domenica 20 luglio 2014

L’ANGOLO DEL “BONELLIDE” (IX): EL MEXICO DE LA SANTA MUERTE

 di Andrea Cantucci


“Questo era il Giorno di Morti messicano. C’era un odore di morte in tutto il 
Messico a cui non potevi sfuggire, per quanto lontano saresti potuto andare. 
Non importava quello che avresti fatto o detto, nemmeno se avessi riso o ti 
fossi ubriacato, non si poteva sfuggire alla morte in Messico.”

da
The Candy Skull (Il Teschio di Zucchero) di Ray Bradbury, 1948


In Messico esiste oggi un’immagine di culto, la Santa Muerte, che è una via di mezzo tra le raffigurazioni cristiane medievali della Morte armata di falce e l’iconografia di una tipica santa cattolica ben vestita, con la testa coperta da un sombrero o un velo chiaro, anziché da una scura cappa come l’allegoria della morte europea, un’immagine che sembra sia adorata dalle bande assassine dei narcotrafficanti messicani.
C’è anche una festa locale particolarmente macabra ma vissuta dai Messicani con sentita sacralità, El Dia de los Muertos (Il Giorno dei Morti), in cui tradizionalmente si mangiano le calaveras, i teschi di zucchero. È una festa paragonabile al nostro Due Novembre e all’anglosassone Halloween, derivato dal capodanno celtico, Samhain, in cui si facevano sacrifici umani e le anime dei morti si mettevano in viaggio per l’aldilà.
Ricordiamoci che i Messicani discendono in parte dai celti di Spagna, i Celtiberi, e che una certa attenzione rituale per i modi di dare e ricevere la morte ha sempre fatto parte anche della cultura spagnola (basti pensare alle corride). Inoltre per metà discendono dagli antichi popoli precolombiani, come Maya, Toltechi e Aztechi, che hanno avuto a loro volta i loro periodi di riti sanguinari e adoravano tra le altre alcune divinità tenebrose, come il dio della notte e della guerra Tezcatlipoca, e il dio della morte e degli inferi Tzontemoc.
Tutto questo per dire come l’aspetto sacrale della morte sia ancora particolarmente importante in Messico, cosa che sembra essersi riflessa anche sulla sorte e sulle visioni di alcuni personaggi messicani apparsi nei fumetti. Qualche bella immagine della Morte dalla tipica grafica messicana, appare per esempio nel bel racconto breve El Amigo, disegnato nel 1975 da Enrique Breccia, in cui un guerrigliero di Emiliano Zapata riceve la notizia che suo figlio sta morendo e un suo compagno lo lascia disertare a prezzo della propria vita.

La santa muerte di Enrique Breccia (dall'epidodio El Amigo)
La morte svolge un ruolo essenziale anche in un episodio della serie Los Guerrilleros, degli spagnoli Miguel Cussó e Jesús Blasco Monterde, noto da noi per aver disegnato anche Tex. Apparso nel 1968 sulla rivista belga Spirou e in Italia nel 1980 sulla rivista Skorpio, col titolo West Forever, il primo episodio di Los Guerrilleros (o Les Guerrilleros, alla francese) vede l’incontro del pistolero Ray e dell’apache Yuma col simpatico imbroglione messicano Pedro Alvarado De Guzman, sempre pronto a fregare il prossimo ma che alla fine si rivela di buon cuore, come i personaggi interpretati da Eli Wallach nei film di Leone. Tra le balle sparate da Pedro c’è quella di essere stato colonnello durante la rivoluzione di Benito Juárez, ma, nonostante il titolo, la serie non ha niente a che fare con la rivoluzione e non è neanche ambientata in Messico.

Pittorica cover di Enrique Torres per la recente ristampa bonellide de I guerriglieri di Cussò e Blasco
L’edizione francese in album del 1980, è tradotta in italiano nel 2014 in formato bonellide dall’Editoriale Cosmo, col titolo I Guerriglieri. Alla fine del primo episodio, Pedro si aggrega stabilmente al gruppo e con le sue azzardate iniziative ai limiti della truffa diventa il motore di successive avventure. In una di queste prende il posto di un famoso pistolero morto, allo scopo di intascare i mille dollari che gli erano stati offerti in cambio dei suoi servigi come sceriffo. Per sostenere la parte, Pedro è costretto per tutta la storia ad andare contro le sue abitudini, diventando praticamente un altro, astemio, onesto e perfino coraggioso ai limiti dell’incoscienza, un po’ come se il vero morto fosse lui e l’altro rivivesse per suo tramite, finché, una volta sgominata la banda di turno, il vivo e il morto possono nuovamente scambiarsi abiti e ruoli. È come se l’eroico pistolero morto, come un “santo” laico, avesse influito positivamente sulla vita di chi l’ha sostituito.


Sergio Toppi impegnato con le mitiche sette città di Cibola

Oltre a L’Uomo del Messico, Sergio Toppi nello stesso periodo disegnò un paio di affascinanti storie brevi  di sua ideazione, entrambe ambientate nell’antico Messico e in relazione con la morte originata dagli dèi. 
In Tzoacotlan 1521, pubblicata su Linus n°7 del 1976, il vecchio sacerdote azteco Quematzin ottiene dai suoi dèi una moderna mitragliatrice per massacrare i conquistadores spagnoli che hanno appena invaso il suo paese, pagando però il dono con la propria vita. In San Isidro Maxtlacingo 1850, pubblicata su Alter Alter n°1 del 1978, un ricco europeo annoiato si reca a visitare un antico tempio azteco dedicato a un dio che donava la pioggia in cambio della morte di chi gli veniva sacrificato e il visitatore scopre a sue spese che il santuario è ancora in attività. I due racconti, oltre che nel bel volume Sacsahuaman pubblicato dalla Milano Libri nel 1980, sono stati anche ristampati nel volumetto Percorsi Messicani, il n°48 dei Tascabili Lizard.
Ma l’interesse del grande autore per il Messico non si era ancora esaurito. Nel 1985 pubblicò sulla rivista Corto Maltese il racconto Chapungo, in cui il povero messicano che dà il nome alla storia è ossessionato dagli aeroplani, di cui collega la caduta alla memoria del padre morto, fino a uccidere tutti quelli che incontra e che teme possano portargli via il prezioso relitto che riesce infine a trovare, anch’esso, a suo modo, morto.
Nel 1992 invece, Toppi scrive e disegna per la collana Relatos del Nuevo Mundo, dell’editrice spagnola Planeta DeAgostini, il lungo racconto a colori Il Tesoro di Cibola, in cui tre avventurieri vanno alla ricerca delle mitiche città d’oro, nei territori ancora inesplorati di quella che nel XVI secolo si chiamava ancora Nuova Spagna. Uno di loro è un ventriloquo che spera di usare una testa di morto parlante per spaventare gli indigeni, ma per loro sfortuna gli indios Yaquis si trovano perfettamente a loro agio con la morte.

Anche Ken Parker di Berardi e Milazzo non poteva farsi mancare un giro Sotto il cielo del Messico
Un’altra storia d’ambientazione messicana che termina con un’ecatombe è Sotto il Cielo del Messico, uscita nel 1977 sul n°7 del Ken Parker di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, a cui fa da scenario uno dei tanti tentativi di golpe a opera dei militari. Il colpo di stato, che per vari imbrogli e fatalità non avverrà, è progettato da un tal generale Huerta, che prende solo il nome dall’omonimo ufficiale dell’esercito porfirista che ebbe un ruolo sinistramente importante nella storia messicana. Poiché questo periodo di Ken Parker si svolge durante la presidenza Grant, quindi pochi anni dopo la Guerra di Secessione, quel fallito golpe si può collocare nel periodo in cui in Messico era una repubblica con presidente Benito Juárez, tra gli anni ’60 e ’70 dell’800.
Lo stesso Ken affronta simbolicamente la morte in almeno due punti del racconto, quando attraversa il deserto e quando è rinchiuso in un doppio fondo e crede d’essere stato sepolto vivo. Tra i morti veri e propri, si contano invece due pattuglie di poliziotti messicani, un pistolero gringo un po’ troppo sicuro di sé, un’ambigua avventuriera e un erculeo ritardato uniti in un abbraccio di amore e morte… e ancora non basta. I soldati coinvolti nel golpe e i trafficanti che dovevano rifornirli di armi si scontrano in una sparatoria di massa con quasi nessun superstite che, benché molto più breve, ricorda quella del film Il Mucchio Selvaggio di Sam Peckinpah, forse una tra le pellicole ambientate in Messico col maggior numero di morti ammazzati.
Sempre di Berardi e Milazzo, va citato anche il breve racconto La Conquista del Messico, uscito nel 1991 su Comic Art n°79, di cui il nostro Francesco Manetti ha scritto giustamente: il conquistador, spinto dalla sua bramosia di ricchezza, si rivela non meno incivile del sacerdote azteco che ha strappato il cuore a una vittima sacrificale. Entrambi infatti uccidono un innocente, l’uno commettendo un delitto evidentemente abituale e l’altro compiendo un atto considerato sacro. Ognuno dei due è, a suo modo, un seguace della Santa Muerte, né più né meno dei fanatici Thugs che in India procuravano vittime in onore della loro dea Kālī.

Collana Metal n.2 - ed. Nuova Frontiera. disegno di Jeronaton
Molto meno sanguinario e a suo modo più romantico, è l’album ambientato nell’antico Messico Champakou, opera dell’illustratore belga Jean Torton, in arte Jeronaton, che fu edito in Francia da Les Humanoides Associés e pubblicato in Italia dalla Nuova Frontiera sul n°2 della Collana Metal, all’inizio degli anni ’80.
Il protagonista della vicenda, che dà il titolo al volume, è il nuovo indovino della cittadina maya di Sayatal, che come il suo predecessore incontra una visitatrice aliena, scambiandola ovviamente per una divinità. In questo periodo precolombiano però i Maya non avevano ancora acquisito dai vicini Toltechi l’abitudine ai sacrifici umani portati all’eccesso e, nonostante la copertina un po’ tenebrosa, il racconto scorre questa volta con ben poche vittime, dovute solo alle solite incomprensioni tra esseri di mondi diversi.
La morte, sventata all’ultimo momento, affrontata eroicamente o accettata per propria scelta, svolge invece un ruolo ben più importante in un altro album dello stesso autore, La Grande Traversata, pubblicato in Italia nel 1983, sul n°14 della stessa collana. L’ambientazione è questa volta più ampia, attraversando tutto il continente americano, ma le scene ambientate nel Messico dei Toltechi e dei Maya sono centrali. Qui giunge, alla ricerca del fratello, una ragazza comanche di nome Topsannah a cui lo spirito del peiotl ha donato la capacità di assumere le fattezze di un’aquila per percorrere grandi distanze. La morte però sembra seguirla, o forse precederla, nel suo viaggio. Inutile si rivelerà il suo tentativo di salvare un giovane maya, destinato al sacrificio dai suoi nemici toltechi. Ricavando da lui informazioni, è come se le avesse avute da qualcuno già morto. Nella città maya di Chichen Itza affronta poi la prova più estrema, trascorrendo la notte immersa in un pozzo sacro per parlare col dio Kukulkan, che, come tutti gli dèi, è molto difficile incontrare da vivi.


Collana Metal n.14 - La grande traversata: Non solo Messico per Jeronaton.
La storia, tutto sommato semplice e che, come la precedente, è poco più che una scusa per rappresentare in dettagliate illustrazioni monumenti e costumi delle civiltà precolombiane, evoca però nel finale un’immagine della morte particolarmente luminosa e riconciliatoria rispetto al comune destino di noi tutti.

I morti abbondano anche nelle storie in cui appare il guerrigliero messicano Amos Rodriguez, a partire dal quarto episodio della serie western Durango, creata dal belga Yves Swolfs nel 1978 e ristampata in Italia in formato bonellide dalla GP Publishing nel 2012. La figura di Amos è ricalcata su quella di Cuchillo e degli altri peónes ribelli interpretati al cinema da Tomas Milian, di cui Amos è l’anagramma del nome senza la T e Rodriguez è il vero cognome. Come loro, pur circondandosi di assassini e usando metodi violenti, Amos “lotta per la libertà dei diseredati” e questi lo sostengono, anche perché qui la maggior parte degli ufficiali e dei soldati messicani, che dovrebbero rappresentare le autorità, sono molto peggiori di lui e della sua banda.


Recente ristampa delle avventure di Durango in formato bonellide - Ed.GP publishing - Cover di Swolfs
Anche il protagonista che dà il nome alla serie, Durango, un pistolero gringo armato di mauser, pur non essendo messicano deve il suo nome al Messico, trattandosi di quello di una città e di uno stato nel nord del paese, anche se forse è stato scelto dall’autore soprattutto per la sua assonanza con Django.
Nel quinto e nel sesto album della serie, Sierra Selvaggia e Il Destino di un Desperado, entrambi ambientati in Messico, Durango aiuta appunto Amos e i suoi guerriglieri ad affrontare due intere guarnigioni di soldati. Ma alla testa di un gruppo di cacciatori di taglie che spalleggiano l’esercito messicano contro di loro, c’è una canaglia di nome Logan con le fattezze di Jack Palance, altro famoso interprete dei western all’italiana, a cui qui viene fatto ripetere lo stesso eccezionale ruolo di cattivo che aveva in Vamos a Matar, Compañeros.
Il periodo in cui si svolge la vicenda non è chiaro e neanche tanto importante, ma poiché vi si fa cenno a un tiranno, è probabilmente ambientata dopo la presa del potere da parte di Porfirio Dìaz nel 1876. La cosa che qui più conta è la celebrazione, a suon di sparatorie e di morti ammazzati, dei vecchi spaghetti western, mentre ogni contenuto politico è del tutto marginale, segno che anche in Francia dopo tanti anni si ricordano ancora di quando al cinema, per tentare di fare la rivoluzione, praticamente bastavano un gringo e un peón.
Tanto per restare in tema, anche il ribelle Amos, quando ormai ben pochi personaggi sono rimasti in vita, finisce a sua volta per incontrare il suo destino sotto un metro di terra, quasi santificato da un’eroica morte.



Immagine tratta da Goin' South di Muñoz e Sampayo.

Lasciando il Messico dei western e dei Maya per un Messico più contemporaneo, troviamo una storia a fumetti che, in qualche modo, ricorda molto più da vicino la festa dei morti. È l’episodio degli argentini José Muñoz e Carlos Sampayo intitolato Goin’ South (Andando a Sud), uscito sulla rivista Alter Alter nel 1977 e ristampato sul volume Sophie dell’editrice L’Isola Trovata nel 1980.
La protagonista, Sophie Milasewicz, è una ragazza di New York anticonformista e insofferente verso le autorità, che, dopo essere stata arrestata senza motivo ed essere evasa, si rifugia in Messico. Da qui in poi, il racconto scivola sempre di più nel simbolismo e nella satira politica. Sophie incontra varie figure macabre che alludono all’atavica miseria del paese, da un vecchio ultracentenario, che non mangia da quarant’anni ed è ridotto a uno scheletro, a un tizio detto il “mezzo morto”, che muore un po’ per volta da destra a sinistra.
Per liberare da un carcere statunitense la figura semi-mitologica detta Chingada Madre (Madre Rotta), di cui sembrano essere figli tutti i peónes del paese di Aguas Podridas (Acque Putride), la gringa Sophie ricorre poi all’aiuto di un esercito di rivoluzionari defunti, i “ragazzi della morte” di Lisandro Obregón, che sono più scheletrici di tutti gli zombi che vanno di moda oggi. Nella storia si dice che questi avevano combattuto con Pancho Villa e che l’ultimo era morto nel 1912, quindi non dovrebbero avere niente a che fare col generale Obregón, realmente esistito, che nel 1914 sostenne invece la presidenza di Carranza contro Villa.
Una volta liberata la Madre, che ritorna volando in Messico e si fonde con la terra rigenerandone la vita, la ritorsione degli USA consiste in un attacco militare che rade al suolo la cittadina e ne massacra gli abitanti, chiara metafora dei sanguinari interventi armati statunitensi di quegli anni in paesi come il Salvador o il Cile.


Trillo e Risso firmano la serie Chicanos, qui nella più recente incarnazione nostrana della Coniglio Editore.
Il tema del rapporto tra immigrati messicani e società statunitense, trattato in modo meno esplicitamente politico e con maggiore attenzione alla coerenza narrativa delle storie, ricorre anche nella serie del 1995 Chicanos, di altri due grandi autori argentini, Carlos Trillo e Eduardo Risso. La protagonista Alessandrina Yolanda Jalisco, una piccola messicana bruttina e dalle tette enormi, è un improbabile detective privato che ha spesso a che fare per lavoro con morti ammazzati o minacce di omicidio, ma, benché si impegni sempre scrupolosamente nell’assolvere i suoi compiti, riesce di rado ad avere successo fino in fondo nella risoluzione dei suoi casi, anche e soprattutto per i tanti pregiudizi che la circondano. Fin da bambina, le sue indagini tese a scoprire i segreti degli altri, tendevano a provocare conflitti e sfociare in tragedie e ammazzamenti.
La serie, suddivisa in episodi di dodici pagine, è stata pubblicata in Italia su rivista dall’Eura e parzialmente ristampata in volume da Coniglio Editore nel 2003, ma ha avuto meno successo di quanto avrebbe meritato.

Primo volume della recente edizione economica di Juan Solo - Editoriale Cosmo - Cover di Bess
Uno dei fumetti più affascinanti ed evocativi ambientati nel mondo della miseria e del crimine messicani è Juan Solo, scritto da Alejandro Jodorowsky, che diresse i suoi primi e più importanti lungometraggi proprio in Messico, e disegnato da George Bess. Edito da Les Humanoides Associés in quattro volumi usciti tra il 1998 e il 1999, in Italia Juan Solo è stato pubblicato in edizione cartonata da Grifo Edizioni e riproposto nel 2014 in edizione economica dall’Editoriale Cosmo. Il protagonista è un bambino nato con la coda che qualcuno ha abbandonato in una discarica e che viene allevato da un nano omosessuale che si prostituisce.
La durezza di una vita da emarginati in cui il suo genitore adottivo viene massacrato da dei teppisti, conduce il caudato Juan alla delinquenza e a crescere come uno spietato capobanda con sempre maggiori ambizioni, fino diventare la guardia del corpo del primo ministro. Attraverso altre vicissitudini e traversie, con la sua decadenza dal posto di potere che aveva, Juan subisce poi una lenta e graduale evoluzione interiore che lo porterà, come viene anticipato all’inizio della storia, a diventare il santo adorato da una povera comunità, deciso a sacrificare la propria vita per loro, ciò che si può in effetti definire come una “santa morte”.


Copertina di Juarez, decimo volume della collana Cosmo Color (ed. Cosmo) - immagine di Corentin Rouge
Un’altra bella storia ambientata nel Messico contemporaneo e in cui appaiono anche visioni connesse al culto della Santa Muerte, è Juarez, scritta dalla brava Nathalie Sergeef e molto ben disegnata da Corentin Rouge.
Edita in Francia nel 2012 dalle Editions Glénat e pubblicata anch’essa nel 2014 dall’Editoriale Cosmo, è ambientata appunto a Ciudad Juárez, al confine tra Messico e Stati Uniti, in una città dove si contano a centinaia, forse a migliaia nell’arco di vent’anni, i casi di feminicidios (femminicidi), con le giovani donne che ne sono vittime che scompaiono, per essere poi a volte ritrovate uccise, sepolte sotto le case o nei campi.
Juarez è la storia immaginaria di uno di questi casi, con Gael, fratello di una ragazza scomparsa, che arriva in città per rintracciare la sorella. Le sue indagini lo portano a cercare in ambienti malavitosi ma anche altolocati, che spesso in Messico come in Italia coincidono, in quelli che sembrano tanti vicoli ciechi. Un finale eccezionalmente concepito manderà però al proprio posto tutti i tasselli e gli indizi precedenti, chiarendo esattamente cosa è successo alla ragazza, anche attraverso un sapiente montaggio alternato in flashback.


La Santa Muerte fa la sua apparizione nel volume Juarez - disegno di  Corentin Rouge

Nella storia Mexican Standoff (letteralmente Stallo Messicano), scritta da Diego Cajelli, disegnata da Matteo Cremona e pubblicata nel 2013 sul n°9 della collana Le Storie della Bonelli, l’apparente morte e la misteriosa guarigione del protagonista, Reyes, un gangster messicano d’origine india coinvolto in una guerra contro l’ex-capo, potrebbe invece essere l’occasione per lui per iniziare una nuova vita, se non fosse del tutto preso dal desiderio di rivalsa e dalla vendetta per l’omicidio della sua donna. Gli elementi fantascientifici riguardanti possibili entità aliene che lo avrebbero salvato, si mescolano con temi mistici della cultura india, con effetti volutamente poco chiari, ma che condurranno a una spiegazione degli eventi abbastanza originale, anche se questa rimane tutto sommato secondaria rispetto alla cura dedicata alle sparatorie e alle scene d’azione.
Lo stesso Reyes, che ha acquisito poteri estremi, diventerà infine un perfetto strumento della Santa Muerte. Anche nel XXI secolo, il Messico rimane così un territorio di violenze e magie, ai cui confini gringos e peónes continuano a scontrarsi, quando proprio non riescono a diventare amici… o a fare una rivoluzione insieme.


Il Messico e il suo folklore nel nono numero de Le Storie (Bonelli editore). Cover di Aldo Di Gennaro

   
Storie citate nell’articolo uscite di recente in formato bonelli:
  
DURANGO episodi 4/6
Testi e disegni: Yves Swolfs
su
DURANGO n°2-3
Collana: GP Maniac n°24-25
Formato: 96 pagine in bianco e nero
Editore: GP Publishing
Date di uscita: Marzo-Aprile 2012
Prezzo: € 2,90 l’uno

  
MEXICAN STANDOFF
Testi: Diego Cajelli
Disegni: Matteo Cremona
su
LE STORIE n°9
Formato: 112 pag. in bianco e nero
Editore: Bonelli
Data di uscita: Giugno 2013
Prezzo: € 3,50
  
I GUERRIGLIERI
Testi: Miguel Cussó
Disegni: Jesús Blasco
su
WEST – FUMETTI DI FRONTIERA n°8
Collana: Cosmo Serie Gialla n°17
Titolo: La Vendetta del Gringo
Formato: 96 pag. in bianco e nero
Editore: Cosmo
Data di uscita: Febbraio 2014

Prezzo: € 2,90

 Andrea Cantucci

N.B. trovate i link alle altre puntate dei servizi dedicati ai "bonellidi" sulla pagina Cronologie e index!

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