente e restrittivo. È chiaro che il bimbo che Tristan porta in salvo è appunto una parte di sé stesso, che sente il bisogno di salvare dal ricordo di molestie subite nell’infanzia.
Alla fine del realistico sogno il cavaliere riprende il cammino spezzando i legami col passato, novello Tristano alla ricerca di una propria Isotta che non sa né dove sia né che volto abbia, come la maggior parte di noi.
I sei album finora usciti di Légende sono stati raccolti in Italia in due volumi a colori, pubblicati dalla RW Edizioni nell’etichetta Lineachiara, col titolo Leggenda. Sono poi apparsi anche in una miniserie di tre numeri in formato bonellide in bianco e nero, pubblicata dall’Editoriale Cosmo nel 2013 col titolo La Leggenda.


Rémission. Soleil, 2008

 
Tra le edizioni italiane di Swolfs, manca ancora all’appello solo l'album singolo Rémission, da lui pubblicato nel 2008 solo come sceneggiatore, per i disegni di Brice Cossu, e che potremmo sperare di vedere in un prossimo futuro anche in Italia.


Albi di Yves Swolfs pubblicati in Italia in formato bonellide:

Il Cacciatore n. 1, GP Candy n. 15. GP Publishing, 2011


IL CACCIATORE
Serie di tre numeri
Titolo originale: Le Prince de la Nuit
Testi e disegni: Yves Swolfs
Formato: 96 pag. in bianco e nero
Editore: GP Publishing
Collana: GP Candy dal n°15 al 17
Date di uscita: dal Novembre 2011 al Gennaio 2012
Periodicità: mensile
Prezzo: € 2,90 l’uno


Durango n. 2, GP Maniac n. 24. GP Publishing, 2012


DURANGO
Serie di otto numeri
Testi: Yves Swolfs
Disegni: Yves Swolfs, Thierry Girod
Formato: 96 pag. in bianco e nero
Editori: GP Publishing - Editoriale Cosmo
Collane: GP Maniac dal n°23 al 29 - Cosmo Serie Gialla n°9
Date di uscita: dal Febbraio all’Agosto 2012 – Giugno 2013
Periodicità: mensile
Prezzo: € 2,90 l’uno

James Healer, numero unico (GP Comics n. 5). Cosmo, 2012


JAMES HEALER
Numero unico
Testi: Yves Swolfs
Disegni: Giulio De Vita
Titolo: Camden Rock
Formato: 144 pag. in bianco e nero
Editore: GP Publishing
Collana: GP Comics n°5
Data di uscita: Maggio 2012
Prezzo: € 4,50


Black Hills n. 2, West n. 2, Serie Gialla n. 6. Cosmo, 2013


BLACK HILLS
Serie di due numeri
Titolo originale: Black Hills 1890
Testi: Yves Swolfs
Disegni: Marc-Renier
Formato: 96 pag. in bianco e nero
Editore: Cosmo
Testata: West - Fumetti di Frontiera n°1 e 2
Collana: Cosmo Serie Gialla n°5 e 6
Date di uscita: Febbraio e Marzo 2013
Periodicità: mensile
Prezzo: € 2,90 l’uno

Dampierre n. 1, Serie Rossa n. 8. Cosmo, 2013


DAMPIERRE
Serie di cinque numeri
Testi: Yves Swolfs
Disegni: Yves Swolfs, Éric, Pierre Legein
Formato: 96 pag. in bianco e nero
Editore: Cosmo
Collana: Serie Rossa dal n°8 al 12
Date di uscita: dal Giugno all’Ottobre 2013
Periodicità: mensile
Prezzo: € 2,90 l’uno

La Leggenda n. 1, Serie Verde n. 1. Cosmo, 2013


LA LEGGENDA
Serie di tre numeri
Titolo originale: Légende
Testi e disegni: Yves Swolfs
Formato: 96 pag. in bianco e nero
Editore: Cosmo
Collana: Serie Verde dal n°1 al 3
Date di uscita: dal Settembre al Novembre 2013
Periodicità: mensile
Prezzo: € 2,90 l’uno

Vlad n. 1, Serie Blu n. 25. Cosmo, 2014


VLAD
Serie di tre numeri
Testi: Yves Swolfs
Disegni: Griffo
Formato: 96 pag. i primi due e 144 pag. il terzo - in bianco e nero
Editore: Cosmo
Collana: Serie Blu dal n°25 al 27
Date di uscita: dall’Ottobre al Dicembre 2014
Periodicità: mensile
Prezzo: € 2,90 l’uno i primi due e € 4,50 il terzo



Yves Swolfs



Andrea Cantucci


N.B. Trovate i link alle altre puntate dei bonellidi su Cronologie & Index!

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