giovedì 17 aprile 2014

L'ATLANTE DI MISTER NO. "M", II PARTE: DA "MANAUS" A "MEDINA, PACO FRANCISCO". FINALMENTE ARRIVIAMO A MANAUS!

di Massimo Capalbo

L'Atlante di Mister No - che ancora troneggia come link sulla homepage di Jerry Drake nel sito della Sergio Bonelli Editore - arriva alla seconda parte della lettera M, dove potete leggere una delle voci più approfondite e importanti del nostro dizionario, quella dedciata alla città adottiva del nostro eroe, la brasiliana Manaus! Massimo "Max" Capalbo ha deciso di dividere in più parti la gigantesca lettera M dell'Atlante, portando avanti nel contempo l'altro nostro grande porogetto bonelliano, gli Zagor Monsters, l'enciclopedia delle creature fantastiche nel cosmo dello Spirito con la Scure: ecco dunque spiegata la cadenza mensile dell'Atlante, pubblicato inizialmente ogni 15 giorni. E in pentola bolle anche qualcos'altro... ssssst! Godetevi dunque le informazioni e le curiosità sulla capitale amazzonica e le altre sei interessantissime voci di questo nuovo appuntamento con il pilota del Piper! (s. c. & f. m.)


Mister No appare sulla copertina del Dylan Dog Horror Fest n. 12, aprile 2014. Disegno di Sara Pichelli, con i colori di Annalisa Leoni.



Legenda
  • I nomi in stampatello e grassetto rimandano a una voce dell’Atlante.
  • I nomi dei personaggi cui è dedicata una voce sono indicati per cognome - ovviamente se questo è conosciuto (per esempio: AMARAL, STELIO; REMY, ANOUK). In alcuni casi, però, abbiamo optato per il soprannome (per es.: ESSE-ESSE invece che KRUGER, OTTO). Riguardo poi a personaggi come O BISPO ed EL LOCO, le voci a loro dedicate sono state inserite sotto l’iniziale del nome, invece che sotto l’iniziale dell’articolo: per es., EL LOCO, si trova alla lettera L di LOCO e non alla lettera E di EL (che in spagnolo è appunto un articolo e corrisponde al nostro IL).
  • I personaggi dalla doppia identità sono stati indicati con il nome della loro identità fittizia piuttosto che con il nome vero (ad es.: DEMONE ETRUSCO, GIUSTIZIERE DI BONAMPAK).
  • Quando i personaggi vengono citati in una voce che non è a loro dedicata, solo il cognome è scritto in neretto e stampatello, in modo da rimandare immediatamente alla lettera sotto la quale sono stati inseriti (per es.: nel testo della voce ANACONDA, il personaggio Daniel Murdock è citato come Daniel MURDOCK). L’unica eccezione a questa regola riguarda il protagonista della serie, il cui nome - attenzione: non il nome proprio Jerry Drake, ma appunto il soprannome MISTER NO - è sempre scritto in neretto e stampatello, tranne ovviamente quando è inserito nel titolo di un fumetto o di un libro (per es.: Mister No Index Illustrato, Mister No Riedizione If).
  • Per quanto riguarda la serie regolare, il titolo attribuito a ciascuna storia è tratto da uno degli albi che la compongono ed è quello, a nostro avviso, più rappresentativo, quello che meglio sintetizza la trama o che, rispetto ai titoli degli altri albi, richiama la storia alla memoria dei lettori in modo più efficace. Per esempio, la storia dei nn. 17-20 viene indicata con il titolo del n. 19, "Operazione Poseidon" perché esso è più rappresentativo, più calzante rispetto ad Agente segreto Zeta 3 e Tragica palude, che sono i titoli rispettivamente del n. 17 e del n. 19 (del tutto avulso poi il titolo del n. 20, Evasione!, visto che si riferisce alla storia successiva). 
Per le Note sui collegamenti ipertestuali e le Note sulle illustrazioni vedi la prima parte.


Gallieno Ferro a Lucca nel novembre 2013, assalito dalle maschere dei due suoi più noti personaggi: Mister No e Zagor! Dal consigliatissimo e imprenscindibile blog di Moreno Burattini: Freddo Cane in Questa Palude.



M (parte II)
MANAUS
MARCEL, ALAN
MASAI
MAU MAU
MAYA
MBARA
MEDINA, PACO FRANCISCO


MANAUS

La città brasiliana dove MISTER NO ha scelto di stabilirsi dopo aver lasciato gli STATI UNITI. Capitale dello Stato di Amazonas, Manaus – che oggi conta quasi due milioni di abitanti - fu fondata nel 1669 sulle rovine di un avamposto militare portoghese chiamato Fortim São José da Barra do Rio Negro. La città ricevette l’attuale nome nel 1856, in onore della più importante tribù della regione: gli indios Manaos. Nei quarant’anni a cavallo tra i secoli XIX e XX, Manaus visse un periodo di splendore grazie al boom del caucciù.


Mister No n. 2, luglio 1975. Disegno di Ferri.

 
Nolitta presenta Manaus ai lettori - MNO 2, p. 26

L’impetuoso fiume di denaro che si riversò nella città fece di essa una sorta di Parigi del Sudamerica (A Paris dos Trópicos è ancora oggi il suo motto): in poco tempo vennero costruiti sedici chilometri di strade, tutte servite da tram elettrici (quando quelli di Boston, ad esempio, erano ancora trainati da cavalli), ed enormi e sontuosi palazzi come il famoso Teatro dell’Opera o Teatro Amazonas e il Mercado Municipal, progettato dall’architetto Adolpho Lisboa sul modello delle Halles parigine. Il 1913 segnò l’inizio della fine dell’epoca d’oro di Manaus: in quell’anno, infatti, il BRASILE perse la supremazia mondiale nella produzione del caucciù a favore di Ceylon e Malesia, all’epoca colonie britanniche. Nel giro di pochi anni, gli imperi economici dei signori della gomma andarono in bancarotta uno dopo l’altro, i negozi di lusso e i locali notturni di Manaus chiusero, l’illuminazione elettrica cessò: insomma, quella che avrebbe dovuto diventare la nuova capitale del BRASILE ritornò a essere la povera città sperduta nella giungla di quattro decenni prima. All’inizio degli anni Cinquanta, quando il nostro MISTER NO vi si trasferisce, Manaus è - come si legge nell’incipit della storia Amazzonia (G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Donatelli [dis.], nn. 2-3) - poco più di una città morta a causa della totale assenza di ogni forma di industria e delle scarse attività commerciali. Molti degli abitanti vivono alla giornata , in una sorta di sonnolenta attesa che il clima umido e caldo trasforma spesso in torpida rassegnazione […]. 

Manaus vista dal Piper di Mister No – MNO 92, p. 21

Manaus negli anni Cinquanta


La città conserva ancora qualche segno dell’ondata di benessere che esplose nei primi anni del secolo […]. Oltre le maleodoranti baracche del porto fluviale… …nel centro dell’abitato, fra dimesse case di legno, si alzano maestosi edifici, a testimonianza dei giorni del benessere, quando le navi venivano da tutto il mondo a caricare gomma […]. Edifici costruiti per gareggiare con le più illustri città europee e ormai ridotti a una inutile testimonianza di uno splendido passato […]. Ecco dunque Manaus, una antica città senza tempo, dove le ore, i giorni, i mesi si sovrappongono in una completa mancanza di avvenimenti. Non risulta difficile capire, quindi, perché Jerry Drake si sia trovato così bene nella decaduta capitale amazzonica: cosa poteva infatti esserci di più adatto, per un reduce in fuga dalla civiltà del consumo come lui, di un’antica città senza tempo, circondata - o meglio: inghiottita - da milioni di chilometri quadrati di giungla? L’ambiente in cui si muove Mister No – leggiamo a p. 23 di Mister No & Mister Nolitta (a cura di Graziano Frediani e Stefano Marzorati, Coniglio Editore 2006) – è una cittadina povera, umida, stanca […]. Un piccolo punto sulla cartina del Brasile, che l’autore ha più volte visitato nel corso degli anni fino a conoscerne perfettamente l’odore, l’atmosfera, le vibrazioni. La profonda conoscenza di Manaus da parte di Bonelli/Nolitta emerge chiaramente nelle sue storie, dove lo sceneggiatore sottolinea spesso come il torrido e piovosissimo clima della città (che egli visitò per la prima volta nel 1968) abbia influenzato il carattere – indolente, paziente e fatalista - dei suoi abitanti.


Mister No n. 273, febbraio 1998. Disegno di Diso.

Il caldo, la pioggia e la noia: caratteristiche peculiari della Manaus misternoiana – MNO 198, p. 69


Significativo, in questo senso, un altro incipit nolittiano, quello di Rio Negro (G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 12-15): A Manaus, in Amazzonia, quando piove, piove sul serio, ragazzi! Il cielo si copre improvvisamente di pesanti nuvoloni che avvolgono tutta la regione in una cappa plumbea e vi scaricano addosso valanghe d’acqua… …prima ancora che abbiate avuto il tempo di rimediare un riparo! E la gente, direte voi? Beh, la gente c’è abituata, ormai: e prende la cosa con la consueta filosofia sudamericana e aspetta… …aspetta che la incredibile cortina liquida si dissolva… …e si appresta a subire l’inevitabile conseguenza del ritorno del sole e del caldo: un caldo tanto umido e debilitante da togliere anche la forza di muovere un dito. La Manaus misternoiana ha ben poco di inventato o d’inverosimile, visto il rigore quasi documentaristico che caratterizza la saga del pilota amazzonico. Le precise connotazioni storiche, geografiche e topografiche presenti nei numerosi episodi ambientati - in parte o interamente - nella Paris dos Trópicos hanno contribuito a rendere famigliare ai lettori una città lontana da essi tanto nel tempo quanto nello spazio. Vi sono, in particolare, alcuni luoghi di Manaus che ogni misternoiano degno di questo nome tiene ben impressi nella mente: l’aeroporto, i bar, l’Hotel Amazonas, il Teatro Amazonas, il porto fluviale.


Ponta Pelada, il vecchio aeroporto di Manaus


Mister No n. 227, aprile 1994. Disegno di Diso.


Riguardo all’aeroporto, bisogna dire che la sua importanza all’interno della serie non gli deriva solo dal fatto di essere la casa del PIPER e di comparire quindi in buona parte delle storie (molte delle quali iniziano proprio in questo luogo), ma anche perché vi sono accaduti avvenimenti che hanno segnato, nel bene e nel male, la vita di MISTER NO: l’incontro, narrato ne L’ultima frontiera (M. Masiero [sog.&scen.] – D. e S. Di Vitto [dis.], n. 295), con il russo Boris Zarkoff detto ZAR, che sarà il mentore amazzonico del pilota; quello, ne I temerari (M. Colombo e L. Mignacco [sog.&scen.] – M. Bianchini e R. Rossi [dis.], nn. 227-228), con la bella e combattiva Barrett WHITAKER, anch’essa pilota di aerei; la morte, in Vento rosso (L. Mignacco [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], n. 241), di uno dei migliori amici del Nostro, il meccanico Augustino PEREIRA, che viene ucciso dai sicari di ISHIKAWA proprio davanti agli occhi di MISTER NO; la distruzione, nella medesima storia, del suo primo, glorioso PIPER – l’MN-1 - e la sua drammatica fuga a bordo di un altro aereo. Inoltre, è nell’aeroporto manausense che, nella storia Vent’anni dopo (L. Mignacco e M. Masiero [sog.&scen]- O. Suarez/R. Diso/F. Busticchi e L. Paesani [dis.], nn. 292-294), MISTER NO inizia a riconciliarsi con il padre Jerome DRAKE senior; ed è sempre qui che, all’inizio della saga dell’addio, il Nostro incontra per la prima volta Francisco Paco MEDINA, uno dei principali cattivi di questo ciclo conclusivo nolittiano. Il suddetto incontro avviene precisamente nel bar dell’aeroporto, il cui titolare Hipolito è protagonista, assieme a MISTER NO, di una simpatica sequenza. In essa, vediamo Hipolito che, impegnato a pulire alcune bottiglie, non si accorge della presenza del pilota, il quale, avvicinatosi al bancone, fa la seguente ordinazione: Un bicchiere di latte fresco!. Il barista, senza girarsi verso MISTER NO (la cui voce non ha riconosciuto), dice: Questa non è una stalla, amigo, e io non sono una mucca bensì un barman! Sicuro che non vuoi qualcosa di più forte? Come una gazzosa o una aranciata?. Il pilota allora risponde: Uh… forte per forte… …potresti sempre darmi un goccio della grappa italiana che si scola quotidianamente quella sbronzona di tua moglie!.

Mister No e Hipolito, titolare del bar dell'aeroporto manausense - MNO 364, p. 69

Mister No n. 139, dicembre 1986. Disegno di Diso


Hipolito, che non si aspettava certo una risposta del genere, si gira immediatamente: Mil diabos! Ma come ti permetti di… Mister No?!. Che gioia, fratello: Bentornato a Manaus! Mi sei molto mancato!. In seguito, il barista prepara e offre al Nostro – il quale è reduce da una lunga trasferta (non sappiamo dove, però) - una caipirinha di cachaça mineira, che MISTER NO giudicherà ottima. Grande consumatore di cachaça (l’acquavite brasiliana), whisky e alcolici in genere, il pilota è un assiduo frequentatore dei bar di Manaus, a cominciare da quello di PAULO ADOLFO, di cui parliamo nella voce dedicata a quest’ultimo. Tra gli altri bar manausenses apparsi nella saga, vale la pena di ricordare: quello di Diego, che compare nell’episodio iniziale, Mister No (G. Nolitta [sog.&sce.] – G. Ferri [dis.], nn. 1-2); i vari bar - Cafe Central, Star, Moreno ecc. – in cui MISTER NO ed ESSE-ESSE, ne I pirati del fiume (G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 7-10), effettuano un minuzioso giro d’ispezione; il bar di Paulo Pilar, comparso ne L’orrenda invenzione (T. Sclavi [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 138-139). Nel primo bar menzionato ha luogo una divertente scena, in cui MISTER NO chiede al proprietario - Diego appunto - una delle sue famose bottiglie top-secret. Il barista tira fuori un whisky di produzione locale - il Folha de Ouro (in portoghese: Foglia d’Oro) – che, secondo lui, è di ottima qualità. Puah… soltanto i bugiardi come te posso dirne bene, Diego! – dice il Nostro dopo averne bevuto un bicchiere – A mia avviso è una vera porcheria!.

Mister No e Edoardo, barman dell’Hotel Amazonas – MNO 13, p. 17

L’Hotel Amazonas in una foto degli anni Sessanta
 

Il povero Diego cerca di giustificarsi: Ma… mi spiace, amico… forse voi gringos avete il palato troppo raffinato e… . E MISTER NO: Storie! Io sono anche disposto a bere del petrolio per macchine agricole, ma non certo a farmi avvelenare dal prodotto di improvvisati distillatori! Il whisky è una cosa seria, accidentaccio, - continua il pilota, una volta uscito dal bar – e come tale merita di essere trattato con rispetto!. Poi pensa: “Folha de Ouro”…puah! Ecco un nome da cui farò bene a tenermi alla larga!. Di suo gradimento sono invece i molti bicchieri che lui e l’amico Kruger ingurgitano, peraltro gratis, ne I pirati del fiume. I due, a un certo punto, vengono cacciati dal proprietario di uno dei bar da essi ispezionati. Si chiude, gringos: è ora di andare a nanna! dice loro il suddetto barista, spingendoli fuori dal suo locale. Puah! Chiudere i bar quando la notte è ancora giovane: che Paese incivile! esclama il tedesco. Uh… sai cosa ti dico, Esse-Esse?... – gli fa MISTER NO - Che abbiamo sbagliato tutto! Manaus è la città più virtuosa del mondo e non merita la presenza di una coppia di convinti peccatori come noi due!. Al che Kruger dice: Già forse dovremmo andarcene!. E il pilota: Andarcene? Vergogna? Un glorioso combattente del Terzo Reich come te non si dovrebbe arrendere tanto facilmente! Bisogna combattere, invece: combattere uniti per il trionfo dei nostri ideali o perlomeno per ritardare l’orario di chiusura dei bar!. Giusto: - risponde ESSE-ESSEstringeremo il primo patto di alleanza germano-americano nella storia dell’umanità


Mister No Speciale n. 7, luglio 1992. Disegno di Diso

Il Teatro dell’Opera o Teatro Amazonas


Questo dialogo tra i due è veramente spassoso, come pure la scena – con protagonista sempre la suddetta coppia - che si svolge nel bar di Paulo Pilar. Costui non gradisce la presenza dello stregone indio Taiku, entrato nel suo locale assieme a MISTER NO, ESSE-ESSE e Kluge, un impresario circense (vedi TEREZA). Ehi! Qui dentro non serviamo quei tipi lì! dice Paulo ai Nostri. Ma… ma che ti prende, Paulo? – gli fa ESSE-ESSE - Che vi prende a tutti? Quell’indio dice “ugh” come Cavallo Pazzo… tu ti comporti come il barman di un saloon dell’Arizona… . Paulo, però, si mostra ostinato: Mi hai sentito, tedesco: non voglio selvaggi nel mio locale!. A questo punto, ESSE-ESSE si arrabbia e afferra il barista dal grembiule: Verdammt! Ti avverto che oggi non è il giorno, Paulo!. I clienti di quest’ultimo, razzisti come lui, intervengono in sua difesa, ma vengono scazzottati da MISTER NO e dal tedesco, che li fanno letteralmente volare, uno dopo l’altro, dal finestrone del bar. Alla fine, Paulo – che nello scontro ha rimediato un occhio nero - sarà costretto a servire ai Nostri e ai loro amici quattro martini con l’oliva, il cocktail preferito di Taiku. Ma roba da matti! – dice il barista - Aveva ragione il tedesco… oggi non è proprio giornata!.


Mister No n. 97, luglio 1983. Disegno di Ferri.



Altri bar di Manaus degni di menzione sono: il bar di Arlindo, di cui parleremo più avanti; quello di , in cui, nella storia Ananga!, MISTER NO ha due memorabili incontri con la chiromante Isaura; quello dove, ne La mafia non perdona (G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 76-78), MISTER NO ascolta da un immigrato napoletano la canzone Scalinatella, che gli richiama alla mente la drammatica esperienza italiana con Steve MALLORY, poi raccontata all’amica Georgina (che nel finale della storia, intrattiene i clienti del locale cantando un classico della bossa nova, Maria Ninguém). Un discorso a parte merita poi il bar dell’Hotel Amazonas, che, dopo quello di PAULO ADOLFO, è il locale manausense comparso più volte nella serie. MISTER NO lo frequenta assiduamente, non solo per consumarvi alcolici (spesso a credito, essendo il Nostro, come sappiamo, quasi sempre al verde), ma anche con l’intento di trovarvi qualche facoltoso cliente. Il più delle volte, però, sono proprio i clienti dell’albergo, o comunque gli stranieri appena giunti a Manaus – come il Ted MORASBY di Amazzonia (G. Nolitta [sog.&scen.] - F. Donatelli [dis.], nn. 2-3) -, a chiedere di MISTER NO al barman, il calvo e longilineo Edoardo (in Qualcosa è cambiato, uno smemorato Nolitta gli ha mutato il nome in Joscelino). L’Hotel Amazonas, a differenza dei vari bar citati in precedenza, esiste davvero: entrò in funzione nel 1951 e fu per molti anni il principale albergo della città. In Mister No & Mister Nolitta, Sergio Bonelli lo descrive così: Era un locale mezzo scalcinato, piccolo e anonimo come una delle nostre case di periferia. Un posto, comunque, squallidamente affascinante anche se nulla aveva a che fare con i locali descritti magari da Hemingway, misteriosi e pieni di pelli di leopardo e di trofei d’ogni tipo. Era un postaccio dove ho trascorso giorni e giorni bevendo spesso caffè amaro perché la nave con lo zucchero non arrivava da venti giorni… .

Il Teatro Amazonas in una notte di tregenda – MNO 97, p. 81


Non è invece né piccolo né anonimo il Teatro Amazonas, autentico simbolo di Manaus e principale ambientazione de Il fantasma dell’Opera (T. Sclavi [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 97-98), una delle più belle storie misternoiane. Questo imponente teatro fu inaugurato - scrive Sclavi nell’incipit il 6 dicembre del 1897, con la “Gioconda” di Ponchielli. La leggenda dice che perfino Caruso venne qui a cantare. Ma è solo una leggenda, appunto. Tutto, in quello splendente edificio, a cominciare dalla sua stessa esistenza in piena giungla, a milleseicento chilometri dall’oceano, dà un’impressione di dismisura, di gigantesca assurdità. La sua armatura di ferro era stata importata da Glasgow… …le sessantaseimila tessere azzurro e oro che coprono a mosaico la cupola venivano dall’Alsazia e Lorena… …i grandi lampadari erano in puro cristallo di Murano… gli affreschi erano opera di Domenico De Angelis, il più noto pittore italiano del tempo… …i mobili erano inglesi, scolpiti a mano da artigiani di Londra… …platea e palchi potevano accogliere milleseicento spettatori… …ma, all’epoca della nostra storia, il teatro è chiuso ormai da quindici anni. Un fantasma triste e silenzioso… . Nel suddetto episodio, Sclavi trasforma l’Amazonas – che viene riaperto per farvi esibire la celebre soprano Maria Arghidas – in un luogo di paura e di morte (vedi FANTASMA DELL’OPERA). Com’è però nel suo stile, lo sceneggiatore pavese mescola l’elemento horror con abbondanti dosi di umorismo, ottenendo risultati eccezionali. Alla fine della storia, il teatro viene nuovamente chiuso, ritornando a essere un malinconico e polveroso mausoleo. Sclavi utilizzerà l’Opera manausense anche nel suo ultimo lavoro misternoiano - L’oro del fiume (M. Bianchini [dis.], nn. 159-161) -, in una divertente e surreale sequenza ambientata sul tetto dell’edificio, che vede protagonisti il truce BORIS, la bella Audrey SMITH e il pilota. Drammatica, invece, è la scena che si svolge all’interno del teatro in Vento rosso (vedi ESSE-ESSE), mentre in Morte a Manaus (M. Masiero [sog.&scen.] – G. Bruzzo [dis.], nn. 314-315) vediamo MISTER NO che, per scherzo, recita sul palco dell’Amazonas l’inizio dell’Amleto (con tanto di teschio) e intona poi il Nessun dorma di Puccini.


Mister No n. 314, luglio 2001. Disegno di Diso.

L’interno del Teatro Amazonas


Se il Teatro dell’Opera è un fantasma (o almeno lo era ai tempi di MISTER NO, visto che dal 2001 è tornato in funzione), il porto fluviale, al contrario, brulica di vita, essendo la più importante via di comunicazione della città (almeno all’epoca) nonché la sede di un grande mercato di pesce e frutta. Nella saga, il porto riveste una duplice funzione: quella di punto d’arrivo dei futuri clienti o dei futuri nemici (spesso i due ruoli coincidono) di MISTER NO, come vediamo, ad esempio, in Operazione “Poseidon” (G. Nolitta [sog.&scen.] - F. Bignotti [dis.], nn. 17-20), Avventura a Manaus (G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], Speciale n. 6), I delitti del Mar della Sonda (C. Cicogna [sog.&scen.] – M. Bianchini [dis.], nn. 125-128); e quella di punto di partenza dei viaggi che MISTER NO organizza sempre per la clientela e che avvengono a bordo dei tipici battelli amazzonici o delle canoe a motore. Al pari dell’aeroporto manausense, anche il porto fluviale è un luogo dove il Nostro ha fatto incontri importanti; due su tutti: quello, piuttosto turbolento, con Patricia ROWLAND in Rio Negro (G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 12-15) e quello, nella medesima storia e immediatamente successivo al suddetto incontro, con il simpatico musicista nero Dana WINTER. Nella zona del porto sorge la Cidade Flutuante, un gigantesco agglomerato di case galleggianti che formano una vera e propria città nella città.

MISTER NO recita l’Amleto sul palco del Teatro Amazonas – MNO 314

MISTER NO nell’affollato porto fluviale [nella figura alla sua destra si riconosce Sergio Bonelli] – MNO 369, p. 13
 

E’ proprio nella Cidade Flutuante che, in Amazzonia, il già menzionato Ted MORASBY trova finalmente MISTER NO, dopo averlo cercato invano al bar dell’Hotel Amazonas. MORASBY incontra il pilota quando questi è stato appena scaraventato fuori dal bar – in realtà, una maleodorante bettola - di Arlindo. I due rientrano nel locale per affrontare una mezza dozzina di ubriaconi, ma MORASBY viene messo subito al tappeto. MISTER NO, invece, se la cava meglio, e scazzotta diversi avversari. Nello scontro con uno di essi, il Nostro fa cadere a terra un lume a petrolio, che prende immediatamente fuoco; si scatena quindi un incendio e, uno dopo l’altro, gli avventori si precipitano all’esterno, a eccezione di MISTER NO. Questi, per impedire che l’incendio si propaghi a tutta la Cidade, taglia con una scure gli ormeggi del bar e, quando la corrente lo ha ormai allontanato dalle altre case galleggianti, rientra nel locale per salvare MORASBY, rimasto incastrato sotto una trave. Caricandosi il giovane sulle spalle, MISTER NO si tuffa e, assieme al suo connazionale, tocca terra non molto lontano dal quartiere. A ispirare a Nolitta la suddetta scena fu, con molta probabilità, il vero, terribile incendio che, alla fine degli anni Sessanta, distrusse completamente la Cidade Flutuante.


La Cidade Flutuante

Mister No taglia gli ormeggi del bar di Arlindo, salvando dal fuoco il quartiere galleggiante - MNO 2, p. 53


In quegli stessi anni ebbe inizio per la capitale amazzonica una nuova epoca, un periodo di profonde trasformazioni economiche e sociali. Nel 1967, infatti, il governo brasiliano lanciò il Piano di Integrazione Nazionale e dichiarò Manaus zona franca doganale, offrendo quindi notevoli facilitazioni fiscali alle aziende straniere, che costruirono nella città le loro fabbriche. Migliaia di immigrati, provenienti soprattutto dal Nord-Est del BRASILE, si riversarono nella rinata Paris dos Trópicos, e ciò portò ovviamente a un rapido aumento della popolazione e al sorgere, nella periferia, di enormi quartieri dormitorio. E’ proprio in questa nuova Manaus che Nolitta ha ambientato la già citata saga dell’addio, che vede MISTER NO – ritornato nella sua città adottiva all’inizio del 1970, dopo una lunga trasferta – scontrarsi con una realtà per lui irriconoscibile e insopportabile. In Qualcosa è cambiato, il Nostro non riesce a credere ai suoi occhi quando, dall’aereo Bandeirante che da BELÉM lo porta appunto nella capitale amazzonica, osserva il distretto industriale della città: Oh Noooo! Sangue di Giuda! Ma quella che vedo là sotto non può essere Manaus… …quella è la periferia di New York… …anzi, di Detroit oppure di Tokyo… …e, se quello che abbiamo appena sorvolato è il nuovo aeroporto, prevedo che il futuro potrà soltanto cambiarla in peggio!. Il povero MISTER NO va subito incontro a tutta una serie di delusioni: ad esempio, il giorno del suo ritorno in città, non riesce a trovare - per la prima volta in vita sua - una camera libera all’Hotel Amazonas (ormai pieno come un uovo da quando la popolazione manausense è aumentata); e il giorno successivo, al posto delle botteghe dei suoi amici (Eduardo Braga il salumiere, Pato Pinheiro il panettiere) trova negozi di elettrodomestici e di altri prodotti industriali.


Mister No n. 364, settembre 2005


E’ davvero spietato il ritratto che, sempre nella suddetta storia, il pilota fa della nuova Manaus: Un assurdo incrocio tra la penisola Kowloon di Hong Kong, il bazar del Cairo e la settima strada di New York… il tutto peggiorato da una aggravata povertà che rende ogni cosa più sporca, stracciona e avvilente. La disperazione derivante dall’aggravata povertà cui si riferisce MISTER NO è all’origine di un drammatico episodio che ha luogo in Ayahuasca (G. Nolitta [sog.&scen.] – M. Bianchini e M. Santucci/F. Civitelli [dis.], nn. 367-369), nell’affollato porto fluviale. Qui capitão Tiago, proprietario di una grossa barca da pesca, viene improvvisamente aggredito da un ribeirinho, un povero pescatore che abita sulle rive del Rio Urubú, il quale tenta di ucciderlo con un machete. Disarmato da Stelio AMARAL (che salva MISTER NO, intervenuto in difesa del capitão), l’aggressore, prima di essere portato via da due poliziotti, confessa a Tiago il motivo del suo gesto: Volevo punire te, come altri miei amici puniranno tutti coloro che ci stanno spingendo alla disperazione… …tutti coloro che impediscono alle nostre famiglie di sopravvivere! Da quando, ogni giorno, passate voi di Manaus con le vostre maledette reti a strascico, il Rio Urubú e tutti gli altri fiumi non lasciano un solo pesce a noi che da anni viviamo su quelle sponde. Un tempo, la fatica di dieci ore di pesca ti concedeva di mangiare e di mettere insieme il necessario per una camicia, per le medicine… …ma, da quando siete apparsi voi, noi e i nostri figli siamo ridotti alla fame!. Ancora più drammatico e amaro è ciò che accade in Black Lagoon (G. Nolitta [sog.&scen.] – D. e S. Di Vitto [dis.], nn. 378-379), penultimo capitolo della saga nolittiana. In questa storia, i coniugi Waxman, due ricchi turisti americani, si fanno accompagnare da MISTER NO nel bar che un amico del Nostro, l’ex pilota Wes Newfield, ha aperto alla periferia di Manaus assieme alla moglie Paulette.

Mister No osserva incredulo la nuova Manaus – MNO 364, p. 56

Mister No assediato, nella nuova Manaus, dai prodotti della società del consumo – MNO 365, p. 45



Il locale si chiama Creature from the Black Lagoon (titolo originale del film Il mostro della Laguna Nera [Jack Arnold, 1954], di cui i Waxman sono appassionati): ogni sera infatti, Wes e Paulette mettono in scena, interpretando rispettivamente il mostro e la dottoressa Lawrence (Julia Adams), la famosa sequenza del rapimento di quest’ultima. Durante la rappresentazione, però, tre disperati del posto tentano di compiere un vero rapimento ai danni di mister Waxman, per ottenere un riscatto di trecentomila dollari. Wes, con addosso ancora il costume del Gill-man, si avventa sugli improvvisati criminali, uccidendone due, ma finendo a sua volta ucciso. Waxman si sente in colpa per quanto accaduto, ma MISTER NO gli risponde: Storie! La colpa è di questa città, che ha ormai perduto la sua anima e si è trasformata in una specie di girone infernale!. Non sorprende, quindi, che due mesi dopo questo tragico avvenimento, il pilota decida di lasciare Manaus per trasferirsi nella più vivibile RURRENABAQUE. Il lungo e malinconico discorso che, in Una nuova vita (G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], n. 379), egli fa a PAULO ADOLFO e ad altri amici poche ora prima della partenza, merita davvero di essere riportato quasi interamente: Con amarezza e nostalgia lascio a voi questa città che ha tradito le speranze con cui ci avevo messo le mie radici venti anni fa! Fuggivo dagli orrori di una guerra combattuta in tutte le parti del mondo… …ma fuggivo anche dai tentacoli di una nuova società che aveva sostituito la violenza di quel conflitto armato con veleni più sottili ma non meno pericolosi. Arrivismo, egoismo, voglia di emergere a tutti i costi e con tutti i mezzi… il culto del successo e della ricchezza… l’esaltazione dei valori materiali e la schiavitù del consumismo! La Manaus che mi fu dato di scoprire era il mio rifugio ideale, invece. Indifferente al trascorrere del tempo, pareva destinata a restare eternamente immobile nell’aspetto della fugace gloria di cinquant’anni fa… …e nel totale isolamento determinato da un’immensa foresta in cui i fiumi erano le uniche strade che rendevano vuota e inutile la parola competizione. Era la città della sopravvivenza quotidiana, che, totalmente priva di futuro, non riusciva a premiare i più furbi né a punire i più ingenui… la città della rassegnazione, dunque, ma anche della serenità e della pigrizia […]. E adesso? …Adesso la Manaus che c’è là fuori… è una città ben diversa, amigos […]. Oggi, fuori da quella porta, c’è una città che è passata da ottantamila a ottocentomila abitanti… …che fa balenare in tutti la speranza di un lavoro e un nuovo tenore di vita senza, purtroppo, riuscire a mantenere le promesse… costruendo sì grandi fabbriche, ma anche ignobili quartieri dormitorio, moderne favelas per i poveracci arrivati qui da tutto il Nord-Est. Quella mia città della dolce rassegnazione è diventata la città dell’eterna speranza, della facile illusione, ma anche dell’inevitabile delusione… la città del rischio, della spietata competizione che, come purtroppo succede in tutto il resto del mondo… …alla fine premia i potenti, i furbi e gli spregiudicati. Può darsi che questo nuovo modello di vita, alla fine, faccia bene alla gente che si è spinta qui in Amazzonia, faccia perfino bene all’intero Brasile… …ma è certo che questa nuova atmosfera non fa bene a me!

La morte di Wes Newfield – MNO 379, p. 7

Mister No rievoca con nostalgia la sua vecchia Manaus – MNO 379, p. 33

 
Come abbiamo già scritto nella voce ESSE-ESSE, MISTER NO ritornerà anni dopo a Manaus e vi trascorrerà la vecchiaia. Questo ritorno - testimoniato dalle storie Fuga da Skynet (G. Nolitta e A. Castelli [sog.&scen.] – D. e S. Di Vitto [dis.], Speciale n. 8) e L’ultima frontiera, uscite in edicola diversi anni prima della saga dell’addio – è poco coerente con il discorso pronunciato dal pilota in Una nuova vita, ma Sergio Bonelli, in Making of Mister No - Guido Nolitta (a cura di Franco Busatta e Gabriele Ferrero, Edizioni if, 2005), lo giustifica così: Nella mia testa, quella di Jerry è una figura che scappa costantemente dal progresso. Ma Alfredo Castelli, nelle sequenze di cui abbiamo parlato poc’anzi (Bonelli si riferisce appunto a Fuga da Skynet, nda), ha impedito una sempiterna, futura “fuga”, dimostrando che, invece, la resistenza di Mister No può avere una fine. 


Dopo vent’anni, Mister No lascia Manaus – MNO 379, p. 74

 
Curiosità: Così importante nella saga misternoiana, Manaus è invece una città raramente frequentata dal resto del fumetto e dagli altri media. Per quanto riguarda il cinema, la capitale amazzonica compare nel famoso film di Werner Herzog Fitzcarraldo (1982), che Sergio Bonelli amava molto. All’inizio di questa pellicola, ambientata nei primi anni del Novecento, il protagonista Brian Sweeney Fitzgerald alias Fitzcarraldo (Klaus Kinski), il cui sogno è costruire un teatro lirico a Iquitos (Perù), assiste, nel Teatro Amazonas, all’esibizione di Enrico Caruso. Manaus viene citata anche in un film italiano, I complessi (1965), precisamente nell’episodio Guglielmo il dentone, diretto da Luigi Filippo D’Amico e interpretato, nel ruolo del titolo, da un fenomenale Alberto Sordi. Nel suddetto episodio (ultimo dei tre che compongono il film), Guglielmo Bertone è l’unico partecipante non raccomandato a un concorso per diventare il nuovo mezzobusto del telegiornale. Poliglotta e in possesso di una vasta cultura, Guglielmo ha però un vistoso difetto fisico - una dentatura troppo sporgente – che lo rende poco telegenico. Non avendo il coraggio di spiegargli il problema, i membri della giuria tentano in ogni modo di eliminarlo e di favorire invece gli altri due concorrenti rimasti, tra cui Francesco Martello (Franco Fabrizi). Questi viene chiamato prima di Guglielmo, e una delle due domande che gli vengono poste riguarda appunto Manaus: Nella foresta dell’Amazzonia esiste una città che ha un nome che sembra tedesco, che è molto importante per la raccolta della gomma. Ci dica questo nome.

La locandina originale del film Fitzcarraldo (Werner Herzog, 1982)


Aiutato dalla stessa giuria, Martello dà la risposta giusta. Giunge poi il turno di Guglielmo, al quale la suddetta domanda viene fatta in modo diverso, apposta per farlo sbagliare: La città di Manaus è nella Germania Est o nella Germania Ovest?. Il dentone, però, non si fa ingannare e risponde: La città di Manaus non si trova né in Germania Est né in Germania Ovest, ma si trova in Brasile e precisamente nell’Amazzonia. È una città pressoché morta, che ebbe grande sviluppo nell’800 e cioè all’epoca della gomma, finché un inglese di nome Harold Franklyn non trafugò i primi semi della gomma e creò le piantagioni di gomma nella Malesia. La risposta di Guglielmo – che alla fine, in barba alla giuria, vincerà il concorso – non fa una grinza, tranne che nel nome dell’inglese che trafugò i preziosi semi. Il personaggio in questione, infatti, non è il generale Harold Franklyn, bensì l’esploratore Henry Alexander Wickham, cui accenna Sclavi nell’incipit de Il fantasma dell’Opera. Lo sceneggiatore scrive che Wickham era riuscito a esportare illegalmente migliaia di semi dell’Hevea brasiliensis, l’albero della gomma, che erano stati trapiantati nelle colonie britanniche dell’Oceano Indiano (Malesia e Ceylon). In realtà, non si trattò di un atto illegale, dato che all’epoca – 1876 – non vi era alcuna legge in BRASILE che proibisse l’esportazione dei semi di Hevea


Manaus oggi.
 

MARCEL, ALAN

Uno dei personaggi principali della storia-capolavoro Accusa di omicidio (A. Castelli [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 56-59). Da poco scarcerato, Marcel si fa portare da MISTER NO a Cayenna, la capitale della Guyana Francese. Qui vive il suo ex complice Guzman, che venticinque anni prima, dopo una rapina, aveva tentato di ucciderlo per non dividere con lui il malloppo e aveva causato il suo arresto. L’arrivo di Marcel – che è giunto a Cayenna proprio per vendicarsi di Guzman, divenuto nel frattempo il capo della criminalità locale - non passa inosservato: il giorno successivo, infatti, MISTER NO ha nella sua camera d’albergo un movimentato incontro con il commissario Ducros – complice di Guzman nonché fanatico moralista -, il quale vuole sapere da lui dove si nasconde l’ex galeotto. Il pilota viene poi condotto con la forza, dagli scagnozzi di Guzman – il crudele Auguste e il massiccio Flosso - nell’abitazione del loro capo, il quale gli chiede se Marcel gli ha rivelato qualcosa sul suo conto.


Mister No n. 57, febbraio 1980. Disegno di Ferri.


Rientrato in albergo, MISTER NO trova nella sua camera il cadavere di Annie Moran, un’entraîneuse conosciuta la sera prima. Il pilota viene subito arrestato per omicidio da Ducros e finisce, dopo un frettoloso processo, nel terribile penitenziario di APPROUAGUE. Prima del processo però, MISTER NO viene detenuto nel carcere di Cayenna e qui riceve la visita di ESSE-ESSE, al quale racconta tutto ciò che gli è successo da quando è arrivato in città. Deciso ad aiutare l’amico, Kruger si mette immediatamente alla ricerca di Marcel: potrebbe infatti essere stato lui a incastrare MISTER NO, anche se il tedesco non ne è molto convinto. Com’era successo al pilota, anche Kruger viene condotto dagli sgherri di Guzman dal loro boss, il quale gli propone di uccidere Marcel in cambio della liberazione di MISTER NO. La ricerca compiuta da ESSE-ESSE si rivela però infruttuosa; pertanto, Guzman ordina ad Auguste e Flosso di uccidere il tedesco. A salvare Kruger è lo stesso Marcel, il quale uccide i due scagnozzi e porta ESSE-ESSE nel suo rifugio segreto. Marcel vuole sapere perché il tedesco lo ha cercato con tanta insistenza, e quando Kruger glielo spiega, egli si dichiara del tutto estraneo a quanto accaduto a MISTER NO. Marcel propone quindi a ESSE-ESSE di aiutarlo a rubare i documenti personali di Guzman, i quali, oltre ad essere l’unico mezzo per far condannare quest’ultimo, contengono, secondo l’ex galeotto, la prova che incastra il vero assassino di Annie Moran


Alan Marcel viene sparato a tradimento da Guzman – MNO 56, p. 90

Marcel propone a Esse-Esse il suo piano per incastrare Guzman e salvare Mister No – MNO 59, p. 29

 
Dopo varie peripezie, i due riescono a penetrare nell’appartamento di Guzman e ad impossessarsi dei suddetti documenti. Come aveva previsto Marcel, si tratta materiale assai compromettente non solo per Guzman, ma anche per il commissario Ducros: tra le carte è presente infatti un dossier che porta il nome del poliziotto e che contiene una sua confessione scritta, riguardante un omicidio da lui compiuto anni prima ai danni di una donna - tale Margaretha Barros - colpevole di diffondere scandalo e corruzione. A questo punto, Marcel capisce che a uccidere, per gli stessi motivi, la povera Annie è stato sempre il fanatico Ducros, il quale ha poi manomesso le prove per incastrare MISTER NO. ESSE-ESSE e l’ex galeotto consegnano i documenti a un rappresentante del governo francese: Guzman e Ducros vengono quindi processati e condannati, mentre MISTER NO è dichiarato innocente e rilasciato.
Curiosità: Il flashback con cui si apre l’episodio, che vede Guzman colpire a tradimento Marcel, richiama l’inizio del film Senza un attimo di tregua (John Boorman, 1967), nel quale il rapinatore Mal Reese (interpretato da John Vernon) si comporta allo stesso modo con il complice Walker (Lee Marvin). Questo film doveva piacere in modo particolare a Castelli, visto che la copertina del n. 22, Destinazione Haiti (primo albo dell’omonima storia castelliana), ne riprende un fotogramma. Si tratta precisamente della scena in cui il succitato Walker costringe Reese, puntandogli una pistola contro, a rivelargli i nomi dei capi dell’organizzazione criminale di cui il traditore fa parte.

Marcel intento a scassinare la cassaforte di Guzman – MNO 59, p. 71


MASAI

Importante etnia del Kenya e della Tanzania che attualmente conta circa 840.000 individui. Da sempre allevatori nomadi di bestiame, i Masai sono noti per il loro rigido monoteismo (adorano infatti un unico dio chiamato Engai), l’acceso colore rosso dei loro vestiti e l’abitudine di bere il sangue dei loro animali. 


Mister No n. 179, aprile 1990. Disegno di Diso.

Il saggio Naji, laibon dei Masai – MNO 178, p. 87

 
Sono due le storie in cui i signori della savana compaiono: La rivolta dei Masai (G. Nolitta e L. Mignacco [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 177-180) e Mau-Mau (G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti e D. e S. Di Vitto [dis.], nn. 180-184). Nella prima, ambientata nel famoso Parco Nazionale del Serengeti (che all’epoca si trovava nel Territorio del Tanganika, da cui poi nascerà l’odierna Tanzania), MISTER NO - ingaggiato come bush-pilot (letteralmente, pilota in terre selvagge) dall’etologo svizzero Konrad e da sua figlia Ketty - viene accusato dal subdolo Kiamba – capo dei Moran, i guerrieri Masai – dell’omicidio del vecchio Naji, il laibon (sacerdote) della tribù. In realtà, è stato lo stesso Kiamba – che è in combutta con una banda di bracconieri indiani - a sparare a Naji, ma la calunnia che egli sparge tra i vari villaggi Masai fa scoppiare una sanguinosa rivolta in tutto il Serengeti. MISTER NO e Ketty si recano in volo ad avvertire un gruppo di turisti americani - di cui non si hanno più notizie - e la famiglia del colono tedesco Andreas Bauer, rimasta isolata all’interno del parco.

Mister No si fa forza e beve il sangue bovino offertogli da Kiamba – MNO 178, p. 78

Mister No e Ketty Conrad alle prese con i guerrieri Masai – MNO 180, p. 19
 

Localizzata la macchina dei primi, MISTER NO atterra, ma viene subito attaccato dai Moran, i quali hanno massacrato i turisti. Grazie anche all’aiuto di Ketty – la quale uccide due degli assalitori -, il pilota sfugge all’agguato e riesce a ripartire. Il serbatoio dell’aereo, però, è stato danneggiato dalle lance dei Moran, e MISTER NO si vede costretto a eseguire un atterraggio di fortuna proprio nei pressi della fattoria dei Bauer. Questi, raggiunti dal pilota e da Ketty, si barricano nella loro abitazione, che viene assediata dai guerrieri Masai. Dopo ripetuti assalti, i Moran penetrano nella fattoria, ma i Nostri, montati sui cavalli dei Bauer, riescono a fuggire. Il giorno seguente, Naji, il laibon creduto morto, è ritrovato ancora vivo da Ketty e viene subito curato dalla moglie di Bauer, che gli estrae dal petto il proiettile sparatogli da Kiamba. Nel frattempo, le autorità britanniche inviano nel Serengeti i militari, il cui comandante – il colonnello Stagg – ha intenzione di fare piazza pulita dei Masai. Per evitare un bagno di sangue, MISTER NO e Konrad chiedono a Stagg di concedere loro un’ultima possibilità: una missione di pace presso i Moran. Dapprima scettico, il colonnello acconsente quando Naji, ripresosi in fretta dalle ferite, si propone di accompagnare di persona MISTER NO (che lui e gli altri Masai chiamano Testa di zebra, per via delle tempie brizzolate) al manyatta, il villaggio dove Kiamba ha riunito i rivoltosi. L’inattesa apparizione di Naji – assieme al quale ci sono, oltre al pilota, il professor Konrad, Ketty e il cacciatore americano Richard Dumper - e le pesanti accuse che egli rivolge a Kiamba, inducono tutti i Moran ad abbandonare quest’ultimo. Vistosi perduto, Kiamba prende in ostaggio Ketty, ma viene ucciso da Dumper, il quale, nonostante sia un pessimo tiratore, lo centra in piena fronte con il suo fucile.


Mister No n. 180, maggio 1990. Disegno di Diso

La morte del malvagio Kiamba – MNO 180, p. 46


Protagonisti, nel bene ma soprattutto nel male, della succitata storia, i Masai hanno un ruolo molto più marginale in Mau-Mau. In questo episodio, infatti, i guerrieri Moran che compongono lo spietato commando di Jimmy COLLINS appaiono solo in pochissime sequenze. Ad ogni modo, la loro presenza si fa ricordare: è davvero impressionante, per esempio, la vignetta che mostra i suddetti Moran esporre con orgoglio le teste mozzate dei ribelli Kikuyu, tradizionali nemici del loro popolo.

I Masai di Jimmy Collins mostrano le teste degli odiati Kikuyu – MNO 182, p. 9

Un gruppo di Moran, i guerrieri Masai


MAU MAU

Movimento anticolonialista kenyota che tra il 1952 e il 1960 scatenò una cruenta rivolta contro i dominatori inglesi. La maggior parte dei ribelli Mau Mau appartenevano alla più numerosa etnia del Kenya: i Kikuyu. Il nome Mau Mau, infatti, pare abbia origine dall’espressione Uma Uma.


Mister No n. 181, giugno 1990. Disegno di Diso.


Nella storia Mau-Mau (G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti e D. e S. Di Vitto [dis.], nn. 180-184), MISTER NO, giunto in Kenya per visitare il suo vecchio amico Jimmy COLLINS, è coinvolto, fin da subito, nell’interminabile spirale di violenza che insanguina il Paese. Quando i ribelli, assaltando la fattoria di COLLINS (loro acerrimo nemico) e rapiscono il suo figlioletto Tommy, MISTER NO, sentendosi in dovere di aiutare l’amico, decide di infiltrarsi fra di essi per tentare di liberare il bambino. Fingendo di essere un trafficante d’armi (un Wa-America, come dicono i locali), il pilota riesce, dopo aver corso non pochi rischi, ad entrare nel villaggio, ai piedi del Monte Kenya, dove Tommy è tenuto prigioniero. Qui MISTER NO assiste - a fianco del capo del villaggio, il generale Uhuru - al giuramento dei Mau Mau. Si tratta di una cerimonia molto impressionante: dieci Kikuyu devono attraversare, uno alla volta e strisciando per terra, una sorta di tunnel formato da rami spinosi, e poi bere l’intruglio preparato dallo stregone Wangu, che contiene una manciata di terra e il sangue e le interiora di un grosso capro sacrificato da Wangu medesimo. Alla fine, essi devono pronunciare il giuramento, diventando così Mau Mau. Uno di loro però, un capotribù chiamato Khariani, si rifiuta di giurare e propone allo stregone di sacrificare Tommy Collins.

I soldati inglesi uccidono dei ribelli – MNO 180, p. 84

Due Mau Mau compiono una strage in un ristorante di Nairobi – MNO 181, p. 58
 

Essendo questi il figlio dell’odiato Kikuyu Killer, il suo sangue – secondo Khariani – darà maggiore forza ai Mau Mau rispetto al sangue di un semplice animale. Eccitati dall’abbondante gin che hanno bevuto in precedenza, Wangu e gli altri ribelli accolgono l’agghiacciante proposta del suddetto capotribù e non esitano a uccidere Uhuru quando questi tenta di fermarli. MISTER NO, accorso in suo aiuto, avrebbe anch’egli la peggio senza l’inaspettato intervento di un nuovo leader Mau Mau, il generale Kenya. Questi, accompagnato da alcuni guerriglieri, uccide a colpi di mitra Wangu e ristabilisce l’ordine nel villaggio. I Kikuyu e lo stesso pilota riconoscono nel giovane capo il benzinaio Kamore, che MISTER NO aveva conosciuto il giorno del suo arrivo in Kenya e che per primo gli aveva parlato dei Mau Mau, negando però di farvi parte. Kamore intuisce che MISTER NO non è un vero trafficante d’armi, e il pilota gli dice che, se rilascerà il piccolo Tommy, lui e tutti gli altri ribelli non avranno più nulla da temere da Jimmy COLLINS: questi, infatti, ha dato al Nostro la sua parola d’onore che, una volta restituitogli il figlio, non contro i Mau Mau. Le parole di MISTER NO convincono Kamore, il quale promette al pilota che l’indomani potrà lasciare il villaggio assieme a Tommy, ma, allo spuntare dell’alba, i Kikuyu vengono svegliati da alcune raffiche di mitra: COLLINS in persona, affiancato da altri coloni inglesi e dai suoi Moran, ha circondato il villaggio, la cui ubicazione gli è stata rivelata, sotto tortura, da Dedhani, il ribelle che aveva condotto sul posto MISTER NO. I Mau Mau, dopo aver ucciso Dedhani - che considerano un traditore -, rifiutano la proposta di resa fattagli da COLLINS.


Mister No n. 183, agosto 1990. Disegno di Diso.


Inizia quindi la battaglia e l’infuriato Kamore, vedendo tradita la sua fiducia, cerca di ammazzare MISTER NO, il quale è costretto a ucciderlo. Portando con sé Tommy, il pilota riesce, dopo aver combattuto con gli altri Mau Mau, a raggiungere l’altura dove si trovano gli uomini di COLLINS. Come abbiamo già scritto nella voce dedicata a quest’ultimo, MISTER NO si scaglia rabbiosamente contro l’amico quando costui, nonostante i Kikuyu abbiano deciso di arrendersi, decide di massacrarli lo stesso, senza risparmiare le loro donne e i loro bambini. Pestato dagli uomini di COLLINS, il pilota viene ricoverato nell’ospedale di Nairobi. Una settimana dopo, MISTER NO lascia l’ospedale, congedandosi da Tommy – che si è molto affezionato a lui - e dalla moglie di COLLINS. Dovendo raggiungere l’aeroporto di Nairobi, il pilota sale su un taxi che poco più tardi carica altri due passeggeri, un uomo e una donna. Questi ultimi e il tassista sono in realtà membri del Kenda-Kenda, l’efficiente servizio di spionaggio dei Mau Mau, e intendono uccidere il Nostro perché lo considerano responsabile di quanto accaduto nel villaggio del Monte Kenya. MISTER NO reagisce e il guidatore perde il controllo dell’auto, che va a sbattere contro un muro, lasciando però illesi tutti gli occupanti. Accorrono due poliziotti, che chiedono al pilota di raccontargli cos’è successo: MISTER NO, osservando le facce terrorizzate dei tre Mau Mau, decide di non denunciarli e attribuisce l’incidente alla guida da principiante del tassista. I poliziotti vanno via e il pilota, ringraziato dai suoi allibiti aggressori, prende un altro taxi, desideroso di lasciare al più presto un Paese che non gli ha certo lasciato un bel ricordo. 

 
Il giuramento dei Mau Mau - MNO 183, p. 59
Mister No n. 184, settembre 1990. Disegno di Diso.
 
 
Mau-Mau è, a nostro avviso, la migliore tra le storie africane di Nolitta, il quale, oltre a confezionare una trama appassionante e ricca di colpi di scena, fornisce un quadro abbastanza obiettivo della rivolta dei Kikuyu. Infatti, pur parteggiando a favore dell’indipendenza kenyota – come risulta evidente dalle parole che fa pronunciare in diverse occasioni a MISTER NO (si pensi, ad esempio, alla conversazione tra il pilota e COLLINS dopo il rapimento di Tommy) e da come questi si comporta nella scena finale - e pur denunciando l’arroganza e la violenza dei dominatori inglesi, lo sceneggiatore non si esime certo dal mostrare l’incredibile ferocia dei Mau Mau. Emblematiche, a questo proposito, tre scene in particolare: la scoperta, da parte dei soldati comandati dal tenente Keegan, dell’orrendo massacro compiuto dai ribelli nel villaggio di Miriukò, abitato da Kikuyu rimasti fedeli agli inglesi; la strage che ha luogo nel ristorante New Delhi di Nairobi, alla quale MISTER NO scampa per un soffio; il già citato giuramento dei Mau-Mau, il Bathuni Oath. Riguardo a quest’ultimo, è davvero difficile dimenticare il sacrificio del capro da parte di Wangu, il quale, dopo aver cavato gli occhi alla povera bestia (occhi che, posti dallo stregone sulla galleria spinosa, fungeranno da testimoni del giuramento), lo trafigge con un pugnale e strappa le viscere all’animale ancora vivo. Che mi venga un colpo!... Anzi, che il colpo venga a lui, a quel dannato macellaio! – pensa MISTER NO, assistendo al sacrificio – Puah!! Non sono un tipo dallo stomaco delicato, ma tutto questo mi ripugna… Puah! Tutta questa ignobile macelleria finirà per farmi vomitare, sangue di Giuda!.

Mister No è costretto a uccidere Kamore – MNO 184, p. 24

Due insospettabili sicari Mau Mau cercano di eliminare il pilota - MNO 184, p. 75


Se il generale Uhuru e Kamore/generale Kenya sono Mau Mau ragionevoli (il secondo lo è, almeno, fino a quando non tenta di uccidere MISTER NO), Wangu e soprattutto Khariani rappresentano la faccia più feroce e sanguinaria della rivolta Kikuyu. Lo stesso dicasi, tra i coloni inglesi, dello spietato Jimmy COLLINS e dei suoi uomini. Al contrario, il tenente Keegan e il capitano Nelson sono figure positive nonché sfortunate, visto che entrambi rimangono uccisi negli scontri con i guerriglieri Kikuyu. Un altro buono sfortunato che si fa ricordare è lo svizzero Kunz, il quale è tra le vittime della strage del New Delhi. Sono… sono andati tutti fuori di testa… - dice il morente Kunz a MISTER NO, al quale aveva poco prima espresso le sue idee anticolonialiste - è l’odio che li acceca… non sanno più neanche distinguere… tra nemici e amici… Che senso ha?? Porcaccia miseria!! Che senso ha tagliare… una pianta nella foresta? Senza nessun motivo…che senso ha?... …Il Kenya… Il Kenya domani mattina… non sarà certo… migliore senza di me… . La gratuita uccisione dello svizzero (ma anche quella del proprietario del New Delhi, l’indiano Ray Singh, sebbene questi sia un odioso razzista) mostra come la violenza dei Mau Mau fosse spesso indiscriminata, risultando alla fine dannosa per la causa – sacrosanta – dell’indipendenza keniota.


Una banda di guerriglieri Mau Mau


MAYA

Tra le varie civiltà precolombiane, i Maya sono quella che riveste la maggior importanza nella saga misternoiana. Basti solo pensare che una delle più amate storie del pilota - Rio Negro (G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 12-15) – è imperniata sulla ricerca di un antico insediamento Maya in AMAZZONIA. Un archeologo americano, il professor Warren, ha infatti scoperto, durante una campagna di scavi in Honduras, un’iscrizione contenente una straordinaria notizia: nel VII secolo d.C., un gruppo di esuli politici Maya lasciò lo Yucatan per stabilirsi, dopo un lungo viaggio, nella regione amazzonica dell’alto Rio Padauiri, dove fondò una città, Tekax. Per ritrovare le sue rovine, tra cui dovrebbe esserci anche una piramide del tutto identica a quella messicana di Palenque, Warren – che è accompagnato dalla sua assistente Patricia ROWLAND - ingaggia MISTER NO, il quale organizza subito una spedizione. Essa è composta, oltre che dal pilota e dai suddetti archeologi, da ESSE-ESSE, dal musicista jazz (temporaneamente disoccupato) Dana WINTER, dal capitano Antonio VEGA (sul cui battello vengono effettuati la prima parte del viaggio e il ritorno a MANAUS) e dal suo inseparabile aiutante Pedro, esperta guida indigena. Superati diversi pericoli, la spedizione raggiunge finalmente la zona dove un tempo sorgeva l’insediamento Maya, nei cui pressi c’è un villaggio di indios TUKÂNO.


Mister No n. 15, agosto 1976. Disegno di Ferri.

La piramide di Tekax, antica città Maya dell’Amazzonia – MNO 14, p. 97


Il loro capo, il vecchio Fusiwe, accompagna MISTER NO e i suoi amici alle rovine di Tekax, fra le quali spicca l’imponente piramide (Il tempio dei Maya s’intitola infatti l’ultimo albo della storia), che lascia stupefatti Warren e Patricia. I due archeologi vorrebbero entrare nella spettacolare costruzione, ma Fusiwe glielo proibisce: I cadaveri degli antichi dominatori della foresta abitano tra quelle fredde rocce… - dice l’indio - …e una remota leggenda afferma che se uno straniero passerà oltre la sua soglia, l’intera casa di pietra crollerà… …e gli spiriti dei morti si vendicheranno perseguitando coloro che non li hanno saputi difendere dai profanatori… …e cioè noi Tukâno. Nonostante la vigilanza degli indios, la funesta profezia è destinata, almeno in parte, ad avverarsi: alcuni malviventi, comandati da uno studente americano di nome Arthur, penetrano nel villaggio e fanno prigionieri sia gli indigeni che MISTER NO e i suoi compagni. Il malvagio Arthur - che teneva d’occhio Warren e Patricia fin dal giorno della loro partenza dagli STATI UNITI - vuole impossessarsi degli oggetti preziosi contenuti nella camera funeraria del sacerdote Grande Giaguaro: pertanto, lui e i suoi complici Girty e Neil costringono Fusiwe e Warren a condurli alla piramide. Entrati in essa, i tre americani e i loro ostaggi raggiungono la camera funeraria, ma poiché questa è protetta da un lastrone di pietra, Neil tortura Fusiwe per costringerlo a rivelargli dove si trova il congegno che consente l’accesso alla cripta. Fusiwe però resiste alla tortura e Arthur pensa quindi di far saltare il lastrone con la dinamite. Nel frattempo, MISTER NO e ESSE-ESSE riescono a liberarsi e, con l’aiuto di Pedro, si sbarazzano dei malviventi rimasti di guardia al villaggio.


La tomba del sacerdote Grande Giaguaro – MNO 15, p. 63

Patricia Rowland e i suoi colleghi visitano un sito Maya in Guatemala - MNO 109, p. 71


I due amici entrano poi nella piramide e, sbarazzatisi di Girty e Neil, liberano Fusiwe e Warren, cogliendo di sorpresa Arthur; sembra ormai fatta, ma proprio in quel momento la dinamite piazzata dallo studente esplode e sia lui che i Nostri vengono investiti da un violento spostamento d’aria che gli fa perdere i sensi. Il primo a riprenderli è proprio Arthur, il quale si dirige subito alla camera funeraria per mettere le mani sul tesoro. Si risvegliano poi MISTER NO e i suoi amici; un istante dopo, la piramide - scossa dall’esplosione - inizia a tremare, facendo cadere enormi blocchi di pietra. Mentre il tedesco porta in salvo Fusiwe, seguito da Warren, il pilota tenta di convincere Arthur a uscire con lui dall’antica costruzione, il cui crollo è imminente. Il giovane però, accecato dalla cupidigia, non lo sta sentire e continua ad arraffare i gioielli della cripta. Alla fine, MISTER NO riesce a uscire in tempo prima che la piramide crolli, mentre l’avido Arthur muore sotto le macerie.


Il Trono del Giaguaro di Chichén Itzá (Messico)

L’archeologa Terry Bauer mostra a Mister No una riproduzione dei famosi affreschi di Bonampak - MNO 149, p. 7


Il secondo episodio misternoiano che ha tra i suoi temi l’archeologia Maya, Il sepolcro indiano (E. Missaglia [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 108-110), si svolge in Guatemala, precisamente nella regione del Petén. La storia vede MISTER NO ed ESSE-ESSE accompagnare nella giungla guatemalteca la loro amica Patricia e due suoi colleghi, i professori Valdeira e Fonseca, interessati a studiare un centro sacrale Maya che sorge lungo le rive del Rio Usumacinta e risale al 500 d.C. . Il sito, raggiunto dalla spedizione dopo aver superato non poche insidie, si rivela molto interessante, per via delle imponenti sculture in esso presenti - tra cui una grande stele e un monolito a forma di testa di giaguaro – e della tomba di un re-sacerdote, al cui interno, però, gli archeologi non trovano una mummia Maya, bensì il corpo del figlio di Juan Ximil Duarte. Questi è il sanguinario re dei ribelli ZAMBOS, i quali attaccano la spedizione, costringendo i Nostri a una lunga ed estenuante fuga nella selva. Alla fine, gli ZAMBOS verranno sconfitti, ma il povero Fonseca ci lascerà la pelle. 


Mister No n. 150, novembre 1987. Disegno di Diso.

Mister No n. 164, gennaio 1989. Disegno di Diso.

 
Non meno drammatica de Il sepolcro indiano è la storia Il giustiziere di Bonampak (G. Nolitta [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 149-152), ambientata nello Stato messicano del Chiapas. In quest’avventura, il passato e il presente della civiltà Maya s’intersecano: il primo è costituito dalle spettacolari rovine che affiorano tra la rigogliosa vegetazione tropicale, ricercate con accanimento e mancanza di scrupoli dall’archeologo Lewis Habersham; il secondo è rappresentato dai poveri e perseguitati discendenti dei Maya, gli indios Lacandones, per difendere i quali un giovane laureando americano arriva a trasformarsi in un sanguinario vendicatore (vedi GIUSTIZIERE DI BONAMPAK). Degne di nota, per quanto riguarda specificatamente l’archeologia Maya, le seguenti scene: quella in cui l’archeologa Terry Bauer mostra a MISTER NO la riproduzione di un celebre affresco raffigurante lo spietato Gran Capo di Bonampak che giudica i prigionieri di guerra (Furono proprio alcune violente e crudeli scene di quegli affreschi spiega la Bauer al pilota a smentire le precedenti teorie che descrivevano i Maya come un popolo mite e pacifico.); la scena in cui il già citato Habersham racconta a MISTER NO, davanti alla statua decapitata del dio Hachakium, una profezia diffusa tra i Lacandones, secondo la quale: Un giorno, all’improvviso quella testa tornerà miracolosamente al suo posto… …e allora, in quel momento, migliaia, milioni di giaguari usciranno dalle foreste e sbraneranno tutti gli uomini: quella, insomma, sarà la fine del mondo!; e infine l’impressionante scena che ha luogo nel tempio del dio serpente U-Hachil (vedi SERPENTI).

Mister No s’immerge in un cenote dello Yucatan - MNO 164, p. 36


Mister No n. 352, settembre 2004. Disegno di Diso




Le altre storie della saga riguardanti gli antichi abitatori del MESSICO sono: Il mistero della mappa (A. Ongaro [sog.&scen.] – R. Della Monica [dis.], nn. 162-164), dove MISTER NO recupera, assieme alla bellissima messicana Consuelo Ibanez e al termine di un autentico tour de force, un tesoro ubicato in un cenote (i pozzi dove i Maya gettavano le loro vittime sacrificali) dello Yucatan; e L’idolo Maya (M. Masiero [sog.&scen.] – A. Bignamini [dis.], nn. 351-252), che è invece ambientata in AMAZZONIA e vede il pilota e ESSE-ESSE nuovamente a fianco di Patricia ROWLAND. I due aiutano l’archeologa e un suo collega brasiliano, padre Metha, a ritrovare la statuetta d’oro di Ek Chuah, il dio MAYA della vendetta e della morte. In quest’avventura, che presenta anche elementi soprannaturali, ritroviamo i TUKÂNO di Rio Negro e compare persino un altro tempio MAYA, ma la trama imbastita da Masiero non riesce comunque a eguagliare il fascino della suddetta storia nolittiana. 

 
L'imponente Tempio delle Iscrizioni di Palenque (Messico)


MBARA

Simpatico stregone degli Ewondo, una delle principali tribù del Camerun. Fa la sua prima apparizione ne Gli uomini leopardo (A. Ongaro [sog.&scen.] - M. Bianchini [dis.], nn. 169-173), dove ricopre un ruolo molto importante, quasi da co-protagonista. In quest’appassionante storia Mbara – che è uno stregone sui generis, essendo laureato alla Sorbona in Filosofia e Sociologia - diventa amico di MISTER NO perché il pilota - secondo quanto predetto decenni prima da Noba, maestro del griot camerunense - è colui che restituirà agli Ewondo il mbok, l’urna che contiene le ceneri del loro antenato fondatore Kadì. Il mbok è stato rubato alla fine dell’800 (quando il Camerun era una colonia tedesca) dai Fang, tradizionali nemici della tribù di Mbara. L’incontro fra lo stregone e MISTER NO avviene in circostanze assai particolari: contattato telepaticamente dall’ormai ultracentenario Noba, Mbara (che ha quasi ottant’anni, ma ne dimostra di molti di meno) si reca in Costa d’Avorio, precisamente nell’allora capitale Abidjan. Noba conduce Mbara in un bar della città e qui gli indica MISTER NO, che all’inizio non fa una buona impressione allo stregone (Parevi un vagabondo, dirà poi Mbara al Nostro). Noba affida a Mbara – che ha la capacità di vedere il futuro imminente e anche quella di leggere nel pensiero - il compito di proteggere il pilota, in modo che tutto vada secondo la profezia. Quando MISTER NO si fa dare un passaggio per Lagos (Nigeria) dall’irlandese Johnny Carson, Mbara lo segue, salendo di nascosto sul camion di quest’ultimo.


Mister No n. 171, agosto 1989. Disegno di Diso


Giunto a Lagos, MISTER NO sale a sua volta clandestinamente su un cargo diretto a Yaoundé (capitale del Camerun), e Mbara lo precede. Un’ora dopo il decollo, lo stregone si presenta al Nostro chiamandolo tumbaba (uomo bianco) e dicendogli che l’aereo non arriverà mai a destinazione: infatti, proprio in quel momento scoppia uno spaventoso temporale e un fulmine colpisce la cabina dei piloti, uccidendoli. MISTER NO è quindi costretto a pilotare l’aereo – che ha pure un motore in fiamme – e, grazie alle indicazioni di Mbara, riesce ad ammarare sul fiume Shanga, vicino al confine tra Congo e Camerun. I due raggiungono la riva (mentre l’aereo, spezzatosi in due a causa del violento ammaraggio, precipita da una cascata) e si mettono in marcia nella giungla, sotto la pioggia. Il giorno seguente, dopo aver trascorso la notte in un villaggio di Pigmei, MISTER NO e Mbara riprendono il viaggio – durante il quale il pilota ha modo di conoscere meglio lo stregone e i suoi poteri, e anche di salvargli la vita –, fino a raggiungere la riva di un altro fiume. Qui MISTER NO recupera una piroga abbandonata, la cui apparizione è frutto di un altro prodigio di Mbara. Lo stregone decide a questo punto di separarsi dal pilota, il quale, ancora all’oscuro della profezia di Noba, non riesce a comprendere il comportamento di Mbara e le sue parole: Il mio compito per ora è finito. […] Non posso dirti altro. […] Un giorno o l’altro dovremo rivederci. Tu intanto vai a Yaoundé… altre cose ti aspettano.


Lo stregone camerunense Mbara – MNO 170, p. 47



Infatti, qualche giorno dopo, MISTER NO diventa protagonista di due drammatici avvenimenti: mentre il suo viaggio è giunto quasi al termine, sulla sponda del fiume appare un ragazzo nero inseguito da un LEOPARDO, che – ma il Nostro lo ignora – è il fratello di sangue di Mlisi, il re dei Fang. Prima di venire ucciso dal pilota, il felino raggiunge il ragazzo e lo dilania. MISTER NO si china sull’ormai moribondo giovane, il quale gli dice che stanno arrivando gli UOMINI LEOPARDO e - quando il pilota lo porta sulla piroga - aggiunge: …Hai segnato la tua… condanna a morte… …Quel leopardo ha il segno dell’Hu… …tu, uccidendolo…hai ucciso anche…suo fratello di sangue… . MISTER NO chiede al giovane chi avrebbe ucciso, ma in quel preciso momento appaiono sulla sponda altri due ragazzi neri, inseguiti da alcuni guerrieri coperti da pelli di LEOPARDO. MISTER NO corre in loro aiuto ma, pur avendo alla fine la meglio sui suddetti guerrieri, non riesce a impedire la morte dei ragazzi. Torna poi sulla piroga, e la vittima del LEOPARDO gli chiede dove sta andando. A Yaoundé… risponde MISTER NO, e il ragazzo dice: Sì…Yaoundé…vai…Yaoundé vogliono uccidere… . Vogliono uccidere chi?!, domanda il pilota, ma non ottiene risposta, perché proprio in quell’istante il giovane muore. Arrivato nella capitale camerunense, MISTER NO segue il suggerimento datogli da Johnny Carson e si reca subito all’Hotel Cocotier, dove lavora il fratello del camionista, Jack.


Mister No n. 172, settemmbre 1989. Disegno di Diso


Il pilota racconta a questi ciò che gli è successo, comprese le enigmatiche parole pronunciate dal ragazzo da lui soccorso. Il racconto di MISTER NO non sfugge alle orecchie di uno dei camerieri dell’albergo, Tikor, il quale è un Uomo Leopardo. Quella stessa notte, un altro Uomo Leopardo - avvisato proprio da Tikor - tenta di uccidere il pilota, mentre questi dorme in uno dei bungalow del Cocotier. Il Nostro, però, si sveglia in tempo e respinge l’aggressore, che riesce comunque a fuggire. Il giorno successivo, Carson porta MISTER NO a casa dell’etnologo François Edhel, il quale, ascoltato il suo racconto, dice al pilota che gli UOMINI LEOPARDO con cui si è scontrato appartengono alla potente tribù dei Fang, mentre i ragazzi da essi uccisi, come pure quello assalito dal LEOPARDO, erano probabilmente Ewondo. Edhel spiega inoltre al Nostro l’incredibile fenomeno dei fratelli di sangue, dicendogli che l’uccisione della suddetta belva ha causato la morte di Mlisi: ecco perché i Fang lo hanno condannato a morte. Dopo essere sfuggito a un altro attentato, MISTER NO scopre, grazie all’aiuto di Antoine Edhel, che gli UOMINI LEOPARDO progettano di uccidere il principe Yaoundé, capo della tribù che ha dato il nome alla città. Proprio a questo personaggio – che vive in un vecchio fortino tedesco - si riferivano le ultime parole del giovane Ewondo. Il pilota scopre anche di essere l’uomo bianco di cui parla la profezia di Noba, profezia molto temuta dai Fang, i quali vogliono uccidere MISTER NO anche per impedire che essa si avveri. Il Nostro e Antoine riescono ad arrivare al suddetto fortino giusto in tempo per salvare la vita a Yaoundé, ma nella lotta contro gli UOMINI LEOPARDO, MISTER NO rimane ferito alla tempia e perde i sensi. Si risveglia, qualche giorno dopo, nell’infermeria del fortino, dove ritrova Mbara, il quale gli racconta tutta la storia del mbok e gli dice, appunto, che è lui la persona scelta dal destino per ritrovare l’urna sacra e restituirla agli Ewondo.

Mbara salva la vita a Mister No – MNO 172, p. 34


Mbara rivela inoltre al pilota che è stato il suo Hu (una segreta forza psichica, per usare le parole di François Edhel) a salvarlo al Cocotier, svegliandolo proprio nel momento in cui l’Uomo Leopardo tentava di ucciderlo. Dopo un’iniziale titubanza, MISTER NO accetta di assecondare il destino, quindi di aiutare Mbara a trovare il mbok. L’amico stregone lo informa che, morto Mlisi, l’unica persona che sa dov’è nascosta la sacra urna è il figlio Hegba, nuovo re dei Fang. Passano alcuni giorni e, una sera, Tikor – intenzionato a uccidere personalmente MISTER NO - si offre di accompagnare Jack Carson (che ignora la sua appartenenza agli UOMINI LEOPARDO) a far visita al pilota. Giunti al fortino, i due si dirigono verso l’infermeria; a questo punto, Tikor stordisce Jack e si avventa con un pugnale contro MISTER NO, ma Mbara – che grazie ai suoi poteri ha visto ciò che stava succedendo – interviene e uccide l’Uomo Leopardo. Su idea di MISTER NO, Mbara trasmette al giornale di Yaoundé la notizia della morte del pilota e, con l’aiuto di Jack, organizza addirittura un finto funerale, cui partecipa pure Antoine Edhel: tutto ciò per ingannare i Fang, i quali, credendo che l’uomo della profezia sia morto, allenteranno la guardia ai confini del loro territorio. Trascorsi due giorni dal falso funerale, MISTER NO e Mbara partono a bordo di un battello e, dopo una settimana di navigazione, raggiungono il regno dei Fang. Il pilota riesce a rapire Hegba, il quale - terrorizzato da Mbara, che minaccia di farlo impazzire - rivela allo stregone che il mbok è nascosto in un vecchio fortino tedesco situato vicino al confine con la Guinea Equatoriale e rimasto sepolto dalla sabbia dopo un maremoto.

Mbara fa scoppiare una potente tromba d’aria - MNO 172, p. 87


Mbara e MISTER NO, senza accorgersi di essere seguiti da una misteriosa canoa, si dirigono verso la costa e, un volta arrivati, attraccano dietro un faraglione. A questo punto, lo stregone compie il suo prodigio più impressionante: fa scoppiare una tromba d’aria così potente da spazzare via tutta la sabbia che ricopre il fortino. Mentre Mbara resta sul battello con Hegba, MISTER NO entra nella costruzione e trova finalmente il mbok; sta per andarsene, quando qualcosa attira la sua attenzione: un forziere pieno di monete d’oro, marchi tedeschi dell’800. All’improvviso, sbucano François Edhel e suo figlio Antoine, i quali puntano contro MISTER NO le loro pistole. Vi seguiamo da quando avete lasciato Yaoundé – dice FrançoisNo. Non siamo entrati con voi nel territorio dei Fang […] ma abbiamo aspettato che ne usciste con il vostro prigioniero e poi non vi abbiamo più perduto di vista. […] Sapevamo che c’era dell’oro tedesco nello stesso luogo dove era stato sepolto il mbok, ma ignoravamo dove questo luogo si trovasse. L’etnologo racconta a un confuso e sorpreso MISTER NO che il forziere contiene il tesoro del governo coloniale tedesco e che a rubarlo e infine a nasconderlo lì era stato, nel 1916, suo zio, il capitano Hans Steiner, il quale, però, era morto prima di poterlo recuperare. Gli Edhel hanno intenzione d’impadronirsi del tesoro e, per non lasciare testimoni, vogliono eliminare sia MISTER NO che Mbara ed Hegba. Tuttavia, lo stregone – che è stato legato dai due insospettabili nemici - si mette in contatto telepatico con il pilota, avvertendolo che sta per arrivare il suo fratello di sangue, una pantera nera. La belva uccide prima François poi Antoine, quindi va via. MISTER NO torna sul battello e libera Mbara, il quale recupera sia il mbok che il forziere: L’urna sacra servirà a ricomporre l’anima distrutta degli Ewondo, – dice lo stregone – l’oro a ricomporne il corpo. Hegba viene infine restituito al suo popolo, dopo aver firmato un patto in cui rinuncia ai progetti egemonici dei Fang

Mister No n. 174, novembre 1989. Disegno di Diso.

 
Mbara ritorna – ma in un ruolo più marginale - nella storia successiva, Il trono d’oro (A. Ongaro [sog.&scen.] – F. Bignotti [dis.], nn. 173-175). In essa, MISTER NO – che si trova ancora in Camerun - viene ingaggiato dal connazionale David Mason, il quale intende fare un safari in elicottero nella parte centro-settentrionale del Paese. In realtà, Mason e sua moglie, la conturbante quanto subdola Sheila, sono alla ricerca di un oggetto dall’inestimabile valore: il trono d’oro di Dinka, un sovrano di etnia Ashanti che, alla fine del XIX secolo, regnava nella sopracitata regione camerunense. Benché abbia la pelle bianca, David è un pronipote di Dinka e sa che questi è stato sepolto in un luogo chiamato la Montagna del Teschio, che si trova nella catena dell’Adamaoua. L’elicottero è l’unico modo per scoprire l’esatta ubicazione della montagna e, avendo bisogno di un pilota, Mason ha pensato appunto di contattare MISTER NO, segnalatogli da Jack Carson. Mbara raggiunge MISTER NO al porto di Douala, poco prima che egli parta assieme ai Mason, i quali possiedono un lussuoso yacht. Oltre a metterlo in guardia dalla suddetta coppia, lo stregone dice al pilota: In qualsiasi momento tu abbia bisogno di me chiamami. […] Basterà che tu ti concentri profondamente pensando al mio nome. Io ti sentirò. Durante il viaggio, MISTER NO comincia a sospettare dei Mason, e un giorno, dopo essere stato drogato dai coniugi americani, scopre che David ha rapito Bornu, un anziano uomo ma-cumba, cioè un sacerdote in grado di parlare con gli spiriti dei re morti. A raccontarlo al pilota è il nipote di Bornu, il giovanissimo Oni, il quale è riuscito a nascondersi nella stiva dello yacht. Il giorno successivo, i Mason e MISTER NO arrivano nel bungalow dove si trova l’elicottero e dove ad aspettarli c’è Dick Farrell, socio di David e Sheila. Quella sera stessa, il pilota entra di nascosto, assieme a Oni, nel capannone in cui è tenuto prigioniero Bornu. Il sacerdote, oltre a informare MISTER NO di essere in contatto telepatico con Mbara, gli dice che non vuole essere liberato perché è curioso di scoprire il motivo del suo rapimento. Sarà David Mason in persona a rivelare in seguito a MISTER NO, in un accampamento nella giungla, di aver catturato Bornu per costringerlo a evocare lo spirito di re Dinka, affinché quest’ultimo gli dica dov’è il trono d’oro. L’oggetto fa gola anche a Stuart Mason, il fratello nero di David (il quale ha rotto da tempo i rapporti con lui), che è giunto nel Camerun con la sua banda di malviventi newyorkesi, anch’essi di pelle nera e travestitisi, al pari del loro capo, da selvaggi predoni.

Mbara mette in guardia Mister No dai coniugi Perkins – MNO 173, p. 43



MISTER NO vorrebbe liberare Bornu e andare via con lui, ma David e Farrell gli rivelano pure che due loro sgherri tengono in ostaggio la sua amata Carol, una bella ragazza che lavora al consolato americano di Yaoundé. MISTER NO è costretto quindi a collaborare con i malvagi connazionali, ma quella notte, mentre riposa nella sua tenda, si ricorda delle parole di Mbara e, concentrandosi sul suo nome, entra in contatto telepatico con lui e lo informa che Mason e Farrell minacciano di far uccidere Carol se lui non obbedirà ai loro ordini. Tu stai al loro gioco, Mister No – dice MbaraAl resto penserò io. Il giorno seguente, la tomba di Dinka viene localizzata e Bornu, evocato lo spirito del sovrano africano, rivela ai suoi rapitori che il trono d’oro si trova, assieme alle rovine del palazzo reale, sul fondo di un lago che sorge a poca distanza. Aprendo, con la dinamite, una falla nella diga fatta costruire dallo stesso Dinka, David e Dick fanno defluire le acque del lago, riportando così alla luce l’ambito trono. Il finale della storia è una girandola di colpi di scena: Dick, che è in combutta con Sheila, spara a David, il quale trova però la forza di uccidere la moglie, la quale stava cercando di convincere MISTER NO (verso il quale provava una forte attrazione) a eliminare Farrell. Uno dei proiettili sparati da Mason prende di striscio il pilota, facendolo svenire. Da autentica vipera, Sheila, prima di spirare tra le braccia di Farrell, chiede a questi di finire MISTER NO. Dick si appresta a farlo, ma viene ucciso da Bornu, il quale porta MISTER NO, ancora svenuto, nel camper dei Mason. Il pilota riprende i sensi e, assieme a Bornu, vede arrivare Stuart Mason. L’uomo, euforico per non dover spartire il trono con nessuno (tutti i suoi uomini sono morti e suo fratello e Farrell non rappresentano più un ostacolo), siede sul trono di Dinka: il suo peso, però, fa scattare due lame che lo trafiggono da parte a parte, uccidendolo. Fulminacci! Bornu!! Tu lo sapevi che sarebbe finita così?! chiede MISTER NO al sacerdote. Sì. – risponde Bornu - Sapevo che […] Dinka aveva fatto installare nel trono un sistema di lame che sarebbe scattato se qualche estraneo si fosse seduto… …solo lui conosceva il modo di tenere bloccato il meccanismo. MISTER NO e Bornu riparano la diga e l’acqua ritorna a sommergere il trono d’oro assieme al corpo senza vita di Stuart. Con l’elicottero dei Mason, MISTER NO porta Bornu nel villaggio dove aveva condotto suo nipote Oni; qui il pilota ritrova l’amico Mbara, il quale lo rassicura sulla sorte di Carol, dicendogli di averla liberata lui stesso con l’aiuto di Jack Carson. C’è un’altra cosa… ehm…che devo dirti, Mister No. aggiunge Mbara con un certo imbarazzo. Che cosa?, gli domanda il pilota, e Mbara: Ehm… uhm… è nato un amore… ehm… …ehm… fra Carol e Jack Carson…hanno…ehm…deciso di sposarsi. Sai, adesso lui è il direttore del “Cocotier” […]. Insomma si sono sposati tre giorni fa.

Mister No contatta telepaticamente Mbara – MNO 174, p. 79


MISTER NO dapprima si arrabbia: Quel cascamorto traditore… mmm… dunque, riassumiamo: i Mason mi costringevano ad aiutarli minacciando di uccidere Carol… e io ho passato tutto quel che ho passato… per vedere Carol finire nelle braccia di un altro!. Poi però, riflettendoci sopra, capisce che la suddetta notizia non è poi così cattiva: Jack mi ha salvato da un bel pericolo! In fondo, sposando Carol, Jack ha impedito che io mi facessi coinvolgere in una storia troppo appiccicosa. Mbara predice infine a MISTER NO che, prima di poter ritornare in Sudamerica, dovrà passare ancora un po’ di guai in AFRICA. Sangue di Giuda! Sei davvero un bel menagramo, vecchio mio! – esclama il pilota – E anche se, in queste tue profezie, ci azzecchi sempre, spero che stavolta tu possa sbagliare!. Una speranza vana, quella di MISTER NO, giacché, come già sappiamo, la sua trasferta africana sarebbe durata ancora a lungo.
 


MEDINA, FRANCISCO PACO

Malavitoso colombiano con il volto butterato dal vaiolo; per questo motivo, viene soprannominato in COLOMBIA Momia (in spagnolo: Mummia) ma soprattutto Cara podrida (Faccia marcia), e in BRASILE Abacaxi (in portoghese: Ananas). Medina compare in due storie della saga dell’addio: Qualcosa è cambiato (G. Nolitta [sog.&scen.] - D. e S. Di Vitto [dis.], nn. 364-366) e Agguato al Victoria (G. Nolitta [sog.&scen.] – R. Diso [dis.], nn. 369-370). Nella prima, MISTER NO e Medina s’incontrano, come abbiamo già scritto nella voce MANAUS, nel bar dell’aeroporto, dove il gangster è in compagnia dei suoi scagnozzi Nelson e Agenor.


Mister No n. 365, ottobre 2005. Disegno di Diso


Conoscendolo di fama, Medina propone al Nostro di lavorare per lui, come stanno già facendo molti piloti amazzonici, ma MISTER NO - che non mostra alcun timore nei confronti del malavitoso, tanto da chiamarlo Abacaxioppone un netto rifiuto: Le mie motivazioni sarebbero sicuramente troppo complicate e, perfino, incomprensibili per un tipo come te… …e perciò mi limiterò a un concetto piuttosto elementare: l’Amazzonia è grande, molto grande… …abbastanza grande per ospitare due individui come noi, senza farli mai incontrare: mi sono spiegato?. Ti sei espresso molto chiaramente, - risponde Medinama ci vuole ben altro per convincermi, Mister No… …e sono certo che, quando avrai respirato qualche boccata della nuova aria che tira su questa regione, sarai pronto anche tu a far parte della nostra squadriglia!. E il pilota: Puah! Il gusto del potere ti sta dando alla testa più di quel whisky, Abacaxi… …ma qualcuno, prima o poi, dovrà pur spiegarti che nella vita di un uomo può esistere qualcos’altro, oltre al denaro. E, a proposito di denaro, visto che sono un tipo generoso… …il tuo whisky scozzese è tutto a carico mio!. Compiuto questo gesto sprezzante, MISTER NO esce dal bar per andare a trovare l’amico meccanico JOÃO, non curandosi della minacciosa riposta di Medina al suo Adiós: Noi, in Colombia, diciamo hasta la vista, in questi casi, gringo! Cioè arrivederci!. Dico bene, muchachos?, domanda il gangster ai suoi sgherri, e Nelson risponde: Esacto!! Oppure diciamo hasta pronto, in certe occasioni importanti: ci rivedremo presto, molto presto!. Infatti, pochi minuti dopo, i suddetti scagnozzi più un terzo, Miguel, irrompono nell’officina di JOÃO e danneggiano a colpi di pistola il PIPER di MISTER NO. Questi e il meccanico reagiscono, ma vengono pestati dai malviventi. 

Il volto butterato di Francisco Paco Medina alias Abacaxi – MNO 364, p. 78

 
MISTER NO si vendica di Medina in Agguato al Victoria, episodio ambientato nello Stato brasiliano della Rondônia. E’ qui, infatti, che il criminale colombiano gestisce i suoi loschi traffici, i quali consistono nel contrabbando di oro e diamanti, di cui i fiumi della zona – a cominciare dall’imponente Rio Madeira – sono ricchi. Giunto a Porto Velho, la capitale del suddetto Stato, il Nostro incontra l’amico pilota Ulisses Ribeira, il quale ha anche lui un conto da regolare con Medina, come dimostra la grossa cicatrice sul petto che uno dei gorilla del gangster gli ha lasciato. Pertanto, Ulisses accetta subito di aiutare MISTER NO quando questi gli rivela di voler impartire una dura lezione ad Abacaxi, che in quel momento però – come dice lo stesso Ulisses al Nostro - non si trova a Porto Velho, ma a Nova Esperança, un villaggio di GARIMPEIROS a un’ora di volo dalla capitale. Ulisses informa MISTER NO, inoltre, che il malavitoso ha il suo quartier generale sulla nave VICTORIA, con la quale solca le acque del Madeira. MISTER NO pensa quindi di assaltare la nave e farla colare a picco dopo aver catturato Medina: per realizzare il suo piano, il pilota acquista una cassa di dinamite e, una volta arrivato a Nova Esperança con Ulisses, ottiene l’aiuto del giovane indio Pamanè, nipote di Awave, capotribù dei CARIPUNA nonché vecchio amico del Nostro. Poche ore dopo, quando è ormai calata la notte, l’abile Pamanè, nascosto dietro un albero galleggiante, si avvicina al VICTORIA e ruba uno dei due motoscafi attraccati alla nave. Gli uomini della sorveglianza lanciano subito l’allarme e gli sgherri di Medina, saliti sull’altro motoscafo, si gettano all’inseguimento del guerriero CARIPUNA, il quale si è infilato nella rete di canali che corre parallela al fiume. Mentre Pamanè tiene impegnati i suddetti scagnozzi (i quali cadranno poi nella trappola ordita dall’indio, finendo insabbiati in un tratto di acqua bassa), MISTER NO e Ulisses si avvicinano silenziosamente, con una canoa, al lato non sorvegliato del VICTORIA.

Mister No fa capire a Medina che lui non è tipo da vendersi – MNO 364, p. 83


Saliti sulla nave, i due – uno armato della sua Smith & Wesson, l’altro di un mitra - neutralizzano facilmente (stordendoli con il calcio delle loro armi) gli uomini rimasti a bordo e fanno irruzione nella cabina personale di Medina, che si trova in compagnia della sua donna. Su ordine di MISTER NO, Ulisses costringe la pupa del malavitoso e gli altri occupanti della nave a tuffarsi nel fiume; nel frattempo, MISTER NO si fa consegnare da Abacaxi quasi centomila cruzeiros (in cui sono compresi, oltre ai sessantamila che andranno a Ulisses e ai trentamila che il pilota darà ai CARIPUNA, anche i 7237 cruzeiros pagati dal Nostro per far riparare il PIPER e i trecento per le spese mediche sostenute da JOÃO, che era stato ferito alla testa da Nelson), quindi costringe il colombiano a salire sulla canoa, dove Ulisses provvede subito a legarlo. Dopo aver rinunciato a distruggere con la dinamite il VICTORIA, il pilota sale a sua volta sull’imbarcazione, che poi viene nascosta da lui e dall’amico in mezzo alle mangrovie. Portandosi dietro il loro prigioniero, MISTER NO e Ulisses si mettono in marcia nella giungla per raggiungere la pista dove si trova l’aereo di quest’ultimo, ma, a causa di un improvviso quanto violento acquazzone, devono rifugiarsi nella capanna di un seringueiro.


Mister No n. 369, febbraio 2006. Disegno di Diso.

Mister No cattura Medina – MNO 370, p. 34


Qui Medina - che MISTER NO ha liberato dalle corde – afferra, non visto, una faca da seringa (lo strumento usato dai seringueiros per incidere la corteccia degli Hevea brasiliensis, gli alberi della gomma) e con essa, dopo aver colpito il Nostro con un calcio in faccia, ferisce Ulisses, che cade a terra. MISTER NO, ripresosi in fretta, estrae la pistola, ma il colombiano gli lancia contro la faca - senza però riuscire a centrarlo - e fugge. Il pilota fa fuoco due volte contro Abacaxi, ma lo manca; quindi si lancia al suo inseguimento, sparandogli altre tre volte e mancandolo ancora. Medina supera senza difficoltà un tratto di foresta, ma ad un certo punto si trova davanti una laguna. L’acqua rallenta la corsa del gangster, facendo di lui un facile bersaglio per MISTER NO, che stavolta è sicuro di colpirlo. Prima però che il pilota possa premere il grilletto, Abacaxi viene assalito da un branco di PIRANHA, che lo divorano in pochi minuti. Mentre MISTER NO osserva la terribile scena, arriva Ulisses, che il Nostro credeva morto. Brutta fine, eh? – dice il pilota brasiliano, tenendosi una mano sulla spalla sanguinante - …ma, se fosse capitato nelle mie mani, ne avrebbe fatta una peggiore, quel bastardo. Purtroppo – come abbiamo già scritto nella voce dedicata a Moreno GALINDEZ -, il simpatico Ulisses pagherà assai cara la morte di Medina. MISTER NO, però, riuscirà a vendicare l’amico, infliggendo un colpo fatale al clan di Abacaxi


Mister No n. 370, marzo 2006. Disegno di Diso.

 
Curiosità: Cicatrici facciali a parte, Medina è ispirato graficamente – come si legge nel libro-intervista Making of Mister No (a cura di Franco Busatta e Gabriele Ferrero, Edizioni if 2005) – al celebre attore Jack Nicholson. Questa somiglianza è evidente soprattutto in Qualcosa è cambiato, meno invece in Agguato al Victoria, dove, peraltro, anche il volto del gangster appare meno butterato. Riteniamo, pertanto, che i fratelli Di Vitto abbiano saputo caratterizzare il personaggio in maniera più efficace rispetto a Diso. 


Medina sfugge a Mister No, ma non ai piranha – MNO 370, p. 67
 

Massimo Capalbo


N.B. trovate i link alle altre lettere dell'Atlante andando sulla pagina della Bussola!

3 commenti:

  1. Tra quelle che ho letto "Relitti umani" è fin' ora la mia preferita di MN! Avvincente, cruda, drammatica e coinvolgente nel suo incedere parallelo tra la situazione di Mister No nel carcere e Esse-esse che tenta di scagionarlo. Ben caratterizzati i personaggi! Se Castelli avesse scritto più storie così anche per Zagor come ha fatto per MN...
    Molto bella anche "Rio negro", uno dei classici della serie che racchiude un pò tutta la filosofia del protagonista e della saga!

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  2. Godibile e coinvolgente anche "Veracruz" di Ongaro, che però ha uno stile tutto suo nell' inserire tanti personaggi e creare più filoni narrativi. Poi fino a quel momento non penso si fosse vista una scena così "spinta" in MN, anche se non siamo a livelli dylandoghiani XD!

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  3. Qualcosa di "spinto", ma inquadrato in lontananza e parzialmente ricoperto da un cespuglio, lo si era visto nella storia "Il demone etrusco": mi riferisco alla scena dell'amplesso, nelle campagne laziali, tra Mister No e Claudia Sinisbaldi. Tuttavia, la scena cui ti riferisci è più intrigante: l'inquadratura è ravvicinata e possiamo quindi ammirare meglio le magnifiche forme di Consuelo Ibanez.

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1) quelli offensivi verso chiunque
2) quelli anonimi

Gli altri verranno pubblicati TUTTI.

Le critiche, anzi, sono ben accette e a ogni segnalazione di errori verrà dato il giusto risalto, procedendo a correzioni e rettifiche.

Grazie!

Saverio Ceri & Francesco Manetti